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ASSAGGIARE LA PRIMAVERA PER LE COLLINE DEL PROSECCO




di Marina Cioccoloni

A nord della provincia di Treviso, in uno scenario ambientale fatto di versanti ripidi e dolci colline dominate da un susseguirsi di vigneti, inframmezzati da antichi borghi, castelli, ville monumentali ed edifici sacri, si situano le colline del Prosecco.

“…I colli subito succedono ai monti e sono, da una parte, boscosi di castagni e dall’altra a vigneti che danno un vino dorato che lascia sulle labbra il sapore del miele”. Così Giovanni Comisso descriveva in una sua opera le colline della marca trevigiana. Quella stessa marca trevigiana dove terminò quella grande guerra che tra i suoi feriti annoverò anche un giovane americano dal nome di Ernest Hemingway.

Una zona ricca di storia quindi, per un itinerario di scoperta che si snoda per circa 40 km ai piedi delle Prealpi trevigiane tra paesaggi e sapori lungo la Strada del Prosecco e Vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene, la più antica arteria enologica italiana. Fu inaugurata infatti il 10 settembre 1966 e guida il visitatore tra borghi, cantine, vigneti e meraviglie culturali e paesaggistiche.

LA STORIA

Fin dall’antichità la città di Treviso, “la bella contrada” del Petrarca, presentata da Dante col famoso verso “Dove Sile e Cagnan s’accompagna” e il suo territorio sono stati rinomati per la viticoltura e l’enologia. Nel Seicento, l’allora vescovo di Poitiers, San Venanzio Fortunato, nato verso il 530 a Valdobbiadene, l’ultimo poeta della latinità e il primo poeta medievale, citava il suo paese natìo come il luogo dove “eternamente fiorisce la vite…”.
La zona era già apprezzata dai romani ma l’inizio dell’epoca di maggior splendore della viticoltura del territorio si può collocare intorno al 1100-1200, con lo sviluppo dei borghi, e raggiunse il suo apice nel 1400-1600 grazie a Venezia, dove i vini delle colline di Conegliano e Valdobbiadene erano rinomati e da dove venivano esportati verso le corti del Nord Europa.
Fu proprio il conte veneziano Balbi Valier uno dei massimi estimatori e diffusori del Prosecco, tanto che nella seconda metà dell’800 dichiarava di ottenere da questo vitigno i suoi migliori vini.
In questa stessa epoca a Conegliano viene fondata la “Società enologica Trevisana”, sviluppata in seguito nella Scuola Enologica e nell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, istituzioni che hanno grandemente contribuito all’attuale sviluppo enologico della zona, che si presenta al pubblico ogni anno in primavera con la rassegna “Primavera del Prosecco”, giunta quest'anno alla sua XIIa edizione.

IL TERRITORIO

A nord di Treviso e a poco più di un’ora da Venezia sono 15 i comuni che comprendono la zona di produzione del Prosecco DOC. E’ una fascia collinare ai piedi delle Prealpi Venete, dove la vite viene coltivata in una altitudine compresa fra i 50 e i 500 metri sul livello del mare. Circa 4.100 ettari tra Conegliano e Valdobbiadene da percorrere con calma, assaporando e gustando territorio e e prodotti tipici.

In queste terre tutto profuma di vino e di sapori buoni, di una cultura enoica secolare che ha disegnato in profondità il paesaggio e l’animo di un’area tra le più incantevoli d’Italia.

La gente di qui ama le proprie radici, ha mantenuto inalterato il gusto delle tradizioni ed il piacere dell’ospitalità e dell’incontro, come quello per il cibo ed i prodotti di qualità, tipici proprio perché intimamente legati alla storia e alla cultura di queste zone.

È un territorio ricco di fascino, di suggestioni ed attrattive storiche ed artistiche, di sorprese e proposte, spesso inaspettate, e quasi custodite perché preziose, nelle vallate o tra le tante borgate e i paesi disseminati qua e là e nei quali è piacevole smarrirsi alla ricerca delle tracce millenarie della presenza dell’uomo e della cultura forte delle genti. Sono terre di castelli antichi, di ville aristocratiche, di remoti monumenti ed edifici sacri.

Conegliano, Vittorio Veneto, Valdobbiadene, Pieve di Soligo rappresentano ciascuna un piccolo scrigno di tesori naturali, artistici e architettonici da scoprire, sapendo cogliere i ritmi intimi di un territorio che sa ancora pulsare a misura d’uomo e di natura. E intanto, attorno, le viti, con pazienza secolare, aspettano l’incontro col sole ed assistono all’alternarsi solenne delle stagioni, dei colori, dei sapori.

I VINI

SUA MAESTA’ IL PROSECCO DOC
Vitigno autoctono, coltivato sui colli della marca trevigiana fin dall’inizio dell’800, il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene oggi è conosciuto nel mondo come lo spumante italiano. Sembra che la sua origine si perda nella notte dei tempi, e risalga al “Pucinum”, un antico vino apprezzato già in epoca romana.

E’ grazie alla caratteristica del territorio se si è diffuso soltanto qui: le colline, esposte a sud, il clima con abbondanti piogge estive, la composizione del terreno, le miti temperature hanno creato le condizioni ideali per un vino leggero di aroma intenso.

Viene prodotto con metodo italiano, che prevede una rifermentazione in recipienti a tenuta di pressione che permette di preservare la nota fruttata e floreale. La versatilità, la fruttata leggerezza, la “giovinezza” soddisfano i palati più diversi.

Prodotto in tre tipologie (spumante, frizzante, tranquillo), può essere degustato a tutto pasto, ma è particolarmente apprezzato con gli antipasti di pesce ed i risotti e, nella versione con “le bollicine”, come aperitivo e in tutti i momenti della festa.

IL PROSECCO DOC VALDOBBIADENE SUPERIORE DI CARTIZZE
Sempre in comune di Valdobbiadene, ma in località Cartizze, una piccola enclave di soli 104 ettari di vigna, da un piccolo cru chiamato appunto "Cartizze", grazie alla mirabile combinazione geo-climatica di un particolare terreno esposto a pieno sud che consente quindi una prolungata maturale delle uve con una concentrazione particolare di aromi si ottiene uno Spumante di eccelsa e rinomata qualità: il Cartizze, vero gioiello dell'enologia italiana.

Caratterizzato da un gusto amabile e denso sin dal colore, si possono apprezzarne l’intensità, i profumi invitanti ed ampi, il sapore rotondo. Il Cartizze si accompagna in modo eccellente ai dessert e alla piccola pasticceria, ma anche a piatti salati con una componente piccante.

IL VERDISO IGT
Il Verdiso è un vitigno secolare autoctono dell'alta Marca Trevigiana. Secco, vivace, con ricordo di mela acerba e con retrogusto leggermente amarognolo.
E' di media alcolicità, godibile con antipasti magri, pesce, risotti primaverili alle erbe. Nel 1991 a Combai è nata l' associazione " Amici del Verdiso - E' Verdiso" che comprende sia produttori che consumatori con lo scopo di valorizzarlo.

COLLI DI CONEGLIANO DOC BIANCO E ROSSO
È la riscoperta dei vini più antichi di queste colline. Il Bianco e il Rosso nascono dal sapiente uvaggio delle uve più prestigiose dei colli di Conegliano. Il bianco è un vino che è immesso sul mercato dopo un adeguato affinamento in cantina, vellutato e con gradevole profumo aromatico, si accompagna ad antipasti, primi piatti, carni bianche e pesce.

Il Colli di Conegliano Rosso è il primo vino rosso DOC delle colline trevigiane della Sinistra Piave, dotato di struttura e di ben definito carattere, le sue componenti lo rendono adatto all'invecchiamento. La limitata produzione e le caratteristiche qualitative intrinseche ne fanno due veri vini d'elite.

COLLI DI CONEGLIANO REFRONTOLO PASSITO DOC
Prodotto, in quantità limitate, con uve Marzemino di Refrontolo è il vino cantato da Mozart. La Doc ne riconosce qualità e tipicità. Le uve, selezionate nella vendemmia, vengono poste su graticci e poi spremute ricavando un passito rosso rubino amabile, ricco di profumi con nota di mora di rovo e di marasca. Ottimo con i dolci e da dessert.

COLLI DI CONEGLIANO TORCHIATO DI FREGONA DOC
Vino raro, da meditazione. Deve il suo nome alla particolarissima procedura di produzione: i grappoli, selezionati da vigneti di Prosecco, Verdiso, Boschera e di altre uve non aromatiche, vengono lasciati appassire sino a primavera.
Le uve sono pigiate sofficemente in torchi manuali con una resa che non supera il 25%. Il mosto ottenuto è posto a maturare in piccole botti di legno sino all'inizio del nuovo anno, quando i vignaioli lo travasano in bottiglia. Il Torchiato è dolce, di gradevole equilibrio alcolico, con riflessi dorati e profumo intenso. Il sapore è pieno e caldo.

 

CONOSCERE IL TERRITORIO: UN ITINERARIO DI SCOPERTA DA CONEGLIANO A VALDOBBIADENE

Romani, Longobardi, Franchi, Veneziani, chiunque abbia soggiornato in queste terre se n’è innamorato. Quali sostantivi usare? Sentimento, idillio, dolcezza? E’ quasi troppo poco, troppo banale. Tale è l’incanto di questi luoghi che sembrano dipinti dalla mano di un pittore naïf.

Gli angoli sono smussati, tutto è a misura, levigato, ogni dettaglio risalta sulla tela. Una casa colonica, un vigneto inerpicato su un ripido pendio, una chiesetta, i resti di una fortificazione, un prato fiorito. L’insieme di questo paesaggio viticolo e agro –silvo–pastorale risveglia emozioni sopite. E’ da Conegliano che parte il viaggio per la Strada del Vino più antica d’Italia. Il percorso prevede alcune modifiche rispetto all’antico trattato originario. Il punto di partenza è l’Istituto Enologico, fondato nel 1876 da Antonio Carpenè e da qualche anno anche facoltà di Agraria che ospita il Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia.

Una volta visitata la Cantina dell’Istituto e imboccata la strada che lo costeggia, salite verso il piccolo centro rurale di Collabrigo: noterete che, a poche centinaia di metri dal centro di Conegliano, il paesaggio si presenta immediatamente in tutta la sua bellezza. La visuale si apre sui colli circostanti che hanno un andamento lento e dolce; coperti da vigneti, sono punteggiati da alberi sparsi, mentre negli impluvi si intravedono piccole macchie boschive. In lontananza i campanili delle numerose chiese diventano un punto di riferimento del visitatore. Continuando verso nord la strada si ricongiunge al trattato originario in località Guizza.

Proseguendo a sinistra entrerete nella regione del Feletto. Ecco Rua di San Pietro di Feletto e subito dopo San Pietro. Una rapida visita meritano le antiche borgate rurali di Antiga, Borgo Pol, Borgo Agnese e Borgo Colle. Un consiglio: il sagrato dell’antica Pieve di San Pietro è un punto di sosta ideale per godere, nelle giornate limpide, del magnifico panorama.

Il successivo tratto di strada che porta a Refrontolo è un continuum di scorci panoramici, mentre la Pieve, che ormai rimane alle spalle, si inserisce in mezzo a estesi vigneti color verde smeraldo disposti a tagliapoggio. Refrontolo che è rinomata per essere stata scelta, grazie al suo clima salubre, come luogo di villeggiatura dei nobili della Serenissima, è inoltre la patria del passito D.o.c. celebrato da Mozart nel suo Don Giovanni. Una volta superato Refrontolo, seguendo la strada che scende, scorgerete l’indicazione Molinetto della Croda: questa è senza dubbio una delle tappe più suggestive del viaggio.

Alla Pieve di Soligo la nuova chiesa aricpretale sorge sul luogo dell’antica chiesa del 1300. Qui passava la via romana Claudia Augusta che congiungeva la valle del Soligo con il Bellunese.

Non lontano sorge il Castello di Collalto, e senza dilungarsi nella storia della casata dei Collalto, forse qualche “istruzione per l’uso” su come ci si comporta quando si incappa in un fantasma è bene darla…
Fra le molte personalità importanti ed eccentriche, come si conviene ad una nobile famiglia, spiccano Rambaldo VIII, uomo di grande influenza politica nella prima metà del XIV secolo al quale si devono gli statuti che per molti secoli regolarono le contee della famiglia, e Rambaldo XIII, sedicesimo conte di Collalto. A lui, comandante dei lanzichenicchi, si imputano i saccheggi di Mantova del 1629, che ben ci descrive Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.

Il personaggio che detta maggiore interesse è quello di Bianca, detta di Collalto benchè fosse solo una dama di corte, sulla cui triste storia è stata ricamata una leggenda. Si racconta che nel XII secolo Tolberto di Collalto prese in moglie la lunatica Aica da Camino che resasi conto dell’affetto che legava il marito alla sua damigella, non perdeva occasione per riservarle crudeli trattamenti. Un giorno il nobiluomo, alla vigilia di un viaggio, mentre salutava la moglie che si faceva pettinare i capelli da Bianca, incrociò lo sguardo di quest’ultima nello specchio e c Aica capì in un istante il sentimento che univa i due innamorati. Partito il marito, rinchiuse Bianca in una torre e la poveretta morì di stenti. Pare che il fantasma della sventurata si sia spesso presentato ai Collalto e si aggiri ancora per il castello.

Ma riprendiamo il nostro percorso. La strada corre lungo la costa d’oro, quello splendido susseguirsi di colline inghirlandate di filari di vite, che disegnano ricami sui pendii soleggiati. Ecco Solighetto, luogo d’elezione della cantante lirica trevigiana Toti dal Monte, a cui è dedicato un museo. Entrando a destra si trova Villa Brandolini d’Adda, sede del Consorzio di Tutela del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Poi, quasi senza soluzione di continuità arriva Soligo chiamata un tempo Soligon, adagiata ai piedi del Colle di San Gallo e del Col de Fer. Assolutamente da non perdere il Romitaggio di San Gallo, le cui prime testimonianze risalgono al 1354.

Proseguendo poi per Farra si potrà notare che la cittadina si sviluppa ai piedi delle colline poste a occidente del fiume Soligo. Poco lontano ecco le Torri di Credazzo, il cui nome viene da creda e cioè creta o argilla. Queste vestigia sono tutto ciò che rimane della struttura fortificata dei da Camino. La fortificazione, documentata dal 1233, passò ai Collalto, per poi essere distrutta nel 1413 al passaggio degli Ungari.

L’origine del nome Farra di Soligo, come del resto molti della zona, è longobarda. Le fare erano i gruppi parentali che vantavano una comune discendenza, costituendo l’organizzazione sociale del popolo. La storia ci racconta che nel 569 il condottiero Alboino, dopo la faticosa traversata delle Alpi, prima di scendere in pianura scelse uno di questi luoghi ameni per trascorrere un periodo di riposo. Costruita la fara continuò la sua marcia verso Treviso.

Gli insediamenti longobardi si susseguirono per due secoli, fino all’arrivo dei Franchi. Per anni, i longobardi difesero strenuamente il territorio, poi si convertirono al cristianesimo. Con l’aiuto dei monaci cistercensi e benedettini dei piccoli monasteri della zona, appresero come si coltivava la terra e da guerrieri si trasformarono in agricoltori.

Una volta giunti a Col San Martino conviene abbandonare il tracciato stradale per raggiungere a piedi l’Oratorio di San Vigilio, caratteristico per la sua torre dal grande orologio bianco, in rustico stile romanico e con affreschi. La deviazione è ben segnata e, malgrado la salita sia abbastanza ripida, vale la pena di affrontarla: il premio, una volta in alto, è assicurato. Il panorama che si gode abbraccia tutta la vallata del Piave, lasciando lo sguardo libero di spaziare oltre le contrade. Da Col San Martino a Colbertaldo il paesaggio è particolarmente bello: gli insediamenti urbani scompaiono e le colline si presentano di nuovo con i filari della vite posti a gradoni. Piccole casere, usate un tempo per mettere al riparo fieno e attrezzi, si intravedono nel verde.

Passato Colbertaldo, la strada prosegue verso nord e, dopo pochi chilometri, introduce all’area del Cartizze. C’è chi dice che questo vino sia degno di esser servito alla mensa degli dei e in effetti è difficile smentire questo detto. Per il turista enologico questa è una tappa davvero pregnante.

106 ettari di vigneto che sulla carta geografica hanno la forma di un piccolo cerchio irregolare. Racchiuse e protette fra le colline di Santo Stefano, San Pietro di Barbozza e Saccol, nel comune di Valdobbiadene, crescono delle piante che sono una vera miniera d’oro. Questo è quello che, rubando il nome ai francesi, si chiama cru, cioè un vigneto di tipo aristocratico. La conformazione geografica fa di quest’area un habitat particolarmente adatto alla viticoltura. Il terreno è roccioso in profondità e friabile in superfice. E’ formato in prevalenza da calcari, argille e arenarie, che mantengono l’umidità necessaria perché la pianta possa attingere regolarmente e costantemente il nutrimento, anche nei periodi più assolati e di siccità. Inoltre questa zona gode di uno speciale dolce microclima; l’uva che matura lentamente sviluppa un corredo acido più ricco e completo.
Qui il valore del terreno è di circa 500.000 Euro all’ettaro e quello del prezzo delle uve di circa 2,5 Euro al Kg.

Si noterà che la coltivazione della vite occupa declivi più scoscesi e arriva a lambire la carreggiata. I tutori dei vigneti sono in legno e le viti, vecchie di cent’anni, hanno un aspetto greve ma sono forti e tenaci. La morfologia di questi colli è del tutto particolare: ripidi ma completamente vitati nelle zone soleggiate, sono invece coperti di boschi nei versanti a nord. La vendemmia qui è più tardiva, così da dare la possibilità agli acini di appassire naturalmente sulla pianta. Questo permette di ottenere un Prosecco con una ancor più elevata concentrazione di profumi.

Questa parte di tragitto è veramente godibile, sia per quello che riguarda il paesaggio, sia per la particolarità dei comuni e delle contrade che attraversa. Rientrati sul tracciato principale si incontrano Guia e Guietta con le belle case in pietra. I loro nomi derivano dal gotico wid, che vuol dire “ampio, vasto” Poi arriva Santo Stefano con l’antico borgo di Follo, che prende il nome dalla follatura dei tessuti di lana in uso fin dal XV secolo; San Pietro di Barbozza con le sue caratteristiche borgate “a corte chiusa”, tipico esempio di architettura spontanea. E poco oltre all’interno ancora Saccol, il centro più rinomato per la produzione del Cartizze.

E' a San Pietro di Barbozza che nel 1946 è nata la Confraternita del Prosecco. Ne fanno parte non solo produttori ma anche studiosi, personalità e proprietari di locali. E’ presieduta da un Gran Maestro e si riunisce in una suggestiva cantina sotterranea di San Pietro di Barbozza. Qui si fanno le investiture dei nuovi confratelli, discussioni enologiche, degustazioni e così via. Ogni anno viene scelta una bottiglia, fra tutte quelle prodotte dai confratelli, titolari di aziende enologiche. 5000 esemplari di questa specie arrivano sul mercato. Lo scopo dell’operazione è di continuare a promuovere le caratteristiche del Prosecco di Valdobbiadene, cercando di proporre un prodotto ideale, sempre migliore.

Si arriva infine a Valdobbiadene dove merita una visita la Villa dei Cedri, edificio in stile liberty sede dell’Associazione Altamarca, che ospita ogni anno a fine settembre la Mostra Nazionale degli Spumanti. Nella cittadina, posta sul pianoro alle pendici del monte Barbaria e Cesen, si presuppone passasse la via romana Augusta-Altinate. Da visitare la chiesa settecentesca, con le opere di Palma il Giovane, F. Becaruzzi e Paris Bordon, e quella quattrocentesca di San Gregorio, con la pala di D. Brusasorzi.

Il viaggio ormai volge al termine. Dopo avere attraversato le aree di maggior interesse, aver visitato le numerose cantine, le aziende vitivinicole, assaggiando le varie qualità di Prosecco, la strada del ritorno con un giro di boa riporta verso Conegliano. Lungo tutto il percorso vi troverete immersi in un ambiente rurale del tutto integro. La valle si snoda sinuosa fra due pendii, in un disegno perfetto tra prati, vigneti, casere…

IL PERSONAGGIO FAMOSO: VENANZIO FORTUNATO

Nato verso il 530 in una imprecisata località della regione del Piave, identificata poi come Valdobbiadene, Venanzio Fortunato viene considerato l’ultimo poeta della latinità e contemporaneamente il primo poeta medievale.
Malgrado fosse molto vicino agli ambienti vescovili di Aquilea, non volle intraprendere la carriera monastica e fece i suoi studi a Ravenna. Per sciogliere il voto fatto a San Martino che lo aveva guarito miracolosamente da una grave malattia agli occhi, decise di recarsi in pellegrinaggio a Tours. Ma la vocazione religiosa era in qualche modo segnata.

Con l’incontro di Redegonda, moglie di Clotario I re dei Franchi, a Poitiers e soprattutto con la figlia Agnese, badessa del convento di Sainte Croix, la sua vita cambiò radicalmente. Entrò a far parte del clero e venne poi nominato vescovo di Poitiers. Il suo ruolo fu importante quasi esclusivamente come cantori di inni dedicati ai Santi (Vita Sancti Martini, Ave Maris Stella…), mentre alcune composizioni profane trattano di gastronomia ovvero del piacere della buona tavola che ancor oggi caratterizza la cultura trevigiana.

LA PRIMAVERA DEL PROSECCO

La manifestazione, che si tiene ogni anno, offre ospitalità, visite ai luoghi artistici della zona: abbazia di Follina e di Vidor, i castelli di Cison, Susegana, Conegliano, Vittorio Veneto tanto per citarne alcuni; passeggiate guidate lungo l’Anello del Prosecco Doc, degustazioni in cantina, offerta di prodotti tipici e appuntamenti dell’enogastronomia con serate, laboratori del gusto e la conoscenza delle svariate eccellenze del comparto produttivo ed alimentare del territorio.

I mesi di Aprile e Maggio rappresentano il momento più intenso della “Primavera Prosecco Doc” in concomitanza con l’atteso arrivo della stagione primaverile, le vacanze pasquali, i “ponti” del 25 Aprile e del 1 Maggio. Appuntamenti da non mancare perché possono regalare atmosfere rilassanti e dove lo sguardo possa essere attratto dalla grande suggestione delle colline dell’Altamarca trevigiane e del Cansiglio.

Le peculiari qualità del Prosecco Doc gli permette di distinguersi nettamente dai tanti generici prosecco presenti sul mercato, proprio perché l'alta collina trevigiana – ovvero l’Altamarca, patria del vitigno Prosecco - è unica per clima, per terreni, per passione, per storia, per cultura e per tradizioni. Primavere tiepidi ed estate fresche fanno dell’Altamarca un territorio vocato, ma anche turistico per vivere bene e all’italiana con la tipicità dei prodotti alimentari. Un Altamarca che quest’anno è stata insignita del premio Borsa Verde d’Europa 2007.

Tutta l’aria dell’Altamarca trevigiana vede, da anni, l’impegno di 3500 viticoltori, 490 vinificatori e 135 impianti di spumantizzazione e che, con le oltre 400 aziende locali, piccole e grandi, hanno dato un impulso sempre maggiore alla conoscenza nel mondo del Prosecco e di tutti gli altri vini doc che con le produzioni dei Colli Asolani e Montello si arriva a circa 60 milioni di bottiglie doc, di cui oltre 20 milioni esportate.

Per ulteriori informazioni consultare il sito http://www.primaveraproseccodoc.it oppure Ufficio Turistico di Valdobbiadene tel.+390423.976975


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