BOLIVIA IN CAMPER 4x4
Il nostro viaggio in America
del Sud prosegue e dopo il resoconto sull’Argentina
del nord, già pubblicato sulla Farfalla e sul sito
dell’Assocampi, troverete qui di seguito le impressioni
e le emozioni avute nel visitare una nazione poco conosciuta
come la Bolivia, ma non per questo meno interessante, anzi.
Attualmente (novembre 2004) i 3 daily Iveco 4x4 si trovano
a Belem, nel nord est del Brasile vicino alla foce del Rio
delle Amazzoni, dopo aver attraversato, in più periodi,
anche il Cile, il sud dell’Argentina, inclusa la Patagonia
e la Terra del Fuoco, l’Uruguay, il Paraguay, e buona
parte del Brasile, Pantanal ed Amazzonia compresi..
In dicembre e gennaio p.v. verrà visitata tutta la
parte atlantica del Brasile da Belem fino a Rio de Janeiro.
Anche in questo caso non verrà fatto un diario del
viaggio nella sua esecuzione temporale che potrebbe risultare
noioso, ma evidenziate una serie di notizie ed impressioni
che, si spera, diano una conoscenza, anche se necessariamente
sommaria, della Bolivia.
La Bolivia si può considerare il Tibet
del continente americano sia per l’altezza delle sue
montagne che per l’isolamento del paese racchiuso,
non avendo sbocco a mare, tra la Cordigliera Andina ad ovest
ed il bacino amazzonico ad est. Ha una superficie di quasi
1.100.000 kmq ( pari a circa 3 volte e mezza l’Italia)
ed una popolazione di circa 8.000.000 di abitanti.
Entrati in Bolivia dall’Argentina si è avvertita
subito una netta differenza come se si fosse usciti da un
paese europeo ed entrati in uno del 3°mondo; a cominciare
dalla popolazione con caratteri somatici prevalentemente
indios. L’abbigliamento femminile è molto particolare
con una gonna molto corta e pieghettata, pollera, che ha
un ondeggiamento strano con l’incedere della persona.
Il corpetto di lana , chompa, è molto variopinto
e sul capo trova posto un curioso cappello di foggia maschile.
Le strade sono tutte sterrate ed in pessimo
stato, ma con la particolarità che bisogna comunque
pagare continui pedaggi sia statali che comunali.. Somme
di modestissimo valore, intendiamoci, ma che è bene
corrispondere facendo molta attenzione a non passare oltre
tutta una serie di casupole fatiscenti ove trovano posto
gli esattori.
Il paese è estremamente povero e lo si vede dalla
mancanza di veicoli privati in circolazione; dalle condizioni
della gente e dalle case che abitano. E pensare che per
le ricchezze del sottosuolo è uno dei più
ricchi dell’area.
Non so se si è seguita ultimamente la sommossa che
ha fatto fuggire negli Stati Uniti l’ultimo Presidente
a causa della vendita, o meglio della svendita, del gas
naturale boliviano a tutti i paesi confinanti invece che
sfruttarlo per lo sviluppo del paese produttore. L’elemento
scatenante che ha dato origine ai disordini è stato
il conoscere che una delle destinazioni del gas era verso
il Cile, nemico storico specie dopo”la guerra del
Pacifico” avvenuta nel 1800 che è finita con
l’annessione al Cile di tutti i territori boliviani
sulla costa. In questi giorni, addirittura con la mediazione
del Vaticano, si sta tentando di far riavere uno sbocco
a mare alla Bolivia.
Oggi le merci arrivano via fiume dall’Oceano Atlantico
con la risalita, da parte delle chiatte, del Rio delle Amazzoni
e sue diramazioni.
Anche perché via terra il trasporto merci è
quasi impossibile in quanto è un continuo saliscendi
su tornanti pericolosi, specie con le piogge, da 4.000 m
a fondo valle per poi risalire subito dopo. Non ci sono
ponti né gallerie e si guadano continuamente fiumi
o si aspetta il momento migliore per guadarli.
Lette queste poche righe uno si potrebbe chiedere perché
andare in Bolivia? Cercherò di spiegarlo con la rappresentazione
di momenti emblematici del viaggio.
SICUREZZA
Pur avendo sopportato a Sucre, splendida città coloniale
a 2.800 slm, un furto in 2 dei nostri veicoli, la Bolivia
viene considerato, a ragione, uno dei paesi più sicuri
dell’America Latina. Viene definito muy tranquillo.
I reati gravi sono molto rari. Si incontrano perlopiù
piccoli contrattempi con gli esattori dei pedaggi che cercano
di personalizzare un po’ troppo l’esazione o
con poliziotti troppo “interessati”. Di contro
tanta disponibilità ed amicizia dalla gente.
MAL DI MONTAGNA o SOROCHE
Bacino amazzonico a parte, la maggior parte della popolazione
vive sopra i 3.000 metri di altezza con punte oltre i 5.000.
L’ebollizione dell’acqua non avviene a 100°,
ma intorno agli 85/88°.
Anche il corpo umano fatica ad acclimatarsi. E’ sconsigliabile
iniziare un tour in automobile subito dopo essere arrivati
in aereo. Gli alberghi sono attrezzati con bombole di ossigeno.
Salire di quota per gradi invece non ti salva del tutto
dal soroche ma riduce di molto rischi più gravi.
Comunque al di là della più fornita scorta
di medicinali, di sintesi chimica, al seguito, il vero antidoto,
mutuato dai locali, è il mate di coca ( infuso caldo
di foglie di coca), oppure masticare direttamente le foglie
di coca in bocca : di sgradevole sapore ma di indiscussa
efficacia.
Del resto Mama Coca è onorata come figlia di Pachamama,
madre terra, e la coca è considerata un dono concesso
agli esseri umani per scacciare le forze del male dalle
case e dai campi.
Purtroppo si tende a criminalizzare un prodotto della terra
con l’uso distorto che si fa dello stesso. Ed ai poveri
campesinos è stata vietata o ridotta drasticamente
la coltivazione della pianta di coca incentivandoli a sostituirla
con altri prodotti “ graditi “ ai paesi occidentali.
E’ così accaduto che alla difficoltà
di produrre, a quelle altitudini, le coltivazioni “
consigliate” si è aggiunta la difficile assimilazione
delle stesse rispetto alle proprie abitudini secolari; oltre
all’impossibilità del trasporto dei prodotti
sia per la morfologia del terreno che per la carenza di
mezzi di trasporto.
Durante il viaggio non ho visto Boliviani drogati, ma tanti
Boliviani poverissimi.
SENTIERI INCAS
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I più bei percorsi
sulle Ande Boliviane ricalcano le strade costruite
dagli Incas.
Sono ancora oggi considerate opere di alta ingegneria
che collegavano località lontanissime tra di
loro, con un tracciato a volte veloce e lastricato,
a volte a gradini di roccia per superare dislivelli
notevoli.
I fiumi venivano passati con lunghi ponti sospesi
costruiti con fibre ritorte di una pianta simile al
cactus. Gli Incas non conoscevano l’uso della
ruota, pertanto tali strade erano percorse solo a
piedi con un sistema di staffette molto veloci che
garantivano le comunicazioni in tempi brevi.
Ma questi percorsi sono stati purtroppo una delle
cause della loro rovina, in quanto sono stati usati
dai Conquistadores spagnoli per penetrare verso l’interno
dalla costa e così distruggere o ridurre in
schiavitù le popolazioni. |
CAMELIDI ANDINI
Sono 4 i superstiti : il Lama, il Guanaco, l’Alpaca e
la Vigogna.
Sono tutti commestibili e la loro pelle o lana ha
sempre avuto grande importanza non solo a quelle latitudini.
Il lama e l’alpaca sono allevabili in cattività,
ma mentre il primo è considerato animale “
da soma” e con una pelliccia meno pregiata;
il secondo invece, l’alpaca, ha bisogno di pascoli
verdi per produrre la sua lana pregiatissima. Il guanaco
vive soprattutto nella Patagonia argentina
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piuttosto che sulle Ande, mentre la Vigogna
vive oltre i 4.000 metri, in piccoli gruppi difficilmente
avvistabili. Gli Inca li proteggevano con apposite leggi.
Ma con l’avvento degli Spagnoli vi fu una caccia scellerata
che portò, ad esempio, la vigogna al rischio di estinzione
: si passò dai 2.000.000 di esemplari a circa 10.000.
Solo negli ultimi anni con apposite leggi protettive il
numero sta aumentando.
Nel viaggio ho avuto modo di incontrarli e fotografarli
tutti con mio sommo piacere.
IMPRONTE DI DINOSAURI
Nelle vicinanze di Sucre, all’interno di una cava
di cemento tutt’ora in funzione, si trovano centinaia
di impronte di Tirannosauri come di altri Dinosauri, sia
carnivori che erbivori ( lo si distingue dal tipo di impronta
: ungulata i primi o circolare tipo elefante i secondi),
risalenti a 60 milioni di anni fa.
La particolarità è data dal
fatto che le impronte, a suo tempo impresse orizzontalmente
sul terreno acquitrinoso, oggi appaiono verticalmente sulla
parete della montagna. Questo è dovuto all’innalzamento
successivo delle Ande. Si possono così rimirare nel
loro insieme come in un grande schermo.
POTOSI’
Non so se al lettore questo nome dica oggi
qualcosa, ma stiamo parlando di una città a suo tempo
molto importante anche per l’Europa del 1660 e 1700.
E’ la più alta città del mondo con i
suoi 4.070 metri di altezza, fondata in prossimità
del Cerro Rico, una montagna che la sovrasta. Montagna che
era letteralmente ripiena di argento, tanto che dalle sue
vene ne è stato estratto talmente tanto da finanziare
la Corona di Spagna per quasi 3 secoli. E come spesso succede
tutti ne trassero giovamento, finanche i pirati di tutte
le nazionalità che depredavano i galeoni spagnoli,
ma non certo gli indigeni boliviani.
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Anzi le leggi spagnole
dell’epoca al motto “ scendi e scava”
costrinsero migliaia di schiavi indios a lavorare
in miniera, con grave rischio della vita sia per
gli incidenti che per la silicosi polmonare. Morirono
talmente tanti indigeni che la Monarchia Spagnola
si vide “ costretta” ad importare milioni
di schiavi africani molto più robusti. Con
la Ley della mita del 1572 fu prescritto che tutti
gli indios e gli schiavi africani con età
superiore ai 18 anni dovevano lavorare in miniera
12 ore al giorno alternandosi, per un periodo di
4 mesi consecutivi. Quelli che resistevano dopo
tale periodo erano destinati alle fonderie ove era
previsto, per la fusione, l’uso del mercurio.
Nei 3 secoli di dominio coloniale, dal 1545 al 1825,
si calcola che nelle miniere di Potosì siano
morti circa 8 milioni di persone.
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In quel periodo la città crebbe
talmente da raggiungere i 200.000 abitanti trasformandosi
in una delle città , a quel tempo, più
popolose del mondo. Furono costruite più di
80 chiese oltre a palazzi signorili ed addirittura
una zecca. Ma l’argento finì e tutto
fu travolto nell’oblio e nella povertà
che ne conseguì. Solo ultimamente alcune cooperative
di minatori riescono a sopravvivere estraendo lo stagno.
Certo visitandola oggi, al di là della immagine
polverosa, si ammira ancora ciò che rimane
di quella che è stata una importante città
coloniale ricca, come detto, di chiese, palazzi ed
architetture barocche. |
MISSIONI GESUITICHE
Parlando di schiavitù non
si può non accennare a cosa è stato
e cosa ha prodotto l’incontro dei Gesuiti con
gli indios amazzonici. Il grande pubblico probabilmente
è venuto a conoscenza del problema vedendo
il film “ Mission “.
In sintesi la Compagnia di Gesù, inserendosi
tra gli Spagnoli, che praticavano l’encomiendas,
ed i Portoghesi che praticavano la schiavitù,
penetrò nella foresta amazzonica, fondando
missioni. L’encomiendas era una legge spagnola
che prevedeva che gli indios dovevano lavorare per
i Conquistadores ricevendo in cambio il solo insegnamento
della lingua spagnola e della religione cattolica,
oltre che il cibo.Ogni missione divenne una esperienza
di vita comunitaria regolata secondo il criterio della
gerarchia. A ciascuna di queste missioni, reducciones,
veniva assegnata una unità militare che provvedeva
alla difesa contro incursioni soprattutto dei Portoghesi
attratti da una così alta concentrazione di
potenziali schiavi. La vita all’interno delle
reducciones era amministrata congiuntamente da 2 o
3 gesuiti e da un consiglio di 8 indigeni rappresentanti
di specifiche tribù, che si riunivano ogni
giorno per controllare ed indirizzare la vita comunitaria.
I gesuiti non imposero brutalmente i loro dettami,
ma furono saggi nell’ascoltare i consigli degli
indigeni riuscendo così ad adattarsi ed a sopravvivere
al difficile ambiente tropicale.
Oltre all’avventura economica e religiosa, scambio
di traffici tra missioni ed indottrinamento religioso,
i gesuiti promossero attività culturali e di
lavoro facendo diventare artigiani provetti, nella
lavorazione dei tessuti, del legno e dell’argento,
dei Semi Nomadi dediti, fino ad allora, alla caccia
ed alla raccolta di semi e frutti.
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Questi
eccelsero, soprattutto, nella costruzione di chiese
e di strumenti musicali. Ciascuna missione aveva una
sua orchestra che eseguiva brani musicali classici
europei. Ancora oggi si può essere testimoni
di tali concerti.
Ma la potenza, anche militare, dei gesuiti dava fastidio
sia alle monarchie europee che ai colonizzatori, e
quando in Europa ci fu la unificazione del regno portoghese
con quello spagnolo, Carlo III nel 1768 sciolse le
missioni ed espulse tutti i gesuiti dal Sud AmericaFiniva
in questo modo una esperienza unica durata 150 anni
che aveva sperimentato una regolamentazione di vita
sociale pacifica a tutt’oggi insuperata. in
quella parte del globo.
Le missioni furono difese dai gesuiti anche con le
armi, ma nulla poterono.
Degli indigeni molti morirono, molti furono fatti
schiavi e molti si rifugiarono nella foresta più
profonda.
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Oggi rimangono i
resti più o meno ben conservati delle chiese
e dei fabbricati annessi. In Bolivia però,
a differenza di quelle in Brasile ed Argentina o Paraguay
che sono in muratura, le chiese sono tutte in legno,
sia all’interno che all’esterno, ed appaiono
bellissime. |
SALARES
Finisco queste mie impressioni parlando di quello che è
stato il motivo principale del mio viaggio in Bolivia :
il deserto di sale. Con il mio 4x4 ho praticamente attraversato
tutti o quasi i deserti sabbiosi o pietrosi del mondo, ma
mi mancava il deserto di sale. E quello boliviano, el salar
de Uyuni, è qualcosa di unico ed insuperato. Se poi
il tutto è abbinato alla pista delle lagune colorade
allora si è raggiunto il top del viaggio d’avventura,
a mio modesto parere.
Ma andiamo con ordine.
Il salar di Uyuni ha una estensione di 12.106
kmq; si calcola che contenga almeno 10 miliardi di tonnellate
di sale. Attualmente ne vengono estratte, in un anno, circa
20.000 tonnellate, che, opportunamente iodizzato, viene
poi commercializzato.
Il salar si percorre in lungo ed in largo per centinaia
di km, dando al viaggiatore una sensazione unica. Sembra
di essere in un mare, tanto che anche la terminologia dei
luoghi è marinara.Ad esempio al centro del salar
vi sono diverse isole, isla del pescado, isla Inca Huasi,
che, nonostante siano circondate da tanto sale, sono ricoperte
da cactus e ci vive una specie di roditore. Sulle rive di
queste isole si trovano frammenti di corallo, segno che
questo territorio una volta era completamente ricoperto
dalle acque.
Dimenticavo di dirvi che il tutto si trova a quasi 4.000
metri di altezza in una zona poco abitata, senza alberi,
ma con cieli limpidi che più azzurri non si può.
Nel salar si trova una locanda costruita con
mattoni di sale, così come le sedie, i tavoli ed
i letti. Una sera ci abbiamo mangiato e pur, nella totale
assenza di umidità, abbiamo avvertito un freddo cane.
Il clima qui merita un discorso a parte in quanto mentre
di giorno si raggiungevano i 15°, di notte la temperatura
scendeva anche a -17°. Le nostre Webasto, per fortuna,
hanno funzionato egregiamente.
Non altrettanto le batterie delle macchine. Tanto è
vero che la sera si orientavano i daily verso levante in
modo che la mattina, alzandone i cofani, si aspettava che
il motore venisse scaldato dal sole.
Una menzione ritengo sia dovuta al nostro compagno di viaggio
Giuseppe, di 78 anni, che viaggiava con la sua Toyota e
tenda Maggiolina sul tetto. Ha sempre dormito nella sua
tenda, anche a -17° senza sentire i nostri inviti ad
approfittare della comodità del camper. Sia lui che
la macchina non hanno mai avuto né creato problemi
a chicchessia.
Il piano del salar
non è liscio ma, come vedete dalle foto, è
sagomato in figure poligonali, soprattutto esagonali, ove
il perimetro è delineato da un bordo rialzato di
sale.
Il salar è circondato da tutta una serie di vulcani
in attività che sbuffano e che rendono il panorama
appagante per la vista come poche altre cose al mondo.
Certo non è stato semplice arrivarci sia a livello
fuoristradistico che organizzativo.
Le piste erano e sono durissime e mettono a dura prova le
parti meccaniche dei mezzi ed alcune parti del corpo dei
viaggiatori. Bisogna avere scorte sufficienti di viveri
e carburante in quanto per centinaia di km non si trova
nulla. Scorte di filtri gasolio per il congelamento dello
stesso, nonostante gli additivi usati.
E’ successo che al paesino di Uyuni all’improvviso
mi si è fermato il mezzo senza che si riavviasse
più. Sono andato da Pascual, l’unico meccanico,
che ha creduto bene di rimandare l’intervento al mattino
successivo visto che ormai erano le cinco de la tarde..
Ci ha lavorato tutto il giorno dopo smontando l’alternatore,
aprendolo e lubrificandolo. Ma il daily non si riaccendeva.
Telefonate continue in Italia con il satellitare, ma non
se ne veniva a capo.
Ma ecco che vedo all’improvviso Pascual cominciare
a darsi colpi in testa ed a sorridere nonostante la sua
discrezione e riservatezza. Praticamente, per gli scossoni
sopportati, si era solo tranciato il negativo della batteria
a massa. Meno male.
Comunque una giornata di lavoro che alla fine mi è
costata l’equivalente di 12 euro.
LAGUNE COLORATE
Dovendo uscire dalla Bolivia verso il Cile abbiamo optato
per la pista delle lagune colorade. Pista durissima, piena
di buche e massi con molta calamina (tole ondulè)
che hanno messo a dura prova le macchine. Di contro abbiamo
attraversato paesaggi incredibili nella loro bellezza :
alberi di pietra, molti vulcani attivi e multicolori vallate,
salite improvvise, lagune di diverso colore, l’azzurra,
la colorada, la verde ecc.. Il colore è dato dai
minerali fuoriusciti con le colate dai vulcani circostanti.
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Ma la meraviglia è stato
trovare a queste altitudini, oltre i 4.000 metri,
fenicotteri rosa con bordature nere. Ero convinto
che fossero uccelli da climi caldi avendoli trovati
a migliaia in Kenya e Tanzania ai laghi Nakuru e
Bogoria.
In Bolivia vengono anche chiamati fenicotteri di
ghiaccio perché, si dice, che date le bassissime
temperature notturne, anche -20°, possano con
le loro zampe rimanere intrappolati nel ghiaccio.
Scenari favolosi difficili da raccontare ma solo
da vedere, magari attraverso le foto in apposite
riunioni.
Dopo aver sbrigato le formalità di frontiera
in un ufficio situato all’interno di una miniera
a 5.100 metri slm, scendiamo verso la laguna verde
che si trova al confine del Cile ed è sormontata
dal vulcano Licancabur alto 5.960 metri, dopo aver
seguito a distanza un gruppo di vigogne che ci precedeva
lungo la pista.
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CONCLUSIONI
Abbiamo percorso in Bolivia circa 3.500 km,
trovando un paese povero, ma dignitoso. Ultimo paradiso
non ancora contaminato dal turismo di massa, che, a parte
il mare, propone montagne tra le più alte del mondo,
vallate fertili, altopiani desertici, lagune, vulcani, fiumi
e foreste amazzoniche, salares, animali. Così come
arte precolombiana, coloniale, religiosa. Insomma un vero
eden per il turista un po’ avventuroso. Paese che
una volta conosciuto si lascia malvolentieri.
Il prossimo articolo riguarderà il
Cile con i suoi 5.000 km, da Nord a Sud, la contemporaneità
delle 4 stagioni, le sue città, le isole di Chiloè,
con le sue particolarissime chiese, la Carretera Austral
e molto altro.
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Buon Natale eFelice
Anno Nuovo da |
Partecipanti: Valentini Aurelio e Luppola Rosalba
Sangiorgi Luciana, Caso Giuseppe e Andreoli Ignazio
Veicoli: 3 Daily Iveco 4x4 e 1 toyota
Preparazione dei mezzi : - Egidio Di Donato
c/o Green Park, Via Ardeatina 802 Roma. -Officina Iveco
di Pomezia
Telefono satellitare Universat srl, Via Portuense 95 - 00195
Roma - Modello motorola palmare.
Pneumatici 9 00 16 della PeSa gomme srl di Ponte San Giovanni
(PG)
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