TORAJA: IL POPOLO SENZA MORTE
di Giovanni
Mereghetti
Partendo da Ujung Pandang, La più importante
città di Sulawesi, ci vogliono almeno dieci ore di
auto per raggiungere Rantepao, la città simbolo del
Tana Toraja.
Dopo il veloce trasferimento lungo la strada
costiera che porta a Pare Pare, il viaggio si fa più
impegnativo a causa delle pessime condizioni del manto stradale
che si inerpica lungo i pendii dell’entroterra.
I Toraja, il cui nome in lingua locale significa
“gente dell’altopiano”, sono circa mezzo
milione e vivono nell’interno montuoso di Sulawesi
in una zona aspra e scoscesa, piena di rocce e profonde
vallate, coltivate dove è possibile, con splendide
risaie a terrazza prive di irrigazione artificiale.
La leggenda narra che il popolo dei Toraja
giunse a Celebes circa tremila anni fa a bordo di barche,
la cui forma ricorda vagamente la tipica abitazione di questa
terra: il tongkoman.
L’architettura di queste costruzioni
è simile ad uno scafo appoggiato su dei pali di sostegno,
il tetto a sella viene ottenuto intrecciando vari strati
di bambù fino ad ottenere lo spessore sufficiente
a non far filtrare acqua durante la stagione delle piogge.
Il motivo di un viaggio in questa isola indonesiana
è senza dubbio legato alla religiosità di
questo popolo e più precisamente alle loro cerimonie
funebri.
I riti funebri Toraja non sono dei semplici
funerali, sono avvenimenti grandiosi che richiedono lunghi
preparativi, sacrifici di animali e manifestazioni pubbliche.
“Il grande” funerale serve ai morti come aiuto
per l’aldilà, ma anche ai vivi come occasione
per regolarizzare incontri di affari, scambi sociali, fidanzamenti
e addirittura matrimoni.
Dopo i lunghi preparativi della famiglia
(a volte possono durare alcuni mesi), la cerimonia vera
e propria inizia con la deposizione del corpo del “morente”
(fino a questo momento la salma è considerata malata)
su una superficie circondata da spalti appositamente costruiti
per ospitare i parenti e gli abitanti del villaggio. Durante
i festeggiamenti della prima notte, si intonano canti accompagnati
da danze e sacrifici di polli e maiali in onore del viaggio
del “morente” verso il nuovo mondo.
Le tappe successive della cerimonia sono
la vestizione della salma e la deposizione nell’atrio
del tongkoman, la tipica abitazione Toraja.
Parallelamente a questi riti vengono organizzati
combattimenti di bufali e banchetti a base di carne di bufalo
e maiale sacrificati durante le cerimonie.
Gli ospiti partecipano alla festa offrendo
doni di ogni genere: dal denaro, al riso, alla frutta o
addirittura alle armi. Questo per permettere al defunto
di raggiungere il Puya, cioè la nuova vita, con un
minimo di averi personali. Dopo la cerimonia del grande
sacrificio di bufali e maiali, i parenti indossano abiti
di colore nero e si radunano attorno al feretro intonando
litanie di accompagnamento al viaggio del defunto verso
l’aldilà.
Un'altra fase importante di tutta la cerimonia
è la realizzazione dell’effige mortuaria: il
tau tau.
Il tau tau, una specie di statuetta scolpita
nel legno e vestita con i panni del defunto stesso, è
l’espressione materiale più evidente del culto
Toraja.
Dopo un’accurata realizzazione affidata
ad artisti locali, la “statuetta” aprirà
il corteo funebre e accompagnerà il feretro durante
tutte le fasi della cerimonia. Alla fine di tutti i festeggiamenti
verrà posta sul balcone ai piedi della rupe con le
braccia tese verso i visitatori in atteggiamento di supplica.
Familiari e amici assicureranno offerte e sacrifici nel
tempo; così facendo, un giorno potranno raggiungere
il Puya e comunicare con il defunto.
Ogni tanto i tau tau vengono tolti dalle
loro sedi per il restauro, il legno viene ridipinto e gli
abiti laceri sostituiti, tutto questo in una cerimonia denominata
“tomina”.
Le tombe Toraja, disposte quasi sempre nella
roccia, danno origine a cimiteri molto particolari; le statuette
tau tau multicolore rendono l’ambiente teatrale e
poco sacrale, tanto da far dimenticare il vero significato
del luogo.
Se muoiono “bambini senza denti”,
il luogo di sepoltura viene ricavato nei tronchi degli alberi,
questo perché sono considerati ancora puri e quindi
proprietà della natura.
Da qualche anno, nei mesi estivi, arrivano
turisti da ogni parte del mondo per assistere alle cerimonie
funebri Toraja. Attorno a questo avvenimento è nata
una vera e propria industria turistica; ovunque sono sorti
alberghi e ristoranti, le agenzie turistiche si contendono
i gruppi occidentali e giapponesi offrendo posti in “prima
fila” per assistere ai riti religiosi o consigliando
luoghi segreti dove avvengono strani episodi mistici legati
alla morte.
Come altre etnie del nostro pianeta, anche
i Toraja stanno pagando a caro prezzo l’invasione
del turismo di massa occidentale.
Per ora la raccolta del riso e le cerimonie funebri rimangono
ancora i fatti salienti attorno a cui ruota la vita.
Prossimamente sarà costruita una nuova
strada che collegherà il Tana Toraja a Ujung Pandang;
sarà la nuova via che percorreranno i grandi tour
operator su lussuosi torpedoni e … che i Toraja percorreranno
verso l’occidente.