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SPAGNA: SOTTO IL SOLE COCENTE DELL'ESTREMADURA

testo e foto di Marina Cioccoloni


Se chiedete ad uno spagnolo come mai la maggior parte dei loro grandi "conquistadores" risulta essere di origine extremeña, sicuramente vi sentirete rispondere: "Porque no había nada que hacer en Extremadura!" (= Perché non c'era niente da fare in Estremadura).

E´ una battuta ricorrente che mostra l´opinione comune su questa regione spagnola, dimenticata dai grandi itinerari turistici: una zona dove non c´era niente da fare e che quindi costringeva la gente a partire, una zona brulla e arida, dai raccolti grami, con distese di lecci e querce da sughero, adatta soltanto all´allevamento di mucche e tori e di maiali "pata negra". Eppure essa è anche una zona ricca di acqua, fertile e piena di tesori artistici, rimasta sconosciuta all'Europa per secoli. Qui la natura è stata generosa e la bassa densità di popolazione ha fatto il resto: oggi chi visita l'Estremadura rimane piacevolmente sorpreso, scoprendo un territorio ricco di arte e natura. Basti pensare al Parque Natural de Monfragüe, a nord di Cacéres, vera riserva ecologica di parecchie specie in via di estinzione, famoso per l´abbondanza e varietà di animali che vi si possono incontrare.

In agosto inoltrato, approdiamo in Estremadura provenienti da Salamanca, città già conosciuta ma troppo bella per passarvi accanto senza farvi tappa. Il pomeriggio precedente ci siamo concessi una prolungata sosta seduti su una panchina davanti a San Esteban ad ammirare le esibizioni delle moltissime cicogne che hanno alloggio tra le guglie della chiesa. Chissà se si tratta delle discendenti di quelle cicogne che furono testimoni della dissertazione con la quale Cristoforo Colombo, all´interno della sala de profundis, convinse Fray Diego de Deza della validità delle sue teorie sulla via delle Indie.

Ad Aldenueva del Camino la prima sosta: è giorno di mercato e la località è animata. L'architettura del paese è tipica, di quelle che si vedono sui dépliants pubblicitari: case bianche col balcone di legno cotto dal sole dal quale pendono tanti vasi fioriti, e la chiesa, anch'essa rigorosamente bianca. In piazza, tanti uomini intenti a parlare tra loro, mentre le donne girano con le sporte della spesa. Ci indicano il panificio, alloggiato nella corte interna di una privata abitazione. Ivi, compriamo pane e dolci locali dopo aver fatto la nostra brava fila in attesa che la signora prima di noi terminasse di raccontare lo svolgimento dell'ultima gita parrocchiale alla quale la moglie del panettiere non aveva potuto partecipare. Poi la deviazione: prendiamo una strada mal messa che porta ad Abadía, col giardino dei Duchi di Alba e il chiostro mudejar dalle bellissime rifiniture. Per la stessa strada, orrenda e piena di buche, dopo diversi chilometri giungiamo a Granadilla, paese disabitato in seguito alla creazione del pantano di Gabriel e Galán. Nell'estate viene assalito da giovani che lo stanno ricostruendo. Giunti a destinazione troviamo un piccolo paese completamente racchiuso all´interno delle mura arabe del secolo IX con tanto di cancello d'ingresso. La torre di guardia è stata restaurata e si può salire fino in cima, da dove si gode il panorama sul lago e su tutto il perimetro del paese. Sostiamo ad ammirare e immaginare come doveva essere la vita in questo luogo che si sta cercando di far risalire dall'oblìo in cui era caduto dopo l´abbandono della popolazione. A fianco della torre di guardia è già stata recuperata ed adattata una tipica casa extremeña, col portico in legno e il balcone che corre lungo tutto il piano superiore. Facciamo il giro del perimetro, che è di soli 294 metri, tra alberi di fichi, limoni, pesche, fichi d´india. Alcuni di questi sono cresciuti facendosi spazio tra i muri cadenti delle vecchie case. I vari profumi estivi si mescolano nella calura al canto dei grilli. Alcuni maiali vagano per il paese, e in un angolo un enorme toro prende il sole. Alcune case sono già state sistemate e spiccano per i bei colori.: celesti, rosa, gialli. I ragazzi impegnati nei lavori di recupero si rifugiano nelle case già restaurate per il pranzo e così facciamo anche noi. Per fortuna il camper è parcheggiato sotto l'ombra di un albero, ma il caldo è incredibile, e i maiali, qualità rigorosamente pata negra, gironzolano intorno al mezzo nella speranza di qualche boccone.

Lasciamo Granadilla con la consapevolezza che quando torneremo da queste parti tutto sarà cambiato: il paese sarà diventato certamente una nota meta turistica, come già accaduto in Italia in luoghi prima dimenticati ed ora riscoperti e presi d'assalto. Nel caldo afoso pomeridiano continuiamo la nostra strada verso Plasencia, cittadina di bell´aspetto con due notevoli cattedrali. Da qui proseguiamo per Cacéres: da sola, meriterebbe il viaggio. Troppo ci sarebbe da dire su questa cittadina: dichiarata Monumento Nazionale nel 1930, alcuni anni dopo il Consiglio d´Europa la nominò Seconda Città Monumentale del Vecchio Continente, ed il 25 novembre 1986 l'Unesco l'ha eletta Patrimonio dell'Umanità. La città antica è un vero gioiello da visitare e rivisitare: di giorno per la ricchezza dei suoi monumenti, di notte per l´atmosfera particolare che i lampioni, posti ad arte, sanno creare. Ad ogni passo è una nuova scoperta, ogni piccolo angolo racchiude qualcosa: palazzi gotici, torri moresche, portoni incisi, cancellate in ferro battuto, architravi, lampioni che pendono dagli antichi palazzi, campanili a vela, stemmi araldici, guglie. Curiosiamo all'interno del giardino arabo, purtroppo lasciato in stato di abbandono, e ci affacciamo al Convento di Santa Clara per chiacchierare con una monaca di clausura che, nascosta dall'altra parte di una grata, ci chiede del nostro viaggio. Naturalmente non poteva mancare il palazzo delle Cigüeñas: sono loro le padrone incontrastate dei tetti e guglie della città. Dopo la sosta notturna a Cacéres ci rechiamo a Trujillo :il passo è breve, una cinquantina di chilometri per la patria di Pizarro, Orellana e García de Paredes, le cui gesta costellano la storia dell'America. Per capire il valore di questa cittadina basti pensare che la Società degli Amici di Trujillo ha fatto ricostruire molte delle case che con il passare del tempo avevano perduto l´antico splendore. E' d'obbligo salire fino al castello per una vista d'insieme sulla città.

Ed eccoci giungere a Mérida, l'Emerita Augusta fondata dai romani nel 25 a.c. e capitale della provincia della Lusitania. La parte più turistica si trova attorno al Teatro (ancora usato in giugno per il Festival Internazionale del teatro classico), all'Anfiteatro e al Museo Romano. Ma da non dimenticare anche la Mérida del periodo arabo, dalle strade strette e percorribili solo a piedi (non avventurarsi in camper in questa parte della città!). La città è un fervore di gente, negozi, ambulanti che vendono di tutto, in particolare biglietti di lotterie. I portici ci salvano dal sole inclemente e ci permettono di osservare parecchi palazzi privati antichi, alcuni purtroppo molto deteriorati, veri gioielli architettonici. Da Mérida il giorno dopo ci spostiamo a Salvatierra de los Barrios, famoso non solo per i suoi vini e il suo castello ma, in ambito locale, per le sue ceramiche, rigorosamente fatte a mano. D'obbligo acquisti. Da qui non è molta la strada fino ad Olivenza. Di lei si dice: figlia di Spagna e nipote del Portogallo perché fu portoghese fino al 1801 e mantiene ancora intatto il suo carattere lusitano. Per gli amanti del manuelino (lo stile che si sviluppò in Portogallo dal gotico e che prese il nome dal Re Manuel I) e degli azulejos la chiesa della Magdalena è una tappa da non perdere. Un piccolo assaggio di ciò che in Portogallo ha la sua massima espressione. In serata, con un breve tragitto, ci trasferiamo quindi a Badajoz. Alla visita della città dedicheremo il mattino seguente.

Badajoz è una città adagiata sul fiume Guadiana, con una buona fortezza araba ed una cattedrale di transizione fra il romanico e il gotico. La parte antica sarebbe molto interessante, ma ormai la vita della città si è spostata verso i nuovi quartieri e questa zona è divenuta poco raccomandabile. Le vetrine dei vecchi negozi sono polverose e sprangate. Su tutte, lo stesso cartello: En venta. E' un vero peccato poiché qui sono le vestigia più vere del suo passato. E' stato avviato un piano di recupero di questa parte della città che speriamo porti buoni frutti. Andiamo fuori città a visitare una finca: una tenuta di querce da sughero dove allevano mucche, tori e maiali pata negra. Lungo il campo sono disseminate centinaia di tende di lamiera ondulata: servono alle scrofe, per trovare riparo dal caldo asfissiante insieme ai loro piccoli. I maiali invece sono in giro. Sono lasciati allo stato brado, e più naturale è la loro alimentazione, più buona sarà la loro carne. Sono abbastanza magri, a differenza dei nostri, e il prosciutto che se ne ricava è considerato il migliore di Spagna. Al termine di questa visita, effettuata sotto il sole cocente di un torrido pomeriggio agostano, un buon tuffo in piscina e riposo fino a sera inoltrata, quando, attenuatasi la calura estiva, arriva l´ora per mettersi a tavola, alla maniera spagnola: rigorosamente non prima delle dieci. Il nostro assaggio di Estremadura termina qui: domani ci attende Lisbona.

Note informative: La visita è stata effettuata, proveniendo da Salamanca, in quattro giorni dell´agosto 1998. Prezzo medio di un campeggio per un equipaggio di quattro persone, compreso l´uso della piscina: circa Lit. 40.000 a notte. Costo gasolio al lit.: circa 90 pts Cartografia e bibliografia: - Guía Campsa España 1998, escala 1:300.000 - Guida Spagna - Ed. T.C.I. - Guida Espagne - Ed. Michelin


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