AUSTRALIA: LE ISOLE DEI TIWI
di Giovanni
Mereghetti
Gli aspetti di un paese esteso e a tratti
misterioso come l’Australia possono essere veramente
infiniti. Dalle magnificenze moderne delle città
del sud, al deserto senza tempo dell’Australia centrale,
agli splendidi parchi naturali del Territorio del Nord fino
a Darwin all’estremo nord, dove ci si cala nuovamente
in una dimensione urbana e moderna. Eppure è sufficiente
percorrere ancora 80 chilometri verso nord, sorvolando l’oceano
con un piccolo aereo ad elica, per incontrare un nuovo e
affascinante aspetto di questo paese. Dopo il breve tragitto
ci accoglie il piccolo aeroporto dell’isola di Bathurst,
isola “sentinella” dell’Australia insieme
all’adiacente isola di Melville. Tale soprannome è
stato dato alle due isole tropicali per la loro posizione
di avamposto all’Asia. Qui vivono le popolazioni aborigene
Tiwi, che proprio dall’Asia potrebbero essere giunte
circa 40.000 anni fa sul continente australiano. Essi giunsero
a bordo di larghe zattere di bambù, che alcuni antropologi
affermano essere state le prime imbarcazioni da oceano di
tutto il mondo.
Ciò che spinse queste popolazioni asiatiche a viaggiare
verso sud da isola a isola fino a raggiungere l’Australia
potrebbe essere stata la ricerca di cibo in seguito a carestie.
Quello che è sicuro è che a Melville e Bathurst
questi visitatori hanno trovato un ambiente decisamente
adatto a soddisfare le proprie necessità.
Attualmente sulle isole vivono circa 1800
Tiwi (1200 a Bathurst e 600 a Melville), molti dei quali
stabiliti in villaggi che erano originariamente missioni
cristiane.
Descrivere
in poche parole le due splendide isole Tiwi è difficile.
Le spiagge sono lunghe, bianche, pulite e bellissime. Specialmente
sull’isola di Melville c’è acqua in abbondanza.
Verso il nord dell’isola nella stagione umida cadono
sulle verdi foreste lussureggianti enormi quantità
di pioggia (fino a 2286 mm). Girando nell’interno
si incontrano spesso piccoli fiumi e cascate dall’acqua
cristallina.
Il mare, limpidissimo, è popolato da una enorme varietà
di pesci, oltre a tartarughe, dugonghi e coccodrilli di
acqua salata. Questi ultimi, insieme alle meduse velenose
e agli squali, sconsigliano di cercare ristoro dalla calura
nelle acque marittime. Tuttavia ci si può facilmente
consolare con le numerose pozze di acqua dolce che presentano
meno pericoli.
Anche gli abitanti del luogo sono dello stesso
avviso; prima di avventurarsi anche solo in acque poco profonde
alla ricerca di crostacei e pesci, scrutano attentamente
il mare per alcuni minuti per assicurarsi che nessun pericolo
sia in agguato.
Caratteristica del clima tropicale è
quello di avere solo due stagioni, una umida durante il
periodo estivo e una secca nel periodo invernale. In quest’ultima
il clima è particolarmente piacevole e, grazie al
cielo limpidissimo, è possibile assistere a spettacoli
naturali di rara bellezza.
Certamente furono affascinati da queste isole
anche i primi visitatori europei. Tuttavia l’assenza
di risorse naturali sfruttabili per l’economia occidentale
scoraggiò presto i coloni che concentrarono i propri
sforzi sul continente, permettendo alle popolazioni locali
di continuare indisturbati la propria vita tradizionale.
Solo recentemente i Tiwi si sono dedicati ad attività
più moderne, grazie ad un programma di collaborazione
reciproca portato avanti con i missionari, che dal 1911
sono gli unici bianchi a dividere queste isole con gli aborigeni.
L’anno del bicentenario australiano
ha portato in tutto il paese un grande interesse per gli
abitanti originari del continente e la loro cultura millenaria.
Dunque si parla dei problemi di inserimento, di alcolismo
(autentica piaga introdotta dai bianchi), di parità
di diritti. Eppure sono bastati ottanta chilometri perché
tutto ciò suonasse come un eco lontano; per approdare
in un’altra dimensione in cui la vita tradizionale
non ha perso valore, acquisendo senza forzature gli aspetti
positivi della cultura occidentale introdotta dai missionari.
I Tiwi (trad. “we people”) praticavano fino
a pochi decenni fa la nudità totale, che oggi è
quasi scomparsa tranne che, talvolta, nei bambini.
Come tutti gli aborigeni australiani, i Tiwi
hanno una struttura sociale basata sulle relazioni totemiche,
ovvero di parentela. Infatti è il gruppo familiare
a costituire la cellula base del gruppo. La famiglia estesa
forma l’unità sociale ed economica basilare
della società aborigena. Gli uomini Tiwi possono
avere più di una moglie e avere un grande numero
di mogli equivale a grande prestigio. Tuttavia oggi pochi
hanno più di una compagna al proprio fianco, mentre
rimane molto elevato il numero dei figli per famiglia.
Ad ogni bambino viene assegnato un posto
in un intricato sistema di parentela, con regole che determineranno
numerose decisioni per tutta la sua vita. Il gruppo è
così importante che molto spesso l’interesse
del singolo deve essere sacrificato a quello della comunità.
Tutti i membri del gruppo sono considerati indispensabili.
La gente, le terra e l’ambiente sono legatiinsieme
inestricabilmente in una totalità che il gruppo sa
essere essenziale per la propria sopravvivenza fisica e
culturale.
I gruppi familiari si dedicavano alla caccia
e alla raccolta del cibo, con una divisione dei compiti
molto precisa e che dura ancora oggi: gli uomini si dedicano
alla caccia della selvaggina più grande, mentre le
donne e i bambini si occupano della raccolta di vegetali
e piccoli animali.
I Tiwi sono una delle poche popolazioni al
mondo a non aver mai praticato l’agricoltura e l’allevamento.
Ogni forma di possesso della terra è bandito, il
Tiwi non possiede ma è posseduto dalla terra. Non
a caso il tratto essenziale della cultura Tiwi è
il legame spirituale con la terra stessa. Nelle parole di
un anziano abitante delle isole: “la terra mi dice
come siamo venuti al mondo e come dobbiamo vivere, la legge
della storia dice che noi non dobbiamo possedere terra,
batterci per la terra, cedere terra… e così
via. La mia terra è mia solo perché io venni
in spirito da quella terra, come fecero i miei antenati.
La mia terra è la mia spina dorsale, la mia terra
è il mio fondamento.”
I gruppi familiari, che oggi sono quasi sempre
stabiliti in comunità e villaggi, sono stati nomadi
fino all’arrivo dei bianchi. I loro spostamenti erano
determinati da una ricerca ragionata del cibo, oltre che
dalla necessità di incontrare nuovi gruppi per scambiare
materie che non erano reperibili sul territorio, come terre
colorate e pietre particolari per la costruzione di attrezzi.
Durante gli spostamenti, i Tiwi costruivano
talvolta delle piccole capanne a forma di tenda, quando
avevano necessità di ripararsi nel periodo delle
forti piogge o di effettuare soste prolungate. Ancora oggi
sulle isole di Melville e Bathurst è possibile imbattersi
in capanne di questo tipo, che i Tiwi costruiscono durante
battute di caccia prolungate. Esse sono il segno di una
tradizione tenace, con la loro struttura identica a quella
che gli antenati costruivano agli albori della storia.
Viaggiando nell’entroterra delle isole
ci imbattiamo spesso in incendi che avanzano minacciosamente
nella radura (il “bush” come è chiamata
la radura che copre grandi parti del territori delle isole,
tradizionale luogo di vita del Tiwi). La stagione secca
e calda autorizza a pensare ad incendi spontanei. Invece
non è così. Si tratta di incendi appositamente
creati dai Tiwi che, come tutti gli aborigeni, hanno una
grande conoscenza e padronanza del fuoco.
Poco fuori dall’area incendiata troviamo
infatti gruppi di giovani cacciatori. In perfetto silenzio
(durante la caccia i Tiwi comunicano con gesti per non far
udire la propria presenza agli animali), si muovono alla
ricerca di serpenti, wallabies (piccoli canguri) e altri
animali stanati dalle fiamme. Quella di incendiare periodicamente
porzioni di bush è una pratica molto usata, poiché
offre diversi vantaggi. Oltre a quello già menzionato
di stanare gli animali, questa pratica permette di fare
piazza pulita dei detriti, incoraggia le piante a dare nuove
germogli (il che attirerà nuovi animali cacciabili
sul territorio); inoltre permette di avere nuove sezioni
di bush a differenti fasi di crescita.
Molto importante per i Tiwi è la produzione
artistica. Disegni e dipinti hanno signicati magici. Per
esempio nelle cerimonie funebri hanno grande importanza
i totem “poukamani”, che la famiglia del defunto
commissiona ad artisti. Questi totem vengono intagliati
in un legno denominato “iron wood” per il suo
altissimo peso specifico. Talvolta tombe contorniate da
poukamani colorati si confondono con la vegetazione, talvolta
svettano in una radura o su una spiaggia. E’ il defunto
che ha scelto quando era in vita il luogo di sepoltura.
Spesso i Tiwi scelgono di essere sepolti vicino a persone
amate. In questo caso più tombe vicine creano piccole
foreste di poukamani, veramente suggestive a vedersi. I
quattro colori che vengono usati per tutte le decorazioni,
comprese quelle corporee, sono il giallo ocra, il rosso,
il bianco e il nero. Ancora oggi, sulle isole, i colori
sono ricavati dalla pietra bianca e gialla (quest’ultima
da il rosso quando viene cotta) e dai residui di combustione
per il nero.
La cerimonia funebre Tiwi è lunga
e complicata. I parenti del defunto si coprono con drappi
rossi o gialli, a seconda del grado di parentela e si dipingono
su tutto il corpo; questo nascondersi alla vista dell’anima
del defunto, che ancora vaga nei dintorni alla ricerca di
una persona amata da portare con se. Alcuni mesi dopo la
sepoltura ha luogo la seconda cerimonia, quella con i poukamani
che vengono disposti intorno alla tomba di terra, insieme
con i possedimenti materiali del defunto che vengono bruciati
sulla tomba. I canti e le danze possono durare alcuni giorni.
Oggi alla cerimonia tradizionale viene affiancata una breve
cerimonia cristiana, tenuta dai missionari dell’isola.
Sulle tombe si possono curiosamente trovare coperture di
lamiera ondulata, resti bruciacchiati di attrezzi moderni
e, talvolta, croci o altri simboli cristiani. Quello che
colpisce è la totale naturalezza che si ritrova in
ciò. I Tiwi hanno utilizzato tutte le innovazioni
tecniche e culturali portate dai missionari, integrandole
in una tradizione antica che continua evolvendosi senza
bruschi sconvolgimenti.
Gli aborigeni australiani sono stai spesso
definiti “gente di due epoche”, per la loro
tenacia nel mantenere tradizioni e usanze antiche pur adottando
schemi di vita occidentali. I Tiwi si adattano benissimo
a questa definizione. L’integrazione delle due culture
procede per gradi e senza i contrasti che si vengono a creare
nella comunità che vivono ai margini delle aree urbane
sul continente.
La vita quotidiana che abbiamo potuto dividere
per alcuni giorni con i Tiwi nel villaggio di Nguiu, sull’isola
di Bathurst, è particolarmente significativa per
comprendere come si è potuto verificare tutto ciò.
Il primo edificio che abbiamo incontrato
quando siamo giunti a Nguiu è la chiesa
presbiteriana, completata nel 1951. Lo stabilirsi nel 1911
a Nguiu della prima missione presso i Tiwi è il primo
grande avvenimento a segnare la storia delle popolazioni
Tiwi in questo secolo. Dopo un periodo di diffidenza verso
i missionari bianchi, i Tiwi di Bathurst iniziarono a radunarsi
intorno alla missione; nei pressi di questa nel 1926 vivevano
80 adulti e 46 bambini e nel 1921 fu battezzato il primo
bambino Tiwi. I Tiwi tuttavia non lasciarono che la religione
cristiana prendesse il sopravvento sulla propria e, con
il passare del tempo, le usanze cristiane sono state assorbite
solo a livello superficiale. Oggi la presenza dei missionari
ha un ruolo significativo per quanto riguarda l’organizzazione
delle nuove attività economiche e scolastiche, ma
il peso della religione e delle tradizioni ha avuto decisamente
il meglio su ogni tentativo di colonizzazione culturale.
Sempre nel 1951 è stato introdotto
nei villaggi missionari l’uso della moneta. I Tiwi
non avevano mai conosciuto il denaro e ancora oggi faticano
a capirne il valore. L’introduzione del denaro fa
parte di un programma di graduale preparazione delle popolazioni
Tiwi ad un futuro in cui sarà difficile vivere isolati
dalla realtà del continente. Questo programma è
condiviso e portato avanti con decisione e grande autodeterminazione
dai Tiwi che hanno avuto occasione di studiare in qualche
grossa città (grazie alle borse di studio offerte
dal governo agli studenti più promettenti).
Attualmente sulle isole Tiwi esistono scuole
primarie e secondarie bilingue (inglese e lingua Tiwi) con
insegnati aborigeni e bianchi e frequentate da circa trecento
studenti; grazie a ciò è possibile portare
avanti un discorso di integrazione nella realtà australiana
senza perdere di vista il valore culturale della tradizione.
Nelle scuole la difficoltà maggiore è rappresentata
dall’apprendimento mediante la lettura; questo perché
attraverso i secoli e ancora oggi, i Tiwi hanno sempre tramandato
localmente il loro bagaglio culturale, usando canti e filastrocche.
Così nella scuola sono stati creati grandi libri
illustrati stupendamente a mano per facilitare e rendere
più piacevole l’apprendimento della lettura.
Minore difficoltà ha invece creato
l’apprendimento bilingue, poiché i Tiwi sono
abituati a conoscere più di una lingua oltre a diversi
dialetti (fino a 5-6 lingue). Ogni gruppo tradizionale parla
una lingua differente da quella di altri gruppi e diversi
dialetti e linguaggi vengono usati per cerimonie particolari.
Molti Tiwi preferiscono la vita tradizionale del bush a
quella del villaggio, tuttavia anche per loro il villaggio
è divenuto un punto di riferimento e ne utilizzano
le scuole e i servizi.
Intorno alla metà degli anni ’70
sull’isola di Bathurst, e ora anche su quella di Melville,
si iniziarono a praticare due attività finalizzate
al finanziamento della comunità Tiwi di Nguiu. La
prima di esse, denominata “Tiwi design”, consiste
nella creazione di oggetti artigianali destinate ad essere
venduti nei negozi turistici di Darwin. Poco dopo il governo
dotò Nguiu di una stamperia con cui gli aborigeni,
aiutatati dai missionari, iniziarono a produrre tessuti
e abbigliamento (il “Bima wear”), con i disegni
tradizionali. Ora le due attività hanno preso maggior
consistenza e i prodotti dell’artigianato Tiwi possono
essere trovati anche sui mercati di Sidney. Commercianti
d’arte della maggiore città australiana acquistano
grandi quantità di pesanti poukamani per rivenderli
a prezzo decuplicato nelle loro gallerie. Le fabbriche appartengono
all’associazione dei Tiwi e sono offerte in gestione
ai bianchi, che insegnano ai locali stessi l’organizzazione
del lavoro moderno.
La paga viene data a cottimo, cioè
per ore lavorative prestate o per numero di prodotti eseguiti.
Uno dei gestori di questi laboratori ci ha confidato le
difficoltà che incontra quotidianamente per ottenere
continuità nel lavoro dei Tiwi, che si assentano
per lunghi periodi in occasione di cerimonie particolari,
per partecipare a battute di caccia, o semplicemente perché
ritengono di aver guadagnato ciò che è sufficiente
per sfamare se stessi e le proprie famiglie.
L’arte e la cultura aborigena stanno ottenendo un
riconoscimento crescente sul continente e questo fa ben
sperare per le prospettive di inserimento di tutte le comunità
aborigene australiane, oltre che per i Tiwi.
Sempre
negli anni ’70 i Tiwi sono stati dotati di case dal
governo australiano. Si tratta di costruzioni simili a baracche,
ma con corrente elettrica e acqua. Nel 1984 ogni famiglia
aveva una casa, per la quale deve pagare al governo un regolare
affitto (20$ alla settimana). E’ il governo stesso
a fornire ai Tiwi non impiegati in attività remunerative
un sussidio con cui possono pagare l’affitto. In virtù
di ciò molti Tiwi che non si dedicano alle attività
artigianali, possono continuare le loro attività
tradizionali senza rinunciare a qualche comodità
moderna.
La caccia, la pesca e la raccolta garantiscono
la sussistenza a tutti coloro che non gradiscono dedicarsi
alle nuove attività.
Abbiamo accompagnato donne Tiwi nella boscaglia alla ricerca
di miele, formiche da usare come medicinali, fibre vegetali
e radici colorate (che sono usate, sbriciolate e bollite,
per colorare le fibre stesse). Intrecciando queste fibre
vegetali colorate le donne ottengono reti per la pesca e
cestini. Molti uomini si dedicano alla caccia e non è
raro imbattersi in gruppi di cacciatori orgogliosi di mostrare
il proprio bottino. Oggi sono state abbandonate le armi
tradizionali e la caccia si svolge con moderni fucili. Le
donne si aiutano con piccoli specchi per verificare la presenza
di rettili o di opossum dentro i tronchi cavi.
Tuttavia pur essendo mutati i mezzi, queste
attività mantengono la saggezza e le caratteristiche
di un tempo. I Tiwi cacciano solo ciò che serve per
il consumo immediato e la selvaggina non viene immagazzinata
né venduta, ma semplicemente divisa con altri mebri
del gruppo. I sistemi di cottura rimangono quelli di un
tempo raramente il cibo viene preparato; i rettili e piccoli
animali vengono semplicemente arrostiti su un fuoco di legna.
Le conchiglie e la selvaggina più grande vengono
invece cotte in tradizionali forni di terra. La dieta base
viene variata con miele, formiche, vermi, uccelli, uova
di tartaruga e vegetali. Non esiste un limite reale alla
varietà di animali che possono rientrare nel menù
dei Tiwi, qualsiasi animale che essi riescono a cacciare
viene subito inserito. Quando si praticava la caccia dei
coccodrilli (prima cioè che venisse proibita dal
governo) anche i pericolosi rettili, che tante vittime hanno
mietuto anche negli ultimi anni, entrarono a far parte della
dieta alimentare Tiwi.
Sono storie che paiono lontane nel tempo
e che sembra strano vivere in prima persona in un continente
come l’Australia del bicentenario.
Dall’alto dell’aereo che ci riporta
a Darwin osserviamo l’isola di Melville, i piccoli
fiumi, le foreste incontaminate e la radura; è stato
un viaggio in un’epoca che è impossibile posizionare
nel calendario, magicamente sospesa tra un passato vicino
ed un futuro ancora da inventare.