BERLINO E DRESDA,
TRA MEMORIA E FUTURO
testo e foto di Giandomenico
Mazzoccato
Egle ed io lavoravamo da tempo a questo progetto.
Innamorati come siamo del Grande Nord, spesso avevamo attraversato
la Germania, di fatto trascurandola. La voglia di conoscere
la grande Berlino, e di visitare quel monumento vivo al
dolore e all’orrore per la guerra che è Dresda,
quest’anno si è fatta sentire così acutamente
che, nella prima decade di agosto, ci siamo messi per strada.
Berlino e Dresda, appunto, le mete. 2500 kilometri, e cinque
amici.Con noi sono partiti Fernando e Bertilla, assieme
al loro ragazzo, Giovanni.
Grazie anche alla loro simpatia e disponibilità,
alla loro carica umana, alla loro voglia di godere insieme
di questa occasione di conoscenza, il viaggio si è
rivelato straordinario, ricco di sensazioni e fertile di
emozioni. Un viaggio vissuto con fantasia: sull’itinerario
preparato con cura da Egle e Bertilla, si è innestata
una robusta dose di improvvisazione, di scelte fatte di
istinto. Insomma il giusto mix per vivere un viaggio come
una perenne sorpresa e una continua scoperta anche da parte
di viaggiatori esperti della Vecchia Europa quali Egle ed
io ormai ci riteniamo.
Un viaggio sospeso tra passato e memoria da
lasciare al futuro. Se devo scegliere due immagini per sintetizzare:
il monumento alla memoria che sta nascendo a Berlino e la
Frauenkirche a Dresda.
A unire idealmente queste due realtà
così diverse un nota di colore, intanto. Il forte
contrasto tra bianco e nero. E poi il segno che qui la guerra
è ferita ancora aperta e sanguinante. Il monumento
alla memoria, per ricordare gli stermini della Germania
nazista, è tuttora in costruzione. Una serie di monoliti
neri, di diverse altezze. Credo che, nel pensiero di chi
l’ha progettato, alla fine debba diventare una sorta
di enorme altare dilatato e spezzettato, quasi invocazione
e preghiera a non ripetere l’orrore. Alzando gli occhi
vediamo la porta di Brandeburgo, proprio a due passi da
qui. E sull’asfalto, a pochi metri, il segno bianco
che ci ricorda che lì passava il muro che frantumava
fino a pochi anni fa una città e ne sfregiava l’identità.
Proviamo un’emozione forte, cerchiamo di immaginare
questa cittadella della memoria una volta compiuta.
E la Frauenkirche a Dresda. Qui, tutta una
serie di pannelli, ci ricorda a quale moncherino annerito
fosse ridotta questa chiesa dopo il bombardamento che il
13 febbraio 1945 rase al suolo quasi tutta la città
e che provocò un numero di vittime che non è
mai stato possibile determinare (ma certamente superiore
di gran lunga alle 50mila unità). Il regime comunista
aveva lasciato la chiesa nelle condizioni cui l’aveva
ridotta il bombardamento: si voleva (e la scelta appare
in qualche modo condivisibile) che quel rudere di chiesa
continuasse a urlare e proclamare la barbarie che l’aveva
portata alla distruzione. Con l’unificazione delle
due Germanie, si è operata una scelta diversa (anche
questa condivisibile, visti gli straordinari risultati):
si è deciso, affidandosi alla elaborazione di un
computer, di ricostruire la chiesa. Recuperando tutto quello
che era possibile recuperare. La chiesa (una campana di
pietra, come è stata definita) oggi acceca col fulgore
bianco dei suoi marmi e delle sue pietre. Ma spiccano, in
quel bianco, i tasselli neri del materiale recuperato dalla
distruzione e ricollocato esattamente nel posto in cui si
trovava prima del bombardamento. Il risultato è straordinario,
straziante, commovente. Ogni ora è possibile entrare
nella chiesa che è ancora un cantiere aperto, cadenzato
dalle scalpellate dei lapicidi che copiano perfino le scanalature
dell’antica chiesa. Si è accolti nella cripta
dove viene illustrata (purtroppo solo in tedesco) la storia
della chiesa e del suo recupero.
WEIMAR
I due camper si mettono in movimento molto presto, sabato
31 luglio 2004. Solita veloce attraversata del Brennero
e dell’Austria (con il consueto capestro della tassa
autostradale da esporre in vetrofania) e poi lungo la E
45, costeggiando Monaco. Abbiamo una prima meta, Weimar,
nella Turingia, il cuore della Germania. Prendiamo la A
9 per Berlino e, dopo l’uscita 25, imbocchiamo la
A 4 per Francoforte che lasciamo dopo 44 chilometri (uscita
49).
Weimar vide la nascita del primo ordinamento
democratico della Germania, all’indomani della prima
guerra mondiale. Capitale anche della cultura. Qui nel 1919
Walter Gropius diede inizio all’utopia del Bauhaus,
mito del design e dell’architettura. Questa è
la città di Goethe e Schiller, del filosofo Herder
e del poeta Wieland.
Weimar possiede una straordinaria grazia,
un clima di tranquilla vita provinciale unito alla consapevolezza
di essere capitale culturale. Piange il cuore al pensiero
che, proprio, nelle ore in cui stendo queste note, sta bruciando
la sua irripetibile biblioteca con danni irreversibili al
patrimonio librario dell’intera umanità.
Weimar gravita attorno al Markt, la piazza
con la fontana del Nettuno e dominata dal Rathaus (il Municipio
cioè) col suo orologio a carillon. In mezzo alla
piazza un vetturino striglia il suo cavallo. Qui intorno
è un brulicare di ristorantini, caffè e trattorie
che sono, con il loro discreto occhieggiare sulla via, un
invito a godere della pace di questa cittadina.
Sull’altro lato del Markt, la bellissima
fabbrica rinascimentale del Lucas-Cranach-Haus. Da visitare
lo Stadtschloss, il castello dei granduchi di Sassonia-Weimar:
il fortilizio ospita il museo con documenti della pittura
tedesca medievale e rinascimentale (Lucas Cranach il Vecchio
e Lucas Cranach il Giovane). Da segnalare la Bauhaus-Universität
che ospita l’istituto superiore di architettura e
la Schillerhaus, la casa che il grande Schiller acquistò
nel 1802 per 4200 talleri, indebitandosi fino al collo e
in cui visse fino alla morte. Obbligatoria la passeggiata
fino alla Theaterplatz con il Deutsches Nationaltheater
e, al centro, il monumento a Goethe e Schiller. Su uno dei
lati sorge il Bauhaus-Museum.
Per la notte troviamo un comodissimo parcheggio
appena entrati in città, sulla sinistra, vicino al
cimitero.
BERLINO
Berlino ci accoglie in una calda domenica di agosto (è
anche una prima domenica del mese per cui la prima meta
è il mercatino delle pulci che si tiene proprio in
questo giorno). Il primo tentativo di trovare un campeggio
si rivela un fallimento. In effetti, seguendo le indicazioni,
capitiamo in un camping nella zona del Wannsee: il luogo
è isolato, con stradine strettissime e assolutamente
non collegato al centro da mezzi pubblici. Rinunciamo e
ci dirigiamo verso la città. Parcheggiamo provvisoriamente
vicino al castello di Charlottenburg, in Spandauer Damm,
proprio in faccia al museo egizio. E cominciamo a girare
questa città dalle larghe e animatissime vie. Ci
incamminiamo lungo la Otto Suhr Allee e prendiamo il metrò
nella Richard-Wagner Platz: Il biglietto per i mezzi pubblici
valido per 24 ore costa € 5, 60: ci si mette un po’
a capire il sistema di trasferimenti a Berlino, perché
esso risulta dall’integrazione di tram, autobus, metrò
di superficie e metrò sotterranei. Ma tutto funziona
alla perfezione e, girare la città, dopo un po’,
diventa perfettamente agevole. Conviene fare base alla stazione
del Giardino Zoologico (Zoologischer Garten) che apre tutte
le possibilità (…anche quella di cominciare
a muoversi a piedi: qui si affacciano tutte le grandi arterie
di questa parte della città: la Hardenberg Strasse,
la Budaperster Strasse, la Kurfürstendamm -o Ku’damm,
come la chiamano qui familiarmente, infine la Tauentzienstrasse).
Per gli spuntini di mezzogiorno non ci sono
diete che tengano: per noi diventano irrinunciabili i momenti
passati a mangiare wurstel e polpette nei chioschi che sorgono
ovunque, assieme ad un boccale di birra. Indimenticabili
i chioschi di Sclossplatz, a due passi dal Berliner Dom
e dallo Sclossbrücke, il ponte sulla Sprea, proprio
ai bordi di un piccolo Luna Park.
La linea S 1 ci porta alla stazione di Unter
den Linden, proprio alla porta di Brandeburgo. La piazza
è immensa, animatissima. Artisti di strada, ambulanti,
suonatori. In una botteguccia troviamo una serie di cartoline
che ritraggono la Berlino bombardata. Il massimo del contrasto
mi pare uno di quei figuranti che, vestito di bianco, finge
di essere una statua e si muove un poco quando gli tirano
una moneta. L’immobilità della statua, la solennità
della porta, il formicolare della gente. Percorriamo il
Tiergarten, il grande parco che è il cuore di Berlino.
Qui tutti gli spazi sono occupati da famiglie intente al
picnic domenicale, da ragazzi che giocano. Berlino ci pare
una capitale con i ritmi e gli spazi di una tranquilla città
di provincia. Situazioni del genere sono rarissime. Percorriamo
la dritta e ampia Strasse des 17 Juni, l’antico viale
della Vittoria lungo il quale Hitler faceva marciare le
sue armate. Passa una coppia molto anziana e penso che,
loro, Hitler lo hanno visto, hanno visto le sue parate,
in domeniche calde, dolci e solatie come questa. Chissà
che ricordo ne hanno. L’attuale riferimento al 17
giugno ricorda la rivolta operaia di Berlino del 1953.
Vediamo il Sowjetisches Ehrenmal, il monumento
dedicato ai caduti sovietici dell’ultima guerra: il
materiale con cui è stato eretto proviene dalla distrutta
cancelleria di Hitler e da due carri armati russi entrati
in Berlino il 21 aprile 1945.
In fondo, la Siegessäule, la colonna
della Vittoria. Eretta nel 1873, si trovava un tempo davanti
al Reichstag; poi è stata smontata e portata qui
nel 1939. Ancora la Strasse des 17 Juni ed ecco il mercatino
delle pulci. Forse 150 espositori: si può trovare
di tutto (io trovo per pochi euro un macinino da caffè
in ottone per la mia collezione), ma agli occhi balzano
le numerose bancarelle stracolme di reperti dell’epoca
sovietica.
Ci riavviamo al camper. Ma prima di risalirvi
realizziamo subito uno dei nostri obiettivi: la visita al
museo egizio. A catturare l’attenzione e le emozioni
è soprattutto il bellissimo volto di Nefertiti, inquietante,
forse il più bel ritratto di donna che io abbia mai
visto. La bellissima moglie di Amenofi IV, vissuta 15 secoli
prima di Cristo, ha sul volto il mistero e l’enigma
eterno della femminilità. Torno più volte
nella sala dove Nefertiti guarda il mondo da una dimensione
senza tempo. Difficile sottrarsi al suo fascino. Eppure
qui non mancano reperti di assoluta straordinarietà:
il ritratto di Echenaton, la camera funeraria di Amenhotep,
soprattutto la maestosa porta del tempio di Kalabasha. E
poi la raccolta di papiri.
Nel
nostro vagabondare per Berlino ci siamo preoccupati di assumere
informazioni su una sistemazione in campeggio. Lo troviamo
nella zona di Kladow. È il buon campeggio DCC Camping
Kladow, in direzione di Potsdam. Ha buoni collegamenti con
il centro: autobus 234 fino ad Alt Kladow, poi X 34 fino
allo Zoologischer Garten dove si prende la metropolitana
per tutte le direzioni.
Noi cominciamo la nostra visita vera e propria
a Berlino che è città immensa e con una enorme
offerta culturale. Suggerisco le nostre tappe, consapevole,
come sempre, che sono scelte settoriali e minima parte di
quello che si può vedere. In una città come
Berlino non ci si ferma mai abbastanza. Noi abbiamo iniziato,
come si è visto, scegliendo come le circostanze ci
hanno dettato. Poi, di giorno in giorno, abbiamo cercato
di costruire il nostro itinerario muovendoci al mattino
da dove eravamo arrivati la sera precedente.
La U2 ci porta in Potsdamer Platz, dove comincia
la nostra visita alla città nuova. Costruzioni avveniristiche,
cristallo e metallo rilucente; su tutto una mongolfiera
che consente di librarsi e di guardare dall’alto questo
quartiere tutto nuovo (ma la porta di Brandeburgo è
davvero a due passi e il muro correva proprio qui vicino).
Laghetti e giochi d’acqua, passeggiate al coperto
tra grandi magazzini e ristoranti di ogni tipo, il teatro
e il casinò, nomi che evocano un passato più
o meno recente come quello dello scrittore Theodor Fontane
(una lapide ricorda come egli abbia vissuto qui per trent’anni,
fino alla sua morte avvenuta nel 1898) o dell’attrice
Marlene Dietrich (che ha una piazza a lei intitolata). Il
centro pare essere la Sony Platz con la sua cupola di cristallo
che sfida l’impossibile e che ospita manifestazioni
culturali e concerti praticamente in continuazione. Le pareti
di cristallo sono in perenne movimento per il gioco di luci
che obbedisce ad una precisa regia scenografica. Un megaschermo
rimanda in continuo le immagini più diverse.
Qui vicino c’è il museo delle
comunicazioni (in Leipizigher Strasse) e la Philharmonie
(in Potsdamer Platz), autentico monumento alla musica con
il Museo degli strumenti musicali. Un’occhiata anche
alla St. Matthäus-Kirche, che, con le sue tre navate,
era la chiesa dei diplomatici un tempo risiedenti in questo
quartiere.
L’area attorno alla chiesa di san Matteo
ospita il nucleo duro della grande cultura berlinese. La
biblioteca (con i suoi 8 milioni di volumi tra le più
grandi di Europa), la Neue Gemälde-Galerie (con le
8 tavole dell’altare di Wurzacher, grandiosa celebrazione
dell’arte tedesca tra XIII e XVI secolo, e dipinti
di Giotto, Mantegna, Botticelli: è qui la Madonna
in trono con bambino), la Neue Nationalgalerie (un parallelepipedo
di acciaio e vetro preannunciato dalle sculture di Henry
Moore e Alexander Calder, che documenta l’arte europea
del Novecento).
Lasciamo la città nuova e ci incamminiamo
verso la porta di Brandeburgo, in un caldo pomeriggio di
sole (a dire il vero un po’ tormentati dalle api che
qui regnano ovunque). In pochi minuti siamo davanti all’edificio
neoclassico del Reichstag che dal 19 aprile 1999 è
tornato ad essere sede del parlamento tedesco. Con qualche
emozione ci fermiamo sulla piastrella del pavimento stradale
che ci ricorda che lì passava il muro e, noi, uomini
della compagnia, scegliamo di distenderci sull’erba
del grande parco antistante, mentre Bertilla ed Egle si
mettono in fila per visitare il Reichstag. Misure di sicurezza
massima a base di ispezioni e metal detector. Le foto che
le nostre mogli ci portano indietro dimostrano che valeva
la pena di assoggettarvisi. L’avveniristica struttura
interna del Reichstag e il panorama che si gode dal tetto
giustificano la coda.
Ritorniamo sulla Unter den Linden che rivela
la ricchezza della storia tedesca e berlinese ad ogni scorcio.
Fino a prima della guerra era la più bella strada
di Berlino, tracciata nel 1647 da Federico Guglielmo di
Hohenzollern e amplificata e resa maestosa da Federico II.
I tigli che si vedono ai bordi sono un pallido ricordo di
quelli, secolari, fatti abbattere da Hitler per dare maggior
risalto e impatto visivo alle sue parate. Adesso ci muoviamo
in direzione del Berliner Dom.
In rapida successione ecco la cattedrale cattolica,
la chiesa di santa Hedwigs che richiama un po’ il
Pantheon romano, col suo originale organo verticale; la
Alte Bibliothek e la zona dell’università (in
questi tempi tutta un cantiere); la Friedrichswerdersche
Kirche, opera di Schinkel e trasformata in museo che documenta
proprio la vita e l’opera del grande architetto; il
teatro dell’Opera, il Deutsche Staatsoper; lo Zeughaus,
l’arsenale della città finito nel 1705 (il
restauro è sempre opera di Shinkel) e che oggi ospita
il Deutsches Historiches Museum; infine la Neue Wache.
La Neue Wache è documento significativo
del gusto classicista che ha permeato tutta la Germania
e Berlino in particolare tra Sette ed Ottocento. Si tratta
della prima realizzazione del grande Karl Friedrich Schinkel,
un architetto che proprio a Berlino ha firmato edifici importantissimi
per la storia e la cultura della città. La Neue Wache
ha una storia complicata: è stata usata perfino come
prigione ed oggi è monumento ai caduti in guerra.
Ospita, nella sua desolata ed efficacissima nudità,
una pietà, opera di Käthe Kollwitz che campeggia
in mezzo all’area interna e prende luce da un’unica
apertura sul soffitto.
Ed ecco il Berliner Dom (l’ingresso
con possibilità di accedere alla cupola è
a pagamento: € 5), la chiesa reale degli Hohenzollern
con le sue forme neobarocche. Accanto a lei si staglia la
moderna antenna della TV di Berlino (la Fernsehturm). Il
Dom è stato praticamente distrutto durante i bombardamenti
dell’ultima guerra ed è stato riaperto solo
nel 1993. Al suo fianco l’Altes Museum (altra opera
dello Schinkel, anzi forse il documento
più alto della sua architettura) con il suo maestoso
colonnato. All’interno sono ospitati reperti di tutte
le antiche civiltà mediterranee.
Chi, come noi, sceglie come base berlinese
la stazione di Zoologischer Garten, non può fare
a meno di alzare gli occhi e notare una torre campanaria
ridotta ad un moncherino annerito dal fumo: si tratta di
tutto ciò che rimane della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche
dopo il bombardamento del 22 novembre 1943. Qui è
stata scartata l’idea di ricostruire e si è
voluto lasciare allo stato di rovina questo monumento all’orrore
bellico. Accanto è stata costruita una chiesa moderna
a base ottagonale, suggestione indimenticabile per i visitatori,
avvolti dalla luce blu filtrata dalle vetrate.
Un luogo di grande bellezza, sempre risalendo
dalla Unter den Linden, è poi la centralissima Gendarmenmarkt,
un tempo considerata la piazza più scenograficamente
suggestiva di Berlino, la piazza dalle due chiese gemelle.
Si tratta di due edifici neoclassici, il Deutscher Dom e
il Französischer Dom (la chiesa destinata agli Ugonotti,
che in Brandeburgo trovarono rifugio dalle persecuzioni
cui furono sottoposti: la chiesa ospita anche un museo della
cultura ugonotta). In mezzo alle due chiese un teatro, lo
Schauspielhaus, opera dello Schinkel.
Assolutamente imperdibile a Berlino, è
il Pergamon Museum, che si raggiunge (venendo dal Berliner
Dom e da Alexanderplatz) seguendo il corso della Sprea su
cui si affacciano tanti palazzi neobarocchi. Il Pergamon
Museum trae il suo nome dal fatto di ospitare la ricostruzione
in grandezza naturale dell’altare di Pergamo, capolavoro
assoluto dell’arte ellenistica, risalente alla prima
metà del II secolo avanti Cristo. Solo il fregio
è originale, però: l’opera ha avuto
vicissitudini varie. Nel 1945 fu portata perfino in Unione
Sovietica, requisita dai generali dell’Armata Rossa.
Solo nel ’58 fu parzialmente restituita. Ad entrare
nella enorme sala che ospita la scalinata, il sentimento
è duplice, contrastante anzi. Grandi stupore ed ammirazione
davanti a tanta bellezza, ma, di contro, amara riflessione
su come la cultura museale europea si basi soprattutto su
enormi furti come questi. Percezione acuita anche quando
si visita il resto del museo che ha un patrimonio immenso
e propone anche la porta del mercato di Mileto e soprattutto
la porta di Isthar e la Strada delle Processioni: era la
via che percorreva chi entrava in Babilonia, con le sue
piastrelle smaltate e i suoi fregi, dai colori vivissimi
ancor oggi. Una suggestione irripetibile.
Per lo shopping, irrinunciabile è una
visita al KaDeWe su più piani (e ristoranti all’ultimo)
dove si trova praticamente di tutto. Per chi ama la birra
vi è una possibilità di scelta illimitata.
Il KaDeWe sorge in Tautzienstrasse, sempre vicino al Zoologischer
Garten.
Nei dintorni di Berlino, visita obbligatoria
a Potsdam, la Versailles tedesca. Ovunque vi sono possibilità
di tranquillo parcheggio. Si comincia dal Babelsberg Park,
con le sue palazzine e i suoi giardini, da cui si dominano
le tranquille acque dell’Havel e del Tiefer See. Sullo
sfondo il Glienicker Brücke, famoso come “ponte
delle spie”, immortalato in tanti film. In realtà
qui è avvenuto un solo scambio tra due spie, una
del blocco sovietico, l’altra del blocco occidentale.
Poi il Park Sanssouci, voluto da Federico
II nel 1770 e realizzato dall’architetto Knobelsdorff
su una superficie di 270 ettari.
DRESDA
Sulla strada per Dresda facciamo sosta nella graziosa cittadina
di Lübbenau, capitale dei Sorabi, una popolazione di
origine slava qui stanziatasi nel secolo VI. C’è
un castello del secolo XVII e un minuscolo imbarcadero,
immerso nel verde, da cui si possono effettuare gite in
barca. Ottimo il parcheggio vicino al campo sportivo.
A Dresda, per parcheggiare, non c’è
che l’imbarazzo della scelta. Noi approdiamo ad uno
dei parcheggi in Weisseritzstrasse, vicino ad una moderna
moschea. Il centro è a due passi. Dresda è
il simbolo della stupidità dell’uomo e di quanto
orrore debba incutere comunque la guerra. Questa città,
tesoro e gioiello, scrigno di ogni possibile bellezza artistica
e architettonica, è stata rasa al suolo dalle bombe
alleate. La Frauenkirche, come dicevo all’inizio,
ne è il tragico emblema. Ci accoglie la visione della
Semperoper, il teatro dell’opera e simbolo della città,
con la sua facciata concava e i due ordini di arcate. La
prima meta è lo Zwinger, pensato dapprima come fortezza
e poi divenuto una vasta piazza a giardino, tra padiglioni,
terrazze e gallerie.
Lo Zwinger accoglie molti spazi diversi. Da
segnalare il museo delle porcellane (Porzellansammlung)
e la pinacoteca di arte antica (Gemäldegalerie Alte
Meister). Per tutti i musei si può fare un biglietto
cumulativo che costa 10 €. La pinacoteca è imperdibile,
una galleria d’arte degna di una grandissima capitale
europea. Restano negli occhi le sale con le vedute di Dresda
dipinte dal Canaletto. Come si sa, con questo soprannome
è conosciuto il veneziano Gian Antonio Canal, ma,
a Dresda e nelle aree germaniche, era noto con lo stesso
soprannome di Canaletto, Bernardo Bellotto che qui operò
a più riprese dal 1747. Le sue vedute sono un capolavoro
di precisione e di suggestione. Ma la Pinacoteca possiede
anche opere di Mantegna, Botticelli, Tiziano, Tintoretto,
Giorgione, Andrea del Sarto, Pinturicchio, Guido Reni. Si
trovano qui la Madonna Sistina di Raffaello e il Martirio
di san Sebastiano di Antonello da Messina. Ma tutta l’arte
europea vi è documentata in modo eccezionale. Dal
centro della piazza lo sguardo è attratto dalla Zwingergalerie
con la grande corona polacca sostenuta da quattro aquile.
Il cuore della città è la Theaterplatz,
con la statua equestre di re Giovanni, un innamorato dell’Italia,
tanto da tradurre di persona la Commedia dantesca. La Kreutzkirche
reca il segno delle cinque ricostruzioni cui è stata
sottoposta nella sua tormentata storia. Poi lo Schloss,
destinato a diventare sede museale stabile e la Hofkirche
con i suoi ampi spazi e la torre dell’orologio alta
80 metri. Qui vicino anche la Neumarkt, la piazza che reca
ancora evidenti le ferite della guerra con la Frauenkirche
su un lato.
Anche a Dresda mangiamo in uno dei soliti
chioschi. Attraversiamo l’Augustus Brücke, uno
dei maestosi e lunghi ponti che collegano le due parti della
città al di qua e al di là dell’Elba,
e non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Nel pomeriggio, visita ai parchi al di là dell’Elba
e in particolare al Palazzo
Giapponese, così chiamato perché questo palazzo
barocco, destinato ad ospitare la raccolta di porcellane
di Federico Augusto I, ha un inconfondibile tetto a forma
concava. Il giardino che si trova sul retro è il
punto da cui Canaletto ritrasse Dresda nelle sue vedute.
Naturalmente non manca un Belvedere Canaletto. Alla sera
ci spostiamo fuori Dresda e troviamo posto nel Campeggio
Dresden-Mockritz (località Boderitz). È una
serata triste e gioiosa insieme. Facciamo un po’ di
festa perché Bertilla, Fernando e Giovanni devono
tornare il giorno dopo.
Noi, il giorno successivo,torniamo a Dresda,
dove passeggiamo per la parte nuova, al di là dell’Elba.
Alt Markt, poi Albert-Platz seguendo la Hauptstrasse con
il suo verde e suoi giochi d’acqua.
La prossima meta è Meissen, sulla statale
6 e risalendo il corso dell’Elba. Il fiume scorre
placido e tranquillo in un’ampia vallata verde, tra
dolci colline. Eppure quando entriamo in Meissen, sulle
case notiamo il segno che indica il livello che l’acqua
ha raggiunto durante la rovinosa e terribile alluvione di
appena due anni fa. Parcheggiamo negli ampi spazi lungo
il fiume (qui passeremo anche la notte in un paesaggio tranquillo
e di grande suggestione).
Meissen è sinonimo di porcellana. Tutto
iniziò il 29 marzo 1709, quando un alchimista, Johann
Friedrich Böttger, comunicò a Federico Augusto
II di essere entrato in possesso del segreto della porcellana
cinese. Il principe elettore intuì la potenzialità
di questa rivelazione e fece di Meissen (ben servita da
un fiume ma anche ben protetta dal suo fortilizio) la capitale
europea della porcellana: un binomio rimasto indissolubile
per secoli. Il Porzellansammlung di Dresda lo documenta
benissimo.
Il centro di Meissen è la piazza, il
Markt, dove si trova anche un ufficio di informazioni che
fornisce una mappa-guida in tutte le lingue. Qui visitiamo
la gotica Frauenkirche e poi saliamo la ripida scalinata
che porta al romanico Dom. Dalle terrazze, in cima alla
collina, si gode di un magnifico paesaggio sulla vallata.
La visita alla città vecchia rivela scorci molto
graziosi e tranquilli.
È ora di prendere la via di casa. Sulla
strada del ritorno facciamo tappa a Ratisbona, la tedesca
Rgensburg. Ratisbona è città di grande cultura.
È stata centro di importanti rotte commerciali, su
un Danubio ormai diventato fiume di grande portata con le
immissioni del Naab e del Regen: autentica porta in direzione
Sud: Vienna e, oltre le Alpi, Venezia. Troviamo parcheggio
vicino alla stazione. Combiniamo col custode di fermarci
il pomeriggio e tutta la notte per 5 euro. Subito ci mettiamo
in cammino, attraversiamo il parco e ci troviamo in centro.
Un ufficio informazioni ci fornisce ricchi e esaurienti
stampati. Immancabile la visita al Dom St. Peter. La facciata
è sottoposta a restauro ma se ne intuisce la maestosa
bellezza gotica. L’interno, con le sue tre navate,
è a sua volta imponente e la luce che entra dalle
vetrate dipinte aumenta la suggestione.
Vicino sorge la Alte Kapelle. Risale ai tempi
di Carlo Magno e ha avuto varie trasformazioni fino ad approdare
allo squisito e ricchissimo barocco con cui si presenta
ora. È sabato e il programma ci dice che alla messa
del giorno dopo ci sarà concerto con coro e voce
solista. Sarà davvero così, di ottimo livello.
Passiamo la serata passeggiando nella parte vecchia della
città: l’Altes Rathaus con il suo portale in
stile gotico fiorito; il monastero di St. Emmeram (il santo
vescovo qui martirizzato nel 652) fonte, nel secolo IX,
di bellissimi codici miniati.
Ma la serata ci deve ancora rivelare i suoi
momenti più suggestivi. Camminiamo nella città
vecchia tra caffè e birrerie. Ad un tavolino, inquietante,
siede un manichino.
Attraverso la porta Pretoria (che ci ricorda
le origini romane della città: ai tempi dell’imperatore
Marco Aurelio, nel 179, qui, a Regina Castra, fu insediata
l’unica legione romana a nord delle Alpi) arriviamo
in riva al Danubio. L’intera città pare essersi
riversata qui. Picnic a base di barbecue e grigliate varie
un po’ ovunque. Le rive sono tutto un brulicare di
famigliole intente a passare così la serata del sabato.
Si respira un clima di grande pace.
Il giorno dopo, prima di imboccare definitivamente
la strada del ritorno, ci tuffiamo tra le colline che circondano
Ratisbona per visitare il Walhalla. La sua macchia bianca
si vede da distante. È un tempio di stile neoclassico
dall’ampio colonnato e dalla lunga scalinata che scende
verso valle. Qui il Danubio offre uno spettacolo grandioso.
Il Walhalla è, nella mitologia celtica, il paradiso
degli eroi, ma il tempio è diventato un monumento
ai grandi tedeschi: ospita 121 busti e 64 targhe commemorative.