SIKKIM E BHUTAN IN MOUNTAIN BIKE
di
Marco Scattolon
Febbraio-Marzo
2003
Eccoci
ancora pronti a partire con i nostri "bagagli":
i soliti due zainetti-bagaglio a mano. Questa volta abbiamo
in più due biciclette da portare in viaggio con noi,
montate e impachettate per farle rientrare nelle dimensioni
richieste dal bagaglio ordinario. In Bhutan non esistono
mountain-bike. Per organizzare il nostro viaggio ci sono
voluti mesi di preparativi e di allenamento. Abbiamo dovuto
pensare a tutto quello che poteva servirci nel tragitto,
considerando che avremmo avuto poco aiuto nel caso di imprevisti.
Altra grande difficoltà è stato convincere
i bhutanesi a lasciare a noi l'organizzazione dell'itinerario,
completamente fuori da ogni loro schema. Il nostro progetto
è quello di viaggiare in bicicletta, dormire in abitazioni
locali e stare a contatto con la gente del posto. Tutte
cose difficili da capire per un bhutanese; i 4.000 turisti
annui che visitano il Bhutan sono per lo più ricchi,
anziani e si spostano in comitive soggiornando in hotel
di lusso.
22
Febbraio 03
Siamo partiti da Venezia alle 6:45 e via Zurigo arriviamo
a Delhi il 23 alle 00:10.
Avevamo letto sulla guida Lonely Planet che : "l'arrivo
a Delhi è un vero e proprio assalto ai cinque sensi,
che intimidisce tutti quelli che giungono in questa città
.."
Siamo dunque preparati al peggio. Prima di buttarci nella
mischia controlliamo che tutto sia al suo posto: carte di
credito, passaporti e contanti opportunamente nascosti e
divisi tra tasche sotto la camicia e marsupio. Afferriamo
gli zaini e le scatole con le biciclette e "coraggiosamente"
usciamo, pronti a dribblare tra la folla per evitare il
temuto attacco
. Invece, sarà perché
siamo fortunati o che siamo abituati a viaggiare in Asia,
l'aeroporto della capitale ci sembra come tanti altri, anzi,
con meno procacciatori d'affari del solito. Dopo poco più
di 10 minuti siamo fuori dall'aeroporto, dopo aver recuperato
le nostre bici ed aver spiegato ai doganieri perplessi qual
è il nostro progetto. Ci è venuto a prendere
un tassista che ci ha portato all' hotel Namaskar (Namaskarhotel@yahoo.com).
Il traffico per la città è ancora molto intenso,
nonostante sia oramai mezzanotte passata e con le bici legate
in qualche modo nel bagagliaio posteriore del taxi, arriviamo
in hotel verso le due. La stanza che scegliamo è
ovviamente la "suite de luxe", per 400Rs (8 Euro):
almeno questa ha delle finestre, un bagno con un microlavandino
impraticabile e acqua calda a secchi. Dalla strada arrivano
per tutta la notte i soliti latrati dei cani randagi e rumori
di ogni genere.
23
Febbraio 03
Sveglia alle 8:00. Il proprietario dell' hotel appena
ci vede tenta , come previsto, di proporci il tour del Rajasthan,
15 giorni tutto compreso oppure un tour in cammello nel
deserto e ci fa vedere album di foto con turisti dall'aria
soddisfatta. Non serve a nulla dirgli che vogliamo andare
in Sikkim e che abbiamo già i voli prenotati. Ci
vuole almeno mezzora per scrollarselo di dosso , anche se
sappiamo che al nostro rientro ricomincerà a proporci
altri itinerari. Finalmente fuori in strada! Siamo nel centro
di Delhi, nel quartiere di Paharganj. E' presto, i negozi
sono ancora chiusi e regna una calma apparente, lungo la
strada solo mucche sacre. E' domenica e preferiamo visitare
i monumenti della città, perciò contrattiamo
per salire su un autorisciò che ci porta alla moschea
di Jama Masjid. Questa moschea è la più grande
di Delhi e la più importante della zona, qua i mussulmani
pregano il venerdì riempiendo il grande cortile dell'edificio.
Sempre
in autorisciò andiamo a visitare il complesso del
Qutb Minar, 15 km a sud della capitale, esempio di architettura
afghana dove domina la torre alta 73 metri e la prima moschea
costruita in India. Lungo la strada ci siamo fermati al
Gandhi Memorial e al Parlamento. Rientriamo nel nostro quartiere
che nel frattempo ha cambiato completamente aspetto: i negozi
hanno aperto e in ogni angolo ci sono "venditori di
tutto", guide improvvisate, risciò a pedali
e a motore che dribblando cercano di evitare la folla che
riempie le strade, formando un autentico groviglio umano.
Abbiamo fatto bene a lasciare, per ora, le bici in camera.
Anche qui come in Nepal per sopravvivere al traffico sono
necessarie tre cose: un buon clacson, buoni freni, e
buona
fortuna. Le mucche sono le uniche che camminano tranquille,
non curanti degli sforzi fatti per evitare di investirle.
Moto, risciò, biciclette e mezzi di ogni genere si
incrociano strombazzando per segnalare la propria presenza.
Per riuscire a sopravvivere, dopo l'impatto iniziale, ci
vuole un po' di tempo. Quando si cammina, l'importante è
seguire il flusso, evitando movimenti bruschi e fermate
improvvise. Se si vuole attraversare una strada è
buona regola imitare gli altri. Le immondizie della strada
vengono continuamente spostate dai lati al centro per essere
poi riportate nuovamente davanti ai negozi al passaggio
del traffico.
24
Febbraio 03
Giornata dedicata alla visita di Old Delhi, dove andiamo
a piedi partendo dal nostro hotel. La città vecchia
si estende in un groviglio di viuzze a ovest del Red Fort.
La via principale è Chandni Chowk da cui partono
infinite stradine piene di negozi di ogni genere, suddivise
in zone a seconda della merce venduta. I gusti, gli odori
e l'atmosfera che si respira sono sicuramente un' esperienza
indimenticabile. In qualunque momento della giornata c'è
chi fa bollire, friggere o arrostire qualcosa da mangiare
per attirare i passanti. Le strade sono vive, piene di gente
e di musica. E' quasi inutile cercare di orientarsi ed è
naturale perdersi, attirati dalla varietà delle merci
in vendita, compresi i barbieri, i pulisciorecchie, calzolai
e dentisti che in strada espongono e "riparano"
denti e dentiere.
25
Febbraio 03
Affittata una macchina con autista andiamo a visitare Agra,
a 204 km da Delhi e circa 4-5 ore di macchina. Evitato il
proprietario dell' hotel, usciamo quasi furtivamente in
strada alle 6 del mattino, non riusciamo invece ad evitare
un altro venditore di tour del Rajasthan che a tutti i costi
vuole farci salire sul suo autobus. Dopo più di mezz'ora
arriva finalmente il nostro autista che non smentisce la
consuetudine asiatica di considerare il tempo come qualcosa
di poco importante.
Visitiamo il Taj Mahal, mausoleo Moghul che viene descritto
come il più stravagante monumento eretto per amore
e divenuto il simbolo turistico dell'India. Sotto l'enorme
cupola si trova la tomba della seconda moglie dell'imperatore,
il quale fece erigere questo monumento in marmo bianco finemente
lavorato per ricordare la propria amata prematuramente scomparsa.
La visita continua con il Forte di Agra, costruzione di
arenaria rossa del 16° secolo, prima struttura militare,
poi palazzo e infine prigione dell'imperatore.
26
Febbraio 03
Non senza un certo coraggio, attraversiamo da soli una trafficata
strada del centro di Delhi e assaliti da guide improvvisate
e venditori di biglietti aerei, riusciamo ad arrivare indenni
a Connaught Place, vasta rotatoria delimitata da una serie
di edifici che rappresenta il centro commerciale della città.
La nostra intenzione è quella di visitare l'emporio
di stato e i vari mercatini. Non riusciamo però ad
evitare, anche se consapevoli del pericolo, un lustrascarpe
che, con una azione fulminea, riesce a lanciare sulle nostre
scarpe della cacca per poi innocentemente proporsi per pulirle.
Quando dietro di noi ci sentiamo dire :" sir, you have
something on the shoes" è oramai troppo tardi,
la scarpa è coperta di merda. Pensiamo che sia meglio
mandarlo via e pulirci in qualche modo, altrimenti altri
potrebbero seguire il suo esempio; con le scarpe troppo
pulite siamo un vistoso obiettivo per altri lanci.
Comunque, cacca a parte, ormai ci siamo abituati e ci muoviamo
quasi tranquillamente in mezzo alla gente evitando senza
troppe difficoltà i venditori e i procacciatori d'affari.
Ci troviamo a nostro agio in questo disordine che ci sembra
quasi normale.
27
Febbraio 03
Alle 7.30 con un taxi pre-pagato e con le bici legate in
qualche modo sul portapacchi arriviamo all'aeroporto terminal-1
voli domestici. Non c'è modo di evitare i facchini
improvvisati che si impossessano velocemente dei bagagli
e che tu voglia o no ti accompagnano al check-in. Il volo
parte in orario alle 10:10 , la compagnia aerea è
la ottima Jetairways (avevamo già preso i biglietti
in Italia con disappunto del proprietario dell'hotel che
tra le altre cose possiede un ticketing-office).
Arriviamo
a Bagdogra alle 12.05 e ci viene a prendere Luis (Bhutan
Tourism Services slg_jyotirai@sancharnet.in ) che ci accompagnerà
nel nostro viaggio in Sikkim. Ci accoglie con un "namaste"
regalandoci due sciarpe tibetane di benvenuto ( di cui ormai
abbiamo una discreta collezione ) e ci sentiamo già
a nostro agio. Luis è una persona con una grande
cultura e conosce ( cosa abbastanza rara da queste parti)
molte cose del nostro paese. Con il suo aiuto riusciremo
finalmente a capire qualcosa di più del buddismo
e della sua complessa filosofia. All'aeroporto riempiono
il nostro passaporto di timbri e timbrini ( alla fine del
viaggio avremo consumato 5 pagine ). Gli indiani hanno una
passione per la burocrazia , per le carte e per le ricevute;
non perdono mai occasione per compilare moduli che nessuno
leggerà mai e che non servono assolutamente a niente.
In
jeep partiamo per Ganktok capitale del Sikkim, 110 Km in
circa 5 ore. Il Sikkim, regione a statuto autonomo dell'India,
è stato indipendente fino al 1975. Per entrare in
Sikkim è necessario un permesso ( facile da ottenere
) in cui vanno indicate tutte le tappe del viaggio . Prima
di arrivare al confine attraversiamo una parte del West-Bengala,
regione che rappresenta esattamente l'idea nostra dell'India.
La strada è una sottile striscia d'asfalto con due
fasce sterrate ai lati; camion che strombazzano e gente
che corre indaffarata. Tutti trasportano tutto, dalla legna
alle banane e spingono ogni sorta di carretti nel solito
disordine. Le donne si notano per i loro colorati sari,
al contrario degli uomini che portano camicie di tipo occidentale
abbinate a quello che capita. Al check-point di confine
tra West-Bengala e Sikkim ci aspettano altri moduli da compilare
e altri timbri. La strada è sconnessa, a strapiombo
e da brivido, specie quando si incrociano i camion che guidano
come dei matti e più di una volta rischiamo l'incidente.
Durante la stagione dei monsoni che inizia in maggio, le
strade franano e nel periodo secco vengono ricostruite ogni
anno. Poi la neve nei mesi successivi fa il resto. Il Sikkim
è molto diverso dall'India vera e propria, più
simile a certe parti del Nepal e ha come religione principale
il buddismo. Il confine con il Nepal è vicinissimo
(70 Km) e ci sono moltissimi emigrati, tanto che la lingua
principale è proprio il nepalese. Ci sono anche molti
profughi tibetani e campi di rifugiati in tutto il paese.
La tentazione di attraversare il confine per raggiungere
Kathmandu è forte; il nostro amico Ram ci ha invitati
molte volte ma sappiamo che la situazione nel paese non
è ancora sicura e poi non abbiamo tempo.
Gangtok,
la capitale del Sikkim, non è un gran che: è
costituita da un groviglio di palazzoni costruiti senza
un piano regolatore. Ci sistemiamo in hotel (Hotel Anola)
che è completamente vuoto, in città non ci
sono altri turisti. Questa perfetta solitudine ci accompagnerà
per tutto il viaggio in Sikkim, con hotel e ristoranti aperti
solo per noi. Facciamo un giro per Gangtok e notiamo che
i negozianti non sono stranamente interessati a noi, riusciamo
a camminare senza difficoltà, senza che nessuno ci
fermi per venderci o proporci qualcosa. Luis ci spiega che
il Sikkim è molto ricco grazie alle grandi sovvenzioni
statali e quindi il livello di vita medio è buono
rispetto ai paesi confinanti. Mangiamo nel ristorante dell'
hotel che ha aperto per noi ed è completamente al
buio fino al nostro arrivo. Ci presentano un menù
ricchissimo per poi scoprire che, come è logico dal
momento che siamo gli unici avventori, hanno solo due o
tre cose: riso, riso con verdure, riso con carne e chapati.
L'attesa è infinita, come sempre in India, e per
pagare siamo costretti ad aspettare a lungo perché
il proprietario deve preparare una ricevuta e non ha il
resto. Risaliti in camera montiamo le bici (3 ore) e dato
che l'hotel è vuoto danno una camera gratis anche
alle bici.
28
Febbraio 03
Oggi iniziamo il nostro viaggio in bici. Con partenza alle
8:00 andiamo al monastero di Rumtek, residenza del Karmapa,
capo dell'ordine dei berretti neri. Il complesso monastico
è la copia del monastero tibetano di Tsurphu che
abbiamo visitato l'anno scorso in Tibet. A differenza di
quello che potrebbe sembrare c'è una forte lotta
per la successione tra i vari ordini religiosi e all'interno
dello stesso ordine; l'attuale karmapa da molti viene considerato
un impostore. La reincarnazione precedente è infatti
morta nel 1981 in circostanze misteriose e ha lasciato un
testamento che forse è stato contraffatto. Alcuni
soldati circondano il monastero per controllare la situazione.
Il
3 di marzo ci sarà il capodanno tibetano, il Losar,
e fervono i preparativi. Ovunque ci sono monaci in preghiera
e all'interno del monastero sono presenti doni di ogni genere.
Lungo la strada i bambini ci vengono incontro incuriositi
dalle bici e la gente è meravigliata: ci sentiamo
osservati come se fossimo degli UFO! E pensare che, per
non spaventare troppo i locali, abbiamo cercato di evitare
l'abbigliamento appariscente, anche se comodo, che normalmente
usano i ciclisti, rinunciando anche al casco. Le uniche
cose che abbiamo deciso di portarci sono i guanti e i pantaloncini
protettivi.
Lasciato
il monastero visitiamo il Namgyal Institute Of Tibetology,
centro di cultura tibetana e il monastero Do-Drul Gompa,
sulla collina sopra Gangtok. Qui abbiamo la fortuna di incontrare
la 12a reincarnazione del Guru Rimpoche (fondatore del Tibet
e del Bhutan) che è in visita al monastero. Siamo
però impuri e per assistere alla sua cerimonia dobbiamo
aspettare la benedizione. Ci versano in mano del liquido
giallo (cosa sarà??) che con la mano destra dobbiamo
passarci sulla fronte e sulla testa (in realtà dovremmo
berlo ma non è il caso!!). Inizia la celebrazione:
i primi 10 minuti sono anche piacevoli e interessanti ma
poi tutto si ripete sempre uguale, almeno per noi. Cerchiamo
di trovare il modo di uscire (in tutto durerà 5 ore)
senza offendere i presenti. Finalmente fuori! Di nuovo in
sella per il monastero Enchey Gompa, posto su una collina
vicino a Gangtok e la scuola professionale. Il governo paga
il corso di studi di 3 anni ai bambini scolasticamente poco
dotati e dà un contributo di 800 rupie (16 euro)
alle famiglie che hanno un figlio a scuola. In questo modo
si evita che i genitori mandino a lavorare nei campi i figli
senza farli studiare.
1
Marzo 03
Ore 8:00 si parte per il Phodong Monastery, 40 Km a nord
di Gangtok. Arrivati al monastero i monaci ci invitano a
mangiare con loro riso e interiora e siamo costretti ad
accettare per non offenderli; nel piatto anche pezzi del
sacco di iuta, sassolini ed altre cose non identificate.
Proseguiamo per 4 Km fino al monastero di Labrang dove troviamo
molti monaci-bambini che ci chiedono palle da cricket. Il
cricket (sport di cui non conosciamo neanche le regole)
è lo sport nazionale indiano, retaggio della colonizzazione
inglese. Il tifo è simile al quello per il calcio
in Italia. Tra l'altro in questi giorni ci sono i campionati
mondiali di cricket in Sudafrica e l'India ha vinto la semifinale
(si festeggia con canti e fuochi d'artificio: impossibile
addormentarsi, o meglio lui ha dormito come un sasso e lei
è rimasta sveglia tutta la notte). Al rientro facciamo
una breve deviazione per il Phensong Monastery dove troviamo
i monaci in festa per i preparativi del capodanno tibetano.
Sono tutti molto cordiali e felici di vederci.
2
Marzo 03
Ore 6:00 partenza per Pemayangtse, 112 Km in circa 10 ore.
Visita del Pemayangtse Monastery. Arriviamo che è
ormai sera a Pelling, paese costituito solo da hotel (tipo
Nagarkot in Nepal). Da qui si ha una spendida vista sul
Kangchendzonga, terza vetta più alta del mondo (8598
mt). Troviamo il solito hotel vuoto (Hotel Norbughang) e
ci accolgono con le sciarpette di benvenuto. Visitiamo anche
il poverissimo monastero di Sangachoeling, situato in una
collina sopra il paese. Anche qui i monasteri sopravvivono
grazie alle offerte dei fedeli e in particolare delle donazioni
fatte dagli occidentali. Di conseguenza da una parte alcuni
edifici religiosi, frequentati magari da Madonna e Richard
Gere, vengono continuamente restaurati, e dall'altra altri
edifici più antichi e belli come questo di Sangachoeling
cadono in rovina. Dopo cena e usando una torcia cerchiamo
di fare un giro per il paese, ma è troppo buio e
rischiamo di perderci. Decidiamo quindi di rientrare in
Hotel.
3
Marzo 03
Capodanno tibetano. Sveglia alle 5.30 per vedere il sorgere
del sole sul Kangchendzonga, anche se siamo piuttosto pessimisti
dopo l'esperienza di Nagarkot in Nepal, e invece stranamente
il cielo è sereno e la vista è piuttosto buona.
Proseguiamo per Yoksum passando per Khecheopari Lake. Lungo
la strada incontriamo sempre molti bambini i quali fanno
a gara per salire sulla bici e Marco ha il suo da fare per
accontentare tutti. La gente ci saluta e rimaniamo senza
fiato a forza di rispondere con hallo e namaste. L'ideale
sarebbe correre senza mani sul manubrio per poter rispondere
ai continui saluti congiungendo le mani. Una signora però
si spaventa e scappa urlando terrorizzata dalla nostra presenza,
tanto che ci dobbiamo allontanare in fretta. Il lago sacro
di Khecheopari è circondato da bandiere di preghiera
ed è molto suggestivo. Nel tardo pomeriggio arriviamo
a Yoksum che è stata la prima capitale del Sikkim,
dove il primo re venne consacrato nel 1641 D.C. da 3 Lama
illuminati. Dormiamo nell' Hotel Tashigang, un grandissimo
e vuoto edificio sulla sommità della collina di Yoksum.
Poche case e uno splendido panorama sul Kangchendzonga.
Ci dicono che nei boschi dietro al villaggio vive addirittura
lo Yeti. Di sera ci offrono la birra tibetana (chang) in
contenitori naturali fatti di legno con una cannuccia di
bambù più alta di noi e berla diventa davvero
difficile, soprattutto per Silvia che ha la cannuccia più
alta. Oltretutto il cameriere è imbranatissimo e
ci rovescia il te addosso.
4
Marzo 03
Visitiamo il Dubdi Monastery, primo monastero del Sikkim
situato su una collina vicino a Yoksum e poi trascorriamo
il resto della giornata a riposarci delle pedalate dei giorni
precedenti in perfetto relax, anche se non rinunciamo ad
un giro con la bici per il villaggio. In tutta l'India oramai
il modo più comodo per comunicare con l'estero è
spedire email dai numerosissimi punti internet disseminati
in tutto il paese. I telefoni con linea internazionale invece
sono ancora rari e la qualità del servizio è
pessima. Anche nel villaggio sperduto di Yoksum è
possibile inviare email; basta rivolgersi alla maestra del
paese che gentilmente ci apre la scuola. Con nostro stupore
ci troviamo di fronte ad una stanza con modernissimi computer,
tutti connessi alla rete internet. Di sera ci invitano a
mangiare in un ristorantino locale. L'unico problema è
che per arrivarci dobbiamo usare la torcia perché
è buio pesto e siamo inseguiti dai molti cani randagi.
5
Marzo 03
In jeep proseguiamo per Kalimpong, 125 Km 6 ore. Lungo la
strada visitiamo il monastero di Tashiding sulla cima di
una collina fatta a forma di cuore con la vista del sacro
monte Kangchendzonga. Superiamo il confine tra West Bengala
e Sikkim previo timbro di uscita e siamo di nuovo in India.
A Kalimpong andiamo al mercato del mercoledì, dove
si incontrano tutti gli abitanti della regione. Visitiamo
il chorten Thong-Wa-Rang-To e il Zangdog Pelri Phobrang
Monastery. Pernottiamo all' Hotel Park.
6
Marzo 03
Ore 6 partenza per Phuentsholing, città di frontiera
tra Bhutan e India. Ci vogliono circa 4-5 ore di macchina.
Lungo la strada foriamo ma non è un problema. Montata
la ruota di scorta, ci fermiamo dopo qualche chilometro
al primo villaggio per riparare il foro. In India l'inventiva
è tale che con un po' di gomma e del fuoco riescono
a riparare qualunque foratura in poco tempo.
Riprendiamo il cammino e lungo la strada ci fermiamo in
una delle tante piantagioni di tè. Il raccolto viene
fatto prevalentemente da sole donne che camminando tra le
grandi distese di cespugli di tè, selezionano le
foglie migliori. Il maggior pericolo in questo lavoro è
rappresentato dai serpenti velenosi come il cobra reale,
il crotalo, il pitone e le vipere volanti. Le lavoratrici
non sembrano particolarmente preoccupate perché dicono
che è abbastanza raro essere morsi, tanto che ci
invitano a raggiungerle in mezzo alla vegetazione. La sensazione
è quella di trovarci in un film tipo "Via col
vento" tra le piantagioni di cotone. Siamo in Assam
e la lingua parlata da queste parti è completamente
diversa da quella della regione di Darjeeling, Luis fa non
poca fatica a farsi capire. Questa regione dell'India, a
causa di scontri tra le etnie locali, è potenzialmente
pericolosa. Spesso le macchine vengono fermate e banditi
armati e bendati tentano di estorcere denaro. Noi fortunatamente
non abbiamo fatto brutti incontri.
Alle
11.30 arriviamo in Bhutan dove ci aspetta Renzine, ragazzo
bhutanese che ci accompagnerà nel nostro viaggio.
Passata la dogana indiana dobbiamo aspettare 1 ora perché
i bhutanesi compilino i documenti necessari per farci ottenere
il visto. Abbiamo subito occasione di scontrarci con il
modo di ragionare dei bhutanesi che sarà un grosso
problema per tutto il viaggio. Abbiamo l'itinerario che
ci ha mandato l'agenzia di Thimphu, ma la nostra guida non
è stata assolutamente informata delle nostre richieste,
di cosa vogliamo fare e soprattutto non sa nemmeno che faremo
il viaggio in bici. Tutto questo lo mette immediatamente
in crisi, perché non sa cosa deve fare e cerca di
convincerci a cambiare itinerario. La situazione è
alquanto imbarazzante anche perché non abbiamo alcuna
intenzione di cambiare idea e la cosa è resa ancora
più fastidiosa dal fatto che la tassa turistica in
Bhutan è di 230 USD al giorno a testa e quindi, nel
vero senso della parola, il tempo è denaro. Eppure
ci siamo organizzati con largo anticipo appunto per evitare
problemi di comprensione reciproca e l'agenzia bhutanese
ci aveva assicurato che era tutto a posto, nonostante le
nostre inusuali richieste. Di fronte all'evidente imbarazzo
della guida, mentre l'autista è andato a cercare
non si sa dove un portabagagli per le bici, capiamo che
agitarci non serve a niente e cerchiamo di sorridere dicendo
che non c'è problema. Dopo 3 ore di attesa (equivalenti
in tassa turistica a circa 60 Euro a testa) finalmente ritorna
l'autista con un portatagli montato sul tetto della macchina.
La cosa assurda è che il mezzo a nostra disposizione
può portare circa 15 persone e quindi sarebbe stato
sufficiente mettere le bici dentro, magari togliendo la
ruota davanti. Niente da fare, vogliono caricarle sul tetto
ma non sono capaci (forse non hanno mai visto una mountain-bike!)
e perdi più le vogliono mettere in piedi!! Finalmente
dopo un'ora partiamo con le bici legate in un modo tale
che per scaricarle ci vorranno almeno due ore! Nonostante
tutto continuiamo a sorridere per cercare di far sentire
a suo agio la guida, anche se vorremmo buttarla in fosso.
In compenso ci sentiamo dire :" meno male che voi siete
così tranquilli, non capisco perché questi
turisti occidentali hanno sempre così tanta fretta,
specialmente i tedeschi si arrabbiano per qualche minuto
di ritardo
". Almeno così ci consoliamo:
non siamo gli unici malcapitati. Arriviamo a Thimphu, la
capitale del Bhutan alle 21 (dopo 6 ore e 175 km). La strada
è sconnessa, polverosa e trafficata da tantissimi
camion indiani. Lungo il percorso gente del Nepal che lavora
alla manutenzione stradale in condizioni pietose in mezzo
al fumo dell'asfalto. Il Bhutan è un paese ricco
grazie alla vendita di elettricità e alle continue
sovvenzioni dei paesi occidentali. I bhutanesi evitano quindi
i lavori faticosi, perché sanno che ci sono stranieri
disposti per poche rupie a farli al posto loro e d'altro
canto non sarebbero in grado di svolgerli ( da poco tempo
a Thimphu è stata aperta una scuola che ha lo scopo
di avvicinare i bhutanesi ai lavori manuali).
7
Marzo 03
Dopo la colazione visitiamo il Memorial Chorten, costruito
in memoria dell'ultimo Re del Bhutan nel 1974, visitiamo
poi il tempio Changangkha del 15° secolo. Proseguiamo
poi per Sangyegang, punto panoramico da cui si può
vedere tutta la valle. Ci fermiamo poi al Zilukha Nunnery
e all' " Institute of Arts and Crafts". La mattinata
termina con il " National Textile museum & the
Folk heritage museum". Come da programma avevamo richiesto
di evitare ogni giorno le soste per il pranzo, che ci avrebbero
fatto perdere troppo tempo e comunque di cenare sempre in
ristoranti locali. Questo perché gli hotel sono normalmente
lontani dai centri abitati e il turista finisce per rimanere
isolato dalla vita di tutti i giorni. Per lo stesso motivo
avevamo richiesto di dormire in case locali. Vista l'esperienza
del giorno precedente e avendo capito che sarebbe stato
difficile ottenere quanto previsto da programma, già
nella prima mattinata avevamo iniziato a ripetere alla nostra
guida quello che volevamo fare e che c'era ben scritto sul
foglio che la sua agenzia gli aveva consegnato. Pensavamo
che il nostro continuo ripetere avrebbe finalmente sfondato
quel muro. Avremmo poi scoperto che questo modo di ragionare
così diverso da quello di ogni altro paese è
comune alla maggior parte dei bhutanesi ed è causato
anche dall'isolamento in cui sono vissuti gli abitanti del
Bhutan fino a 50 anni fa. Per quanto la situazione sia per
noi difficile da affrontare, continuiamo a ripeterci che
non è assolutamente giusto giudicare un modo differente
di vivere. Gli indiani in particolare considerano i bhutanesi
come degli allocchi da spremere in ogni modo. Questa ingenuità
mista a onestà e assoluta mancanza di conoscenza
del mondo esterno, rendono gli abitanti del regno del drago
facili prede "dell'inventiva indiana". Ad esempio
i bhutanesi non scendono mai dalla macchina in territorio
indiano, perché sanno che gli indiani, riconoscendo
la targa (BT=scemo) e l'abbigliamento, li fermano e con
ogni sorta di pretesto gli estorcono denaro (in mezzora
di strada anche alla nostra guida hanno richiesto ed ottenuto
l'equivalente di 40 euro!).
Ritornando alla nostra seconda giornata in Bhutan, la guida
ci porta a mangiare a pranzo in un ristorante locale, facendoci
perdere almeno due preziosissime ore. Nel pomeriggio finalmente
siamo liberi di girare per la capitale con le nostre bici.
Visitiamo il mercato settimanale della verdura dove vengono
tutti gli abitanti della valle e pedaliamo tra gli sguardi
incuriositi della gente. Anche noi siamo meravigliati nel
vedere i loro vestiti, uguali a quelli che portavano mille
anni fa. Se non fosse per le poche macchine che circolano,
sembrerebbe di essere in pieno medioevo. Unica capitale
al mondo senza semafori e unica forse dove è impossibile
perdersi. Infatti Thimphu ha solo una strada principale
ed è veramente molto piccola per essere una capitale
(circa 40.000 abitanti).
8
Marzo 03
Dopo la colazione partiamo in bici per Punakha (77 km e
circa 7 ore). Lungo la strada ci fermiamo al passo Dochula
(3100m) per vedere le montagne dell' Himalaya orientale
ma siamo immersi nelle nuvole. Se non fosse per le moltissime
bandiere di preghiera, il paesaggio sarebbe simile alle
nostre alpi, con i pini e i cipressi. La definizione di
"ultimo Tibet" ci sembra completamente fuori luogo,
niente ci ricorda questo paese, ad iniziare dai panorami
così diversi. Proseguiamo e in un villaggio ci vengono
incontro alcuni bambini che vogliono provare le nostre bici.
Arrivati vicino a Punakha, ci accordiamo per l'inevitabile
pranzo: mentre preparano da mangiare, possiamo andare in
giro per il paese. Arrivati in città, visitiamo il
Punakha Dzong e ci sistemiamo in una casa locale, ospiti
di una sorella di Renzine. Abbiamo vinto
. per ora.
La stanza che ci preparano è quella dedicata alla
preghiera. Le coperte sono abbondanti anche perché
non ci sono vetri ed è tutto aperto, considerato
che siamo a 2300 mt e fa freddino di notte. La famiglia
che ci ospita è ricca e la casa è molto grande,
con due camere per dormire e la stanza da pranzo. Di sera
mangiamo con loro. Il tipico pasto bhutanese (colazione,pranzo
e cena ) è costituito da riso bianco o di qualità
rossa con peperoncino e verdure. Tutta la famiglia siede
per terra e con le mani lavora il riso a cui aggiunge il
peperoncino fino a formare una pallina. A causa della religione
buddista non è permesso uccidere animali e quindi
la carne viene importata dall'India e poi essiccata. Nei
ristoranti locali si trovano anche il daal bhat e i momo
nepalesi e qualche piatto cinese come i tagliolini liofilizzati.
Altro piatto caratteristico del Bhutan sono le patate lesse
con formaggio e peperoncino (vero protagonista della cucina
locale, viene anche mangiato da solo a pezzetti).
In Bhutan l'uomo e la donna hanno gli stessi diritti e i
costumi sessuali sono liberi. In pratica ognuno può
vivere come crede e non è necessario sposarsi. In
casa il marito e i figli aiutano la donna a cucinare e a
fare i lavori domestici e tutti danno il loro contributo.
I bambini sono molto amati ed è considerato positivo
averne anche più di 10.
9
Marzo 03
I nostri amici ci prestano i loro migliori abiti perché
oggi dobbiamo andare a vedere il festival ed è meglio
vestirsi in modo consono. Le donne portano il kira formato
da una tunica di colore vivace lunga fino ai piedi e bloccata
all'altezza della vita da una cintura di stoffa. Sopra a
questa si indossa una giacca di seta . Gli uomini portano
il gho, un lungo abito che piegato all'indietro e bloccato
con una cintura arriva al ginocchio. Calzettoni di tipo
scozzese di colore scuro completano il tutto. Il festival
di Punakha dura 5 giorni duranti i quali si susseguono preghiere
e danze in maschera. I monaci indossano abiti raffiguranti
divinità e danzano. La festa è molto importante
per la gente del posto che accorre da tutta la regione sfoggiando
gli abiti migliori. Incontriamo anche alcune donne laya
con il loro caratteristico cappello conico,appartenenti
ad un'etnia che vive a più di 3000 mt di altezza.Nel
pomeriggio dopo esserci cambiati i vestiti proseguiamo in
mountain-bike per
il Khamsum Yule Namgyel monastery, il villaggio di Wangdi
Phodrang e Tashithang a 23 km da Punakha. Rientriamo in
città verso sera.
10
Marzo 03
Dopo la colazione ritorniamo alla fortezza per vedere altre
danze a cui partecipa anche il cognato di Renzine. Proseguiamo
con le biciclette per il passo Dochula, fermandoci per il
pranzo in un villaggio deserto perché tutti gli abitanti
sono al festival. Renzine decide quindi, visto che anche
il ristorante è chiuso, di improvvisarsi cuoco e
ci dà da mangiare brodo avanzato con uova e tagliolini
utilizzando la cucina del locale.Sul passo di Dochula nevica
e quindi scendiamo in fretta. Lungo la strada alcune persone
ci fermano perché vogliono acquistare le nostre bici,
ma Renzine gli dice che le comprerà lui.
In tarda serata arriviamo a Paro, seconda città del
Bhutan che ospita l'aeroporto internazionale.
11
Marzo 03
Dopo la colazione proseguiamo per Ramthangkha e saliamo
a piedi fino al Taktsang, monastero costruito vicino alla
grotta in cui meditò il Guru Rimpoche arrivato dal
Tibet, uno dei più venerati luoghi sacri buddisti
al mondo. Visitiamo poi la valle di Paro, dove le facciate
delle abitazioni sono decorate con affreschi raffiguranti
l'organo sessuale maschile a protezione degli spiriti maligni.
Le case sono fatte in terra battuta e gli infissi sono di
legno finemente lavorato.
Rientrati a Paro, visitiamo il National Museum con la sua
grande collezione di francobolli (la produzione di francobolli
in Bhutan rappresenta una grande fonte di reddito). In città,
come in tutto il resto del paese, mancano completamente
negozi di souvenir e articoli per turisti. Nessuno ti ferma
per cercare di vendere qualcosa.
12
Marzo 03
Purtroppo questa settimana l'unico aereo che parte da Paro
va a Bangkok e quindi siamo costretti a rientrare in India
da Phuentsholing dove arriviamo in tarda serata. Renzine
compra le nostre 2 mountain-bike e per nostra fortuna stabilisce
lui il prezzo. Abituati infatti agli altri paesi asiatici
in cui i prezzi sono bassissimi e tutto si contratta, noi
avremmo sicuramente proposto un prezzo più basso.
In Bhutan invece sono ricchi e appena hanno qualche soldo
in mano lo spendono perché dicono che la vita è
breve ed è giusto divertirsi. Spesso i negozi e i
locali sono chiusi: i proprietari preferiscono andare in
vacanza a spendere quanto guadagnato e lasciano ai dipendenti
la gestione del locale.
13
Marzo 03
Alle 6.30 partiamo per Bagdogra (3-4 ore di macchina ) dopo
aver collezionato un'altra serie di timbri alla dogana indiana.
L'aereo (volo Bagdogra- Dheli delle 12.35) fa sosta in Assam
e quindi i controlli antiterrorismo sono severissimi. Ci
perquisiscono 2 volte e il bagaglio a mano viene ispezionato
rovesciando lo zaino e controllando ogni cosa nei minimi
dettagli. Le batterie , comprese anche quelle della macchina
fotografica, non sono ammesse e vengono sequestrate. Arriviamo
in orario a Delhi dove con un taxi prepagato raggiungiamo
l'hotel Namaskar.
15
Marzo 03
Ore 02 del mattino aereo per Zurigo.