Viaggiare - Diari di Viaggio


NORDKAPP 2006: ALLA RICERCA DI MOSES

Viaggio in Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia

con la partecipazione di Alessandra, Barbara, Diana, Federica, Paolo, Roberto e Blonde

Testo e foto di Roberto Lumaca

Le Tappe

Roma: 0 km

Roma, Arezzo, Firenze, Bologna, Modena, Verona, Trento, Vipiteno: 715 km

Vipiteno, Innsbruck, Reutte, Kempten, Rothenburg ob der Tauber: 392 km

Rothenburg o.d. Tauber, Wurzburg, Hasselberg, Kassel, Hannover, Brunautal, Hamburg, Lubeck, Puttgarden: 695 km

Puttgraden, Rodbyhavn, Kobenhavn, Malmoe, Helsingborg, Jonkoping: 485 km

Jonkoping, Odeshog, Linkoping, Norrkoping, Stockholm: 309 km

Stockholm: 0 km

Stockholm, Uppsala, Gavle, Soderhamn: 246 km

Soderhamn, Sundsvall, Harnosand, Umea, Lovanger, Kallviken: 482 km

Kallviken, Skelleftea, Pitea, Lulea, Tore, Kalix, Haparanda, Rovaniemi: 422 km

Rovaniemi, Sodankyla, Peurasuvanto: 184 km

Peurasuvanto, Vuotso, Ivalo, Inari, Utsjoki, Tana Bru, Ifjord, Mehamn, Gamvik, Slettnes: 540 km

Slettnes, Mehamn, Bekkafjord, Lakselv, Honningsvag, Nordkapp: 438 km

Nordkapp, Honningsvag, Olderfjord, Skaidi, Alta: 237 km

Alta, Kafjord: 76 km

Kafjord, Alteidet, Sorstrumen, Storslett, Olderdalen, Skibotn, Oteren, Andselv, Finnsnes, Gryllefjord: 436 km

Gryllefjord, Andenes, Sortland, Stokmarknes, Melbu, Fiskebol, Delp: 172 km

Delp, Svolvaer, Henningsvaer, Ramberg, Reine, A, Eggum: 266 km

Eggum, Svolvaer, Skutvik, Fauske, Loding, Saltstraumen: 296 km

Saltstraumen, Fauske, Polarcirkeln, Rossvoll, Mo i Rana, Umbukta, Tarnaby: 383 km

Tarnaby, Storuman, Vilhelmina, Dorotea, Stromsund, Hammerdal, Haggenas: 398 km

Haggenas, Ostersund, Asarna, Sveg, Mora, Borlange, Ludvika, Koppaberg: 527 km

Koppaberg, Orebro, Askersund, Motala, Granna, Jonkoping, Ljungby, Halmstad: 465 km

Halmstad, Helsingborg, Malmoe, Kobenhavn: 256 km

Kobenhavn, Rodbyhavn, Puttgarden, Lubeck, Hamburg, Celle: 428 km

Celle, Hannover, Hildesheim, Gottingen, Hann Munden, Kassel, Fulda, Bad Bruckenau, Wurzburg, Dettelbach: 415 km

Dettelbach, Nurnberg, Ingolstadt, Kustein, Innsbruck, Brennero, Vipiteno: 498 km

Vipiteno, Trento, Verona, Modena, Bologna, Firenze, Arezzo, Roma: 715 km

Riflessioni sullo svolgimento del viaggio.

PREFAZIONE

“Tra vent’anni chissà se sarai sempre mia compagna d’avventura, se avremo fortuna, intelligenza per viaggiare insieme ancora”, dice il motto del nostro sito web. Ebbene sì, eccoci qua, ancora una volta sulle strade percorse vent’anni fa a viaggiare insieme verso l’avventura.

Le operazioni di preparazione entrano nel vivo già a fine dicembre 2005 quando raccogliamo le informazioni, più aggiornate possibili, per portare con noi, come sempre, Blonde. Le norme che regolano l’importazione temporanea di animali domestici in Svezia e Norvegia sono identiche, per cui basta farle una sola volta. L’operazione burocraticamente più complessa è l’esame del sangue per la titolazione degli anticorpi della rabbia. L’esame va fatto almeno 120 giorni dopo la vaccinazione. Il prelievo viene effettuato dal veterinario ed inviato ad uno dei laboratori autorizzati a rilasciare la certificazione dell’esito dell’esame. Le risposte si hanno in tre settimane. La confusione è totale. Il nostro veterinario dice che è troppo presto. L’Ufficio veterinario della ASL, unico autorizzato a riportare tutto sul passaporto dell’animale, già tatuato e microcippato, non sa dirci se il prelievo lo deve fare un veterinario ufficiale. Scriviamo una email all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Lazio e la Toscana e, ai primi di gennaio, abbiamo le risposte che attendevamo: quanto pagare, come pagare, chi può fare il prelievo e i tempi di risposta. Ora noi abbiamo le idee chiare, ma il veterinario continua a dire che è troppo presto.

Passano tutti i mesi invernali e dell’esame del sangue ce ne dimentichiamo. Alla metà di aprile, in occasione di una di quelle Porte Aperte che organizzano i concessionari di camper, facciamo la follia, tante volte rimandata. Acquistiamo un Roller Team Autoroller 2, per giunta nuovo. Appena effettuato l’acquisto cominciano a tremarci le gambe ma, contemporaneamente risale vertiginosamente la voglia di partire, come se ci fossimo drogati per una gara. Ci assicurano che la consegna avverrà per la fine del mese o i primi di maggio, considerando le feste che il calendario prevede. Alla fine riusciamo ad entrarne in possesso solo il 12 maggio. Ci ricordiamo anche di Blonde e solo il 6 giugno, giusto in tempo, prima che scadesse la vaccinazione antirabbica effettuata nel 2005, effettuiamo il prelievo di sangue. Dopo due settimane di ansia, otteniamo l’agognata risposta. E’ tutto in regola, per cui passiamo alla ASL per registrare tutto sul passaporto e poter ripetere l’antirabbica. I primi di luglio effettuiamo il tagliando di garanzia al camper, poi cominciamo con i preparativi veri e propri della partenza.

Sabato 29 Luglio 2006
La partenza, inizialmente prevista per la mattinata, viene rimandata alle 17.00 per consentirci di terminare il carico del vestiario e vettovagliamento impossibile da concludere nel solo pomeriggio del giorno precedente. All’ora fatidica arriva la sorpresa.

Il camper di Paolo, già carico di acqua, carburante e quant’altro, decide per un altro senso e non intende partire. Ovviamente, per la legge di Murphy, queste cose capitano sempre di sabato pomeriggio, quando è tutto chiuso. Con l’intervento di parenti e amici si riesce a capire che la pompa del gasolio, per un qualche incomprensibile motivo, aspira aria e non funziona. Decidiamo di rimandare la partenza a lunedì 31 dopo un intervento in officina, in fin dei conti meglio che l’inconveniente sia capitato sotto casa che a Nordkapp. La sera, comunque, ci ritroviamo tutti assieme, in pizzeria, con spesa defalcata dalle future cene off shore del viaggio.

Domenica 30 Luglio 2006
Passiamo la giornata facendo ulteriori aggiornamenti all’interno del mobilio del camper e cercando ancora la sistemazione ottimale del bagaglio.

Lunedi 31 Luglio 2006
Di primo mattino Paolo si reca in officina con il camper, fatto partire con un espediente, per la verifica del guasto. Alla fine si trattava della ghiera del filtro del gasolio che, forzata o difettosa, faceva aspirare aria alla pompa. Partiamo, nonostante sia l’ora di pranzo, alle 13.00 e ci fermiamo tre quarti d’ora più tardi all’area di servizio di Roma Nord per riunire i due equipaggi e mangiare. Passata la paura siamo tutti euforici. Sul GRA incontriamo un traffico nella norma e appena più intenso sulla bretella di collegamento con il casello di Roma Nord. Fa un caldo terribile e, mentre mangiamo, ci sogniamo le fresche serate norvegesi che ci aspettano.

Ripartenza alle 15.25 per una lunga tirata regolare, e quasi monotona, che porta a fermarci all’area Lucignano Est poco dopo le 17.00 per un gelato, un giretto nell’aria condizionata del bar e via di nuovo. Ancora un’ora di viaggio poi infiliamo, senza troppi rallentamenti, la zona critica di Firenze ed affrontiamo il tratto appenninico. Tutto fila liscio, a cominciare dai mezzi di cui sfruttiamo le brillanti prestazioni per superare decine di tir. Superiamo anche il critico nodo di Bologna ed arriviamo all’area Secchia Est, dove ci fermiamo per la cena, con 32 gradi di temperatura nonostante l’ora tarda. Fatto rifornimento, ci rimettiamo in marcia alle 21.30 per raggiungere Modena ed inserirci sulla A22 verso il Brennero. Fino a Verona incontriamo un certo traffico, oltre quasi solo tir e camper, sia in autostrada che nelle aree di sosta, pertanto il viaggio fila liscio e regolare nel buio della notte. Alle 24.00 siamo a Bolzano, così finisce la prima giornata di viaggio, ancora svegli ed in moto.

Martedi 1 Agosto 2006
Alla 1.00 arriviamo, esausti, all’Autocamp di Vipiteno dove entriamo seguendo le istruzioni esposte sulla porta della cassa, a quest’ora, ovviamente, incustodita. Nottata tranquilla e fresca, quasi allietata da una pioggerellina delicata. L’Autocamp è pieno di mezzi, il cielo è coperto e grigio come non vedevamo da mesi. La cucina del camper è spaziosa e funzionale, al contrario del bagno, troppo angusto, anche se dotato di vano doccia separato. Dopo la sveglia, avvenuta alle 7.30, mentre le basse nuvole sfumano lentamente tra le cime degli alberi del bosco circostante, scoprendo pian, piano, il magico paesaggio tirolese formato di alpeggi, pascoli e campanili, ricomincia a piovere. A seguito di un breve giro esplorativo del complesso servizi dell’Autocamp, degustiamo la nostra prima colazione dal sapore mitteleuropeo. Paghiamo e partiamo alle 10.30 per fermarci, poco dopo, appena prima del confine del Brennero, allo scopo di acquistare la vignette per percorrere le autostrade austriache. Tentativo fallito, i bollini vengono venduti solo in Austria, per cui ci spostiamo di poche centinaia di metri entrando in Austria alle 11.00.

Ripreso il viaggio, versando l’obolo per l’Europabrucke, scendiamo rapidamente verso Innsbruck, dove prendiamo la direzione per Bregenz della A12. Giunti a Pettnau, prima di lasciare l’autostrada, facciamo il pieno di carburante. Il cielo è sempre coperto me tendente al variabile, la temperatura è fresca e persiste un poco di vento. Usciti a Telfs, presto incontriamo le segnalazione per il Fernpass e iniziamo fiduciosi la salita. Il paesaggio è incantevole, oltre le caratteristiche baite tirolesi e i lindi abitati austriaci, si aggiungono le espressioni della natura locale, fatta di boschi folti che si alternano a radure, dove pascolano tranquille le mucche, il tutto frequentemente interrotto da torrenti e piccole cascate. Nassereith non si attraversa più. Ormai è stato costruito un veloce e comodo sottopasso stradale che evita al traffico di transito di passare per l’abitato. Lungo le rampe vediamo nuovamente le indicazioni che ricordano come, da queste parti, i romani avevano tracciato la via Claudia Augusta, per collegare l’Adriatico con la città di Augsburg. Già nel 2001 passammo di qua e ci fermammo per il pranzo in un’area di disimpegno immersa nel bosco. Purtroppo questa volta l’occasione ci sfugge, a causa del fatto che è già occupata da un grosso automezzo, proseguiamo così spediti verso il valico. Cerchiamo inutilmente un posto sufficientemente ampio, ed accogliente, per poterci fermare per il pranzo, nell’amenità di questi luoghi dominati e protetti dalla maestosità dello Zugspitze. Troviamo pace solo alle 13.20 a pochi chilometri da Reutte e dall’incontro con il Lech. Il tempo permane incerto e il posto dove ci siamo fermati non concede molto alla scenografia.

Riprendiamo la marcia alle 15.20 entrando rapidamente in Germania e dirigendo verso Kempten, per imboccare la A7, che seguiremo ininterrottamente fino ad Amburgo. Godiamo di panorami e particolari da fiaba, casette che sembrano uscite da una favola, ornate di fiori, contornano il percorso ondulato della strada. Giunti in prossimità di Kempten, saliamo sull’autostrada e tutto diventa piatto e monotono, anche in virtù del fatto che il traffico è assolutamente scarso. Intorno alle 17.45, subito dopo aver incrociato la A6, usciamo per recarci all’Autohof Wornitz per un breve ristoro e un poco di relax. Conveniamo di non effettuare un’altra lunga tirata, dopo quella estenuante di ieri, e di cogliere l’occasione di pernottare nell’area attrezzata di Rothenburg, ormai distante pochi chilometri. Ripartiti alle 18.15, raggiungiamo Rothenburg in meno di mezz’ora e ci sistemiamo nell’oramai noto parcheggio P2 in Nordlinger Strasse. Paghiamo il ticket ed andiamo a fare un rapido excursus in questo gioiello architettonico della Romantische Strasse.

Lo Spitalbastei, Bastione dell’Ospedale, posto proprio di fronte al parcheggio, funge, per noi, da porta di ingresso alla città, che troviamo quasi deserta, con soli pochi turisti in circolazione. Percorriamo tutto il lungo vialone che conduce verso la piazza del municipio, Marktplatz, fermandoci, di tanto in tanto, a vedere le numerose vetrine che espongono le caratteristiche ‘ballen’, in varie composizioni e dimensioni, e all’imperdibile Plonlein, forse l’angolo più scenografico e fotografato della città. Giunti sulla piazza, il tempo peggiora e comincia a piovigginare. Rifugiati, come tutti, sotto i portici, pensiamo di visitare il caratteristico negozio di Kate Wohlfart, ma ha già chiuso sin dalle 18.00. Alle 20.00 l’orologio del municipio ci regala comunque il suo gradevole carillon e, subito dopo, si presenta uno strano personaggio (http://www.nightwatchman.de/) in costume, con lampada, alabarda e corno, che raccontando la storia della città, seguito dallo stuolo di turisti incuriositi e divertiti, conduce come un Cicerone alla visita degli angoli più significativi del centro storico. Rientriamo ai camper alle 21.00, intirizziti dal freddo, si preannuncia una notte di brividi.

Mercoledi 2 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, stanotte ha piovuto a più riprese, comunque la nottata è passata tranquilla e fresca. Stamane il tempo è variabile e il sole, complice un insistente vento freddo, a volte riesce a fendere la coltre di nubi scoprendo un cielo azzurro e terso. Giornata pesante quella che ci attende oggi, vorremmo arrivare in serata a Puttgarden. Partiamo alle 10.20 dal parcheggio del supermercato Lidl, dove ci siamo spostati per rifornire la cambusa di generi freschi. Ripresa l’autostrada, seguiamo la direzione Wurzburg e il nord, mentre il tempo continua a cambiare di umore. Le nuvole, spinte dal vento, giocano a nascondino con il sole, costringendoci frequentemente a mettere e smettere gli occhiali da sole alla guida.

Alle 13.00 arriviamo all’area di servizio Hasselberg, poco prima di superare Kassel, e ci fermiamo per il rifornimento e il pranzo incastrati tra i tir. Ripariamo alla bene e meglio il boiler, la cui uscita di acqua calda perde. L’operazione coinvolge tutto l’equipaggio ed assume anche contorni comici. Sazi, e un poco più rilassati, ripartiamo che sono le 14.15 per un nuovo, lungo e monotono pomeriggio di trasferimento. Viaggiamo quasi tre ore, lambendo il parco nazionale dell’Harz, e superando Hannover, su un fondo stradale composto di continui lastroni di cemento che fanno fare ai mezzi il rumore di un treno sui binari. Dopo Hannover abbiamo avvistato tre cerbiatti, in due occasioni, nelle radure che si aprono nei boschi, limitrofi all’autostrada, ormai composti sia di pini che di betulle. Poco dopo le 17.00, decidiamo che è tempo di sgranchire un poco le gambe e rifocillarci. Ci fermiamo all’area di servizio Brunautal, posta alle porte del Luneburger Heide, una delle regioni più belle della Germania. Piove ancora e il tempo è molto variabile, nonostante ciò c’è chi prende il gelato, chi si avventura in un improponibile caffè e chi sceglie un più tranquillo the caldo.

Si riparte alle 18.00 per nuovi avvistamenti di cerbiatti prima e dopo Hamburg. Intorno alla grande metropoli sono in corso ciclopici lavori di adeguamento della rete autostradale, che ci creano uno stato di apprensione, a causa della segnaletica un poco confusa e il caos creato dal traffico locale. Lasciata la A7, saliamo sulla A1 e superiamo i due bracci dell’Elba per poi arrivare tranquillamente alle porte di Lubeck intorno alle 19.00. Arriviamo all’imbarco di Puttgarden che sono le 20.15. Dopo un breve consulto, decidiamo di recarci al parcheggio Mole in considerazione del fatto che tra attesa, imbarco e navigazione, arriveremmo in Danimarca troppo tardi e con l’impellenza di trovare rapidamente un posto ove pernottare. Alle 21.30, quando siamo a cena, dopo aver fatto un giro sul molo per vedere la Danimarca e curiosare su cosa tirano su i pescatori, è ancora giorno pieno. Durante la passeggiata serale, dietro i camper, dal vicino campo di granturco, vengono a trovarci i coniglietti.

Giovedi 3 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, a causa del calore in mansarda generato dal sole, che oggi splende come assoluto padrone di un cielo limpido e sereno. Diversi equipaggi si muovono presto per i primi imbarchi della mattinata. Noi, con comodo, paghiamo il parking e partiamo alle 9.10. Al casello di accesso al piazzale di imbarco, facciamo il biglietto cumulativo, comprensivo della traversata fino a Rodbyhavn e del pedaggio del ponte sull’Oresund. Ci imbarcano sulla partenza delle 9.45 e dopo meno di un’ora siamo già con le ruote a girare in Danimarca. Dopo pochi chilometri di veloce autostrada ci imbattiamo in nuovi cantieri di lavoro che ci rallentano un pochino. Appena ripresa la giusta velocità, facciamo una breve sosta tecnica nell’area di servizio dell’isola di Faro, nel bel mezzo dello Storstrommen. Riprendiamo presto la direzione nord senza alcun rallentamento rilevante. Il piatto e pittoresco paesaggio danese, con i suoi mille e accesi colori, concilia il viaggio e l’autostrada non affatica gli autisti. Grazie alle puntuali e insistenti indicazioni di Tommy, il navigatore di Paolo, riusciamo facilmente, e senza errori, a districarci tra i numerosi svincoli autostradali alla periferia di Kobenhavn.

Alle 12.40 prima scendiamo sotto e poi saliamo sopra l’Oresund per raggiungere la Svezia in poco meno di 20 chilometri. Usciti dal casello, consegnando il tagliando avuto a Puttgarden, ci rechiamo al posto di dogana per dichiarare l’importazione di Blonde e mostrare la documentazione sanitaria. Entriamo nell’edificio e lo troviamo deserto, aspettiamo qualche minuto finché allo sportello si presenta un impiegato al quale spieghiamo, un poco in inglese e un poco a gesti, che intendiamo portare con noi in Svezia la nostra cagnolina, nel frattempo sdraiatasi sotto il bancone, che ha il passaporto, il microchip, il tatuaggio ed ha fatto la titolazione degli anticorpi contro la rabbia. Il tipo, tra lo stupito e l’annoiato, ci chiede il passaporto, lo sfoglia un poco, controlla la data di titolazione e vaccino antirabbico, lo richiude e ce lo riconsegna facendo capire che è tutto a posto e possiamo andare. Ripartiamo abbastanza confortati dall’aver superato lo scoglio amministrativo che più ci metteva in ansia. Facciamo giusto un mezzo chilometro e, considerata l’ora, valutiamo sia opportuno fermarci per il pranzo. L’area Skanegarden si presta piacevolmente all’occasione. Ci sono posti adatti ai camper, sullo sfondo, un blocco servizi igienici, c’è l’ufficio informazioni e souvenir e un piccolo ristorante che fornisce l’opportunità di fare un pasto veloce. Poiché siamo a corto di valuta locale, anche se accettano euro e carte di credito, decidiamo di pranzare nei mezzi.

Dall’ufficio informazioni recuperiamo la brochure con l’elenco dei campeggi svedesi che, esaminata con attenzione interessata da Diana e Federica, ci fornisce un paio di soluzioni praticabili a Granna e, soprattutto, Jonkoping dove troveremmo un internet point. A fianco dell’area passano i veloci treni che collegano Malmoe con l’aereoporto di Kobenhavn, sono così agili che non se ne sente neanche il sibilo. L’Oresundbrucke è un’opera di avanzata tecnologia che, a parere nostro, rispetta l’ambiente più di quanto non facessero le decine di traghetti che svolgevano il suo compito prima della costruzione. Finito di mangiare e bighellonare, sotto un cielo sempre sereno e un sole sempre più caldo, ci rimettiamo in marcia alle 15.00. Presa la E06, qui in comune con la E20, aggiriamo Malmoe e dirigiamo verso Helsingborg. Il tratto di autostrada lungo l’Oresund è contornato da un paesaggio, piacevole e variopinto, in tutto simile a quello danese con l’aggiunta di qualche ondulazione nella morfologia, che consente di allargare un poco l’orizzonte di osservazione. Il traffico è sensibile ma ordinato.

Raggiunta Helsingborg prendiamo la E04 per Stockholm. Il primo tratto ha un fondo piuttosto usurato e fastidioso, poi l’autostrada corre, veloce e ben tenuta, nel più classico ambiente svedese, immensi campi coltivati interrotti da fitte boscaglie che celano, al loro interno, abitazioni e fattorie. Lo spazio sconfinato comincia a prendere il sopravvento sull’affollamento e l’antropizzazione del territorio. Salendo verso nord, a tratti, l’autostrada si restringe, alternativamente nei due sensi, ad una sola corsia per poi riprendere la sua naturale dimensione. Attraversiamo zone ricche di laghi e foreste, sempre piacevolmente attratti dai paesaggi. Alle 18.15, dopo che ci è sfuggita l’uscita per andare a vedere il colle Taberg, arriviamo al camping Villa Bjorkhagen di Jonkoping nel sobborgo di Elmia. Tutto disteso lungo la riva orientale del lunghissimo lago Vattern all’uscita dell’abitato verso Stockholm. Alla reception non accettano la Camping Card International, per cui siamo costretti ad acquistare la Camping Card Scandinavia. Ci assegnano due piazzole praticamente doppie, essendo qui consuetudine campeggiare con la roulotte e macchina al seguito, con allaccio elettrico e rifornimento di acqua personale e a poca distanza dai servizi. Ceniamo al ristorante del campeggio con salmone affumicato alla piastra, patate lesse e varie salse. Dopo cena, mentre Diana e Federica, utilizzando l’internet point, aggiornano il loro blog del viaggio e chattano un poco con le amiche lasciate in Italia, Roberto e Paolo fanno una lunga e faticosa passeggiata sotto la pioggia, per raggiungere il più vicino bancomat e prelevare contante in valuta locale.

Venerdi 4 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, in mansarda fa di nuovo caldo, nonostante il cielo sia imbronciato e prometta chiaramente pioggia. Fuori il lago è scuro e nugoli di zanzare ne proteggono le rive. Prima di partire effettuiamo le operazioni di camper service e, lasciato il campeggio alle 9.40, lungo lo svincolo per risalire sull’autostrada effettuiamo ancora una breve sosta per il rifornimento di carburante. Lasciamo Jonkoping seguendo la costa orientale del lago Vattern fino ad Odeshog poi, diretti verso Linkoping prima e Norrkoping poi, avvistiamo tre volte dei cerbiatti intenti a saltellare nei campi al limitare dei boschi. Il paesaggio è veramente ameno, boschi e laghi che si alternano a vaste coltivazioni. Il tempo migliora rapidamente e presto il sole comincia a dardeggiare la strada e i mezzi e noi dobbiamo adeguarci nell’abbigliamento. Per le 13.10, puntualmente guidati dal navigatore Tom Tom di Paolo, arriviamo abbastanza facilmente all’area attrezzata dell’isola di Langholmen. A prima vista, e non solo, non è il massimo, anzi fa decisamente una pessima impressione. Capiente e ben ordinata, è infelicemente posizionata sotto un cavalcavia dell’autostrada, che non mancherà di far sentire i suoi effetti durante la notte, i servizi, peraltro puliti e ampi, e la reception sono ricavati in dei container che fanno sì che l’insieme somigli ad un cantiere edile. Troviamo due posti limitrofi, in modo tale che possiamo aprire le verande e pranzare comodamente fuori e al fresco.

Subito dopo mangiato, dirigiamo verso il centro effettuando una piacevole passeggiata lungo il grande viale Soder Malastrand, che fiancheggia il canale su cui sorge l’isola di Langholmen. Lungo il molo sono attraccati numerosi battelli, utilizzati per le più disparate attività, tra essi uno attrae la nostra attenzione, essendo completamente imbandito con i colori della nostra bandiera, infatti si tratta di un ristorante italiano. Presto raggiungiamo Gamla Stan, un’altra isola, non per nulla Stoccolma è definita la Venezia del Nord. Al fine di raggiungere rapidamente la Stortorget, ci infiliamo in una delle tante viuzze che compongono questo, che è il nucleo più antico della città. Troviamo tanta animazione, negozi di souvenir, cartoline, gelaterie, prontamente utilizzate, e, fortunatamente, anche l’Hard Rock Cafè, dove Federica può felicemente alleggerire il portafoglio dei genitori acquistando la maglietta targata Stockholm.

Raggiunta Stortorget, nel cuore e sulla cima di Gamla Stan, possiamo ammirare, e fotografare, alcuni edifici veramente caratteristici dell’architettura locale, nonché storici, come la vecchia borsa che oggi ospita il Museo Nobel. Raggiungiamo poi il vicino Palazzo Reale, le cui guardie sopportano, con scandinava pazienza, l’assalto dei turisti vogliosi di immortalarsi accanto a loro. Fatto quasi il periplo del palazzo, scendiamo sul molo che fiancheggia il canale Norrstrom. Cominciamo ad essere un poco stanchi per cui cerchiamo, senza fretta, di ritornare ad una stazione della metropolitana per rientrare ai mezzi. Per raggiungere il nostro scopo percorriamo tutto il bordo dell’isola fino ad arrivare alla stazione di Gamla Stan dove, salendo sulla metro 13, possiamo raggiungere la fermata di Hornstull, che è la più vicina al parcheggio dove sono i camper. Tutta la visita si è svolta sotto un cielo sereno e un sole cocente, la cui temperatura è stata appena mitigata da un vento fresco e non fastidioso. Stoccolma si è presentata nella sua veste migliore, con i colori dei suoi edifici accentuati dal rossore del sole calante avviato verso un lungo e romantico crepuscolo. Rientriamo ai mezzi alle 20.40, avendo avuto l’opportunità di fare anche un poco di spesa al supermercato presente all’uscita della metro, che però non ha accettato le carte di credito. Ceniamo ancora una volta sotto le verande, senza bisogno di luci o lanterne grazie al chiarore gentilmente fornito dal grande nord.

Sabato 5 Agosto 2006
Sembra ancora annunciarsi una bella giornata quando, alle 7.30, il caldo della mansarda diventa sufficiente a svegliarci. E pensare che eravamo venuti fin quassù convinti di trovare il fresco. I temuti effetti notturni del cavalcavia autostradale no si sono fatti sentire, per cui abbiamo trascorso una notte assolutamente tranquilla. Nel bosco che sorge sulle pendici dell’isola, alle spalle dell’area attrezzata, gli scoiattoli saltano da una quercia ad una betulla, mentre molte persone fanno jogging. Dalla cima della collina, facilmente raggiungibile dal parcheggio camper, si gode una bellissima vista sia sulla città vecchia che su tutti gli ormeggi e le variopinte abitazioni che si affacciano sul Riddarfjarden. Prima di lasciare il parcheggio, alla reception, acquistiamo le nostre brave Stockholm Card, che si riveleranno molto pratiche ed utili per muoverci e visitare la città, tranne nel caso si abbia un cane in quanto in nessun museo e battello sono ammessi.

Torniamo a prendere la metro a Hornstull e scendiamo a Slussen. Poco distante troviamo un imbarco per Skansen(http://www.skansen.se), ma la compagnia che lo gestisce non fa parte del consorzio della Stockholm Card, per cui siamo costretti a percorrere tutto il molo, fino ad arrivare all’imbarco giusto. Arriviamo a quello che è definito il più vecchio museo all’aperto del mondo in più di un’ora. La sorpresa principale è che per i cani non è consentito l’accesso, di conseguenza Roberto aspetta fuori passeggiando lungo i vialoni ombreggiati di Djurgarden fronteggiati, sull’altra sponda del Saltsjon, dagli ormeggi di immensi transatlantici. Skansen, oltre che museo, è anche un parco zoologico in cui trovare e vedere la fauna, per lo più artica, come orsi, foche, renne e alci. Finita la breve visita, più che altro un assaggio in quanto necessiterebbe di una giornata intera per poter essere goduto a pieno, pranziamo in un chiosco fast food appena di fronte all’entrata.

Ripreso il battello, ci spostiamo al Vasa Museum (http://www.vasamuseet.se) dove ci imbattiamo nell’ennesimo divieto di accesso ai cani. Mentre nel frequentato prato antistante l’imponente costruzione, Blonde si batte in velocità con gabbiani e papere noi, a turno, entriamo a visitare questo vascello, originale del 1600, affondato all’imbocco del porto di Stoccolma, a causa di una potente folata di vento, che avendolo fatto inclinare troppo su un fianco, provocò l’imbarco di una grande quantità di acqua dai portelloni dei cannoni e il conseguente rapido inabissamento. Visto da vicino è veramente impressionante per forma e dimensioni, proprio quelle che ne furono le principali cause dell’instabilità in navigazione. Il percorso di visita si articola su più piani, il cui raggiungimento è agevolato anche dall’uso di ascensori, e consente di vedere la nave in tutte le sue parti da quella immersa fino al ponte di coperta. Di fianco sono riprodotti gli ambienti, nelle dimensioni originali, in modo tale che il visitatore abbia la percezione concreta di quelli che potevano essere gli spazi disponibili a bordo su una nave da guerra dell’epoca.

Prendiamo nuovamente il battello per tornare in centro, dove abbiamo la ventura di incrociare la coreografica sfilata del Gay Pride. Percorrendo controcorrente Hamngatan, arriviamo fin quasi a Sergels Torg, cuore pulsante della giovane Stoccolma. Acquistiamo, in uno dei negozi della galleria, il lettore di schede di memoria per risolvere il problema di scarico delle foto sul computer di Federica. Tornati al molo decidiamo di fare il giro Royal Canal Tour, che percorre tutto il canale di Djurgarden e un breve tratto della costa baltica della città. Purtroppo anche qui i cani non sono ammessi, per cui Roberto aspetta al sole sul molo dietro il Palazzo Reale. Alla fine siamo tutti esausti, per cui prendiamo nuovamente la metro e torniamo ai camper. Giunti al parcheggio abbiamo la sorpresa che sulla collina alle nostre spalle si tiene una fragorosa festa rap. Organizziamo la solita succulenta e corposa cena tutti raccolti attorno ai tavoli posti tra i camper.

Domenica 6 Agosto 2006
Il concerto rap è soprendentemente terminato alle 22.00, ben prima che noi, da bravi italiani, terminassimo di cenare, per cui abbiamo trascorso una notte assolutamente tranquilla e silenziosa. Ci svegliamo alle 8.00, accolti da un cielo ancora sereno, che preannuncia un’altra calda giornata. Ancora con la metro, ma senza Stockholm Card, scendiamo a Gamla Stan per dirigere stavolta sull’isoletta di Riddarholmen, che troviamo quasi deserta, dal cui molo ci immortaliamo tutti assieme con sullo sfondo la skyline dello Stadshuset e la sua torre. Passeggiando attraversiamo la Birger Jarls Torg, piazza su cui affaccia Riddarholmskirkan, maestosa chiesa del 1200, originariamente nata come monastero e oggi sede delle tombe dei reali svedesi. Prima di arrivare al municipio, ci fermiamo presso un chiosco, in posizione strategica, con magnifica vista sul lago, per una colazione a cui tentiamo, inutilmente, di dare un sapore italico.

Arrivati allo Stadshuset, il municipio ci accoglie e ci affascina con i suoi mattoncini dal colore rosso acceso e i giardini proiettati sul canale. Pur essendo uno degli edifici più giovani del centro cittadino, costruito solo all’inizio del secolo scorso con l’utilizzo di otto milioni di mattoncini rossi, si integra perfettamente nell’architettura della vecchia città. Rinunciamo alla visita guidata degli interni, che comunque merita, per goderci appieno la giornata assolata e prendere un poco di tintarella con i piedi immersi nella laguna. Per uno che ha freddo a bagnarsi nel mare di Torvajanica è un bel record. Ben rosolati e soddisfatti, ci avviamo verso il centro, dove troviamo il solito McDonald che ci consente di pranzare rapidamente. La temperatura sfiora i trenta gradi e il clima sembra più essere mediterraneo che nordico. Tornati a Gamla Stan riprendiamo la metro per Hornstull da dove raggiungiamo il parcheggio dei camper. Ci rassettiamo un poco, con comode docce calde, facciamo le operazioni di camper service e lasciamo il parking alle 16.15, riuscendo rapidamente a riprendere l’autostrada in direzione nord. Passando sul cavalcavia, che sovrasta l’area camper, scopriamo che sulla riva opposta di Langholmen gli abitanti di Stoccolma prendono il sole e fanno il bagno nella laguna.

Prima di lasciare la città, sul raccordo per l’aeroporto di Arlanda, facciamo rifornimento di carburante, mangiamo un gelato e ci involiamo entusiasti verso il grande nord. Passiamo presto Uppsala, la cui inconfondibile skyline, dominata dalle guglie della cattedrale gotica, si staglia contro un cielo assolutamente sereno, quindi cominciamo ad incontrare, nella direzione opposta, un considerevole traffico di rientro. I limiti di velocità ci consentono di ammirare angoli di vita rurale svedese per noi assolutamente idilliaci. Seguendo il tracciato dell’autostrada, aggiriamo Gavle, evitandone l’attraversamento, e tagliando la foresta immensa di pini e betulle. Poco prima di Soderhamn, in prossimità del villaggio di Tonnebro, ci sfugge un idilliaco posto di pernottamento sulla riva del lago, in perfetto stile canadese, acque placide, scogli rossi levigati e arrotondati, conifere fin sulla riva, il tutto in colori nitidi e ben accesi.

Arriviamo a Soderhamn che sono le 20.00 e all’ufficio turistico, praticamente all’uscita dell’autostrada, preleviamo la pianta della città, tramite la quale individuiamo una serie di parcheggi lungo il porto canale candidati ad ospitarci per la notte. Con tale documentazione, sottopassata la ferrovia e percorsa la Bradgardsgatan, arriviamo sulla piazza del municipio. Prendiamo la Norra Hamngatan fino ad arrivare nell’unico parcheggio non ad orario, oltre la piazza Kopmantorget, tra gli ultimi condomini e il canale. Il luogo è circondato da prati e con vista sull’Oskarsborg Tower. Quest’ultimo è il bianco castelletto, simbolo della città, posto sulla sommità di una collina dalla quale si gode di una visione d’insieme del centro abitato e dei dintorni. Le guide dicono si tratti di uno dei più panoramici punti di vista della Svezia settentrionale. Ormai il nuovo tracciato della E04 non attraversa più questi caratteristici abitati, così, solo occasionalmente li si utilizza per soste strategiche e gradevoli. Esistono ancora posti come questo dove, alle nove di sera, una ragazza può uscire sola da casa per fare jogging nel parco, o lungo il canale, senza rischiare un’aggressione o la vecchietta possa recarsi a fumare tranquilla la sua sigaretta sotto la grande quercia, mentre il cagnolino gironzola allegro intorno alla panchina. Dopo cena facciamo una rilassante passeggiata lungo la Kopmangatan, nel centro deserto, fino ad arrivare ai giardini dello Strykjarnsparken, dove troviamo una altissima concentrazione di fiori, composti in forme gradevoli, che emanano inebrianti profumi.

Lunedi 7 Agosto 2006
Un cielo completamente sereno e un sole, già splendente da un pezzo, ci accolgono al risveglio delle 7.30, dopo una notte assolutamente tranquilla e silenziosa. Alle 9.00 ci spostiamo nel parcheggio del supermercato Lidl, dove facciamo rifornimento dei generi alimentari freschi. Leviamo definitivamente le ancore alle 10.00 riprendendo la E04 in direzione nord. Viaggiamo con regolarità, sempre godendoci l’ambiente naturale e l’architettura rurale della regione che attraversiamo, fino a Sundsvall. Superato questo importante porto e centro commerciale, che affonda le sue origini fin ai tempi dei vichinghi, incontriamo diversi cantieri di lavoro che rallentano un poco la nostra andatura.

Alle 12.30 ci fermiamo nei posti riservati alle roulotte del parcheggio Traffen, di fronte a Mc Donald, di Harnosand, definita il gioiello della east coast svedese. Ci sistemiamo comodamente sotto un paio dei maestose betulle, che ci procurano l’ombra sufficiente a refrigerare i mezzi, considerata la sorprendente calura dovuta ad un sole splendente e gradevole, che si rispecchia sull’acqua del fiordo, appena increspata dal vento. Nel parcheggio della sede principale dell’ufficio turistico abbiamo notato la presenza delle prese di corrente necessarie, durante i mesi invernali, per evitare il congelamento dei radiatori delle auto in sosta. Dopo pranzato, mentre le ragazze si stendono sulla riva del fiordo a prendere la tintarella, noi adulti attraversiamo il ponte e ci rechiamo in centro, per acquistare il pane, e così troviamo una cittadina ordinata, tranquilla e completamente ornata di fiori. Sulla grande piazza centrale, Stora Torget, si affaccia il maestoso municipio dall’architettura barocca. Ripartiamo alle 15.00 risalendo sull’autostrada diretti sempre più a nord. Poco dopo superiamo l’articolata foce dell’Angermanalven, forse il più grande fiume svedese, utilizzando l’Hoga Kusten Bro, un ponte sospeso, tra i più lunghi al mondo. Viaggiamo ancora regolari e tranquilli, sempre accompagnati dalla foresta di conifere, da laghi e corsi d’acqua. Ad una trentina di chilometri da Umea, sfruttiamo un’area di riposo per consumare, sui tavoli da pic nic, una succulenta merenda a base di biscotti, cioccolata e the. Ci fermiamo mezz’ora e ripartiamo alle 18.20 per viaggiare ancora un’oretta.

Giunti a Lovanger, a seguito delle insistenze di Alessandra, lasciamo l’autostrada, passiamo davanti alle kirkstaden e percorriamo una decina di chilometri nella foresta diretti verso la costa, fino ad arrivare a Kallviken. Raggiunta la fine della strada carrabile, troviamo un piccolo slargo sterrato che si affaccia su un piccolo molo, ove ci fermiamo con il permesso dei frontalieri. La situazione è veramente gradevole e scenografica, anche in virtù delle sfumature rossastre dei colori dovute al sole calante. Sulla riva opposta, coperta da una lussureggiante vegetazione, affacciano diverse abitazioni, ciascuna con il proprio piccolo molo. In questo posto, quasi fuori dal mondo, facciamo il nostro primo incontro con le zanzare. Non ci sono scontri accesi, i nugoli risaltano tra i fiori nei controluce offerti dal sole avviato alla sua lenta discesa verso il tramonto tra le cime degli abeti. Dopo cena, raccolti ad uno dei tavoli pic nic di qui è dotato il parcheggio, facciamo le 23.00 parlando con Margareth, un’insegnante locale, che ci racconta del suo desiderio di visitare l’Italia e Roma il prossimo anno. Le zanzare hanno modo così di fare il loro pasto quotidiano. Dopo essere stati raggiunti da un camper tedesco che, chissà come, è arrivato fin qui, con un cielo ancora chiaro e limpido, ce ne andiamo a dormire.

Martedi 8 Agosto 2006
La prima notte bianca del nostro viaggio se ne è andata in assoluta tranquillità. Siamo riusciti ad evitare che le zanzare invadessero il camper, così abbiamo dormito assolutamente rilassati. Margareth ci diceva che quest’anno non piove da ben due mesi e che, la stagione secca, ha fatto sì che ci fossero molte meno zanzare del solito. I colori del piccolo fiordo, accessi dal chiaro sole del mattino, creano un soggetto da cartolina. Barbara e Alessandra si avventurano lungo la costa, allontanandosi un poco dal molo scoprono una piccola spiaggia, sulla quale affacciano diverse casette in puro stile svedese. Passeggiano un poco nell’acqua, fredda ma limpida e pulita, seguite come un’ombra da Blonde. Le piccole case rosse hanno tutte l’accesso alla spiaggia, con un angolo, ornato di fiori, arredato con sedie e tavolino e l’immancabile attracco per l’imbarcazione. Tra gli alberi del bosco, più nell’interno, si scorgono altre abitazioni che rendono il quadro veramente delizioso.

Si parte alle 9.30 per riprendere la E04 e dirigere ancora verso nord. Superiamo, quasi senza accorgercene, Skelleftea viaggiando con assoluta regolarità. Allo svincolo di Javre Sud, notiamo un’ampia e ordinata area di servizio, dotata di tutti i comfort, suggestivamente posizionata al limitare della foresta, ottimo posto per la notte. Ormai siamo entrati nella Lapponia svedese ed il fatto è confermato dal primo avvistamento di renne fatto da Roberto che ne nota alcune, intente a ruminare, mimetizzate tra gli arbusti al limite della strada alle porte di Tore. Per le 13.30 siamo ad Haparanda, moderna ed efficiente città di confine con la Finlandia posta al culmine del golfo di Botnia. Prima di passare dall’altra parte, vista l’ora, ci rechiamo presso un locale fast food, il Frasses, per consumare un veloce pasto a base dei soliti hamburger, qui conditi con il dressing. Il tempo si mantiene sereno, ventilato e fresco. Incidentalmente veniamo a sapere che Haparanda, al pari della gemella Tornio in territorio finlandese, giace lungo la Barents Road (http://www.barentsroad.org), strada che origina a Bodo e attraverso Arjeplog, Arvidsjaur, Kalix, Haparanda e Rovaniemi arriva fino a Murmansk.

Restiamo fermi poco più di un’ora poi, utilizzando uno dei numerosi ponti stesi sul fiume Tornea, alle 14.50 varchiamo il confine, perdendo immediatamente un’ora a causa del fuso orario, e dirigendo verso Kemi. Il paesaggio non è che cambi di molto, la vegetazione, pur restando della medesima qualità, si è visibilmente ridotta di dimensioni. Giunti sulle sponde del Kemijoki, prima della città, lasciamo l’autostrada per dirigere a nord in direzione di Rovaniemi. Ora la strada si è ridotta alle dimensioni di una statale, ma il traffico è sempre lo stesso, scarso per i nostri regimi, ma con costante presenza di tir. Accompagnati da un tempo splendido, costeggiando il fiume, aiutati dal navigatore di Paolo, per le 17.00 arriviamo all’Ounaskoski Camping di Rovaniemi, che si stende lungo il fiume, appena dopo la confluenza con l’Ounajoki. Ci assegnano due piazzole limitrofe proprio sulla riva, ma poi ce le devono cambiare, in quanto abusivamente occupate dalla roulotte di un ‘onesto’ olandese. Ci sistemiamo negli ultimi due posti, al confine con il parco, con vista sull’antico ponte, l’Ounaskoski Bridge, e sul campanile della cattedrale. Alessandra e Barbara decidono per un paio di lavatrici, in modo da riallineare il guardaroba. Diana e Federica, incuranti del fatto di essere a soli sei chilometri dal circolo polare artico, inforcano i costumi, aggirano la recinzione e si recano alla spiaggia a fare mezz’ora di bagno nel fiume: che foche! Alle 18.00 (+1) il sole è ancora alto nel cielo e, se non ci fosse il vento, la temperatura sarebbe veramente insopportabile. Alle 22.45 (+1), dopo aver piacevolmente cenato alla tenue e romantica luce di questo nostro primo crepuscolo artico, ritiriamo i panni lavati che si sono sorprendentemente già asciugati.

Mercoledi 9 Agosto 2006
Sveglia alle 8.30 (+1), il fiume sembra uno specchio, nel quale si riflettono i palazzi della riva opposta, mentre il cielo è assolutamente sereno e vi risplende un sole già caldo. Prima di lasciare il campeggio eseguiamo le operazioni di camper service, così leviamo le ancore che sono già le 10.30 (+1) con una temperatura mediterranea. Viaggiamo meno di mezz’ora, per lo più necessaria ad uscire dalla città, che già siamo fermi nel parcheggio del Santa Klaus Village. Rientriamo ai camper alle 15.00 (+1) con 24 gradi di temperatura, appena mitigata dalla presenza di una debole brezza. Abbiamo fatto il solito giro presso l’Ufficio Postale, con rilascio del diploma di passaggio del Circolo Polare, e la visita a Babbo Natale, con annessa foto con le ragazze. Abbiamo pranzato con una salade di renna affumicata e formaggio lappone, niente male. Tutto il giro è stato condito con il rituale saccheggio dei vari negozi di souvenir, ricordini e cartoline. L’ambiente ci trascina e, nonostante le nostre vetuste età, siamo tutti un poco emozionati. Nel mezzo del parcheggio del villaggio, sono allestite delle piccole casette dove scendono gli scoiattoli a mangiare le ghiande e le nocciole che i custodi provvedono a lasciare. Per i bambini, e non solo, un ulteriore delizia.

Partiamo alle 15.40 (+1), dopo esserci fatti un buon caffè all’italiana, e riprendiamo decisi la via della foresta diretti verso nord. Non passa neanche mezz’ora di viaggio che un cucciolo di alce prova ad attraversare la strada ma, vista l’imponenza dei nostri mezzi, si ritrae prontamente scomparendo nel bosco. Ad una quarantina di chilometri da Sodankyla, avvistiamo un branco di renne. L’imprevedibilità di questi eventi, ci tiene svegli e attenti più del caffè. Arriviamo a Sodankyla alle 17.20 e ci rechiamo al supermercato Lidl più a nord del mondo. Non è che per questo facciano particolari sconti, anzi non accettano neanche le carte di credito, però possiamo sempre dire che noi ci siamo stati. Vuoi mettere, è una meta importante. Notiamo una rilevante presenza di cittadini russi, pensiamo che la vicinanza del confine consenta a queste persone di avere qualche opportunità in più di lavorare con stipendi più alti che in madre patria. Ripartiamo alle 18.10 (+1) e, appena usciti dall’abitato, iniziano una serie di incontri ravvicinati con le renne che spesso troviamo ai bordi ed anche nel mezzo della strada. Sono veramente numerose, non ne ricordavamo così tante nei nostri precedenti viaggi.

Sulla destra la strada è fiancheggiata dal fiume Kitinen che, poco dopo l’abitato di Petkula, forma un lago su cui si protendono alcune penisole dove lasciamo un altro rimpianto. Vediamo infatti un camper parcheggiato su una di queste in una posizione wilderness da fare veramente invidia. Non riuscendo ad individuare il percorso per raggiungerlo, decidiamo a malincuore, di proseguire. Poco prima di Peurasuvanto, scavalchiamo il fiume e, percorsi ancora alcuni chilometri, siamo a circa cento da Ivalo, arriviamo sulle sponde dell’impronunciabile lago Pottipahdan Tekjarvi. Qui troviamo un’ampia area, sterrata e priva di vegetazione, già popolata da una decina di camper, che si protende sullo specchio d’acqua prodotto da uno sbarramento artificiale del fiume. Il sole, già rosseggiante, che cala dietro gli abeti della foresta proietta le loro lunghe ombre sulla superficie scintillante del lago, e fa in modo che la situazione ci attragga irresistibilmente. Abbiamo percorso solo 60 chilometri da Sodankyla ma non resistiamo al richiamo, entriamo ed abbiamo qualche difficoltà a trovare posto. La vastità dello spazio a disposizione è tale, che gli equipaggi sono a decine di metri l’uno dall’altro e noi siamo in forte imbarazzo nel trovare il posto migliore per fermarci.

Visto che è ancora abbondantemente giorno, imitando anche altri colleghi presenti, Paolo cerca di pescare qualcosa, ma con scarsi risultati. Noi allestiamo la solita lunga tavolata per poter cenare tutti assieme al tiepido calore del sole. Purtroppo i nostri propositi svaniscono rapidamente allorché, all’approssimarsi del sole all’orizzonte, la riva viene invasa da orde di moscerini, talmente piccoli e voraci, da farci desistere e rifugiare nei camper. Complice un cielo ancora benevolmente sereno, non manchiamo comunque di goderci un tramonto di quelli che si ricordano.

Giovedi 10 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, sereno come ci aveva lasciato ieri sera, così il cielo ci accoglie stamattina. L’escursione termica tra il giorno pieno e la notte, per quanto bianca sia, è veramente notevole, circa dieci gradi ma già a quest’ora in cabina ce ne sono ben 22. La sorpresa è la presenza di un vento, non forte, ma piuttosto freddino proveniente da nord. Anche sulle sponde di questo placido lago persiste la lotta tra pini e betulle per il dominio del territorio. Partiamo alle 9.30 e, percorsi meno di quaranta chilometri, attraversiamo l’abitato di Vuotso dove è allestito un vasto mercato di prodotti lapponi. Non solo i soliti souvenir, ma anche alimenti, abbigliamento e artigianato, insomma il classico mercato settimanale. La particolarità, per noi, è costituita dal fatto che, tra la gente, incontriamo anche un folto branco di renne, le quali ci sbarrano la strada creando un piccolo ingorgo di vetture. Lasciato Vuotso proseguiamo verso nord, incrociando niente altro che camper e renne, presto entriamo nel territorio dell’Urho Kekkonen National Park. Raggiungiamo il noto centro turistico di Saariselka, dotato ampi parcheggi utili anche per pernottare, ed in cui è possibile svolgere diverse attività tra cui la ricerca dell’oro presente nei corsi d’acqua del parco.

Alle 10.50 (+1) siamo ad Ivalo, che ha l’aspetto di una moderna e tranquilla cittadina con ampi viali, aiuole e verdi parchi, dove facciamo sosta approfittando per acquistare qualche souvenir e fare la spesa. Sulla rotonda principale, una indicazione ci informa che da qui a Murmansk ci sono meno di trecento chilometri. Ripartiamo alle 12.00 (+1) raggiungendo presto le sponde del lago Inari. Sfugge alla nostra vista l’indicazione per la Sovintovaara Harmony Hill, dove ci fermammo dieci anni fa ad ammirare il panorama delle mille isole che punteggiano il lago. In una regione pianeggiante come quella che stiamo attraversando, questa collinetta si erge solitaria tra la vegetazione fornendo un ottimo punto di vista su gran parte del lago e le sue innumerevoli isole. In mezz’ora raggiungiamo Inari dove troviamo liberi i due posti riservati alle roulotte del parcheggio sul lago. Pranziamo così, con la vista allietata da un ottimo panorama, mentre gli idrovolanti atterrano di fronte a noi, dopo aver portato i turisti a vedere l’immensità di questo specchio d’acqua e la miriade di isole che lo punteggiano. Il tempo permane sorprendentemente stabile e caldo, tanto che in camper abbiamo 25 gradi mentre all’esterno ce ne sono ben 22, e dire che ormai siamo ben oltre il circolo polare. Siamo in piena Lapponia, tutto qui è Sami, la gente, le architetture e quant’altro. Ad Inari addirittura si parla un dialetto differente dalla lingua madre. Qui asseriscono che sono rimaste intatte le tradizioni e i comportamenti del popolo Sami. Tutta la regione è di un carattere affascinante unico. Prima di partire andiamo a prendere un improponibile caffè al ristoro presente sulla piazza, tipo saloon da vecchio west, al cui esterno troneggia un’insegna composta da un’enorme padella da cercatore d’oro del Klondike.

Partiamo alle 14.30 (+1), sempre in direzione nord, raggiungendo presto Kaamanen, che superiamo senza sosta, per poi lasciare che la N92, suggerita per raggiungere Nordkapp, si diriga verso ovest, mentre noi proseguiamo imperterriti sulla E04 diretti verso Utsjoki. Percorriamo così un tratto di strada assolutamente indimenticabile. Il nastro d’asfalto, che taglia la foresta sempre più bassa e rada, consente molteplici incontri con renne, isolate e in branchi, dotate di palchi di corna da sfilata di moda. Per lunghi tratti restiamo praticamente soli con la natura, immersi in un deserto verde che alterna boscaglia a tundra, tra specchi d’acqua immobile in cui si riflettono alberi e cielo, un angolo dimenticato di paradiso. La strada non è affatto impegnativa, dal fondo ottimo e con poche curve, solo l’attrazione dei panorami rallenta il ritmo e ci consente di coprire centoventi chilometri in un’ora e mezza e raggiungere così Utsjoki alle 16.00 (+1). E’ questo il comune più settentrionale della Finlandia, con una densità popolativa di un terzo di uomo a chilometro quadrato. Prima di passare il confine facciamo rifornimento al distributore di carburante che, dotato di una sola pompa, è anche supermarket, peraltro molto ben fornito, ufficio postale e quant’altro del villaggio. Sono presenti in diverse parti dell’abitato, anche davanti la sede locale del parlamento Sami, ampi parcheggi utilizzabili per un eventuale pernottamento. Considerato che passando il confine guadagneremo immediatamente un’ora, riteniamo che per noi sia troppo presto fermarci e quindi decidiamo di ripartire.

Passiamo in Norvegia superando il ponte sul fiume Teno, o Tana in norvegese, e prendiamo la E06 verso Tana Bru. Il fondo stradale cambia sensibilmente in peggio, questo, oltre la sede molto ridotta, rallenta la nostra andatura e ci consente di ammirare una renna con un palco di corna tanto bello quanto spropositato. Neanche ci siamo ripresi dalla meraviglia, che un rossa volpe ci attraversa velocemente la strada costringendoci ad una frenata da brivido. Fino a Tana Bru fiancheggiamo il fiume, nel quale fluiscono numerose canoe e vediamo decine di persone intente a pescare. Arriviamo a Tana alle 17.30 e approfittiamo di uno dei tanti e comodi parcheggi per sostare ed effettuare un necessario prelievo al bancomat. Qui il fiume assume proporzioni grandiose prestandosi particolarmente all’utilizzo della canoa ed alla pesca. Il villaggio si presenta ordinato, spazioso e pulito, dotato di ogni servizio, dalle pompe di carburante, ai supermercati, alle banche. La N98, che imbocchiamo in direzione di Ifjord, è molto trascurata, inoltre la carreggiata stretta e il fondo sconnesso accentuano il fastidio dato dalle numerose curve. Le case norvegesi di questa zona hanno la particolarità di riporre i sacchi di immondizia sotto curate tettoie ornate di fiori. La strada, dopo aver accompagnato il fiume fin quasi alla foce, ha preso a costeggiare il mare, permettendoci di cominciare ad ammirare la caratteristica principale della Norvegia, cioè i fiordi. Alla fine entriamo nell’entroterra, ormai quasi privo di vegetazione, e saliamo anche di quota. Percorriamo un lungo tratto in un altopiano brullo e deserto dove le renne spaziano a piacimento e brucano tranquille il lichene e il muschio. Nella discesa verso Ifjord, quando ormai mancano solo una decina di chilometri e sono già le 19.00, ecco la sorpresa che non ti aspetti.

Un gran polverone e una immensa mandria di renne attirano la nostra attenzione e ci inducono a fermarci. Avvicinatici a piedi ad un recinto, ove sono già raggruppati alcuni turisti, abbiamo la ventura di assistere all’operazione della marchiatura delle renne selvatiche, appositamente radunate con l’ausilio dei cani. Nonostante la scenografica ambientazione, ci sembra una operazione crudele e barbara, ormai fuori dal tempo. Ogni allevatore cattura le bestie, che ritiene migliori, radunate in gran quantità in uno stretto recinto, e gli incide le orecchie come per farne merletti. Le povere renne sono terrorizzate. Assistiamo a questo sanguinoso procedimento per quasi tre quarti d’ora, poi riprendiamo la nostra strada mentre il sole, ormai avviato al tramonto, come ogni sera, comincia a regalarci sfumature e contrasti che invitano sempre più alla fotografia. Ad Ifjord ignoriamo le indicazioni per Nordkapp e ci immettiamo sulla 888 per Lebesby e la penisola Nordkinnhaloya. Sembra che questa strada stia particolarmente a cuore al Re di Norvegia, infatti diversi cartelli informano che, per disposizione regia, sono in corso diversi lavori di adeguamento della sede stradale fino al 2008. Purtroppo questa situazione, complice la stanchezza, l’ambiente e il sole, che ci regala in continuazione occasioni che invitano alla sosta per scattare fotografie, ci rallentano sensibilmente il cammino.

Percorriamo diversi, lunghi, tratti sterrati ad andatura quasi pedonale così, superata una Mehamn, inondata dalla radente luce rossa del sole, con la sua caratteristica chiesa dall’architettura prettamente lappone, dirigiamo verso Gamvik. Ormai della vegetazione si sono perse le tracce e, negli spazi sconfinati della tundra, pascolano tranquille gruppi di renne. Entrati nell’abitato di Gamvik, seguiamo le indicazioni per il faro di Slettnes, dove arriviamo che sono le 22.15, avendo percorso i 120 chilometri da Ifjord in due ore e mezza. Il cielo si è coperto, in camper abbiamo 20 gradi mentre fuori la temperatura è precipitata ad 11, anche a causa di un vento freddo che spira da nord. Prima di sistemarci nel parcheggio antistante il faro, facciamo una breve perlustrazione all’interno del recinto dell’installazione, dove sembra che tutti siano ancora svegli e, soprattutto, abbiano un gran caldo, infatti vediamo tutte le finestre spalancate.

Venerdi 11 Agosto 2006
Abbiamo atteso la mezzanotte per celebrare questa impresa con la constatazione della ennesima notte bianca. Anche con il cielo coperto di nubi, il chiarore era quello di un pieno giorno autunnale. Mentre facevamo queste considerazioni, una volpe, guardinga e rapida, cercava il suo cibo aggirandosi nella tundra e tra i nostri mezzi. Sveglia alle 8.00, il cielo è rimasto coperto e il termometro segna 17 gradi. Il vento, teso e freddo, spinge le nubi e, a tratti, il sole riesce ad illuminare le colline coperte di muschio e lichene. Gamvik è villaggio di graziose case sparse in cui non manca nulla. In realtà ospita anche un campeggio, opportunamente chiamato Camp 71°05’, ma a noi è sembrato appena sufficiente ad ospitare qualche tenda. Slettnes è il faro, di terraferma, più settentrionale del mondo e si trova nel sito più ventoso di Norvegia, qui si sono registrati 21 giorni consecutivi di vento nel gennaio 1995.

Alle 10.30 ci spostiamo mezzo chilometro più ad ovest, nel parcheggio Varnesodden, che già ospita un paio di equipaggi tedeschi. Lo spazio è sufficientemente ampio per ospitarne forse altri cinque, ma non di più. Da qui parte un percorso naturalistico circolare che porta a vedere le scogliere dove nidificano numerose specie di uccelli. Il giro comporta un impegno fisico notevole e diverse ore di cammino. Siamo infatti all’interno della Ecostazione del WWF di Slettnes, in cui è possibile ammirare, nelle diverse stagioni dell’anno, uccelli acquatici, oche, rapaci, numerosi mammiferi, tra cui la volpe rossa che abbiamo visto a mezzanotte, lontre, balene, orche, diverse specie di foche, i beluga, i delfini oltre le immancabili renne. Noi, percorsi un centinaio di metri a piedi e postici in posizione panoramica, con il binocolo riusciamo ad individuare chiaramente una mezza dozzina di foche che si crogiolano pigramente sugli scogli antistanti il capo. Purtroppo niente balene, orche, beluga o delfini ma siamo contenti lo stesso, tanto che restiamo in ammirazione per quasi un’ora e, alla fine, ce ne andiamo a malincuore. Ripensando al caos che ci aspetta a casa, vorremmo inscatolare un poco di questa pace e questo silenzio e portarcelo via.

Partiamo alle 11.20 per tornare al centro di Gamvik e fermarci al solito locale tuttofare per ripristinare i livelli della cambusa. Ripresa la 888 in senso inverso abbiamo come la sensazione di percorrere un’altra strada. Oggi non c’è il sole e i colori dell’ambiente sono diversi, spenti ed uniformi, è tutta un’altra cosa. Presto raggiungiamo Mehamn dove individuiamo due buoni posti per sostare e dormire. Il primo è il parcheggio antistante l’Ostello della Gioventù, con prese di corrente, e il secondo è il parcheggio dell’aeroporto, praticamente in paese. Alle 13.50 arriviamo a Bekkafjord, dove già all’andata avevamo notato un’area di sosta splendidamente posizionata, dotata di blocco servizi e ottimo punto per pernottare. Scopriamo che i servizi sono riscaldati e, dietro il divano della sala d’aspetto, troviamo anche una presa di corrente, che ci consente di scaricare le foto sul computer. Pranziamo, tutti insieme, attorno ad uno dei massicci tavoli pic nic presenti fuori del fabbricato.

Ripartiamo alle 15.30 riprendendo la 888, che da qui a Ifjord costeggia fedelmente il fiordo. Superata Lebesby e giunti alla N98, stavolta seguiamo le indicazioni per Nordkapp. In due ore e mezza di un faticoso ed a tratti noioso tragitto, lasciamo le sponde del Laksefjorden, superiamo la penisola Svaerholtalvhoya e giungiamo al fondo del Porsangerfjord. Negli ultimi chilometri, prima di approdare sulle sponde del fiordo di Nordkapp, attraversiamo la verdeggiante foresta di Borselv, che ricopre le pendici della vallata scavata dal fiume. Entriamo in un'area di riposo, per spezzare un poco il ritmo, e ci troviamo di fronte al pino cresciuto più a nord nel mondo. L'iscrizione ci ricorda come il pino sia l'albero più diffuso al mondo e che riesce a crescere in quasi tutte le condizioni climatiche. La sua vita può durare anche sette o ottocento anni, ma in genere sono tagliati a centocinquanta. Il nostro esemplare è un Pinus Silvestris ed è riuscito in questa impresa in virtù della fertilità del suolo e della posizione che gli consente piena luce.

Presto siamo a Lakselv ed abbiamo necessità di fare camper service. Ci rechiamo al distributore Esso ma la colonnina ci consente solo di scaricare le nere e le grigie, il carico d’acqua non funziona. Ci spostiamo allora al distributore Shell dove, dopo fatto rifornimento, ci consentono di caricare acqua potabile da una canna posta di lato al fabbricato della cassa. Visto che si sono fatte le 19.00 decidiamo anche di cenare, così approfittiamo del fast food presente nella stazione di servizio e ci ingozziamo con dei corposi hamburger, le solite patatine fritte e le bibite. Ripartiamo che sono le 19.30 per percorrere questi quasi duecento chilometri che ci separano ancora da Nordkapp. Prendiamo prima la E06 e poi, da Russenes, la E69 diretti verso nord. Le prospettive meteorologiche non sono molto incoraggianti. Davanti ai nostri mezzi spesso vediamo un cielo completamente coperto di una compatta coltre di nere nuvole. Non ci pensiamo più di tanto in quanto la strada, oltre ad essere impegnativa è anche panoramica, per cui siamo spesso distratti da panorami e renne che incoscientemente vagabondano nel bel mezzo della carreggiata. Superiamo, con il solito patema d’animo, i tre chilometri dello Skavbergtunnel, poi altri ancora che non ricordavamo nei nostri viaggi precedenti.

Alla fine arriviamo all’imbocco del tunnel sottomarino. Percorrerlo è come viaggiare in un incubo. Le pendenze sono molto accentuate, sia in discesa che in salita, le pareti sono scure e lo fanno sembrare più stretto di quanto non lo sia effettivamente, ci sono infine ventilatori ad altezza di finestrino nelle cui vicinanze si percepisce un rumore infernale. Riusciti all’aria aperta, paghiamo l’obolo e ci involiamo verso Honningsvag. Il cielo ora, oltre che coperto, è anche uggioso, le nuvole si sono abbassate e incontriamo anche una leggera pioggerellina. Passata la periferia di Honningsvag, prediamo la direzione Nordkapp e ci inoltriamo all’interno delle nubi. E’ la terza volta che arriviamo quassù e ancora non possiamo dire di aver visto, per intero, la strada da Honningsvag a Nordkapp, la nebbia ce ne ha sempre nascosti lunghi tratti. Arriviamo al piazzale, sterrato e disconnesso, del capo che sono le 22.35, abbiamo percorso 4908 chilometri da casa. Troviamo diverse decine di camper, moltissimi italiani, d’altro canto quasi solo noi possiamo venire qui in agosto. I camper sono tutti vicini, nel tentativo di limitare gli effetti del vento, teso e freddo, che spira. Appena sistemati andiamo diretti al Visitor Centre, in quanto fuori la temperatura è rigida, piove e non si vede un’acca per la nebbia. Nordkapp non si nasconde, ma il mare non si riesce a vedere a causa delle basse e dense nubi. Dato che il complesso chiude a mezzanotte, facciamo solo un piccolo approccio nel negozio di souvenir, poi stanchi per l’intensa giornata, ci ritiriamo nei camper a riposare.

Sabato 12 Agosto 2006
Sveglia alle 8.00, la stufa ha svolto egregiamente il suo compito, mantenendo la temperatura interna a 18 gradi. Il vento stamane è calato notevolmente d’intensità, ma il cielo permane coperto. Nelle citazioni delle brochure turistiche, in distribuzione al banco informazioni, notiamo che sono scomparsi i riferimenti a Francesco Negri, monaco e scienziato italiano che, nel 1664, per primo arrivò quassù, e che, con il racconto del suo viaggio, ha fatto la fortuna di questo posto desolato. Ormai si citano solo re e altre teste coronate, ovviamente niente a che vedere con le renne. La temperatura esterna è salita a 9 gradi quando, alle 9.50, usciamo tutti insieme per approfittare della scarsa presenza di turisti e scattare le solite foto di rito presso i vari monumenti. Passiamo il resto della mattinata nel ristorante, a scrivere saluti ed indirizzi sulla cospicua mole di cartoline che dobbiamo spedire. Per il pranzo decidiamo di rientrare ai camper e sul piazzale scattiamo ancora qualche foto ad alcune moto, molto appariscenti, parcheggiate proprio di fianco al camper di alcuni colleghi di Roberto. La cosa ci sfugge in quanto il mezzo ha targa tedesca, essendo stato noleggiato in quel di Monaco.

Dopo pranzo, con una temperatura di ben 11 gradi, ci rechiamo a vedere la proiezione del filmato presso il Videograph, piacevole e rilassante. Scendiamo poi al Grotten Bar e la sua loggia scavata nel dirupo. Ci tratteniamo un poco a cercare inutilmente di capire che genere di uccelli volano trecento metri più in basso di noi sulle acque dell’oceano. Alle 17.20 poniamo fine alle nostre speranze di un rasserenamento serale del cielo e decidiamo di partire. La temperatura è scesa nuovamente a 9 gradi, il vento è debole e le nuvole, basse e compatte, lasciano libero l’orizzonte. Ripercorriamo tutta la strada fino ad Honningsvag e ci rituffiamo sotto il mare attraversando il tunnel. Sbarcati in terraferma incrociamo molti equipaggi che, come noi ieri, corrono verso il capo sperando di vedere il sole.

Giunti ad Olderfjord, riprendiamo la E06 verso ovest per raggiungere Skaidi che sono le 19.55. Presso il distributore Statoil camper service, poi approfittiamo di una taverna per consumare una cena frettolosa ed insoddisfacente. Ripreso il viaggio dopo un’ora di sosta, la strada ci conduce in una vallata che risale il corso del fiume su cui, in diverse occasioni, notiamo numerose persone intente alla pesca. Intanto il cielo rasserenato ci dà la sensazione di essere tornati indietro nel tempo e non facciamo caso alla tarda ora. Viaggiamo tranquilli e regolari nella quasi completa assenza di traffico. Alle 22.15 arriviamo alle porte di Alta, dove ci fermiamo al distributore Esso per il necessario rifornimento e chiediamo informazioni sulla localizzazione del museo delle incisioni rupestri. Percorriamo un’altra decina di chilometri e, alla periferia sud dell’abitato, raggiungiamo il nostro obiettivo. Ci sistemiamo nel parcheggio del museo, in forte pendenza, e dato che siamo oltremodo stanchi, ce ne andiamo a dormire.

Domenica 13 Agosto 2006
Sveglia alle 9.00, sotto un cielo sereno e un sole caldo. L’assenza di vento rende il fiordo calmo come uno specchio. Terminate le consuete operazioni mattutine, alle 10.45 ci rechiamo alla biglietteria del museo e acquistiamo i biglietti per la visita. Il percorso, lungo più di un chilometro, si articola per un sentiero composto di passerelle di legno, che servono a proteggere sia le incisioni che la fragile flora del terreno. Quasi tutte le incisioni sono state deliberatamente dipinte di ocra per renderle visibili anche ad osservatori inesperti come noi. La prima scoperta di questa arte, che si colloca alla fine dell’età della pietra, fu fatta nel 1972, ma oggi si conoscono oltre 5000 figure, per la maggior parte riprodotte in questo sito. Le incisioni coprono un periodo che va da 6000 anni fa alla nascita di Gesù e rappresentano diverse episodi di vita quotidiana e cerimonie religiose di cacciatori e pescatori che frequentavano queste coste. L’insieme di queste incisioni fornisce un quadro importante della vita umana del tempo. Sono riportati sia animali di terra, come alci, renne, orsi e lupi, sia di acqua, come balene e salmoni, inoltre sono riportate diverse attività umane come la pesca, la caccia e persino il parto di bambini. La visita è gradevole, istruttiva, interessante e coinvolgente, soprattutto se accompagnata dalla lettura dell’opuscolo, disponibile anche in italiano, appositamente redatto dal museo, che spiega dove fermarsi e cosa osservare. Anziché i previsti 45 minuti, noi impieghiamo quasi due ore a completare il percorso per cui, quando torniamo al museo, pensiamo bene di mangiare al ristorante self service. Dopo pranzo scendiamo nel piano interrato a dare un’occhiata all’esposizione.

Lasciamo il parcheggio alle 15.00 per riprendere la nostra discesa verso latitudini più basse. Proseguiamo a costeggiare il fiordo di Alta, incontrando un inaspettato traffico. E’ domenica pomeriggio, e noi l’avevamo dimenticato. Intanto il tempo si va sempre più imbronciando fino al punto che comincia a piovere. Negli ultimi giorni abbiamo accumulato molta stanchezza, fermandoci sempre la sera tardi. Decidiamo che è tempo di recuperare. Alle 16.15 ci sistemiamo nell’Altafjord Camping, che ci aveva già ospitati nei suoi bungalow venti anni fa. Organizziamo una cena comune nella cucina del camping, in modo da stare tutti riuniti e al caldo, mentre fuori il cielo si è rasserenato e il fiordo si è prosciugato per l’effetto della marea. Dopo cena, con il computer, il film “Edward mani di forbice”, con Johnny Depp, rasserena l’animo delle ragazze.

Lunedi 14 Agosto 2006
Sveglia alle 8.00, stanotte ha piovuto più di una volta. Il cielo è nuovamente coperto e minaccioso, mentre la temperatura è attestata a 15 gradi. Prima di partire riusciamo a scaricare le cassette, nell’apposito locale con vuotatoio, e a caricare l’acqua potabile. Alla richiesta fatta al gestore di indicarci dove scaricare le acque grigie, ci risponde che non è attrezzato per questa operazione e che le possiamo tranquillamente scaricare nel fiordo. Ovviamente non seguiamo il suggerimento e alle 10.00 lasciamo il campeggio diretti ancora a sud. Costeggiamo per un breve tratto l’Altafjord fino ad arrivare al panoramico punto di Isnestofen. Purtroppo non ne possiamo godere in quanto ora tutto il piazzale è occupato da varie baracche che commerciano souvenir e artigianato lappone. Scendiamo lungo la costa del Langfjorden, fino a raggiungerne il fondo, per poi proseguire verso Alteidet. Prima dell’abitato giriamo a sinistra, seguendo le indicazioni per Oksfjord, avventurandoci su una strada ancora più impegnativa. Dopo essere saliti un poco di quota, scolliniamo e scendiamo verso le sponde del fiordo. Lasciamo ancora la strada principale seguendo le indicazioni per Saltnes. Ci ritroviamo praticamente su una single road, di scozzese memoria, che percorriamo, per pochissimi chilometri, fino ad arrivare ad un minuscolo parcheggio dove, una volta parcheggiati noi, entrano solo alcune vetture. Fortunatamente siamo soli. Da qui parte un sentiero che porta alla fine del fiordo e alla base dello Jokelfjordbreen, unico ghiacciaio subartico che si getta direttamente in mare. Il tragitto può essere fatto anche in barca, come ben sa il proprietario della casa in fondo alla strada che organizza appunto tali escursioni. Noi, avventurandoci sulla erbosa sponda, poco prima del parcheggio, riusciamo comunque a soddisfare la nostra curiosità e a scattare foto decenti. Ritorniamo sui nostri passi fino a riprendere la E06 verso sud.

Percorriamo un tratto di strada allo stesso tempo impegnativa e spettacolare. Dopo breve tempo, superiamo il ponte di Sorstraumen, che collega le due sponde del Kvaenagenfjord sfruttando due penisole dirimpettaie che formano una strozzatura all’interno della quale la corrente di bassa marea, ora al massimo dell’intensità, è palesemente evidente e sta svuotando il fiordo. Al lato del ponte non ci sfugge la segnalata area attrezzata per soli camper e roulotte. La strada, molto tortuosa e con una pendenza costante e decisa, ci conduce al passo Kvaenangsfjellet, consentendoci di godere di stupendi quanto sconfinati panorami sul fiordo, le sue isole e le creste innevate dei monti che lo contornano. Il tempo si mantiene variabile e il vento costante spinge veloci le nuvole regalandoci quegli sprazzi di sereno che ci consentono di scattare anche qualche ottima foto. Le chiazze di ghiaccio che, qua e là, ornano le cime dei monti, non ci fanno dimenticare che siamo in Norvegia, mentre il colore turchese dell’acqua ci spinge a pensare di essere ai tropici. Dopo scollinato, percorrendo, ad una pendenza decisa, una splendida e verdeggiante vallata, approdiamo prima sulle rive del lago Oksfjordvatnet, poi sulle sponde del Restafjorden. Passato l’incrocio con la 866 diretta a Skjervoy, dove pernottammo dieci anni fa, alle 12.45 arriviamo alla periferia di Storslett e troviamo fortunatamente posto nell’angusto parcheggio del supermercato alle porte dell’abitato. Facciamo la solita spesa giornaliera poi, considerata l’ora, approfittiamo del reparto gastronomia del market per acquistare dei polli arrosto, che consumiamo nei camper.

Dopo mangiato ci avventuriamo in una breve e rilassante passeggiata lungo la non troppo invitante foce del fiume, che, in bassa marea, scopre non proprio edificanti depositi, altrimenti coperti dall’acqua. Ripartiamo alle 15.00 e, fino a Djupvik, siamo impegnati a stabilire quale edificio sia migliore dell’altro. Architetture e ornamenti floreali delle varie fattorie e abitazioni, rendono molto piacevole questa parte del viaggio e contribuiscono a non annoiare gli autisti. Sfociamo così sul Lyngenfjord, che per noi è sempre stato uno dei fiordi più belli della Norvegia. Stavolta lo ribattezziamo Glacier Fjord. Innumerevoli ghiacciai che originano altrettante cascate ne fanno un vero santuario della natura. Il massiccio dello Jekkevarre, con le sue mastodontiche lingue di ghiaccio, domina la sponda occidentale del fiordo, stretto e lungo oltre cento chilometri, e vince palesemente la partita con il Falesgaissa e il Noammerjiekke sulla riva opposta. Ad Olderdalen la strada costeggia una protuberanza del fiordo principale e noi siamo convinti di ritrovare sulla sponda opposta le decine di cascate, che tanto ci entusiasmarono in una lunga notte di guida dieci anni fa. Oggi non è più così, non si passa più sopra e sotto le cascate, due lunghissimi tunnel accorciano il tragitto e tolgono al turista queste emozionanti sensazioni. Comunque torniamo sulle sponde del Lyngenfjord, che percorriamo a strappi, considerate le numerose soste per scattare fotografie, fino a Skibotn prima e ad Oteren poi.

Qui la E06 lascia questo gioiello di scenografia naturale e si arrampica nell’ennesimo scollinamento per arrivare a Nordkjosbotn e all’incrocio con la E08 per Tromso. Non abbiamo in programma la visita di questa, che è forse la metropoli più a nord del mondo, e proseguiamo rapidamente verso sud. Dimensioni e fondo stradale migliorano notevolmente e l’andatura ne è positivamente influenzata. Dopo un breve tratto lungo la costa ci inoltriamo nell’entroterra e viaggiamo tra colline e boschi fino ad Andselv. Qui, perdiamo un poco di tempo per capire il modo di effettuare un semplice prelievo bancomat dopo che, qualche chilometro prima, in prossimità di Moen, abbiamo dovuto pagare il rifornimento in contanti. Ripreso il viaggio ci immettiamo sulla N86 diretti a Finnsnes. La strada diviene di nuovo stretta e articolata. Alle 20.10 arriviamo a Silsand, sobborgo di Finnsnes che si trova appena passato il ponte di raccordo con l’isola di Senja, e ci fermiamo subito al ristorante Senjastua, tra l’altro ancora aperto fino alle 21.00, dove consumiamo una veloce cena. Dopo cenato valutiamo il parcheggio del ristorante, per quanto ampio, poco adatto al pernottamento e decidiamo di proseguire che sono le 21.25. Attraversiamo tutta l’isola, da est verso ovest, percorrendo altri settanta chilometri e scoprendo situazioni plein air uniche ed invidiabili. Anche qui l’acqua, la tundra, i boschi e il ghiaccio si contendono il territorio. Forse con un poco più di tempo a disposizione, potendola godere con la piena luce di un giorno sereno, avremmo potuto apprezzare maggiormente queste caratteristiche, che comunque non ci sfuggono dovendo tenere un’andatura di viaggio forzatamente bassa. Alle 22.40 arriviamo alla piccola piazza dell’imbarco di Gryllefjord, dove troviamo un paio di posti defilati per trascorrere la notte. Gli ultimi chilometri sono stati veramente impegnativi, ancorché spettacolari. Raggiunto il mare, la strada ha percorso, per un breve tratto, la costa nord occidentale dell’isola, poi si è inerpicata, con due stretti tornati in cima alle colline, da dove il panorama era stupendo, infine ci ha consentito di aggirare il fondo del Gryllefjorden per terminare praticamente sul pontile di imbarco.

Martedi 15 Agosto 2006
Stamane a svegliarci sono dei chiassosi gabbiani che hanno deciso di danzare sui tetti dei mezzi. Nel piazzale del porto i bambini hanno giocato fin oltre la mezzanotte, dopodiché tutto è tornato tranquillo e silenzioso. A quest’ora del mattino, sono le 8.00, qualche movimento si ha solo a causa dei rifornimenti al supermercato ICA che ha sede proprio sul piazzale. La giornata si presenta serena e assolata, l’acqua del fiordo è speculare. Partiamo alle 11.00 per arrivare ad Andenes due ore più tardi, al termine di una traversata movimentata, a causa più della inadeguatezza delle dimensioni del battello che delle condizioni del mare, abbastanza calmo. Gabbiani ed altri uccelli ci hanno accompagnato per tutto il tempo, ma non abbiamo avuto la fortuna di avvistare foche, delfini e, tanto meno, balene. Il tempo permane al bello e l’orizzonte limpido ci ha consentito di seguire la costa durante tutta la traversata.

Appena sbarcati, attraversiamo agevolmente il centro abitato portandoci alla periferia sud. Troviamo qui un’area camper con blocco servizi, docce, colonnina, pozzetto di scarico e prese elettriche. Quest’area, in realtà, è l’Andenes Camping che, a stagione conclusa, lascia i servizi a disposizione. La posizione delle piazzole è particolarmente invitante. Tutte su erba e dotate di tavolini pic nic, si distendono di fronte ad una spiaggia di sabbia bianca che argina un mare calmo e dal colore smeraldo. Sembra di essere in Sardegna. Data l’ora, la decisione è scontata, ci fermiamo per il pranzo, allestendo un bel banchetto comune su uno dei tavoli pic nic, scaldati dal sole e refrigerati dal vento oceanico. Dopo aver abbondato in libagioni, una salutare passeggiata lungo la spiaggia quasi deserta ci consente di ammirare angoletti veramente deliziosi e trovare qualche originale conchiglia.

Effettuiamo comodamente le operazioni di camper service e partiamo che sono già le 17.00. Appena usciti dall’abitato ci si pone il dilemma se seguire la strada costiera occidentale o la statale 82. Pensando che la prima sia meno scorrevole, optiamo per la statale. Percorriamo la costa orientale dell’isola di Andoya, piatta e monotona ad un’andatura molto lenta, a causa degli imperativi limiti di velocità, spesso controllati da autovelox automatici. Potessimo tornare indietro sceglieremmo l’altra, se non altro per godere dei panorami selvaggi che offre. Giunti alla punta meridionale dell’isola, un ardito ponte ci consente di approdare sull’isola di Hinnoya e proseguire il nostro viaggio verso sud. La costa occidentale dell’isola stavolta è un poco più attraente e risveglia l’interesse degli equipaggi. Un altro viadotto ci consente di passare sull’isola di Langoya, facendoci approdare a Sortland, dove approfittiamo per effettuare un necessario prelievo bancomat, ed involarci poi verso Melbu. A Stokmarknes, l’ennesimo ponte ci conduce sull’isola di Hadseloya e, in breve tempo, arriviamo al porto di imbarco.

La giornata si mantiene assolutamente serena, perdere questo limpido tramonto sarebbe un vero peccato. Sono le 19.00 e apprendiamo che l’orario in vigore è già quello invernale per cui le corse sono ridotte. Una organizzazione veramente approssimativa fa sì che partiamo solo alle 20.45, dopo un’attesa di un’ora e tre quarti, al solo scopo di fare in modo che la nave, già in porto dalle 20.00, viaggi a pieno carico, per poco più di venti minuti di traversata. Nel tentativo di seguire il sole calante in un tripudio di sfumature rossastre, dopo lo sbarco a Fiskebol, appena usciti dal porto, giriamo a destra ed andiamo a percorrere la single road che costeggia la sponda occidentale dell’isola di Austvagoy. Se fossimo Giosuè intimeremmo al sole di fermarsi ed aspettare che troviamo un posto sufficientemente ampio dove fermarci. La strada è stretta, ripetutamente sterrata e segue l’articolata costa, l’andatura non può essere elevata. Superiamo Hadselsand e Delp poi, alle 22.10, troviamo una piazzola, di fronte al mare, ove decidiamo di cenare e pernottare, anche se il tramonto ormai è avvenuto, Quando andiamo a dormire, stanchi e innervositi, una lunga sottile riga rossa accompagna tutto l’orizzonte marino e la velatura alta del cielo si è tinta di un delicato colore rosa.

Mercoledi 16 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, la notte è passata nel più assoluto silenzio, ma oggi il cielo è coperto e la temperatura si è sensibilmente abbassata. Partiamo alle 9.25 e, percorsi ancora pochi chilometri, in un attraente ambiente rurale, che ci rasserena l’animo dopo la delusione patita, torniamo sulla statale E10, prendendo la direzione di Svolvaer. Prima di arrivare nella cittadina, incontriamo un’area di sosta veramente idilliaca. A margine del suo parcheggio circolare, si trova una acuta collinetta la cui sommità si raggiunge con un percorso appositamente attrezzato, al termine del quale si gode una stupenda vista sul fiordo e la penisola che lo attraversa.

Proseguendo verso sud, superiamo Svolvaer e Kabelvag senza sosta quindi, poco dopo l’uscita di un tunnel, troviamo le indicazioni per raggiungere Henningsvaer. Lasciamo la statale e ci immettiamo sulla 816, che attraverso un percorso articolato e scenografico, ci porta fino alle porte del villaggio. Attraversiamo anche due viadotti a senso unico alternato, privi di semafori, che affrontiamo con una certa apprensione. Ci sistemiamo comodamente e facilmente nel piazzale posto all’ingresso dell’abitato poi, percorso un breve tratto di sterrato, raggiungiamo il centro. Troviamo la cittadina caratteristica ed anche scenografica, ma un poco spenta rispetto ai clamori e l’enfasi di altri resoconti. La stagione turistica, evidentemente ormai conclusa, fa sì che sia praticamente deserta. Molti fabbricati, ben curati e mantenuti, sono sede di negozi di souvenir e si alternano ad altri trascurati e decadenti. La parte più attraente è senz’altro il porto canale, dove troviamo attraccati numerosi pescherecci e riusciamo ad individuare diversi suggestivi angoli. Riusciamo a mangiare nell’unico ristorante disponibile, che apre alle 13.00. Fiskekrogen (http://www.fiskekrogen.net), nella sua veranda affacciata sul porto, ci serve un buon pasto a base di pesce ad un prezzo decisamente poco economico.

Ripartiamo alle 16.00, portandoci rapidamente sulla E10, mentre il tempo volge decisamente al brutto. Prendiamo ancora la direzione sud, viaggiando lentamente ma senza intoppi. La strada si fa sempre più stretta mentre a tratti piove. Ciò non ci impedisce di ammirare le bellezze che la natura di queste isole propone. Dopo ottanta chilometri, alle 17.40, arriviamo alle porte di Ramberg e non resistiamo alla tentazione di fermarci per ammirare una stupenda spiaggia di sabbia bianca a forma di conchiglia, che incornicia una baia dal mare smeraldo. Riprendiamo presto il viaggio scoprendo paesaggi sempre più scenografici e accattivanti. La strada, anche a causa del tempo, è impegnativa ma dietro ogni curva, oltre ogni dosso, si trova qualcosa che vale la pena di vedere. Aggiriamo Reine, veramente superlativa nella sua scenografica distribuzione del variopinto abitato su diverse isole, ed arriviamo al parcheggio finale della E10, a monte di A, che sono le 18.30. Approfittando di un periodo di tregua concessaci dalla pioggia, ci avventuriamo alla visita del villaggio, concentrato di tradizioni marinaresche norvegesi. Sulla piazzetta il fabbricato che ospita il mercato del pesce, a quest’ora chiuso, sembra essere la residenza di tutti i gabbiani dell’isola che, facendo un baccano infernale, fanno infuriare Blonde. Ovunque troviamo richiami alla vita di mare, dalle caratteristiche case che affondano le proprie fondamenta nel fiordo, alle reti stese, dalle impalcature per essiccare il pesce alle voraci bocche degli stoccafissi appese fuori qualche laboratorio.

Dopo un’ora di piacevole passeggiata, nonostante abbiamo trovato tutto chiuso, riprendiamo la marcia verso nord. Percorrendo la E10 in senso inverso, ripassiamo al contrario tutte le scene del film del pomeriggio. Rinunciamo coscientemente alla deviazione per visitare Nusfjord poiché il nostro obiettivo è Eggum, dove speriamo di riuscire a vedere il tramonto sfuggitoci ieri sera. Speranza vana, arriviamo alle 21.30 con un tempo pessimo, pioggia e vento. Niente tramonto. Abbiamo qualche difficoltà a trovare posizione, a causa delle profonde buche nel terreno, della presenza di sabbia e di sassi sporgenti nascosti dall’erba. Alla fine ci sistemiamo con le finestre più grandi fronte mare. Siamo cinque camper, tutti italiani. Una sbiadita pallina rossa affonda lentamente, tra le nuvole, a mare, quasi a consolarci. Riflettendo con il senno di poi, pensiamo di aver speso male questa giornata, troppo tempo dedicato ad Henningsvaer a scapito di Reine, di A e Nusfjord che sicuramente meritavano di più.

Giovedi 17 Agosto 2006
Alle 8.00 siamo già alzati da un pezzo. In cabina ci sono 12 gradi, piove ininterrottamente da ieri sera. Il luogo è senz’altro ameno, isolato dal resto del mondo, con il lago e la cascata da una parte e l’oceano dall’altra, un praticello verde, da fare invidia ai migliori giardinieri, ospita gruppi di pecore che si aggirano liberamente. Il brutto tempo nasconde sia l’orizzonte che la cima delle pur basse montagne che ci spalleggiano. Non potendo fare altro, partiamo poco prima delle 9.00 e percorriamo i settanta chilometri che ci separano dall’imbarco di Svolvaer in poco più di un’ora. Piove continuamente, le Lofoten si sono celate anche oggi sotto una grigia coltre di nubi. Salpiamo alle 11.00 e facciamo una traversata assolutamente tranquilla e rilassata. Prima di sbarcare pensiamo bene di consumare un veloce pasto a bordo, composto del solito hamburger. Attracchiamo alle 13.00 quindi ci immettiamo rapidamente sulla N81 attraverso al quale contiamo di raggiungere la E06.

Dopo pochi chilometri di strada stretta, ma comunque scorrevole, ci imbattiamo nell’ennesimo cantiere che ci rallenta la già bassa andatura. Stiamo attraversando una regione, manco a dirlo, ricca di vegetazione che contorna un lungo fiordo. Per le 14.20 siamo ad Innhavet, dopo percorsi oltre sessanta chilometri dallo sbarco, e presso il distributore Shell troviamo una colonnina servizi completamente gratuita e facilmente accessibile. Scarichiamo i serbatoi di recupero e facciamo il pieno di acqua potabile sotto una pioggia non forte ma sempre presente. Dopo venti minuti siamo di nuovo in viaggio. Sempre accompagnati da un tempo pessimo, percorriamo un tratto di E06 molto articolato, che salta da un fiordo all’altro, scollinando più volte e attraversando abitati e selvagge zone boscose. A Fauske, a causa di lavori di adeguamento della sede stradale in centro, ci fanno percorrere, a velocità pedonale, un sorta di tangenziale che attraversa un quartiere residenziale. Al termine di questo calvario di dossi, ci immettiamo sulla N80 verso Bodo che, se non altro, è più scorrevole e ci spalanca qualche bel panorama sullo Skjerstaadfjorden, propaggine estrema del Saltfjorden verso il quale stiamo dirigendo. Giunti a Loding ci immettiamo sulla mitica N17 e, alle 17.15, siamo parcheggiati sotto il ponte di Saltstraumen. Pioviggina e spira un vento freddo e tagliente, nonostante ciò, ci attrezziamo e scendiamo fino alla riva. Sotto il ponte la corrente è veramente portentosa, tra l’altro siamo arrivati in orario per vedere il massimo della marea entrante, le tabelle recuperate più tardi al campeggio ce lo confermeranno. Il mare che entra porta con sé ogni cosa, meduse, alghe e pesci. Entrano anche due delfini che si piazzano al centro della corrente con la bocca aperta mentre il cibo gli finisce direttamente nello stomaco. I gabbiani sono impazziti, volteggiano sui gorghi per carpire qualunque cosa salti fuori dall’acqua.

Paolo prova a pescare e, in due ore non prende una sardina. Un collega camperista toscano, ad ogni lancio tira su un Torsk. Ne prende quattro grandi e uno piccolo, poi ne prende uno ancora più grande, tutto in venti minuti. Mosso a compassione, ci regala gli altri quattro e si tiene il grande in quanto, pur essendo in cinque in famiglia, hanno il frigo pieno di pesce. Grazie amico sconosciuto e generoso come solo i camperisti sanno essere. Risaliamo a monte alle 19.45, dopo che Barbara e Alessandra hanno pulito i pesci a mare ed hanno rintuzzato, con qualche difficoltà, gli attacchi di diversi gabbiani che volevano, disinteressatamente, dar loro una mano. Ci spostiamo al camping, distante poche decine di metri, ove in reception ci spiegano i punti migliori per vedere il maelstrom e per pescare sia con corrente entrante, che con quella uscente. Ceniamo in allegria, ovviamente con pesce innaffiato da un buon vino bianco nostrano.

Venerdi 18 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, stanotte ha smesso di piovere, dopo quasi due giorni filati, ma stamattina il cielo è comunque coperto e minaccioso. Abbiamo ancora una volta fatto uso della stufa per mitigare il freddo e l’umidità accumulati nelle fasi di pesca sotto il ponte. Come al solito prima di partire, alle 10.30, svolgiamo le operazioni di camper service. Torniamo a Loding con la N17 e da qui arriviamo a Fauske percorrendo al contrario la N80. Alla periferia della città dobbiamo seguire un percorso obbligato, causa estesi lavori alla sede stradale, quindi ci reimmettiamo sulla E06 in direzione sud. Attraverso qualche galleria e qualche ponte, arriviamo al fondo del fiordo, dove finisce la corrente mareale di Saltstraumen, poi da Saltdal la strada lascia la costa, si inoltra nel bosco e comincia a salire. Presto entriamo nel territorio del Saltfjellet Svartisen National Park e, dall’ambiente che ci circonda, ce ne accorgiamo chiaramente. Il fiume Saltelva, originato come tutti i suoi affluenti dagli immensi ghiacciai che si trovano sulle montagne, con ripetute cascate e rapide, ha scavato una stupenda vallata, Stormdalen, occupata da una fitta boscaglia.

La strada gioca a rimpiattino con la ferrovia, saltando di qua e di là dal fiume. La pendenza che, a volte, diventa notevole e l’attrazione per il paesaggio che si scopre quando il bosco dirada, fanno in modo che l’andatura sia piuttosto blanda. Le guide ci ricordano che questo tracciato ricopre un antico sentiero di transumanza che collegava Saltdal a Rana, molto frequentato per la ricchezza dei pascoli che si trovano ad altitudini più elevate. In effetti, dopo aver passato il centro visitatori, pian, piano il bosco lascia spazio alla tundra scomparendo completamente. Cominciamo ad avvistare corpose lingue di ghiaccio affacciarsi tra le cime delle montagne mentre la salita diviene più dolce, fino a terminare in un altopiano dall’orizzonte incorniciato da picchi ricoperti di neve. Il tempo si è rimesso al bello e questo contribuisce, non poco, ad accentuare la grandiosità e la bellezza di questi posti.

Alle 13.00 in punto arriviamo al Circolo Polare, dove termina il nostro giro artico. Ci sistemiamo facilmente nell’ampio parcheggio e ci accingiamo alla visita e alle foto di rito. Troviamo una sterminata quantità di piramidi di sassi, costruite dai turisti, ed abbiamo difficoltà a trovare sufficiente posto per costruire la nostra, per quanto piccola sia. Lasciamo anche una scritta formata da sassi, speriamo ben piantati nella terra da durare almeno fino all’inverno. Dopo giorni di assenza, riusciamo ad individuare sparuti gruppi di renne al pascolo, ben mimetizzati nella tundra. Terminate le operazioni artistiche, ci rechiamo al posto di ristoro del centro, dove consumiamo in allegria un gradevole pasto. Durante il pranzo, la signorina del buffet, dopo averci preparato e servito i piatti ordinati, porta una ciotola di acqua e diverse volte anche del cibo, molto gradito, per Blonde. Ripartiamo alle 16.25 scendendo lungo la vallata scavata dal Rana, prima stretta, ma senza vegetazione, poi sempre più ampia e circondata dal bosco. Fiancheggiamo sempre il massiccio che custodisce sulla cima il ghiacciaio Svartisen. Dopo una cinquantina di chilometri arriviamo al sobborgo di Rossvoll, che ci accoglie con la sua grande alce in legno. Qui ha sede l’aeroporto di Mo i Rana e da qui diparte la strada che conduce a vedere una delle numerose lingue dello Svartisen. Deviamo dunque dalla E06 e, dopo fiancheggiato l’aeroporto, ci immettiamo in una vallata rigogliosa risalendo il fiume.

Effettivamente da questa parte ci sono altre due o tre mete naturalistiche di rispetto, tra cui la Gronligrotten, ma noi non abbiamo tempo per tutto e all’incrocio scegliamo di proseguire verso lo Svartisvatn. Questo è il lago in cui si riversa lo scolo del ghiacciaio e per raggiungerlo percorriamo un lungo tratto di sterrato che più volte ci tenta a desistere. La strada è percorribile, il fatto è che scomparse le indicazioni si procede solo per mancanza di alternative. Alle 18.00 arriviamo alla fine della strada dove troviamo un piccolo parcheggio, una specie di bar, un minuscolo campeggio, tutto lungo la sponda del lago dal colore turchino. Del ghiacciaio non c’è traccia, negli ultimi decenni si è ritirato di sei chilometri e per raggiungerlo bisogna ancora percorrere venti minuti di barca, 100 Nok gli adulti e 50 i bambini, e i sei chilometri di arrampicata. Certamente ne varrebbe la pena, almeno a giudicare dal panorama che riusciamo a carpire dal molo del battello, ma ormai è tardi. Proprio al nostro arrivo è partita l’ultima corsa per recuperare gli escursionisti della giornata, per cui saremmo costretti a pernottare in loco, e imbarcarci domani.

Dopo aver sostato, fotografato e tergiversato per quasi un’ora, decidiamo di tornare sui nostri passi e dirigere verso Mo i Rana. Ripresa la E06 a Rossvoll, in breve siamo alla periferia della città dove abbiamo in programma di deviare sulla E12, la Bla Vagen (http://www.blavagen.com) che, valicando le Alpi Scandinave e attraversando Storuman, Umea, il Baltico e la Finlandia, congiunge l'Atlantico con il lago Onega in Russia. Dalle prime rampe è chiaramente possibile vedere l’immensità dello Svartisen, dalla parte opposta della vallata, ma quando ce ne accorgiamo ormai è tardi. Saliamo circondati da boschi, più saliamo e più il bosco dirada e compaiono decine di casette e decine di laghetti. Prima di arrivare al confine, notiamo che stanno costruendo l’ennesima galleria, per evitare il passo Hellerfjellet, pertanto fra un paio di anni tutti questi panorami non si godranno più. Umbukta è l’abitato di confine, dove sbucherà anche la galleria, e ci introduce sulle sponde del lunghissimo lago Overuman, prodotto dal primo di diversi sbarramenti sull’Umealven. Rientriamo in Svezia alle 20.00, la vegetazione si è quasi dissolta, le acque, increspate dal vento, scintillano sotto di raggi del sole, avviato al tramonto dietro le cime innevate dei monti. Ogni curva della strada ci scopre un quadro diverso, e più bello del precedente, non sembra di essere in montagna, ma ancora al mare sulle sponde di un fiordo. Terminato di costeggiare il lago, proprio mentre facevamo considerazioni confortanti sulla strada deserta e scorrevole, arriva la sorpresa dell’ennesimo cantiere di lavoro e di un nuovo tratto sterrato. Rallentiamo l’andatura e cominciamo a faticare notevolmente alla guida. Dal confine percorriamo settanta chilometri in un’ora e mezza, ma, alle 21.35, ormai a 10 chilometri da Tarnaby, superata la stazione sciistica di Hemavan, troviamo un tranquillo parcheggio, su un lago, dove ci fermiamo per la notte e dove troviamo una temperatura di soli 9,8 gradi nonostante il cielo sereno.

Sabato 19 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, cielo sereno e temperatura fresca, causa brezza da nord. Stanotte abbiamo fatto uso ancora della stufa. Il sole tinge d'argento la superficie speculare del lago, nel quale si specchiano le cime dei monti chiazzate, qua e là, da qualche residuo ghiaccio e neve. Partiamo alle 9.30 e, in breve, siamo nel centro di Tarnaby, distesa lungo la riva del lago, graziosa e curata, dove notiamo diversi parcheggi adatti al pernottamento, ovviamente muniti di prese elettriche. Proseguiamo verso Storuman percorrendo un tratto di strada, quasi deserto, sempre più assediato dalla foresta che, oltre ad infittirsi cresce anche di dimensioni. Il nastro d’asfalto costeggia fedelmente l'Umealven e sembra essere come il filo di una collana che colleziona un lago dietro l'altro. Per le 11.00 abbiamo percorso 130 chilometri in assoluta assenza di traffico e siamo alle porte di Storuman dove i serbatoi richiamano la nostra attenzione, per cui facciamo rifornimento. Entriamo appena in città, giusto per immetterci sulla N45 Inlandsvagen in direzione sud. Viaggiamo ancora una ventina di minuti poi, ci fermiamo nel parcheggio, dove si può anche pernottare, del Nybyggarland (http://www.lapplanddesign.se).

Avevamo sostato in questo luogo anche dieci anni fa, pernottandoci, e, in quell'occasione, avevamo visitato il parco in cui erano allevati alcuni mufloni, cervi e delle renne tra cui una, di nome Moses, cui Diana si era affezionata avendola potuta accarezzare. Entrati nel negozio di articoli di artigianato lappone, la signora ci informa che Moses è morto quattro anni fa e che nel parco, al momento, non ci sono animali. Siamo tutti rattristati per questo mancato incontro. Appena dietro la porta dell'ingresso al negozio sono esposte tre grandi foto che riportano la nostra amica renna.

Ci rimettiamo in marcia che è già mezzogiorno, la giornata è splendida, il sole è caldo, la strada, scorrevole e priva di traffico, continua a tagliare la fitta foresta di abeti. Dopo mezz'ora, appena superato il fiume, siamo attratti dall'area di sosta Vojman, alle spalle della quale è presente un'area camping. La soluzione non ci soddisfa per cui ci rimettiamo in movimento. Altri venti chilometri ed arriviamo a Vilhelmina, dove ci fermiamo nel parcheggio di un supermercato per rifornire la cambusa. Al termine dell'operazione, cerchiamo lungo le sponde del lago il posto dove consumare tranquillamente il pranzo, ma non lo troviamo. Riprendiamo allora l'Inlandsvagen per arrivare, alle 13.10, dopo 25 chilometri, all'area Meselefors. Questa è disposta lungo le sponde dell'Angermanalven e dotata di tutti i servizi, ovviamente riscaldati, compreso il locale svuotatoio per le nostre cassette. Di fianco al blocco è anche disponibile un rubinetto a vite, eventualmente utilizzabile per il carico di acqua. Pranziamo, tutti assieme, su uno dei tanti tavoli da pic nic presenti nell'area, mentre il fiume scorre grandioso e placido, il sole ci scalda al punto che l'abbigliamento è tornato ad essere essenzialmente estivo e i fiori ci inebriano con il loro profumo. Stiamo così bene che neanche ci accorgiamo di restare fermi per ben tre ore, infatti partiamo, di controvoglia, solo alle 16.10, dopo aver pranzato, scaricato le acque nere e presa anche un poco di tintarella al sole cocente che ha portato la temperatura a 24 gradi.

Raggiunta rapidamente Dorotea, la porta della Lapponia svedese, ci fermiamo nel solito parcheggio di fronte al comune, giusto il tempo per scattare un foto sotto la grande statua in legno dell'orso, simbolo della città. Ripreso il cammino, nonostante scendiamo rapidamente di latitudine, il tempo volge al brutto. Superiamo senza soste Hoting, Lovberga, Stromsund e Hammerdal, poi cominciamo a pensare di trovare un posto per la notte. Lo troviamo alle 18.35, appena passato l'abitato di Haggenas, al di là del ponte sul fiume Harkan. Ottima sistemazione, peccato che il tempo, che ci ha assistito benevolmente tutto il giorno, decida di abbandonarci sul più bello scatenando un furioso temporale. Aspettiamo pazienti nei mezzi poi, quando la pioggia cala d'intensità, ci sistemiamo per bene livellando i camper. Il fiume scorre placido con le sue scure acque tra gli abeti della foresta, Alessandra e Barbara raccolgono legna secca nel sottobosco, sperando di poter accendere un piccolo falò. Il sole, ormai avviato al tramonto, dardeggia i suoi raggi sotto le nubi provocando un acceso arcobaleno. Una canoa, stile canadese, sbuca silenziosa e inaspettata da dietro l'isolotto, completando il quadretto da Ultimo dei Mohicani che si è venuto man, mano creando. Dopo cena, comunque, le donne si riuniscono ed accendono il piccolo braciere, già precedentemente usato da qualche pescatore. La giornata termina così in un'ambientazione da Ombre Rosse.

Domenica 20 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, non piove ma il cielo è coperto. Stanotte è finita la bombola del gas per cui, prima di partire, provvediamo a permutare sull'altra. Ad operazione terminata, il frigo non si accende più a gas. Perso un poco di tempo nel vano tentativo di ovviare all'inconveniente, partiamo che sono già le 9.40. In pochissimo tempo arriviamo ad Ostersund, nel cui attraversamento passiamo dinanzi al municipio. Grandioso e splendido edificio in laterizio rosso, posto al centro di un abitato solcato da ampi viali alberati, cintati di prati e piste ciclabili. La città è sede del centro di addestramento della nazionale svedese di sci nordico. Scendiamo lungo il lago Storsjon superando prima Brunflo, poi Hackas e Svenstavik, fino a giungere ad Asarna. In realtà queste sono piccole cittadine che sbucano all'improvviso all'interno del mare verde della foresta. La strada si snoda tra due muri di abeti e pini che lasciano spazio solo a qualche lago e alcuni fiumi, quasi in secca. Di traffico non se ne parla, tanto che ci divertiamo a contare le auto che ci sorpassano. Superiamo così con regolarità anche Ratansbyn e Ytterhogdal, dove notiamo che le chiese hanno la particolarità di avere un campanile distaccato dall'edificio principale in cui è alloggiata una sola campana.

In tre ore percorriamo 210 chilometri e, ad ora di pranzo, siamo a Sveg. Ci fermiamo nel parcheggio della Biblioteca Comunale, posto proprio all'incrocio della N81 da Mora e Borlange, con la N84 da Roros e Trondheim in Norvegia. Questa volta sperimentiamo la cucina del fast food Sibylla, approfittando del rasserenamento della giornata per pranzare sui tavoli esterni. Ripartiamo alle 14.45, senza aver fatto la foto all'orso di legno in quanto abbiamo ancora tentato inutilmente di avviare il frigo a gas. Ripresa la Inlandsvagen puntiamo decisamente verso sud, rituffandoci nell'oceano verde della foresta che comincia a tornare a dimensioni maestose. Comunque, fino alle porte di Orsa, non ci rendiamo minimamente conto che è domenica pomeriggio, infatti il traffico è assolutamente trascurabile. Il buono stato della strada ci rende difficile rispettare i limiti di velocità imposti. Ad Orsa sbuchiamo dal tunnel forestale per costeggiare il lago Orsasjon e, dopo una ventina di chilometri, ci fermiamo in un parcheggio prospiciente la stazione ferroviaria di Mora. Sono le 16.40 ed abbiamo percorso poco più di 130 chilometri in due ore. La città, che già conoscevamo, è la sede dell'arrivo della famosa corsa di sci di fondo Vasaloppet ed è adagiata sull'istmo di separazione tra l'Orsasjon e il lago Siljan, in una scenografica posizione naturalistica. Quando arriviamo noi, purtroppo, troviamo tutto chiuso, perciò non riusciamo ad acquistare il famoso cavallino di legno dipinto, emblema caratteristico di questa regione. La storia di questo che, forse, è il souvenir più emblematico della Svezia è abbastanza banale. Nel diciottesimo secolo i minatori che lavoravano in questa zona, quando tornavano alle baracche, dopo un giornata di lavoro, si dedicavano ad intagliare questi cavallini di legno, come giocattoli per i propri figli. Un secolo più tardi, i cavallini iniziarono ad essere decorati, divenendo sempre più delle opere d'arte. Nel 1939, in occasione dell'Esposizione Universale di New York, un gigantesco cavallino della Dalarna fu esposto fuori del padiglione svedese. Il successo fu immediato, l'anno successivo ne furono venduti oltre ventimila. Oggi il più grande cavallino è esposto nella città di Avesta, altro 13 metri, pesa oltre 67 tonnellate.

Dopo una rilassante passeggiata, durante la quale abbiamo raggiunto la linea di arrivo della Vasaloppet e il monumento a Gustavo Vasa, ci rimettiamo in marcia per l'ultimo tratto di strada della giornata che sono le 17.30. Scendiamo ancora di latitudine seguendo la costa orientale del Siljan, con splendidi squarci sul lago, le isole e la vegetazione che lo circonda. Superiamo Rattvik, Leksand e Borlange mentre l'intensità del traffico comincia a divenire rilevante. E' evidente che il tasso antropizzazione del territorio non è più quello della Lapponia. A Ludvika facciamo un tentativo di trovare un posto per la notte ma, entrati nel centro abitato, troviamo un ambiente assolutamente poco rassicurante per cui preferiamo proseguire. Per le 20.00 siamo all'area di sosta Laxbacken, in comune di Kopparberg. Trovando già una roulotte sul posto, valutiamo che il luogo sia sicuro, così ci accodiamo e sistemiamo per bene. Ceniamo ad uno dei tavoli pic nic, coperti da tettoie, cuocendo la carne sulla brace dei contenitori già pronti che si acquistano al supermarket.

Lunedi 21 Agosto 2006
Al termine di una notte insperatamente tranquilla, ci svegliamo che sono le 7.00. In effetti, ieri sera, nonostante la tranquillità del posto, temevamo che il traffico della statale si sarebbe fatto sentire durante le ore notturne, invece assolutamente nulla. Anche in questa area troviamo, e utilizziamo, il locale svuotatoio per le cassette delle acque nere e il rubinetto esterno al blocco servizi, ovviamente riscaldato, dal quale facciamo comodamente carico di acqua. Partiamo alle 9.15 per percorrere i circa 80 chilometri che ci separano da Orebro con assoluta regolarità. In prossimità della città, incontriamo un'intensità di traffico e di segnaletica cui non siamo più abituati e, nonostante Tommy ci supplichi di seguire le sue indicazioni, sbagliamo strada, attraversiamo in parte il centro e sbuchiamo dalla parte opposta sulla E20 verso Aksersund. Finalmente ritroviamo un tratto di autostrada così, dopo tanti giorni, riusciamo a far sfogare i mezzi al meglio delle loro possibilità. L'ebrezza dura poco, infatti presto lasciamo la E20 per riprendere la N50 diretti ad Askersund. Raggiunta la sponda settentrionale del lago Vattern, proseguiamo scendendo ancora verso sud lungo la sua riva orientale. A mezzogiorno ci fermiamo nel Canal Parken, a tassametro per 24 ore, di Motala a pochi passi dalle dighe di passaggio del Gota Kanal. Già dieci anni fa pranzammo in questo posto ma oggi ci fermiamo solo per un caffè, una breve sgambatura e qualche foto nostalgica. Ripresa la marcia, sempre costeggiando il lago, arriviamo ad Odeshog, dove ritroviamo l'autostrada e, alle 13.30 siamo fermi nel parcheggio sterrato antistante il porto. Questo parcheggio, assolutamente capiente, è a tassametro durante il giorno ed, essendo posto davanti l'entrata del campeggio, è vietato ai camper e alle roulotte durante la notte.

Granna è forse la cittadina più graziosa di Svezia, ogni volta che ci capitiamo la troviamo imbandierata, animata di gente e piena di colori. Un vero piacere fare una passeggiata lungo la sua via principale. Pranziamo tranquillamente, mentre il tempo ci regge il gioco, dopo una mattinata un poco altalenante. Ripartiamo alle 14.40 risalendo sull'autostrada. Presto siamo alla periferia nord di Jonkoping, che attraversiamo tranquillamente, dirigendo ancora a sud. Viaggiamo con regolarità e senza rallentamenti. Superata anche Ljungby, lasciamo la E4 per immetterci sulla N25 diretti a Halmstad. Sembra strano ma, anche qui, le statali sono più piacevoli che le autostrade. Torniamo ad immetterci nel bosco di conifere e ad attraversare una zona ricca di laghi e segherie. Per le 17.15, ovviamente guidati da Tommy, arriviamo davanti l'uscio di casa dei nostri amici svedesi già pronti ad accoglierci. Passiamo una piacevole serata assaporando direttamente un poco di vita svedese.

Martedi 22 Agosto 2006
Abbiamo superato una notte assolutamente tranquilla, nonostante la posizione precaria dei mezzi, parcheggiati nel viale di fronte la casa dei nostri amici. Ulla e Kent, ieri sera ci hanno accompagnato a salutare tutti i nostri amici distribuiti nell'hinterland di Halmstad. Abbiamo potuto così constatare che la cittadina è circondata da un ambiente naturale gradevole e pienamente godibile per caccia e pesca. Dopo la colazione, in assoluto stile svedese, per noi quasi un pranzo, partiamo che sono le 10.30. Percorrendo la E6 verso sud, seguiamo la west coast svedese, sponda orientale del Kattegat e dell'Oresund, superiamo Helsingborg ed arriviamo tranquillamente al casello di accesso al ponte tra Malmoe e Kobenhavn. Cerchiamo vanamente di dar fondo alle riserve di corone svedesi che abbiamo ma, causa la fretta, facciamo male i conti e paghiamo con la carta di credito. Atterrati in terra danese, seguendo fedelmente i suggerimenti di Tommy, arriviamo al City Camp che sono le 12.55.

Eseguita la registrazione e pagato il soggiorno, mettiamo in moto il mezzo per entrare nel parcheggio, il gestore ci sbarra la strada sbracciandosi vistosamente. Pensiamo di aver commesso qualche errore, lui ci fa abbassare il finestrino e regala due bei biscottini a Blonde. Lovable Denmark! Sistemiamo i mezzi in questo parcheggio dalle sembianze di cantiere, per molti versi simile a quello di Stoccolma, e dirigiamo verso il centro per la visita sotto un cielo non troppo stabile. Appena lasciato il City Camp, attraversiamo il centro commerciale e approfittiamo del locale Mc Donald per pranzare. Decidiamo poi di raggiungere il centro in battello acquistando un biglietto che ci consente , con un sali e scendi, di arrivare fino alla Sirenetta. Arriviamo così a Nyhavn, che ammiriamo da una prospettiva per noi nuova, scendiamo dal battello e saliamo subito su quello diretto alla Sirenetta. Troviamo la gentile donzella, simbolo indiscusso della città, come sempre assediata di turisti. Facciamo la nostra dose di coda per riuscire a scattare le foto di rito, poi dirigiamo verso i moli dei transatlantici per raggiungere l'Hard Rock Caffè e permettere a Federica di acquistare la maglietta targata Kobenhavn. Nel frattempo approfittiamo dei numerosi negozi di souvenir per completare l'acquisto di cartoline e ricordini. Riusciamo per un pelo a prendere l'ultima corsa del battello per il ritorno. Scesi nuovamente a Nyhavn, ce lo percorriamo tutto, in andata e ritorno, scattando foto come si trattasse di un servizio matrimoniale. Terminate le corse dei battelli, nostro malgrado, siamo costretti a tornare al City Camp passeggiando per il centro.

Raggiunta Kogens Nytorv, imbocchiamo la lunghissima Stroget. E' questa la via commerciale, pedonalizzata, di Copenaghen e si compone di diverse strade, una dietro l'altra. Purtroppo l'ora è tarda, così troviamo aperti solo fast food e qualche negozio di cartoline. In compenso non troviamo l'affollamento delle ore di punta e ci godiamo qualche spettacolo di saltinbanchi. Cammina, cammina, arriviamo alla piazza del municipio. Il crepuscolo incombente, al solito, accentua i colori del bruno laterizio di cui è composto e i raggi del sole fanno scintillare gli ornamenti dorati dell'orologio e dello stemma cittadino. Passiamo davanti al Tivoli, ormai illuminato, e, sempre più stanchi, ci incamminiamo lungo Kalvebod Brygge per tornare al City Camp. Sono le 20.00 quando saliamo sul camper ed abbiamo la brutta sorpresa di scoprire che il boiler perde nuovamente acqua dal tubo rosso, forse troppo corto, così come aveva fatto ad Hasselberg. Basta fare una doccia calda e il boiler perde acqua dal tubo rosso che, evidentemente, ha una tenuta precaria. Dopo il bagno, troppo stretto, la presa di corrente nascosta nello sportello, il lavello troppo basso in relazione al pavimento, l'impossibilità di montare un'oscurante, in quanto non c'è spazio per l'arrotolatore tra il rubinetto e la finestra, e il frigo, che non funziona più a gas, ora ci si mette anche il boiler. Facciamo le docce nei capienti e puliti container del parking, ceniamo ed andiamo a dormire col mal di testa, mentre fuori piove.

Mercoledi 23 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, ha piovuto spesso stanotte, a volte anche con notevole intensità, e stamattina il cielo e piuttosto minaccioso. Dopo effettuate le operazioni di camper service, partiamo che sono le 10.00. Come al solito, Tommy è magistrale nel guidarci fuori del groviglio di svincoli e incroci della megalopoli, così riusciamo rapidamente a prendere la E47 verso Rodby, mentre si scatena un vero nubifragio. La visibilità è scarsa e la strada sembra un torrente, fortunatamente siamo tutti abbastanza prudenti e riusciamo a proseguire senza fermarci. Facciamo pochi chilometri e troviamo la pace dopo la tempesta. Facciamo così un trasferimento tranquillo e piacevole attraversando la gradevole campagna danese con i colori ravvivati dalla pioggia appena caduta. Arriviamo a Rodbyhavn a mezzogiorno e ci imbarchiamo con la corsa delle 12.20. Spira un vento tesissimo, i gabbiani volano da fermi, noi preferiamo restare all'interno e sfruttare l'ora di traversata per consumare un pranzo on board e spendere tutte le corone danesi rimasteci. Sbarchiamo alle 13.10, il tempo ormai si è decisamente rimesso al bello, per cui non abbiamo difficoltà a raggiungere Oldenburg e prendere la A1 per Lubecca. Viaggiamo in tutto un'ora e venti con il traffico sempre più intenso poi, seguendo fedelmente le indicazioni di Tommy, lasciamo l'autostrada per entrare in città. Arrivati di fronte al simbolo cittadino, L'Holstentor, girando a sinistra, raggiungiamo agevolmente il parcheggio in Willy Brandt Allee dove troviamo posto a pagamento. Il parcheggio si trova su un'isola, al centro del fiume Trave, e in parte è utilizzato anche per il pernottamento dai veicoli ricreazionali.

Lasciati gli automezzi, torniamo sui nostri passi e raggiungiamo l'Holstentor, costruita ad imperituro segno della potenza cittadina come capo della Lega Anseatica. Purtroppo la troviamo in fase di manutenzione, per cui è tutta incerottata di impalcature e teli di protezione. Andiamo avanti, superiamo il secondo braccio della Trave, dove navigano diversi battelli scoperti con turisti a bordo, e raggiungiamo il Markt. Come già in altre occasioni, queste piazze, che sono il centro commerciale medievale delle cittadine tedesche, sono eccezionali, veri gioielli di architettura che gratificano la vista e giustificano la visita. Siamo francamente sorpresi, non sappiamo da che parte guardare e fotografare. C'è molta animazione in giro, così seguiamo un poco quello che dice la guida e un poco seguiamo il fiume di turistico. Arriviamo infine alla cattedrale gotica di Sankt Marien dove, come al solito, entriamo a turno per non lasciare sola Blonde. La visita si rivela oltremodo interessante e inaspettatamente ricca di spunti fiabeschi, come le favole del diavoletto, la cui statua è seduta appena fuori le mura della chiesa, del roseto e dell'uomo ubriaco. Terminata la visita, scendiamo il dolce declivo verso la Trave e, una volta in riva al fiume, ci godiamo un bel gelato. Attraversato poi il ponte arriviamo al parcheggio del Musik und Congresshalle, dirimpettaio al nostro.

Ripartiamo alle 16.30 e rapidamente risaliamo sull'autostrada diretti verso Hamburg. Grave errore. E dire che già all'andata eravamo caduti nel grande ingorgo dei lavori autostradali intorno alla megalopoli. Con l'ausilio di Tommy avremmo agevolmente aggirato il tutto percorrendo strade secondarie. Usciti indenni dall'imbottigliamento, riprendiamo la nostra andatura regolare, stavolta lungo la A7, fino all'uscita di Soltau. Qui decidiamo che ne abbiamo abbastanza e che, per la notte, vogliamo fermarci in quella bomboniera di cittadina che Celle. Scendiamo così sulla N3 e ci inoltriamo nel Luneburger Heide. Già dai primi chilometri, le architetture caratteristiche della regione emergono nei fabbricati delle fattorie, poi in villaggi come Bergen si accentuano ancora di più. Ben dopo le 20.00 arriviamo al parcheggio Schutzenplatz di Celle, con posti riservati e colonnina eurorelais a pagamento. Abbiamo qualche titubanza in quanto poco distante troviamo un campo di chiassosi nomadi ma, vista la tranquillità degli equipaggi già presenti, ci fidiamo e sistemiamo. Dopo cenato, quando ormai è buio, facciamo una piacevole passeggiata in centro. Bisogna sapere che in questa città è presente una delle più alte concentrazioni di case a graticcio della Germania, di cui moltissime sono classificate come monumento storico. Troviamo le strade, ovviamente, deserte ma l'atmosfera data dall'illuminazione notturna e veramente particolare. Dopo aver gironzolato un poco, arriviamo sulla piazza del municipio, dove giochiamo con l'acqua della fontana, che spruzza a tempo, poi, lentamente torniamo ai mezzi per la notte.

Giovedi 24 Agosto 2006
Sveglia alle 7.30, cielo coperto e temperatura a 12 gradi. Prima di partire, approfittiamo del camper service per svuotare tutti i serbatoi. Ci muoviamo poco prima delle 9.00, in modo da evitare il pagamento del ticket del parcheggio. Per uscire, procediamo verso sud e risaliamo sulla A7 in prossimità di Hannover. Il traffico che incontriamo rientra nella assoluta normalità tedesca, così scendiamo di latitudine fino all'uscita 75. Ormai si approssima mezzogiorno per cui non ci lasciamo scappare l'occasione di fermarci in un altro gioiello architettonico Hann Munden. Lasciata l'autostrada, scendiamo ripidamente nella valle boscosa e stretta del fiume Werra e, prima di arrivare in città, facciamo una sosta al supermercato Lidl per rifornire la cambusa. Arriviamo poi nel parcheggio in Tanzwerderstrasse dove traviamo facilmente posto. Il centro abitato, poco distante, è sparso su alcuni isolotti creati dalla confluenza del Werra nel Fulda e il nucleo storico, ricco di case a graticcio, si trova arroccato sullo sperone che separa l'ultimo tratto dei due fiumi.

La piazza del municipio, da sola, vale veramente la visita, ma anche tutto il borgo, ricco di ristoranti e negozi, è gratificante. Pranziamo in una delle trattorie che hanno tavoli sulla piazza con un pasto ricco di carne, poi, preso il gelato, facciamo una blanda passeggiata per il centro. Come sempre non abbiamo gran voglia di ripartire, si sta bene in queste cittadine, caratteristiche e tranquille, apprezzate anche da Blonde, che riesce anche ad abbaiare in tedesco. Passiamo due ore di piacere, poi ci rimettiamo in viaggio che sono le 16.40. Pomeriggio monotono di trasferimento lungo un autostrada a tratti invasa di tir. Superiamo subito lo svincolo di Kassel, poi scendiamo rapidamente a sud alternando zone industrializzate a zone naturalistiche. Raggiungiamo Fulda, la aggiriamo e dirigiamo verso Wurzburg. In prossimità della tappa finale della Romatische Strasse, si è fatta ora di cercare un ricovero per la notte. Scartiamo l'ipotesi di recarci al parcheggio del Residenz, per cui, a corto di segnalazioni, scegliamo di uscire al primo svincolo della A3 e cercare posto in uno dei paesini che si distendono sull'ansa del Main.

Lasciamo allora l'autostrada all'uscita 74, dirigiamo su Schwarzbach am Main poi seguiamo le indicazioni per Dettelbach. Arriviamo quasi in centro, rischiando di incastrarci, poi chiedendo ad uno dei pochi passanti, ci viene indicata l'area riservata ai camper. Lungo la riva del Main, su prato, con colonnina servizi e prese elettriche a gettone. Veramente un piccolo paradiso di pace e tranquillità. Di fronte c'è l'attracco della battello per il trasbordo sulla riva opposta del fiume. Siamo solo quattro camper e Blonde, che gradisce particolarmente la sistemazione, appena scesa dal mezzo stacca una corsa circolare furibonda in mezzo all'erba ancora bagnata dalla pioggia. Ci allacciamo alle colonnine e inseriamo moneta sufficiente per la nottata poi, mentre una chiatta risale placida la corrente del fiume e due candidi cigni sfidano elegantemente il suo incedere cavalcando le lunghe onde che genera, ceniamo in assoluta tranquillità.

Venerdi 25 Agosto 2006
Sveglia alle 8.00, stanotte ha piovuto ripetutamente, ora il cielo è coperto e ancora minaccia pioggia La chiatta ormeggiata di fronte l'area ha già cominciato il suo servizio, a richiesta, di spola con l'altra sponda. Prima di partire effettuiamo le operazioni di camper service alla colonnina posta all'inizio della strada di accesso. Ci mettiamo definitivamente in viaggio alle 9.40 risalendo sull'autostrada. All'inizio viaggiamo abbastanza spediti poi, in prossimità dell'uscita di Erlagen, incontriamo un immenso ingorgo, con traffico praticamente fermo. Dando un'occhiata alle cartine e fidando sull'aiuto di Tommy, decidiamo di uscire e aggirare Norimberga per viabilità secondaria. L'idea avrebbe anche funzionato, se non fosse che la distanza tra i nostri mezzi è eccessiva per cui le indicazioni di Tommy, in prossimità degli incroci, arrivano tardi e, qualche volta, facciamo il contrario di quello che intende lui. Anziché puntare su Erlagen, andiamo dalla parte opposta dove troviamo indicazioni per villaggi e graziosi paesetti a noi sconosciuti. Ci mettiamo un poco a capire ma, alla fine, chiediamo a Tommy di guidarci verso Furth. Anziché passare a nord di Norimberga, passeremo a sud. Dopo aver percorso un breve tratto di strada in mezzo ai campi, saliamo sulla superstrada percorrendo la quale ci districhiamo nell'intenso traffico cittadino. Riusciamo sani e salvi a raggiungere la A9 e prendiamo al direzione per Munchen.

Viaggiamo ancora un'ora poi, al solito, per pranzare ci scegliamo una meta gradevole. Alle 13.00 siamo posizionati nei posti riservati del parcheggio delle piscine di Ingolstadt, abbiamo percorso 215 chilometri in tre ore e venti minuti, per lo più trascorsi intorno a Norimberga. Traversiamo Jahnstrasse e, attraverso una delle porte che si aprono nella cinta muraria della città, ci avviamo verso il centro. Arriviamo rapidamente in Rathausplatz, dove troviamo il nostro amico McDonald che ci ospita in una delle sue sale per il pranzo. Dopo mangiato, ancora qualche sfizio durante la passeggiata di ritorno al parcheggio e ci rimettiamo in moto che sono le 15.10. Il pomeriggio in viaggio è piuttosto monotono e malinconico, vero che ci avviciniamo a casa, ma anche che le nostre vacanze stanno per finire. Aggirando Monaco, valutiamo la gran quantità di veicoli che incontriamo e ripensiamo a quando in Lapponia le dita di una mano erano sufficienti per contare quelle che incontravamo in mezza giornata. Ci fermiamo in una delle ultime stazioni di servizio per fare il pieno di carburante e acquistare la vignette poi, senza ulteriori rallentamenti, alle 17.20 raggiungiamo Kufstein e, solo allora, ci accorgiamo di essere già in Austria. Anche l'autostrada austriaca è punteggiata di cantieri ma il traffico scorre nonostante siamo nell'ultimo week end di agosto. Rientriamo sul patrio suolo alle 18.40, quando scolliniamo al passo del Brennero. Percorriamo con prudenza la discesa verso Vipiteno e per le 19.00 siamo piazzati all'interno dell'Autocamp, che ci aveva ospitato all'andata. Stasera il parcheggio, che si va riempiendo, sembra un campo di reduci. Chi torna da molto lontano, come dei colleghi provenienti da San Pietroburgo, chi da molto più vicino, comunque tutti dal nord. Noi, per il botto finale, allestiamo la solita tavolata tra i mezzi, ceniamo in allegria, stappiamo le ultime bottiglie di vino, sopravvissute nei gavoni a tante buche e a tanti dossi, e chiudiamo la serata con un brindisi di augurio per tante altre vacanze, serene e piacevoli come sono state queste.

 

Sabato 26 Agosto 2006
Sveglia alle 7.15, cielo sereno e sole già caldo. Partiamo alle 8.35 nella speranza di anticipare il traffico di rientro previsto intenso durante la giornata. All'inizio abbiamo l'impressione che il gioco ci sia riuscito, ma presto ci dobbiamo ravvedere. Per raggiungere Verona, in tutto poco più di 200 chilometri, impieghiamo tre ore e mezza. Ancora un'oretta e siamo all'area di servizio di Campogalliano dove decidiamo di fermarci visto che c'è una coda di dieci chilometri per inserirsi sulla A1. Andiamo a imbottigliarci negli unici posti liberi nel parcheggio tir, con due lunghi bestioni a distanza ravvicinata che tolgono l'aria. Pranziamo quasi soffocando e, alle 14.10, quando ci riemettiamo in marcia, la coda si è ridotta ad un solo chilometro. Presa la A1 in direzione Bologna, il viaggio diviene più scorrevole, così un quarto d'ora prima delle 16.00 siamo a Firenze da dove stacchiamo la lunga tirata che ci porta al casello di Roma Nord alle 18.25. Arriviamo a casa alle 19.20 e tagliamo il nastro d'arrivo di questo lunghissimo viaggio avendo posto alle nostre spalle ben 10476 chilometri di fatiche ma anche di soddisfazioni.

CONCLUSIONI

Che questo fosse un viaggio faticoso lo avevamo ampiamente preventivato e così in effetti è stato. Maggiormente abbiamo incontrato difficoltà dovute ai numerosi cantieri aperti per la manutenzione e adeguamento delle strade ed autostrade. Già da Amburgo, poi in Danimarca e su, su fino alla strada da Ifjord a Gamvik o sulla Bla Vagen, tanti rallentamenti e impegnativi tratti sterrati, percorsi a velocità pedonale, ci hanno procurato notevoli ritardi facendoci, spesso arrivare tardissimo alle mete previste. Nonostante ciò è stato un viaggio bellissimo, vissuto dal primo all'ultimo chilometro con piena soddisfazione. Ogni giorno cose diverse, previste e impreviste, come la marchiatura delle renne.

Per quanto riguarda l'accoglienza verso gli animali domestici la Scandinavia ha confermato le sue contraddizioni, più accentuate in Svezia che in Norvegia. Nessun insuperabile problema, ma già riuscire ad importarli è un'impresa. Per la sosta non ci sono assolutamente problemi, anche perchè oltre il Circolo Polare Artico pernottare fuori o dentro i campeggi, a parte la tariffa da pagare, non fa una grande differenza. Problemi di sicurezza non ne abbiamo mai avuti e non ne abbiamo mai avvertiti, ma ci hanno informato che bande di scassinatori agiscono con spray soporiferi nelle aree di sosta lungo le autostrade delle coste meridionali. Oggi non sappiamo se tra 10 o 20 anni avremo ancora fortuna, intelligenza e ... salute, per viaggiare insieme ancora, ma se così sarà, certo non ci faremo scappare l'occasione per un altro indimenticabile viaggio nella terra di Moses.

Come ormai consuetudine elenchiamo di seguito la bibliografia, utilizzata per raccogliere informazioni per progettare questo viaggio, e con ciò intendiamo ringraziare autori e siti internet che con il loro contributo ci hanno consentito di godere, per l'ennesima volta, di vacanze che ci hanno pienamente soddisfatti.

Webografia
1 http://www.rsnail.net/magellano/nkap96d.shtml Lumaca Roberto
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6 http://www.camperonline.it/viaggi-Scandinavia2004.asp Paolo Cucco
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8 http://www.camperonline.it/viaggi-nordkapp2005-08.pdf Claudio Brentegani
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10 http://www.turismoitinerante.com/php/itinerari_view.php3?&id=909 Fabrizio Damiani
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Link utilizzati Informazioni

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12 http://www.arctictravel.it/ Diari, Informazioni
13 http://osb.oeresundsbron.dk/frontpage/?lang=1 Orari e prezzi dell’Oresund Bridge
14 http://www.iru.org/Services/FuelWel.E.html Prezzi dei carburanti
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http://www.scandlines.dk, http://www.scandlines.se Orari e prezzi dei traghetti sul Baltico
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