Le città
Rodi
Descrivere Rodi è quasi impossibile. Questa città
infatti ha il potere di sembrare sempre diversa a seconda degli
occhi di chi la sta ammirando e quindi è giusto che ogni
turista la scopra con metodi e tempi scelti dall’istinto
più che dalle guide e dalle cartine. Però è
ovvio che gran parte delle cose da vedere sono concentrate nella
città vecchia, racchiusa dentro le imponenti mura. E’
inutile fare una lista di quello che va visitato in questo dedalo
di stradine: la cosa migliore è entrare da una delle otto
porte che si aprono da ogni parte della città nuova (molte
però sono concentrate nella zona del porto) e iniziare
a zigzagare tra le vie strette, passando sotto gli archi, vicino
ai cortili chiusi dai muretti e attraversando il quartiere turco.
Tanto poi si finisce sempre nella piazza principale (apprezzabile
più a notte inoltrata che durante il giorno con centinaia
di turisti e i negozi aperti a “rompere” l’atmosfera).
Da lì si può prendere la via Ippocratus in salita
e arrivare fino alla torre dell’orologio, oppure proseguire
verso la parte opposta dalla quale si è arrivati. Così
ci si può imbattere a sorpresa nel Palazzo del Gran Maestro,
nella via dei Cavalieri, nei giardini dietro i resti antichi o
nella passeggiata lungo le mura.
Tutto quello che possiamo fare è dirvi dove abbiamo mangiato,
non perché sia il ristorante migliore della città
ma perché ci siamo trovati bene nel rapporto qualità-prezzo.
Il ristorante si chiama Romeo e si trova in una corte alla quale
si accede da una stradina a sinistra a metà di via Ippocratus
in direzione della salita. Ma la città vecchia è
piena di locali dove bere o mangiare e l’unica avvertenza
è ricordare che i negozi chiudono alle 23 (o giù
di lì). Dopo quest’ora le vetrine si spengono e viene
fuori tutta la bellezza di Rodi vecchia. L’unica via dove
rimangono aperti i locali è la minuscola Platonos, dove
sono concentrati tre music bar per i turisti più giovani
e dove la moda e la tendenza sembrano di rigore.
La città nuova invece si snoda verso il centro dell’isola
ma i punti da vedere sono tutti vicini alle mura. C’è
il porto di Mandraki, dove la leggenda vuole che si innalzasse
il colosso di Rodi, la piazza vicina con il municipio e la Polizia
che occupano palazzi fatti costruire dal regime fascista durante
l’occupazione italiana dell’isola, ci sono le vie
dello shopping, il lungomare con tutti gli alberghi principali,
il Casinò, l’Acquario (niente di rilevante, dicono…),
Orfanidi Street, la via dei locali frequentati dai turisti del
nord Europa dove regna il caos (ma è divertente) e tanto
altr ancora da scoprire girando non proprio a casaccio ma quasi.
Zona est
Sgourou
Chiunque si ritrovi a passare da questo quartiere non potrà
fare a meno di pensare che ha sbagliato isola. Sgourou appare
all’improvviso a chi, come noi, ha voluto raggiungere la
città da un percorso diverso dal solito, ovvero salendo
da Tris verso la parte alta della città, appena dietro
il tempio di Apollo.
Il quartiere, che una volta doveva essere un borgo a sé
stante, è un agglomerato di piccoli condomini popolari
che abbiamo attraversato in motorino senza incontrare anima viva,
forse anche a causa del gran caldo di metà agosto: ma dalle
finestre, tra quintali di panni stesi e borse di plastica, facevano
capolino anziani dai lineamenti non tipicamente greci. Non so
dire se sia il quartiere turco o semplicemente il quartiere che
accoglie la parte povera degli abitanti rodiesi. Certo è
che non c’è niente da vedere e l’atmosfera
non è delle più rilassanti, tipica dei sobborghi
malfamati delle grandi metropoli.
Koskinou
In linea d’aria è a meno di due chilometri da Sgourou
ma i due paesi non sono collegati direttamente da nessuna strada
e nel mezzo la sommità di una collinetta fa da spartiacque
tra due realtà opposte. Koskinou infatti sovrasta Kallithea
e la baia di Reni Koskinou (dove peraltro si trovano solo i grandi
complessi alberghieri del Royal Paradise, dell’Eden Roc
e del Kresten Palace e poco altro): sul versante della collina
si dispiega un insieme di case moderne costruite con molto gusto
intorno al vecchio borgo originario, caratterizzato dalle case
colorate che ritroverete anche su molte cartoline.
A parte una piccola chiesetta, a Koskinou non abbiamo trovato
scheletri di edifici iniziati e abbandonati che invece sono disseminati
un po’ in tutta l’isola, brutta caratteristica che
avevo già riscontrato su scala ancora più grande
a Creta.
Faliraki
Per parlare di Faliraki bisogna dividere il discorso in più
parti.
Del mare parleremo più avanti e quindi possiamo iniziare
dalla parte urbanistica. Fino a quindici anni fa Faliraki era
un borgo con una decina di case di pescatori. Poi l’esplosione
del turismo e la sua collocazione in un’ampia baia facilmente
accessibile sia da nord che da sud hanno portato alla nascita
di una piccola Las Vegas in riva al mare. Faliraki inizia in un
punto imprecisato che per comodità individuiamo nel primo
albergo alla fine della discesa della strada costiera che da Kalithea
porta verso Lindos. Di albergo in albergo (colossi che sono stati
criticati nel corso degli anni per l’eccessivo impatto ambientale
sulla zona) si arriva alla prima attrazione di Faliraki, il Water
Park. Premetto subito che non ci siamo stati: una volta arrivati
all’ingresso, in vetta ad una collinetta, abbiamo deciso
che i 19 euro del prezzo erano troppi. Però abbiamo visto
il parco acquatico dall’esterno e, a nostro giudizio, per
chi ama questo tipo di divertimento, dev’essere uno spasso.
Proseguendo verso sud si trova la parte “caotica”
dell’intrattenimento: a ridosso della spiaggia parte infatti
un dedalo di strade che finisce, o almeno si interrompe parzialmente,
all’incrocio con la strada principale dell’isola che
porta a Lindos. Dentro a questa ragnatela di viuzze scorre la
vita serale e notturna di Faliraki. Inutile raccontare aneddoti,
fare esempi o cercare similitudini con Ibiza (c’è
meno “culto” del look e della musica), con Rimini
(la gente è ben diversa per età e nazionalità)
o con altri posti che richiamano alla mente il divertimento di
gruppo. Decine di pub, bar con piscina e negozi, un luna park,
un night-club con spogliarelliste, discoteche….. e chi più
ne ha più ne metta.
Faliraki non va raccontata ma vista e vissuta: non è certo
il luogo in cui passeremmo due settimane ma nei ritagli di tempo
che abbiamo dedicato a questo paese (due pomeriggi e un’oretta
dopo cena) ci siamo divertiti.
L’altra parte di Faliraki da raccontare è la gente.
L’ottanta per cento dei turisti è inglese: si muovono
in branchi, spesso con le maglie delle squadre di calcio ma nei
tre anni di vacanza a Rodi non ho mai visto né una rissa
né un problema creato da questi ragazzi. E’ vero
che non mancano gli ubriachi ma è vero anche che l’animazione
che fanno nei vari locali è divertente e coinvolgente.
Camminando per strada troverete decine di ragazze carine che vi
inviteranno ad entrare in un posto o in un altro. Poi ci sono
gli altri turisti del nord Europa: Svezia, Finlandia, Olanda,
Norvegia e Germania sono ben rappresentate. Il resto è
composto da italiani, spagnoli e francesi.
Kolimpia
Proseguendo verso sud e superando Afantou (che noi non abbiamo
visto) si arriva a Kolimpia, altro borgo una volta deserto e ora
ricco di alberghi, tra i quali il Venta Club di Rodi. Tutto si
risolve in una serie di incroci e strade piene di negozi e locali.
Tra le diverse località visitate lungo la costa sembra
una di quelle più adatte per le vacanze di famiglie con
figli o di persone tranquille e in cerca di relax. Comunque Kolimpia
rimane un punto di riferimento non fosse altro perché la
via di accesso si trova in prossimità di una grande chiesa,
di un edificio che, crediamo, funziona da centro di igiene mentale
e dell’incrocio con la strada che porta a Epta Piges.
Archangelos
E’ il paese più grande dopo Rodi. Famoso per le sue
ceramiche in realtà offre poco dal punto di vista storico
e architettonico. Noi abbiamo visto solo la grande e bianca chiesa
che sorge al centro del paese, proprio dove le case iniziano a
salire verso una collinetta. Nonostante avessimo il motorino abbiamo
fatto fatica a districarci nelle strette vie che, come in un labirinto,
portano alla chiesa: abbiamo dovuto seguire con lo sguardo la
punta del campanile e alla fine siamo arrivati proprio a ridosso
della chiesa che, purtroppo, era chiusa. Intorno c’è
un bel cortile piastrellato, la casa della custode e, sulle mura
della chiesa, tante finestre per sbirciare all’interno.
In più l’alto campanile, simile a tutti quelli che
avremmo poi ritrovato in altri luoghi, ma molto più alto.
Tutto è bianco e dà una bella idea di ordine e pulizia
che stride con il resto del paese, dove la viabilità è
più intensa che nel resto dell’isola (pur rimanendo
in limiti accettabili) e dove il turismo sembra aver preso poco
piede. Tutto infatti, e questo è il vero pregio di Archangelos,
è rimasto greco: i locali non si sono piegati alla logica
del fast food e non tutti i negozi espongono souvenir o cartoline.
E’ ovvio che c’è anche chi campa sul turismo
(come i produttori di ceramica, che nel negozio più grande
sulla strada principale si possono anche vedere all’opera)
ma almeno si capisce che non è l’unica risorsa del
luogo.
Ad Anna in un bar hanno anche regalato un fico che lei ha mangiato
in piedi con intorno alcuni vecchietti del luogo incuriositi dalla
nostra sosta in quel bar non certo “turistico”.
Inoltre, se volete del vero origano rodiese, non vi resta che
fare capolino in casa di una nonnina che vive accanto alla chiesa.
Lei sarà ben accetta di vendervi qualche sacchettino e
di mostrarvi quello che ha (olio, miele), tutto davvero delizioso.
E anche la nonnina è deliziosa.
Malona
A Malona bisogna andarci per forza o meglio, è impossibile
passarci per caso, visto che in linea d’aria è vicina
alla strada principale ma lo si capisce solo dai cartelli. Noi
avevamo visto spesso questo gruppo di case bianche dalla sommità
della salita che separa Archangelos dalla vetta del monte Ilias
così un giorno, tornando verso Lindos, abbiamo deciso di
svoltare a destra per aggiungere un nome alla lista dei paesini
visitati. Non avevamo molto tempo a disposizione e non siamo neppure
scesi dal motorino però l’attraversamento di Malona,
peraltro piuttosto grande, è stato piacevole. Ordinata,
con una bella piazza ovale costeggiata da edifici pubblici (municipio
e caserma della polizia, probabilmente) e con vie finalmente lineari.
Tante chiesette sparse lungo la strada (una carina prima di entrare
in paese) e anche qualche villetta ben costruita. Nel complesso
è stata una piacevole “digressione”…
Massari
E’ il “proseguimento” di Malona, nel senso che,
se si vuol tornare sulla Rodi-Lindos senza attraversare di nuovo
il paese bisogna proseguire verso Massari, distante 3-4 chilometri
e “copia” molto più piccola della cittadina
vista in precedenza. Passata Massari si arriva all’incrocio
con la strada principale in prossimità di un monumento
funebre eretto vicino ad un viadotto dopo la morte, avvenuta nel
1987, di una intera famiglia austriaca, rimasta vittima di un
incidente stradale. Nel simulacro, sul quale svettano la bandiera
dell’Austria e una tutta nera, cinque cippi con le foto
dei morti, i fiori e una lapide scritta sia in greco che in tedesco
per ricordare la tragedia.
Kalathos
Poche case, qualche bar, due benzinai e pochi alberghi sulla strada
che ormai si avvicina a Lindos. Niente di particolare da segnalare.
Pilonas
Paese di transito sulla strada che, un chilometro dopo Kalathos
e all’altezza di un supermercato, devia a destra verso Lardos.
Da vedere solo una grande chiesa bianca e rossa ma si può
evitare di deviare a destra per proseguire verso Lindos.
Lindos
Appare in tutto il suo splendore subito dopo una curva che riconoscerete
perché a sinistra c’è la discoteca Anfitheatre
e perché lo spiazzo sarà pieno di turisti impegnati
a fare foto.
Di Lindos troverete tutto quello che riguarda la storia e l’acropoli
su qualsiasi guida e quindi crediamo sia meglio, da parte nostra,
sottolineare l’atmosfera che si respira in questo splendido
angolo di isola. Per le caratteristiche morfologiche del luogo
il paese non può più espandersi da anni, forse secoli,
e quindi ha mantenuto il suo aspetto tipico con case bianche e
basse, con strade strette che da qualsiasi parte inizino ti portano
a visitare luoghi molto romantici e suggestivi e con un’atmosfera
tipicamente greca, soprattutto quando la maggior parte dei turisti
torna verso gli alberghi.
Di giorno e la sera, fino alle 23, Lindos si ammira meglio dall’alto
dell’acropoli o della collinetta sulla quale si snoda la
strada principale, anche se dopo cena è imperdibile il
“passeggio” lungo le vie illuminate dalle vetrine
dei negozi, tutti dedicati ai turisti e ai souvenir. Difficile
però, nella massa, scorgere gli angoli più caratteristici,
la chiesa con il suo campanile, gli scalini decorati delle strade
a gradini che portano all’acropoli o i cancelli che si chiudono
sui cortili interni delle case. Se proprio si vuol vedere Lindos
anche in quelle ore conviene fare come abbiamo fatto Anna ed io
un paio di volte: si prende un tavolo su una delle terrazze dei
locali e ci si gusta il panorama bevendo qualcosa di fresco o
mangiando una crêpe, oppure si entra nei locali che, invece
che sulle terrazze, hanno i tavoli nei giardini interni di quelle
che una volta erano le Case dei Capitani, veri esempi di architettura
e di storia e tradizioni locali.
Dalle 23 in poi però spariscono le bancarelle, le merci
esposte sui muri delle case e dei negozi e si spengono le luci
multicolori dello shopping. Rimane Lindos con la sua piazzetta
dove, finalmente, terminano il via vai frenetico dei taxi e le
code alle cabine del telefono, con le sue vie deserte e con il
leggero vento caldo che arriva dal mare. A quel punto ognuno è
libero di gustarsi il luogo come meglio crede…
Abbiamo più volte accennato all’anima
“commerciale” di Lindos. Bisogna quindi dire che i
prezzi, rispetto ad altre parti dell’isola, sono più
alti ma quasi mai esosi. I locali tipo pub e ristoranti si possono
permettere di giustificare qualche euro di troppo con ottimi arredamenti,
pulizia, varietà di menù e sottofondo musicale per
ogni gusto. Nella parte più vicina all’acropoli c’è
una buona galateria italiana (cara…), mentre per mangiare
o bere qualcosa si può seguire l’istinto o il gusto
certi di avere l’ottanta per cento di possibilità
di rimanere soddisfatti. Tra i pregi la “clientela”
meno rumorosa e invadente rispetto a Faliraki e l’assenza
di camerieri o “buttadentro” che invece si trovano
a Rodi vecchia e che ti impediscono di scegliere a piacimento
i locali. Un consiglio: fuori dai ristoranti quasi sempre sono
esposti i menu, spesso anche in italiano. Date un’occhiata
prima di entrare.
Visitare l’acropoli è praticamente d’obbligo.
E’ una bella sfacchinata, ma da lassù la vista è
spettacolare e ci si abbronza senza accorgersene (riuscendo a
prendersi una tintarella post-canottiera…). Potete scegliere
di arrivarci a piedi, è faticoso ma lo fanno quasi tutti,
oppure a dorso d’asino. L’esperienza è molto
divertente (costo 5 euro) ma le dolci bestiole non sembrano poi
troppo felici. Dipende anche dal signore che le porta. Non sempre
sono gentili e quindi questi poveri asinelli fanno ancora più
tenerezza. Il consiglio che vi diamo è di star lì
e guardare un po’ come si comportano e se la cosa vi può
interessare. Trovarli è facile, si vedono sulla destra
appena usciti dalla piazzetta dei taxi in direzione centro.
Se poi siete amanti degli animali, Lindos – come poi gran
parte dell’isola – è piena di gatti bellissimi
che passeggiano indisturbati un po’ ovunque. Ma state attenti,
spesso sembrano docili ma come ti avvicini ti mollano dei graffioni
incredibili. E le cicatrici restano! Almeno a noi è successo…
Per i romantici, dopo una bevuta in uno dei numerosi locali si
può passeggiare a lungo al chiaro di luna fino ad arrivare
alla San Paolo beach. Bella di giorno, di sera non ha più
il caos dei banganti e quindi è l’ideale per stare
tranquilli ad ascoltare il rumore delle onde, mentre sulla destra
si innalza l’acropoli.
Pefki
Un posto del quale ignoravamo l’esistenza prima di passarci
in auto mentre ci accompagnavano al noleggio dei motorini. Si
trova a quattro chilometri da Lindos, appena dopo Capo Lardos.
Non è grande ma, di sera, si anima grazie ai locali ben
disposti lungo due strade. E’ una sorta di Faliraki in miniatura
ma con molta più calma e con negozi interessanti e pieni
zeppi di roba, a volte non solo destinata ai turisti. A giudicare
dalla tranquillità e dalla disposizione dei nuovi edifici
(che sembrano seguire anche un abbozzo di piano regolatore) ci
è sembrato un posto nel quale vale la pena passare un paio
di sere e, magari, anche qualche giorno in albergo o appartamento.
Lardos
Ci siamo passati quando siamo andati da Lindos a Laerma. Il paese
non ci è sembrato niente di particolare, anche se non ci
siamo fermati neppure nella piazza principale. Parlando con altri
turisti abbiamo poi avuto modo di sapere che la sera c’è
anche un po’ di vita. Non troppo distante, comunque, c’è
una pista di go-kart, ma probabilmente la sera non resta aperta.
Gennadi
Siamo già nella parte più “selvaggia”
dell’isola. Lasciata la baia di Lardos in direzione sud
inizia infatti un’infinita lingua di asfalto quasi tutta
diritta lungo la quale le abitazioni e i paesi si diradano in
modo evidente. Gennadi è il paese più grande che
si incontra sulla strada verso Prassonissi e non si distingue
molto da tutti gli altri visitati: una chiesa grande (e chiusa)
raggiungibile passando da un dedalo di stradine e tante case bianche.
Il turismo non è presente come nella parte nord dell’isola
ma ci sono alberghi e appartamenti. Curiosa è la via di
accesso al paese, una strada a destra che sale all’improvviso
e che porta al municipio, costruito vicino all’arteria principale
ma circondato da strade piene di buche e senza segnaletica.
Zona sud:
Apolakkia
Questo paese si trova ad uno snodo cruciale nella parte bassa
dell’isola. Da lì infatti partono quattro strade:
quella che va a Monolithos, quella che segue la costa di Monolithos
e porta a una lingua di spiaggia sabbiosa deserta e infinita,
quella che porta verso l’interno (Vati o Istrios) e quella
che scende verso Prassonissi. Forse è per questo motivo
che ci è parsa molto animata, con gente in strada, locali
dove mangiare e bere e anche un distributore di benzina che ci
ha salvato dalla “morte per sete” del nostro scooter.
Anche ad Apolakkia arriva il vento dalla parte bassa dell’isola,
ma in misura minore rispetto a Prassonissi.
Monolithos
Ecco un luogo che nelle precedenti vacanze a Rodi non avevamo
visto e che siamo felici di aver visitato quest’anno. Il
paese è noto solo per i resti di un castello costruito
sul picco di un colle a strapiombo sul mare. Ai ruderi si accede
seguendo i cartelli che si trovano appena arrivati in paese: dopo
un paio di chilometri nel verde della strada appare un bellissimo
panorama sul quale si staglia la sagoma del castello che domina
la baia di Apolakkia (a sinistra) e quella di Kimarassi (a destra).
Per arrivare al parcheggio del castello bisogna percorrere ancora
un altro paio di chilometri in discesa. Un piccolo chiosco ci
ha fatto capire di essere arrivati: dal parcheggio parte un sentiero
che porta alla scala un po’ ripida di accesso al castello.
In realtà della piccola fortezza originale è rimasto
poco: qualche muro, alcune fenditure e la chiesetta minuscola
alla quale si accede tramite una porticina. Attenzione alla testa:
per informazioni chiedere alla fronte di Anna, impegnata nelle
riprese con la telecamera e poco attenta allo scalino. La visita
comunque vale il sudore della salita per la vista sul mare e per
i tanti scorci utilizzabili per le foto.
Attenzione soprattutto con i bambini. Dalla cima di questa collinetta
viene voglia di sporgersi per ammirare il panorama veramente meritevole,
ma è pericoloso perché non ci sono reti protettive
e nemmeno cartelli che indichino il pericolo di caduta. Quindi
attenti dove mettete i piedi e attenti a non far scappare i figli
in qua e in là.
Una volta lasciato il rudere si può proseguire sulla stessa
strada e arrivare alle spiagge, tutte piene di scogli tranne l’ultima
di Pelekito che fa anche da capolinea perché la strada
si interrompe.
A Monolithos ci siamo fermati al ristorante “Panorama”.
Nome non originale per un locale che ha una grande terrazza affacciata
sul paese e sulla baia di Apolakkia: abbiamo mangiato discretamente
e speso poco (una dozzina di euro in due per una omelette ben
farcita con contorno, carne, una bottiglia di acqua e il coperto;
peccato per il prezzo esagerato di due caffè che hanno
fatto lievitare il conto sopra i 15 euro).
Zona ovest:
Soroni
E’ la città più a sud della costa ovest che
abbiamo visitato. Non siamo passati né da Skala Kamirou,
né da Mandriko, né da Kalavarda. A Soroni siamo
arrivati nel pomeriggio nel quale avevamo a disposizione l’auto
e quello che ci ha colpito di più è stata la grande
centrale elettrica che si trova a poche centinaia di metri dal
mare. E’ forse l’unico grande stabilimento che abbiamo
incontrato in tutta l’isola: ciminiere, cavi, cancelli tipici
delle “vere” industrie. Per il resto non c’è
molto altro da segnalare.
Theologos
Piccolo paesino appena segnalato dai cartelli. Noi l’abbiamo
raggiunto perché avevamo avuto un consiglio su una buona
trattoria (che però abbiamo trovato chiusa) e la “deviazione”
ci ha soddisfatti. Peccato per l’assenza di parcheggi, visto
che non ci siamo potuti fermare a lungo, ma abbiamo visto una
bella chiesa e tante piccole stradine davvero tipiche.
Paradissi
Continuando verso Rodi ci siamo imbattuti in Paradissi, ovvero
nel paese dove tutti i turisti passano senza saperlo, visto che
qui sorge l’aeroporto. Il centro abitato si snoda lungo
la strada costiera ma ci sono posti particolari da vedere. Prima
di tutto la fine della pista dell’aeroporto: c’è
un grande aereo (finito lì per sbaglio o, più probabile,
parcheggiato volutamente) lasciato sull’erba come un rottame
ad arrugginire e a fare da magazzino perenne di pezzi di ricambio.
Poi la piazza, sulla quale si affacciano tutti i locali e dove
si trovano due busti di personaggi famosi e una grande fontana.
Infine il campo sportivo: noi abbiamo scoperto che il Paradissi
è rossonero, che gioca in un campo a ridosso del mare,
che ci sono tribune con tanto di spazio per le telecamere e di
settore riservato ai tifosi più caldi e che, soprattutto,
non c’è un solo filo d’erba nel raggio di un
chilometro.
Kremasti
Anche Kremasti si allunga tra la strada costiera e il mare ma,
proprio nel centro, abbiamo trovato segnali di grande vitalità,
nel senso che intorno alla grande chiesa c’erano i banchi
di un mercato all’aperto: noi siamo passati poco dopo l’una
e quindi erano tutti coperti con il naylon ma di sera potrebbe
esserci anche un bel movimento. Comunque la Kremasti da vedere
è tutta raccolta in quelle poche centinaia di metri quadrati.
Ialyssos
Chiassosa e frenetica la nuova Ialyssos, caratteristica e particolare
la città vecchia. Questo binomio ci ha accompagnato nel
passaggio e nella sosta in questo posto che, dopo Rodi (con Ixia),
è il più frequentato del lato occidentale. La Ialyssos
balneare è ben diversa dal nucleo originario: si snoda
infatti lungo tre-quattro vie che portano al mare piene di negozi
e ristoranti. Noi abbiamo pranzato in una specie di fast food
all’angolo tra la strada principale e la via che porta alla
spiaggia: si chiama Bobi (o un nome simile) e, anche se abbiamo
dovuto aspettare un po’ (alla faccia del “fast”)
alla fine abbiamo speso poco per due gyros pita ben farciti e
due bibite fresche. La spiaggia non l’abbiamo neanche vista,
anche perché avevamo deciso di salire fino a Filerimos
e così abbiamo cercato la strada verso il monte, ovviamente
indicata con cartelli di misura microscopica.
Per raggiungere Filerimos bisogna attraversare la vecchia Ialyssos
e noi abbiamo trovato la chiesa e le vie del centro tutte addobbate
con luci, bandiere e stendardi: nella settimana di ferragosto
infatti a Ialyssos si svolge il festival delle tradizioni rodiesi
con mercatini e concerti basati sugli usi ed i costumi dell’isola.
Il centro non è molto grande e purtroppo a quell’ora
del pomeriggio tutti gli stand erano chiusi ma, come ci hanno
detto anche altri turisti, il festival è un appuntamento
da non mancare.
Filerimos
E’ sul monte che sovrasta Ialyssos e, nell’antichità,
è stato uno dei primi nuclei abitati dell’isola.
Adesso è una meta turistica tra le più indicate
dalle guide e non mancano comitive di turisti che fanno in autobus
i chilometri in salita che altri (pazzi) fanno a piedi o in bicicletta.
C’è una grande chiesa, che non abbiamo visitato perché
a pagamento, e un vialetto con le stazioni della Via Crucis costruite
dagli italiani negli anni ’30 in puro stile fascista, caratteri
delle scritte compresi. Il viale termina ad una piccola cappella
e, soprattutto, ad una croce in cemento armato alta una ventina
di metri sulla quale si può salire con una scala a chiocciola
interna (“a vostro rischio”, come è scritto
sul cartello alla porta ma è tutto molto solido). Dalla
vetta della croce c’è una vista che spazia su tutta
la punta nord dell’isola: se l’aria è limpida
e non c’è foschia sembra di poter toccare la Turchia
con un dito.
Tris
Forse il nome del posto si riferisce al numero di case che ci
sono. Noi siamo passati da Tris per trovare una strada alternativa
che da Ialyssos ci portasse a Rodi città, visto che da
Ixia eravamo già passati anche nei giorni precedenti. Dove
inizia Tris non si capisce e meno che mai si capisce dove finisce:
c’è solo una strada in salita e all’ombra con
villette (anche ben fatte) ai lati…
Però possiamo dire “siamo stati a Tris”.
Zona centrale:
Kalithies
Da non confondere con Kalithea, in tutti i sensi. Non c’è
il mare, non c’è il turismo di massa e c’è
poco da vedere. Questo piccolo paese l’abbiamo trovato percorrendo
la strada che da Faliraki porta a Psinthos e siamo riusciti a
perderci anche se le vie sono tre e due partono dalla stessa piazza.
Spesso le strade interne hanno cartelli che indicano le varie
località realizzati con i più disparati materiali
e posizionati in luoghi più o meno visibili.
A Kalithies siamo piombati in un momento nella piazza del paese:
un luogo dove sembrava regnare l’anarchia e nel quale risaltava
solo un balcone addobbato con la bandiera verde del club di tifosi
del Panatinaikos. Tra auto parcheggiate in ogni modo, gente a
piedi in mezzo alla strada e panni stesi il cartello per Psinthos
non l’abbiamo visto…
Prima scelta la via di destra. Risultato: un breve giretto tra
palazzine basse interrotto dal ritorno in piazza con una svolta
a U prima di finire in una strada senza sfondo sotto lo sguardo
sorpreso di qualche vecchietta.
Seconda scelta la via di sinistra. Risultato: siamo finiti in
mezzo a un gruppo di case basse abitate da zingari e abbiamo fatto
l’inversione a U ancora prima rispetto alla scelta precedente.
Quando abbiamo capito che la terza scelta (la strada centrale)
sarebbe stata quella giusta abbiamo anche visto il cartello per
Psinthos, probabilmente fino ad allora celato da un furgone parcheggiato
o da chissà cosa. Ci siamo infilati nella via e dopo poco
abbiamo raggiunto lo stadio (che sembrava fin troppo grande per
un paese come Kalithies e che poi, con un volantino trovato su
una spiaggia, abbiamo scoperto essere il luogo di una famosa festa
tipo “rave” fatta all’inizio di agosto). Da
lì è iniziata la via, in parte non asfaltata, verso
Psinthos.
Psinthos
Questo è uno di quei paesi che citi solo perché
li trovi sulla cartina o durante un trasferimento da una zona
all’altra dell’isola. Non c’è una sola
cosa caratteristica che ci venga in mente quindi via verso…
Archipoli
Archipoli l’abbiamo raggiunta dopo dieci chilometri di strada
all’inizio asfaltata bene, poi asfaltata male, poi sterrata,
poi molto sterrata (ma per un centinaio di metri), poi di terra
battuta. Si attraversano campi coltivati, oliveti e boschetti:
Anna ne ha approfittato per fare scorta di fichi, raccolti a decine
sugli alberi che si trovano a pochi chilometri da Archipoli. Il
paese l’abbiamo attraversato con il solo scopo di raggiungere
Eleoussa ma su Internet avevamo trovato il diario di viaggio di
un tipo che aveva definito Archipoli “insignificante”:
non ci viene un aggettivo simile o più adatto, quindi resta
“insignificante” anche per noi.
Eleoussa
Proseguendo verso Dimylia abbiamo incontrato Eleoussa ma non ci
siamo fermati, vista la voglia di raggiungere la costa occidentale
e i primi segnali della fame. Comunque Eleoussa, pur trovandosi
a metà strada tra le due coste, sembra meno “fuori
dal mondo” rispetto ad altri paesi ben più vicini
al mare e quindi al turismo. Le strade sono curate e le indicazioni
sono tutte ben visibili, tanto è vero che non abbiamo avuto
problemi a proseguire la nostra gita.
Dimylia
Dimylia invece si è materializzata all’improvviso
con una biforcazione della strada dopo un paio di chilometri dalla
fine di Eleoussa. La zona collinare permette a questo grazioso
paese di godere del fresco e dell’ombra di molti pini, che
si ritrovano anche nei giardini delle case. Pur non fermandoci,
ma attraversando comunque il paese a velocità molto ridotta,
abbiamo visto in Dimylia uno dei posti più accoglienti
e curati di tutta l’isola: probabilmente è qui che
hanno la seconda casa (e che casa!) i rodiesi più ricchi.
Epta Piges
Se da Archipoli si decide di raggiungere la costa orientale anziché
quella occidentale è impossibile non imbattersi in Epta
Piges, peraltro segnalata su qualsiasi guida e cartina come uno
dei luoghi da visitare. Non è un paese ma solo un boschetto
all’interno del quale scorre un ruscello nato dall’unione
di sette (epta) sorgenti (piges) ed è raggiungibile ancora
più comodamente dall’incrocio di Kolimpia. Forse
un po’ sopravvalutata da guide turistiche e tour operator
Epta Piges ha soprattutto il grande pregio di fare da punto di
sosta e ristoro per i turisti accaldati: l’acqua del ruscello
è fresca e potabile, gli alberi fanno da ottimo sfondo
per le foto di rito e la possibilità di tenere i piedi
nell’acqua gelida vale da sola gli 800 metri in salita fatti
per arrivare allo spiazzo, dove si trova anche un bar molto attrezzato.
A Epta Piges c’è anche un tunnel, alto due metri
e largo poco più di uno nel quale infilarsi per sbucare
poi qualche centinaio di metri più avanti, dopo aver camminato
al buio e con i piedi nell’acqua. Dopo dieci metri siamo
rimasti al buio più totale e la prima sensazione di claustrofobia
ci ha convinti a tornare indietro, ma sono comunque centinaia
i turisti che provano questa emozione…
Laerma
Laerma si trova appena sotto il centro dell’isola, ai margini
del monte Attavyros, che con i suoi 1215 metri di altitudine,
è il punto più alto dell’isola. Si raggiunge
percorrendo una bella strada immersa nel verde che inizia a Lardos
e che per ben dieci chilometri rimane asfaltata (nei giorni seguenti
avremmo scoperto che si tratta quasi di un record per le strade
interne). A Laerma si respira l’atmosfera greca più
tipica, con le donne rigorosamente vestite di nero che camminano
fianco a fianco per le stradine in salita, con gli uomini seduti
fuori dai caffè (cafenion) e con i bambini che guardano
con occhi stupiti i turisti in motorino. Abbiamo parcheggiato
il motorino accanto alla grande chiesa che domina il centro del
paese, proprio nel punto in cui la strada si divide in tre trasformandosi
in un rebus per chi deve raggiungere altre località (la
soluzione è: a diritto c’è la strada sterrata
che porta a Agios Isidoros, a destra si va verso il nulla più
totale e a sinistra si va verso Profilia e il monastero di Thari).
La chiesa, come quasi tutte le altre incontrate, era chiusa. Non
male il panorama sui boschi che si gode dalle prime pendici della
strada che va verso Profilia.
Profilia
Pensavamo fosse una città mitologica, immaginaria... Questo
perché da Laerma abbiamo avuto la pessima idea di tagliare
attraverso l’isola per proseguire verso Profilia e poi verso
Monolithos. Per andare da Laerma a Profilia abbiamo percorso dieci
chilometri, otto dei quali tra salite e discese su strada sterrata
o, nel caso peggiore, con solchi scavati dalla pioggia o dal passaggio
dei camion. Mettendo a dura prova il nostro scooter abbiamo scalato
e ridisceso tre colli e attraversato quattro ruscelli in secca:
dopo aver visto l’ennesimo colle di fronte a noi, abbiamo
pensato di esserci persi, anche perché il contachilometri
non funzionava e pensavamo di aver percorso almeno quindici chilometri.
In realtà quello era l’ultimo ostacolo, con al vertice
una enorme e vergognosa discarica abusiva (non è l’unica
sull’isola, purtroppo). Quando abbiamo visto tutta quell’immondizia
gettata in una scarpata, con lavatrici arrugginite, un camion
consumato dal tempo, sacchi pieni di ferri, plastica e vetro abbiamo
pensato di essere in un posto sperduto dove nessuno avrebbe mai
ficcato il naso e, soprattutto, dove nessuno ci avrebbe trovato
se ci fossimo persi. Invece abbiamo fatto cento metri (non uno
di più) e ci siamo ritrovati in una strada larga, pulita
e asfaltata con un grande cartello con la scritta “Profilia”.
E’ stato come sbucare nella piena luce del sole dopo tanti
chilometri nella nebbia. Abbiamo raggiunto il paese (maledicendolo)
e l’abbiamo attraversato senza fermarci, notando però
il bianco delle case e l’operosità della gente in
un luogo tanto sperduto.
Istrios
Il paese vicino a Profilia (appena 3 km) è Istrios, già
più basso sul livello del mare ma lontano anni luce dagli
itinerari turistici. Da segnalare solo il sollievo per non aver
trovato altre strade sterrate prima di raggiungere il fondo valle
e la costa.
Siana
Una delle rivelazioni del nostro soggiorno a Rodi. Sapevamo che
in questo paese vicino a Monolithos realizzavano a mano tappeti,
tovaglie, centrini e asciugamani, oltre a vendere olio e miele
prodotti artigianalmente. Così, dopo il pranzo a Monolithos
abbiamo preso la strada in salita (5 km) verso questo paese che
si è aperto a noi preceduto da un paio di abitazioni fatiscenti
e con il consueto “addobbo” di furgoni e auto arrugginiti
in un angolo. Invece il paesino è grazioso, con una chiesa
cattolico-ortodossa appena ristrutturata e, finalmente, aperta,
con i tre negozi caratteristici dislocati in trecento metri lungo
la strada e con un paio di ristoranti. Questa escursione ha portato
in dote per Anna un grazioso tappetino da bagno tessuto a mano
(7, 50 euro).
Vati
E’ segnalata sulle cartine come punto di passaggio verso
Gennadi venendo da Apolakkia. Il paese c’è ma non
si vede; le poche case sono a qualche centinaio di metri dalla
strada principale, dove a tratti soffia un vento molto forte.
Le spiagge
Rodi
Ovviamente tutto il perimetro della città nuova è
bagnato dal mare ma le spiagge, pur molto frequentate, non sono
certo il punto di forza. Dal lato di Ixia c’è la
cosiddetta “Windy beach”, così chiamata perché
per tutto il giorno il vento la fa da padrone: leggero al mattino
e via via sempre più intenso con il passare delle ore.
Non c’è quasi mai la sabbia ma solo ciottoli e piccoli
sassi non proprio comodissimi per chi non vuol noleggiare un lettino
o una sdraio. L’acqua è molto chiara vicino alla
riva e scura al largo ma non limpida, visto che le onde contribuiscono
ad intorbarla. La spiaggia più frequentata della città
è quella a ridosso del Casinò, dove ci sono stabilimenti
balneari sullo stile italiano e dove si trova il trampolino in
mezzo al mare meta dei temerari tuffatori. C’è molto
movimento sia di giorno che di sera ma anche in questo caso l’acqua
è mossa dalle onde. Più calma la costa dalla parte
di Mandraki, ma la presenza dei due porti (antico e moderno) limita
al massimo gli spazi balneabili, dove si rifugiano soprattutto
i turisti sprovvisti di mezzi di locomozione.
Reni Koskinou
E’ la prima spiaggia che si trova uscendo dalla città
in direzione di Lindos. Gli accessi alla spiaggia di sabbia sono
pochi e nascosti, anche se si può raggiungere il mare passando
dalle strade che portano ai due alberghi più grandi della
zona, l’Eden Rock e il Paradise Village, mentre dalla parte
del Kresten la spiaggia è privata. Il mare è calmo,
preludio di quella splendida costa che si allunga verso Kallithea
e Faliraki.
Kallithea
Kallithea racchiude in meno di un chilometro alcune delle spiagge
più belle dell’isola. Il luogo è famoso per
i resti delle terme, una volta meta di turisti in cerca di sollievo
dai dolori ed ora abbandonate (salvo un parziale tentativo di
restauro): dopo la visita si può fare il bagno alla bella
ma piccola (minuscola e affollata) spiaggia adiacente le terme.
L’acqua è limpida, verde e ricca di pesci da ammirare
con una semplice maschera da sub, accessorio obbligatorio per
godersi interamente la bellezza delle spiagge della costa est.
Duecento metri più a sud delle terme ci si imbatte nella
cosidetta “Tassos Beach”, che inizia con la spiaggia
omonima e finisce con la “Nicola’s Beach” dopo
altri duecento metri. Entrambe le spiagge meritano i 6 euro da
pagare per due lettini più ombrellone (3 euro a testa):
la prima è più raccolta e riparata dagli scogli,
la seconda è quella che preferisco (Matteo) in assoluto
e che ho visitato per ben sei volte in tre vacanze. La Nicola’s
infatti è una piccola baia raggiungibile sia in auto che
in motorino: sabbia (poca) e scogli (molti) si alternano di fronte
ad un chiosco che funge da bar e ristorante dove si mangia molto
bene spendendo il giusto (ma occhio al pesce fresco, i gamberi
fritti costano 17 euro al piatto!!). L’accesso al mare è
assicurato da scalette in ferro che partono dagli scogli e finiscono
in un’acqua calma, limpida e di un blu così intenso
da obbligarti a restare a mollo per ore. Il fondale è pieno
di scogli che, all’improvviso, si aprono su profonde voragini
sabbiose illuminate dai raggi del sole; visto che l’acqua
è molto salata si sta a galla senza fatica con la faccia
rivolta in giù per guardare i mille pesci che ti sfiorano
mentre respiri con il boccaglio. Una delizia per chi ama il mare!!
Faliraki
E’ una spiaggia in “stile Rimini”: molti ombrelloni,
locali che dal lungomare fanno arrivare la musica anche nel pomeriggio…
Nel 2000 e nel 2001 c’era anche una gru per il bungee jumping,
nel 2003 era spostata più a nord ma non l’abbiamo
vista in funzione; probabilmente la moda dei lanci è passata.
Rispetto alle vacanze degli anni scorsi questa volta non abbiamo
visto neanche i concorsi per “miss maglietta bagnata”
e l’animazione in spiaggia ma può darsi che la nostra
visita sia arrivata in un giorno di calma piatta. La spiaggia
è di sassi e ciottoli, il mare meno attraente rispetto
a Kallithea e Ladiko. Immancabile, comunque, la presenza delle
belle turiste nordiche, le stesse che di sera invadono i locali
e le strade di Faliraki.
La spiaggia più bella di Faliraki, quella a ridosso di
capo Ladiko, è ricca di scogli e chiusa da una baia che
assicura l’assenza di onde, ed è riservata ai nudisti.
E’ indicata solo da un piccolo cartello e così ci
vanno solo le persone che sanno della sua esistenza: ci sono lettini
e sdraio e, come nelle altre spiagge, c’è un bagnino
(vestito) che passa a riscuotere.
Ladiko
Il cartello per la Ladiko Bay si trova in cima alla salita che
separa Faliraki dalla baia di Afantou. Svoltando a sinistra si
va verso Ladiko, dove si trovano gli appartamenti Zoe, il Ladiko
Hotel, un ristorante e due spiagge, la Ladiko Beach e la famosa
Anthony Quinn Bay. Nel 2000 mi sono fermato (Matteo) alla Ladiko
perché la Anthony Quinn era piena: il colore del mare era
del blu più bello che abbia mai visto, soprattutto al di
là di una barriera di scogli che protegge la spiaggia,
piccola e super affollata. Uno dei bagni più lunghi e più
belli fatti in vita mia. Nel 2003 siamo andati con Anna alla Anthony
Quinn, arrivando abbastanza presto (le 10, 30 circa) ma trovando
già quasi tutti i posti occupati. La spiaggia si chiama
così perché era stata donata dal governo greco all’attore,
che aveva reso famoso il mare ellenico con il film “Zorba
il greco”: Quinn aveva appena iniziato i lavori per la costruzione
di una villa a ridosso della baia (aveva in pratica solo messo
un cancello per chiudere la proprietà) quando il cambio
alla guida del governo portò all’abolizione della
proprietà privata e alla confisca della baia. Ma il nome
è rimasto ed è rimasto anche il mare splendido,
l’acqua limpida e il via vai di turisti che arrivano anche
via mare. E’ uno dei punti imperdibili per chi trascorre
le vacanze a Rodi, ma la grande affluenza di turisti e la babele
di lingue impediscono di godersi la giornata di sole in tranquillità
e non tutti hanno rispetto del mare e della spiaggia. Peccato
perché è uno dei posti più caratteristici
e romantici di tutta l’isola. Tra la Ladiko e la Quinn c’è
anche una spiaggetta molto piccola con una dozzina di ombrelloni:
è sicuramente più tranquilla ma è quasi impossibile
trovare un posto libero.
Afantou
Questa spiaggia l’abbiamo vista solo da lontano e dall’alto
(vedi monastero di Tsampika): è sabbiosa, ampia e con il
mare molto calmo. Nonostante la presenza di numerosi alberghi
e villaggi ci sono ampi spazi di spiaggia libera.
Kolimpia
Una mezza delusione. A Kolimpia infatti speravamo di trovare,
dopo alcuni consigli, un ristorante ottimo a prezzi ottimi e una
spiaggia al livello delle altre già viste. Invece il ristorante
si è rivelato molto turistico e con prezzi non certo bassi;
così abbiamo deciso di cambiare, “rifugiandoci”
in un altro ristorante lungo la strada principale dove la velocità
non è certo tra i pregi della cucina ma dove abbiamo mangiato
bene, a parte un bollente caffè greco che Anna, ignara
delle modalità di degustazione di tale bevanda (come dice
Abatantuono in Mediterraneo “bisogna aspettare che la polvere
si depositi sul fondo, non ci vuole fretta”), mi ha fatto
gettare in un vaso di fiori.
Le spiagge invece sono ben tre: una a sinistra del bivio che si
trova alla fine della strada che porta al mare e due a destra.
Quella a sinistra è quella dove abbiamo cercato il ristorante
ed è piccola e attrezzata con ombrelloni e sdraio ma non
sappiamo che tipo di acqua ci sia perché non ci siamo nemmeno
affacciati.
Tranquilla, attrezzata con ombrelloni e lettini e con un piccolo
bar dove non c’è molta scelta e quasi tutto è
congelato, è invece la spiaggia centrale, la peggiore tra
quelle viste in due settimane. I punti deboli? Acqua torba a causa
del fondo sabbioso (dove c’è anche dell’erba
viscida), strano comportamento di chi la gestisce (alle 18 ci
hanno fatto alzare dai lettini perché dovevano chiuderli
e incatenarli agli ombrelloni) e l’impossibilità
di fare una passeggiata visto che la spiaggia è chiusa
in una piccola baia naturale e l’unico punto per camminare
è in vetta a una scogliera battuta dal sole. In più,
ma non dipende dalla spiaggia, abbiamo dovuto assistere alla doccia
di un tipo, sicuramente straniero, che, senza curarsi della presenza
delle altre persone, si è tolto gli slip allietandoci la
giornata con la visione dei suoi attributi...
La spiaggia a destra l’abbiamo vista dall’alto e,
visto che è frequentata dai clienti di due grandi villaggi
turistici della zona, l’abbiamo evitata per non rimanere
intrappolati tra centinaia di persone.
Tsampika
E’ la spiaggia che si trova ai piedi del santuario. Quando
ci siamo stati l’abbiamo trovata piena di gente, ben organizzata
e con un ampio spazio destinato a spiaggia libera proprio ai piedi
del picco sormontato dal santuario. Ci siamo distesi “ancorando”
gli asciugamani con delle pietre per combattere le prime folate
di vento che stavano arrivando. Il mare è molto pulito
ma proprio il vento getta in acqua borse di plastica e bottigliette
sfuggite al controllo dei bagnanti o magari abbondanate per maleducazione.
Siamo rimasti al sole per diverse ore ma verso le 17 siamo dovuti
tornare al motorino perché il vento era aumentato d’intensità
e le folate ci gettavano addosso la sabbia con una potenza tale
da farci male.
A giudicare dai nostri vicini di asciugamano la spiaggia è
amata anche da chi preferisce l’abbronzatura integrale,
visto che abbiamo trascorso la giornata con il sedere di un tedesco
a meno di tre metri di distanza. Comunque questa spiaggia merita
davvero una visita.
Stegna
E’ la spiaggia di Archangelos ma si trova a un paio di chilometri
dal paese e in fondo ad una gola attraverso la quale si snoda
una strada a tornanti. Arrivati in fondo alla discesa abbiamo
trovato un piccolo borgo di case di pescatori con una spiaggia
sassosa e poco affollata e con poche costruzioni destinate al
turismo (unica eccezione un grande complesso alberghiero proprio
dove termina la strada). Non ci siamo fermati perché non
avevamo tempo ma anche Stegna merita una visita, magari per pranzare
in uno dei locali che si affacciano sulla spiaggia, dove sembra
d’obbligo ordinare del pesce fresco!
Agati Beach
E’ detta “golden beach” perché il colore
della sabbia ricorda quello dell’oro. In effetti la sabbia
di questa spiaggia è la migliore tra quelle viste a Rodi.
Per arrivare a Santa Agata (c’è una chiesa minuscola
dedicata a questa santa proprio ad una delle estremità
della spiaggia) bisogna girare verso Charaki all’altezza
del bivio che dalla parte opposta porta a Malona: il bivio si
riconosce anche perché vicino ci sono delle enormi serre
abbandonate e in parte crollate e un monumento funebre (vedi anche
Massari) subito dopo un ponte. Trecento metri dopo aver svoltato
e prima di arrivare a Charaki (che ha comunque una spiaggia propria
che non abbiamo visto), sulla sinistra, inizia una strada sterrata
(c’è anche il cartello per la spiaggia). Dopo meno
di un chilometro si trovano sulla destra i ruderi del castello
di Feraklos: sono visitabili ma c’è rimasto poco
e niente. Andando ancora avanti si trova la spiaggia. E’
attrezzata con ombrelloni e lettini (consigliati: il prezzo di
sei euro vale la possibilità di godersi la spiaggia in
comodità) e al bar i padroni parlano italiano, anche se
in modo un po’ grossolano.
Il mare è una piscina a cielo aperto con il fondo liscio
e sabbioso, tanti pesci e con l’acqua limpidissima. In più
il livello sale gradualmente, con la gente che non è costretta
ad ammassarsi vicino alla riva per rimanere in un punto dove si
tocca: senza maschera e boccaglio si perde molto del divertimento.
Se si ha voglia di fare una passeggiata si può andare verso
sinistra, salendo poco per arrivare alla chiesetta, la più
piccola in assoluto mai vista! Accanto c’è anche
una grotta, e la sera questa è meta di gruppi di amici
che accendono falò in riva al mare. D’obbligo indossare
sandali, scarpe o ciabatte, vista la presenza delle caprette che
disseminano ricordini in qua e in là.
La giornata alla Sant’Agathi beach è stata perfetta.
Non c’era (almeno non quel giorno) il caos trovato in altre
spiagge, ti potevi godere il silenzio e la pace, avevi i tuoi
spazi e potevi restare sul bagnoasciuga anche per ore. Una delle
migliori, quindi.
Kalathos
Siamo già molto vicini a Lindos e per questo l’attenzione
di molti turisti non è dedicata a questa insenatura molto
ampia nella quale si trovano tratti di spiaggia libera e tratti
con ombrelloni e lettini. Noi l’abbiamo vista solo dall’alto,
apprezzando il colore dell’acqua e l’assenza di onde.
Ci è sembrata anche poco affollata in proporzione alla
grandezza.
Vliha
E’ la spiaggia che si trova prima di arrivare a Lindos ed
è frequentata quasi esclusivamente dai clienti dei tre-quattro
alberghi che in pratica formano questo piccolo borgo, sormontato
dal gigantesco Lindos Village che, da solo, è grande più
del doppio degli altri alberghi messi insieme. Di giorno non ci
siamo stati, dopo cena abbiamo fatto una puntatina in cerca di
locali dove prendere un gelato ma c’è veramente poco.
Lindos (San Paolo)
La leggenda vuole che San Paolo sia sbarcato a Rodi proprio all’altezza
di Lindos, approdando all’interno della piccola baia rotonda
che si trova ai piedi dell’acropoli e alla quale si accede
svoltando a sinistra verso il campo sportivo appena dopo aver
passato l’ultimo parcheggio di Lindos. La spiaggia è
minuscola, il pagamento degli ombrelloni è quasi obbligatorio
visto che gli spazi liberi sono minimi, non c’è neppure
la doccia e il sole tramonta prima che altrove proprio a causa
della presenza della rocca di Lindos. Eppure la baia di San Paolo
va vista: il colore dell’acqua, il fondale ricco di scogli
e pesci, la presenza della chiesetta dedicata a San Paolo dove
i giovani di Rodi vanno a sposarsi (abbiamo visto noi una coppia
che si è sposata alle 17 con il sole che iniziava ad abbassarsi…)
e il numero ridotto di turisti che trovano posto (altri arrivano
con i barconi che effettuano gite quotidiane) fanno di questa
spiaggia un luogo romantico sia di giorno che di sera. Da non
perdere assolutamente.
Lindos
Ma Lindos ha anche una spiaggia ben più grande, organizzata
e… costosa. Una giornata di mare sulla spiaggia di Lindos
costa, tra ombrelloni e pranzo, più che in un altro posto
qualsiasi sull’isola. In più è meta della
maggior parte dei turisti che arrivano in autobus, auto, motorino
e nave (Lindos infatti è tappa obbligata anche per crociere
con navi di piccola e media grandezza) e quindi è rumorosa,
anche se l’acqua è limpida e la vista sull’acropoli
è meravigliosa. Questi i pregi e i difetti: noi l’abbiamo
evitata…
Cannoni di Navarone beach
E’ la baia dove sono state girate le scene di guerra del
film “I cannoni di Navarone” e da allora (saranno
passati almeno quaranta anni) niente sembra essere cambiato. A
questa baia si accede prendendo la strada che porta al Lindos
Memories, elegante e nuovo complesso alberghiero ai margini della
spiaggia, e, sfruttando un marciapiedi che inizia al parcheggio
dell’hotel, si accede al mare. La spiaggia è sassosa
con poca sabbia, ha alle spalle un campo arido dove pascolano
le capre e all’estrema destra (guardando il mare) un promontorio
brullo in stile Gran Canyon. Per questo è poco conosciuta
e frequentata: al massimo si possono trovare una trentina di persone
e il silenzio è quasi assoluto. Il mare è un continuo
alternarsi di scogli affioranti, distese di sabbia fine e rocce
più basse. Si può camminare per oltre trecento metri
senza che l’acqua arrivi più in alto delle spalle,
poi si apre una distesa di acqua cristallina con centinaia di
pesci.
Questa spiaggia è una chicca riservata a pochi fortunati
turisti (noi l’abbiamo scoperta perché il nostro
albergo era a trecento metri). Per godersela al meglio è
necessario avere ai piedi ciabatte o sandali prima di avventurarsi
sugli scogli scivolosi. Meritevole.
Pefki
Questa spiaggia non è consigliata o segnalata su nessuna
guida e quindi noi abbiamo dedicato attenzione a questo luogo
solo di sera. La spiaggia comunque è molto ampia e organizzata.
Di più non possiamo dire per mancanza di elementi.
Lardos Bay
Qua bisogna fare una distinzione. La Lardos Bay inizia appena
usciti da Pefki e dopo aver svoltato in direzione di Lardos ma
per “Bay” si intende la distesa di sabbia e stabilimenti
balneari che si trova lungo la strada e che noi abbiamo visto
solo di sfuggita in motorino. Però ci siamo fermati in
un luogo isolato, proprio appena iniziato il lungomare: vicino
ci sono delle cave e alcuni stabilimenti per l’estrazione
della ghiaia (almeno così pareva) e in quel punto ci doveva
essere anche un molo artificiale al quale attraccavano piccole
imbarcazioni.
Del molo rimane solo la forma allungata in cemento e quel tratto
di scogliera sembra abbandonato. Così abbiamo parcheggiato,
siamo scesi lungo il breve dirupo e ci siamo trovati da soli con
a disposizione un posto stupendo per prendere il sole e fare il
bagno. L’acqua è limpidissima, il fondale è
subito molto alto con voragini tra scoglio e scoglio e ci sono
tanti pesci, anche troppi, visto che siamo usciti dall’acqua
per evitare di entrare a contatto con alcuni di loro... Per chi
ha confidenza con i pesci e con il resto della popolazione marina
e può fare a meno di avere la doccia a pochi metri dall’asciugamano
questo è il posto più adatto!!
Kiotari
E’ la spiaggia di un luogo che non esiste. Kiotari infatti
è solo il nome della spiaggia, alle spalle della quale
sono stati costruiti due enormi e costosi complessi turistici
e un centro commerciale ancora da ultimare. Così questa
spiaggia molto ampia (sterminata è il termine più
adatto) inizia dove c’è il primo cartello pubblicitario
di uno dei villaggi e finisce dove arriva l’occhio umano
in direzione di Gennadi.
La prima volta che ci siamo stati abbiamo scelto di svoltare a
sinistra al bivio al quale si arriva dopo aver girato verso la
spiaggia. I cartelli dicevano che avremmo trovato solo un ristorante,
mentre a destra si andava verso i due villaggi e altri negozi.
Siamo arrivati alla spiaggia dopo duecento metri e non abbimao
certo faticato a trovare posto: lo spazio riservato agli ombrelloni
(collegati al ristorante) è minimo e deserto. Tutto il
resto della spiaggia è libero e ci siamo sistemati subito
sui ciottoli vicino al bagnasciuga: in tutto (in almeno cinque-seicento
metri) eravamo in nove: quattro coppie (una di nudisti, ma l’abbiamo
scoperto solo guardando la spiaggia con lo zoom della telecamera)
e un turista impegnato nella lettura di un libro.
Avremmo potuto denudarci, fare l’amore, strangolarci a vicenda,
cantare o fare qualsiasi altra cosa senza che gli altri se ne
accorgessero: in questo paradiso della tranquillità il
mare è più fresco che in altri posti, il fondo è
sassoso con pochi pesci ma le onde ti cullano e ti rilassano ulteriormente.
A pranzo siamo andati al ristorante (si chiama “To Kastro”
o qualcosa di simile e il padrone è simpatico anche se
un po’ invadente) e abbiamo mangiato bene spendendo il giusto:
resta da chiedersi come il locale possa andare avanti con così
poche persone sulla spiaggia anche se probabilmente è aperto
anche la sera e offre una vista romantica sulla baia.
La seconda volta abbiamo scelto di svoltare a destra verso i villaggi.
La spiaggia è la stessa (ciottoli, mare fresco…)
ma molto più organizzata, con bar e ristoranti dove i clienti
dei villaggi (dove evidentemente si alloggia con la formula “all
inclusive” non pagano niente semplicemente facendo vedere
un braccialetto). All’estrema destra c’è comunque
una spiaggia con ombrelloni e lettini (5 euro due persone) aperta
anche ai comuni mortali che assicura calma e tranquillità
oltre a docce molto calde e bagni (costruiti per i clienti dei
villaggi) ben più grandi di quello che avevamo noi in albergo.
Quindi: tutti a Kiotari se amate la calma e l’organizzazione.
Da Gennadi a Plimmyri
Abbiamo raggruppato tutte insieme le spiagge dei 15-20 chilometri
a sud di Kiotari. Man mano che ci si avvicina alla parte più
meridionale dell’isola le persone in spiaggia diminuiscono,
così come gli ombrelloni. La costa è spazzata dal
vento, che in alcuni casi può essere fastidioso, e per
questo non ci siamo fermati, preferendo proseguire in direzione
di Prassonissi.
Prassonissi
La spiaggia di Prassonissi è nota per due motivi: vento
e unione dei due mari, separati, con la bassa marea, solo da una
sottile striscia di sabbia. Questo equivale a due cose: impossibilità
di fare il bagno e possibilità di stare con un piede nel
mare mosso e con l’altro in quello calmo. Non si può
fare il bagno (o meglio, non è affatto consigliabile) perché
il vento è forte e freddo (per quanto può essere
freddo d’agosto) ma soprattutto perché si rischia
di essere investiti da uno dei cento e più windsurf che
si muovono in quel braccio di mare. Prassonissi infatti è
la metà degli appassionati di questo sport che vengono
da ogni parte del mondo per sfruttare il vento così forte:
nel parcheggio (che non è altro che la parte iniziale della
spiaggia) abbiamo visto camper con targhe statunitensi e australiane
e nel mare windsurf fatti in ogni modo immaginabile.
L’unico punto tranquillo è proprio la lingua sabbiosa
che unisce Rodi all’isola di Prassonissi, d’estate
raggiungibile anche a piedi.
Apolakkia
Altra distesa di sabbia praticamente deserta. La zona è
poco turistica, o meglio, non ci sono complessi alberghieri e
residenziali per lunghi soggiorni. Chi va da quelle parti è
per fare un giro completo dell’isola o per visitare Monolithos.
E proprio da Monolithos (che è in cima a una collina) abbiamo
visto questa parte di costa: anche guardando con lo zoom non siamo
riusciti a scorgere alcun bagnante in uno spazio di almeno tre
chilometri (ma la spiaggia è lunga più o meno quindici
chilometri).
Pelekito
Spiaggia sassosa e ventosa ai piedi (quasi) del castello di Monolithos.
Ci si arriva prendendo la strada che dal piccolo parcheggio del
castello scende verso il mare. La spiaggia sembra vicina e invece
bisogna fare almeno un paio di chilometri prima di arrivare al
mare: lungo la strada ci sono sentieri che scendono fino agli
scogli ma il mare è mosso ed è meglio proseguire
fino al parcheggio della spiaggia (la strada termina lì).
Pelekito è una baia chiusa da un promontorio dove si può
salire per ammirare il panorama e per farsi spettinare dal vento
fortissimo: non abbiamo fatto il bagno per il vento, per le onde
e perché l’acqua diventa subito profonda. Comunque
siamo arrivati lì solo dopo le 17 e può darsi che
nelle ore più calde il mare sia più “balneabile”.
Monasteri
Thari
Ci siamo capitati per sbaglio. Stavamo percorrendo la parte iniziale
della strada che da Laerma porta a Profilia: dopo un paio di chilometri
c’è un bivio: a destra (c’è un minuscolo
cartello in legno) inizia la strada sterrata che porta a Profilia,
a sinistra rimane l’asfalto fino al monastero. Ci siamo
accorti di aver sbagliato strada quando siamo finiti nel parcheggio
del monastero. Ormai che eravamo lì abbiamo parcheggiato
il motorino e siamo entrati: chiesetta piccola ma graziosa nella
quale si entra indossando dei grembiuli se l’abbigliamento
non è consono (cosa normale d’estate se si è
in costume e maglietta), un giardino particolare e un negozio
di souvenir con tanto di vecchietta grassoccia e baffuta che ha
cercato di rifilarci dei dolcetti al cioccolato (o almeno così
sembravano..). La visita può essere limitata ad un quarto
d’ora. Niente di particolare il panorama.
Tsampika
A due chilometri da Kolimpia, sulla strada principale, c’è
il bivio per il monastero (a sinistra venendo da Rodi, a destra
venendo da Lindos): inizia una salita (un chilometro abbondante)
di strada cementata ma in buone condizioni che metterà
a dura prova i motorini (noi ci siamo dovuti fermare a metà
per far freddare l’acqua del radiatore). Una volta arrivati
al parcheggio si apre il “sentiero” fino al monastero.
La storia (o la leggenda) vuole che il monastero sia stato costruito
da un tale che, dopo essere andato in pellegrinaggio sulla cima
di una collina perché non riusciva ad avere figli, è
tornato a casa e ha trovato la moglie incinta. Così ha
costruito una chiesetta in cima ad un picco (400 metri circa slm)
sul quale si arriva dopo aver percorso trecento scalini di varie
grandezze (lunghi da venti centimetri a due metri): a metà
salita c’è un primo punto-pausa con una gradevole
vista sulla baia sottostante.
In vetta la vista è strepitosa. Dando le spalle alla chiesa
avevamo davanti tutte le vallate interne della zona, da Kolimpia
a Epta Piges a Archangelos, a sinistra la spiaggia di Kolimpia
e la baia di Archangelos, a destra la baia di Afantou con i grandi
alberghi e la costa sabbiosa. La chiesa è molto piccola
ma prima dell’entrata, a destra, c’è una porta
che si apre su una stanza con un letto enorme, cuscini e coperte
sul quale si può tentare di concepire un figlio. Appoggiati
su un lato numerose icone della Madonna e tre-quattro album di
foto di bambini che, da quello che si è capito, sono stati
concepiti o direttamente lì o dopo un pellegrinaggio al
monastero: ci sono neonati da tutta Europa. La visita, foto di
rito e sosta per ammirare il panorama a parte, dura dieci minuti.
Non illudetevi sul ritorno al parcheggio: anche in discesa gli
scalini sono insidiosi. Accanto al parcheggio c’è
un ristorante, che ovviamente si chiama Panorama: se non vi danno
fastidio le caprette che pascolano sotto la terrazza e un senso
di vaga sporcizia e abbandono potete anche concedervi un pranzo,
visto che i prezzi sono migliori che da altre parti e i piatti
sono abbondanti (per quattro euro o poco più Anna ha preso
un’insalata greca che sarebbe bastata a tre persone…).
L’unico consiglio è quello di pensarci bene, prima
di salire i trecento scalini. Il caldo e la fatica sono micidiali,
inoltre chi soffre di vertigini potrebbe avere problemi. Se siete
decisi ad incamminarvi, portate con voi acqua e fermatevi ogni
volta che volete. Non è una passeggiatina ma non è
nemmeno impossibile! E poi, alla fine ne vale proprio la pena!
Sylla
E’ a metà strada tra Dimylia e Soroni, in un tratto
che mescola belle zone residenziali a prati per metà incolti.
Il monastero è stato ristrutturato nel 2003 ed è
circondato da un enorme parco con campi da calcio e basket, grandi
parcheggi illuminati, un bel bar, vialetti asfaltati e spazi per
il picnic. Eppure quando siamo arrivati non c’era nessuno,
nel vero senso della parola.
La chiesetta (moderna, piccola e poco interessante) era aperta
ma tutto il resto dava l’idea di un paesaggio da post bomba
atomica: il posto è molto carino e, in Italia, sarebbe
sicuramente meta di pellegrini con zaini pieni di cibo e bambini
urlanti. Peccato perché il bosco offre anche un discreto
riparo dal caldo e lascia passare la leggera brezza che anticipa
il vento che poi si ritroverà sulla costa di Soroni.