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VACANZA DA PRINCIPI NEL PARCO DEL POLLINO




testo e foto di Marina Cioccoloni


Con i suoi 56 comuni, 24 in Basilicata e 32 in Calabria, di cui 8 di cultura albanese (Arbëreshë), il Parco Nazionale del Pollino, istituito nel 1993, è il più vasto d’Italia.

Qui la natura è la vera protagonista, con una ricca offerta di diversi itinerari naturalistici. Si possono fare passeggiate impegnative fino ai rifugi e sulle cime di maestose montagne, le più alte del Sud Italia, o verso le pareti rocciose dove si abbarbica il simbolo del parco, il pino loricato. Oppure più tranquille passeggiate tra cavalli allo stato brado, per praterie e vallate che all’inizio della primavera si ricoprono di fiori dei più svariati colori. Eh sì, perché qui di fiori ce ne sono veramente a bizzeffe.

 

Cominciano verso la fine dell’inverno, quando fanno capolino, ancora tra la neve, i primo crochi e i bucaneve, che cedono poi il passo ai narcisi finché la primavera esplode in un tripudio di colori che prosegue ininterrottamente fino ad autunno inoltrato, quando le faggete si trasformano in una tavolozza di colori da far invidia ai pittori per poi dipingersi di bianco con la prima neve.

Sicuramente per gli amanti della natura, della buona tavola e dell’ospitalità, tutte con la maiuscola, il Pollino è un luogo privilegiato. 192.000 ettari dove vivono 172.000 abitanti. Questa bassa densità abitativa ha permesso la conservazione di specie arboree e animali scomparse o quasi estinte in altre zone d’Italia. Qui troviamo il capriolo autoctono di Orsomarso, il lupo appenninico, l’aquila reale, il nibbio, il gufo reale, solo per citarne alcuni.

L’incontro con il cinghiale non è cosa rara, come è successo a noi a pochi chilometri da Viggianello mentre tornavamo da un’escursione e alzando gli occhi si può scorgere l’aquila che si riposa appollaiata su un picco roccioso prima di spiccare nuovamente il volo. Sono state catalogate migliaia di specie di fiori e piante, e il numero continua ad essere aggiornato in continuazione con nuovi inserimenti.

Non mancano le comunità albanesi, Arbëreshë, con le loro antiche tradizioni. Sono 8, eredi di quei gruppi che dall’Albania arrivarono qui tra il XV e il XVI sec. per sfuggire al dominio dell'Impero Ottomano.

Territorio impervio quello di queste montagne, ha mantenute isolate queste comunità per secoli, permettendo così la conservazione della lingua e della religione originale, oltre alle tradizioni, i costumi e la messa, solenne, che si celebra in rito bizantino con la consacrazione del pane e l’uso liturgico delle icone.

L’avvicendarsi nel territorio di popoli e culture provenienti da luoghi diversi ha determinato, fin dal Paleolitico, una stratificazione storica e culturale che ha visto, nell'arco del tempo, la presenza dei Greci e dei Romani e successivamente dei Longobardi, dei Saraceni, dei Bizantini e infine dei Normanni e degli Spagnoli, fino all’Unità d’Italia a alla lunga vicenda dell’emigrazione oltreoceano.

All’interno del Parco uno dei siti preistorici più antichi e più importanti d’Europa è la Grotta-Riparo del Romito, presso Papasidero. All’esterno della grotta sono stati rinvenuti dei reperti risalenti al Paleolitico Superiore che, sulla parete di un masso calcareo, riproducono l'incisione di un bovide, il Bos primigenius.

 

 

Viggianello, con la sue 36 frazioni per un totale di 600 posti letti, è il luogo di sosta ideale per chi vuole vivere a contatto con la natura del Parco del Pollino, assaporare la buona tavola e godere di un’ospitalità a cinque stelle.

Sorgenti di acqua pura, rifugi in alta quota, agriturismi con un’attenzione particolare all’ospite e un castello principesco dove si può dormire tra due guanciali nella stanza che fu dei principi sanseverino-bisignano, ecco la ricetta giusta per ritemprarsi in un ambiente ancora a misura d’uomo dove il ciclo della natura dà in ogni periodo dell’anno il meglio di sé.

Il castello, oggi trasformato in albergo e gestito con cura dalla Signora Anita che accoglie ogni visitatore con quell’attenzione per l’ospite che contraddistingue da sempre il carattere di queste genti, sorge su uno sperone roccioso.

Un tempo punto di controllo per il feudo sottostante, oggi da qui si gode uno splendido panorama sulle frazioni e sulla vallata che in primavera si copre di ginestra fiorita. Non a caso, il paese viene chiamato il paese della ginestra.

Ogni castello che si rispetti ha il suo fantasma e le sue leggende. Quello di Viggianello non sfugge alla regola e la leggenda qui parla di una serpe che cova uova di pietra che non si schiudono mai. La botola all’ingresso dell’imponente salone da pranzo, coperta da una lastra di vetro, porta naturalmente al grande pozzo da cui un tempo si attingeva l’acqua.


Una passeggiata per il paese rivelerà un ambiente contadino ancora intatto, viottoli lindi, palazzotti antichi e chiese sapientemente restaurate. Uno degli antichi palazzi è la casa di Vincenzo Caporale, medico che aveva imparato a curare i pazienti con le erbe officinali del Pollino. Avviato ad una brillante carriera, era tornato invece nella sua terra e non era difficile incontrarlo nei boschi alla ricerca di erbe rare e misteriose che pestava nei mortai per trarne farmaci naturali con i quali curò moltissima gente, fino alla sua morte, avvenuta nel 1967.

La zona ha ospitato importanti comunità di monaci basiliani che tra il IV e il VI secolo provenendo dalla Grecia erano arrivati fin qui risalendo il fiume Sinni, a quel tempo navigabile e distante dal mare 90 chilometri. In località Trapani alcune comunità avevano fondato il Monastero del Sagittario, inventando persino un “lattodotto” per portare a valle il latte delle mucche che pascolavano in alta quota.

Dalla montagna il latte arrivava al monastero, qui veniva lavorato e tramite il fiume portato fino al mare e in altri centri per la vendita.. In frazione Zarafa (toponimo che tradisce l’origine greca) una grotta affrescata rivela un antico rifugio di monaci basiliani come anche in frazione Prantalato (altro toponimo greco) un altro antico monastero basiliano consta di una decina di grotte dove si rifugiano gli eremiti.

A tavola il cibo sarà una vera rivelazione: minestra impastata (minestra con patate, fagiolini e scarola o verza), rappasciola (minestra di legumi e cereali, grano, granturco, zafferano fatta cuocere lentamente dentro un tegame di terracotta, “pignata”, vicino al fuoco del camino), “scorza e fasoli” (cotiche e fagioli), cavateddri al sugo, cacioricotta, zafarane crusche (peperoni locali messi a seccare al sole e poi fritti in olio), raschitelli c’a mollica (peperoni ripieni di mollica, aglio, acciughe e capperi).

Piatti che ci parleranno di un tempo che fu, di un cibo contadino, povero ma genuino che caratterizzava il modo di vivere delle zone del sud Italia e che oggi ci fa riscoprire un’alimentazione sana e veramente a contatto con la natura. E per chiudere, liquori rigorosamente fatti in casa: limoncino, fragolino, liquore di salvia, di castagne, di alloro. Nessun dubbio: i frutti delle terre del parco la fanno da padrone anche qui.

INFORMAZIONI UTILI

Tra le strutture ricettive di Viggianello dove pernottare e gustare anche la cucina locale segnaliamo:
Castello dei Principi Sanseverino – tel- 338/9802309 – 0973/664042
La Locanda di S. Francesco – Tel. 0973/664384
La Locanda degli Elfi – Tel. 0973-576354
Agriturismo Bosco Principe – Tel. 0973-640891

In quota il Rifugio de Gasperi, che oltre al servizio ristorante offre anche possibilità di pernottamento con alcune stanze. In alta stagione è consigliabile prenotare. Tel. 0973-661080

Per escursioni sui monti del Parco affidarsi a Gaetano Lofrano, guida ufficiale del Parco ed esperto della zona. Tel. 0973-859128, cell. 340-6786865

Per gli amanti del Pleinair:
A Viggianello possibilità di sosta camper in Piazza Carella. Fontana e giochi per bambini nei pressi.
In zona altre possibilità di sosta a Colle dell’Impiso e nei pressi del Rifugio De Gasperi (con punto acqua).



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