Ci avviamo al momento tanto temuto: le domande in inglese.
Il nostro addetto ai controlli è accigliatissimo
e serissimo. Ci prende tutte le impronte, ci fa la foto
e via parte l’intervista. Ci chiede il motivo del
nostro viaggio, l’itinerario, il nostro impiego in
Italia (a mio marito ha chiesto anche che cosa produce la
ditta per cui lavora!) quanti soldi avevamo in contanti,
se avevamo la carta di credito e ovviamente se avevamo frutta,
verdura, alcool o droga nel nostro bagaglio. Ce la facciamo
e via..ci spara un bel timbro di ingresso sul passaporto,
così, in una pagina a caso nel mezzo, attacca una
parte del foglietto verde e sigla il modulo bianco della
dogana. Le valigie arrivano tutte intere. Un altro addetto
ha controllato il modulo bianco e ci ha fatto segno di andare.
Seguiamo i cartelli door-to-door van. Avevo cercato tanto
sul web le compagnie migliori, i prezzi e poi alla fine
siamo saliti come degli automi sul primo pulmino che ha
aperto la porta!!! La compagnia è San Francisco
City Shuttle, 16$. Prima di partire mi ero chiesta
quale potesse essere una giusta mancia per l’autista
dello shuttle, mi ha tolto dall’imbarazzo lui che
non avendo il resto ha arrotondato per bene quello che io
avevo pensato di lasciare!!
L’autista ha atteso invano di caricare qualche altro
turista per una decina di minuti e poi è sfrecciato
in mezzo al traffico verso il La Luna Inn.
L’hotel è modesto, non nuovissimo ma pulito.
E’ sulla Lombard all’incrocio con Divisadero
St, un po’ lontano dai principali luoghi di interesse
ma con i bus il problema è risolto.
La zona è tranquilla, a 2 passi c’è
un quartiere residenziale e non ci sono strani soggetti
in giro. In 5 minuti a piedi poi si raggiunge Marina con
la splendida vista sul Golden Gate. Vicinissima anche la
parte di Chestnut St piena di localini dove mangiare o bere
qualcosa, c’è anche un Apple store dove tutti
i pc sono collegati a internet e con discrezione (e velocemente)
è possibile approfittare per mandare qualche mail!!!
Abbiamo mangiato da Mel’s sulla Lombard. Il locale
è carino ma il cibo non ci è sembrato gran
che, forse perché eravamo svegli da più di
24 ore e stavamo mangiando un hamburger a quelle che per
il nostro corpo erano le 5.30 di mattina…..
San Francisco mi ha stregato, tutta bella, il ponte primo
tra tutto e poi mi è piaciuta tantissimo Stockton
St a Chinatown, autentica Cina, in mezzo ai cinesi e ai
negozi cinesi. Tutto l’opposto della turistica Grant
Avenue. In questa città fa caldo e freddo allo stesso
tempo. Un attimo prima sei accaldato dal sole e girato l’angolo
arriva un venticello gelido che ti congela le ossa.
Dopo una prima giornata di sole è apparsa la nebbia
sulla baia. Abbiamo noleggiato le bici da Blazing Saddles
al Fisherman’s Wharf, utilizzando furbescamente i
buoni sconto da 5$ che si trovano in tutti gli opuscoli
che sono in giro (aeroporto o hotel). Per me che non sono
per niente allenata non è stato uno scherzo arrivare
fino al Golden Gate, non vi dico la fatica per la salita
fino all’imbocco della ciclabile del ponte e poi attraversarlo
controvento.... stremata!!! Purtroppo la nebbia avvolgeva
tutto lo skyline della città. Ci siamo lanciati giù
per la discesa esagerata che c’è per arrivare
a Sausalito.. ma attenzione… poi c’è
un’altra salita e io a piedi con la bici a mano (che
morbida!!!)
Devo dire che Sausalito è carina,
negozietti e ristoranti, ma me l’aspettavo più
bella dopo tutti i racconti che avevo letto. Forse il fatto
che ci fosse la nebbia ha influito negativamente. La strada
percorsa per arrivare mi fa fatto capire perché al
noleggio ti danno i biglietti del traghetto. Se li usi li
paghi altrimenti se torni in bici li restituisci. Mentre
i miei eroici compagni di viaggio sono saliti in sella (ricordate
la discesa esagerata?? tornando indietro in cosa si trasforma???)
io sola soletta mi sono messa in fila per il traghetto.
Ho memorizzato d’istinto il numero stampato sul lucchetto
della bicicletta. E meno male. Infatti a bordo le ammucchiano
tutte insieme e anche se si pensa di ricordare qual è,
dopo mezz’ora non ti ricordi più!!!!
Piccola nota: al Fisherman’s
Warf c’è un tizio che si nasconde dietro a
dei rami con delle foglie e poi all’improvviso sbuca
fuori con dei gran urli per spaventare la gente che passa.
E guai a fare foto o riprese senza fare un’offerta:
si mette ad urlare a più non posso le sue tariffe!!!
Trascorse le 2 giornate a disposizione andiamo a Mason
st per ritirare alla Hertz la nostra full size. L’orario
era per le 11, noi siamo in anticipo, c’è una
bella fila e ci accodiamo. Quando tocca a noi ci dicono
che la macchina con il navigatore (già pre-pagato)
ce la danno non prima delle 14 e capiamo perché tutti
quelli prima di noi se ne andavano seccati. Fortunatamente
avevamo lasciato le valigie al gentilissimo ragazzo della
reception in hotel dopo aver fatto il check-out così,
liberi dal peso, abbiamo utilizzato il tempo “perso”
per vedere un altro po’ di città. All’orario
stabilito torniamo e sbrighiamo le pratiche con una signora
antipaticissima e scorbutica. Ha voluto le carte di credito
di ogni guidatore aggiuntivo.
La nostra auto è una Mariner Mercury, uno scontro
tra un mini suv e una jeep, cioè con lo svantaggio
di consumare come un suv e lo svantaggio di non avere la
trazione integrale…però spaziosa!!! Delusione
nel constatare che non ha la copertura per il bagagliaio,
quindi tutti i nostri calcoli per portare con noi delle
valigie che potessero stare chiuse senza essere a vista
da fuori sono stati inutili. Non è comunque successo
niente. Riprendiamo le valigie con più di tre ore
di ritardo e lasciamo la città, destinazione Mariposa.
Già a pochi kilometri da San Francisco è evidente
la differenza di temperatura: un caldo allucinante.
Verso sera arriviamo al Miners Inn ci sistemiamo
e uscendo per la cena ci rendiamo conto che Mariposa è
una piccola città fantasma. Tutto buio e tutto chiuso,
pochissimi i ristoranti aperti. Un po’ scoraggiati
ci fermiamo lungo la via “principale” al The
Butterfly Cafe http://thebutterflycafe.com/
Da fuori non sembra gran che ma poi scendendo dalla scala
sul retro ha un piccolo giardinetto per cenare fuori, molto
buio però…ci tengo a segnalarlo perché
ho mangiato una cobb salad strepitosa!!!
La mattina dopo si parte per Yosemite,
ingresso Sud. Facciamo la convenientissima tessera annuale
per l’ingresso ai parchi nazionali e puntiamo verso
la Bridalveil Fall, con poca acqua ma comunque bella. Poi
è la volta della facile passeggiata al Lower Fall
Trail, le cascate sono scarse ma vediamo da vicino un orso!!!E
la giornata poteva anche chiudersi lì….Poi
ci dirigiamo verso Mirror Lake ma vediamo solo qualche pozza
d’acqua e ci dobbiamo fermare per dei cartelli che
segnalano che c’è stata una frana e che non
si può proseguire. Quindi non so nemmeno se quelle
pozze erano il lago un po’ in secca o se non ci siamo
neanche arrivati.
Rientrando ci rendiamo conto che Mariposa è un po’
scomoda per tornarci a dormire con l’intento di tornare
a Yosemite il giorno dopo, c’è abbastanza strada.
La mattina dopo non sono neanche le 9 e siamo già
al Mariposa Grove: non ci fanno salire al parcheggio!!!
Ci dirottano invece verso Wawona per prendere la navetta
gratuita che ci riporterà lì (il parcheggio
per prendere la navetta è poco dopo il Wawona hotel..a
proposito: è un bellissimo albergo!!!) Nel bosco
delle sequoie fa molto caldo e il sentiero è molto
polveroso.
Lasciamo il parco passando per la Tioga road, molto bella.
Ci dirigiamo a Mono Lake perché avevo visto delle
foto molto belle di altri viaggiatori, ma una volta lì
essendo pomeriggio inoltrato troviamo il visitor center
chiuso e nessuna via di accesso chiara al lago. Ci siamo
accontentati di vederlo da lontano e se ne può fare
a meno perché, senza avvicinarsi, non dice niente.
Via verso il Vagabond Inn di Bishop, l’unico
albergo che non ci ha chiesto la carta di credito come garanzia.
Ci sono tanti locali in paese e noi mangiamo una buona bistecchina
da Sizzler.
La mattina dopo sveglia alle 5 per affrontare la Death
Valley.
Consiglio di fare colazione a Bishop se già vi
trovate lì perché proseguendo si trovano i
paesini di Big Pine, Independence e Lone Pine dove non c’è
nulla. Arrivati alla valle, avendo già la tessera
dei parchi, non ci siamo preoccupati di fermarci al visitor
center per pagare.
Penso che anche chi non ha la tessera si faccia pochi problemi
a riguardo perché durante il giro non ci ha fermato
nessuno. Inutile dire che è d’obbligo la crema
solare, il caldo è soffocante e il sole picchia fortissimo.
Se ti fermi anche per pochi minuti senti che la pelle diventa
croccante tipo pollo allo spiedo. Lasciamo la valle verso
le 13,30 e in poco tempo siamo in Nevada diretti verso Las
Vegas, il caldo tremendo ci viene dietro.
Fare al mattino la Death Valley e programmare nella stessa
tappa una sola notte brava a Las Vegas è stato un
errore, troppo faticoso. Comunque…il nostro hotel
è il Planet Hollywood, molto anonimo
rispetto agli altri che lo circondano ma economico con una
bella camera spaziosa. Posizione ottima a fianco del Paris
e vicino al Bellagio. Abbiamo lasciato l’auto al livello
3 (non so dirvi se ci sono più livelli ma immagino
di si) lo stesso piano dove c’è il casinò.
Ebbene per raggiungere la reception, e fare la nostra bella
oretta di fila per check-in, abbiamo attraversato tutto
il centro commerciale dentro l’hotel, tutto il casinò
e preso l’ascensore per scendere di un livello. Dopo
una rinfrescatina siamo sulla strip che è ancora
giorno: tra i lavori in corso e il caldo impressionante
tutto ci appare molto piatto e anche un po’ triste.
Partiamo verso il Luxor e ceniamo lì (alette di pollo
fritte, una favola) quando usciamo però la notte
è arrivata, Las Vegas si è accesa e il delirio
è iniziato…adesso ci siamo!!! L’unica
cosa che io dovevo assolutamente vedere erano le fontane
del Bellagio e non mi hanno assolutamente delusa, sono splendide.
Bella anche l’eruzione del vulcano del Mirage ma nulla
a confronto delle fontane.
La mattina dopo siamo a Springdale dove
pranziamo bene in un ristorante messicano sulla strada,
Casa de amigos. Il pomeriggio tutto dedicato
al parco Zion. Non si entra con la macchina
ma devo dire che il servizio navetta è ben organizzato:
passano ogni 10 minuti circa, le fermate sono lungo la strada
una di fronte all’altra, un bus va verso nord e uno
verso sud. Non si perde tanto tempo per spostarsi da un
punto all’altro.
Visto il tempo a disposizione abbiamo fatto i trail più
semplici: Riverside Walk, Weeping Rock e Emerald Pools.
Il parco ci è piaciuto molto.
La strada tra Zion e Bryce è infinita, si incontrano
tanti piccoli centri e i limiti di velocità sono
molto bassi. Noi arriviamo al Best Western Ruby’s
Inn alle 21.40 sotto la pioggia e con un gran freddo.
Il ristorante dell’hotel chiude alle 22 perciò
siamo andati a mangiare nel fast food che c’è
a fianco, buono l’hamburgher e anche la pizza. Il
Ruby’s è vicinissimo all’entrata del
parco.
Il Bryce Canyon è il parco che ci
è piaciuto di più e non serve tantissimo tempo
per visitarlo . Per prima cosa abbiamo fatto tutti i view
point e poi un unico trail Navajo Loop combinato con Queens
garden trail parcheggiando l’auto a Sunset Point.
La discesa verso Wall Street è tosta, come poi è
tosta la risalita a Sunrise Point ma ne vale la pena assolutamente.
Nel pomeriggio dirigendoci a Moab abbiamo
fatto una deviazione per il Goblin Valley State
Park (ingresso mi sembra 7$ per l’auto) C’era
un brutto temporale che ci girava intorno (poi evitato per
fortuna) perciò ci siamo limitati ad osservare le
rocce dall’observation point facendo solo una piccola
esplorazione a piedi. Sicuramente è per questo motivo
che il luogo non ci ha particolarmente colpito.
A Moab siamo rimasti due notti per poter visitare sia
Arches che Canyonland. Il paese è piuttosto grande
e c’è tutto quello che serve. Noi abbiamo cenato
molto bene da Buck’s Grill House
(un po’ fuori dal centro) i prezzi sono un po’
più alti rispetto alla media ma le bistecche davvero
ottime e buono anche il servizio (mancia già compresa
nel conto del 17%!!). La sera dopo messicano al ristorante
la Hacienda, anche qui abbiamo mangiato
benissimo.
La visita di Arches parte dal trail di
Park Avenue, si scende lungo un percorso costeggiato da
imponenti rocce, che ricordano appunto dei grandi palazzi,
che arriva fino al Courthouse Towers Point (poi bisogna
tornare indietro sullo stesso sentiero per riprendere la
macchina)
Gli altri archi che abbiamo visto in giornata: Landscape
Arch, Broken Arch e Sand Dune Arch, North e South Windows
+ Turret arch, Balanced rock, Double Arch e Delicate Arch.
Più naturalmente tutti i view point. Nel parco non
esiste praticamente ombra ed è caldissimo, non ci
sono punti di ristoro quindi bisogna entrare preparati con
cibo e tantissima acqua.
Il giorno dopo visita di Death Horse State Park
(10$ per l’auto), molto bello, non ci sono trail da
fare ma ci si limita ai view point che offrono un panorama
splendido sul fiume Colorado.
Dopodichè ingresso a Canyonland,
ovviamente nella parte di Island in the Sky. Anche in questo
caso per chi non è un gran camminatore la visita
si limita ai view point, anche se devo dire i panorami sono
molto meglio al Death Horse SP. Abbiamo fatto Grand View
Point, Buck Canyon e Green River Overlook (la cartina che
ci hanno dato all’ingresso segnava la strada per questo
view point come sterrata invece è asfaltata) Poi
passeggiata breve (ma sotto il sole cocente tutto diventa
un pochettino più impegnativo eh!!) verso Mesa Arch,
davvero molto bello. Anche in questo parco nessun punto
di ristoro.
Nel pomeriggio ci siamo spostati in direzione Mexican Hat
(dove abbiamo ammirato la famosa roccia a forma di cappello)
per arrivare verso le 16 alla mitica e tanto attesa Monument
Valley. Come giustamente dicono tutti già
è bella la strada per arrivarci. Si paga l’ingresso
(5$ a testa) e cartina alla mano si inizia la visita.
Avevo letto che la strada era sterrata ma devo dire che
mi aspettavo fosse un po’ meglio visto la quantità
di gente che la visita. E’ molto polverosa e specialmente
nel primo tratto ci sono molte buche e sassi, bisogna guidare
molto lentamente e stare attenti a dove si passa.
Ci siamo fermati ad ogni formazione ma il punto migliore
è John Ford’s Point, una vista bellissima.
Abbiamo aspettato il tramonto vicino al visitor center,
ma sfortunatamente il cielo era velato da un po’ di
foschia e i colori delle rocce non si sono accesi più
di tanto.
Passiamo la notte al Best Western Wetherill di
Kayenta. Orribile cittadina, buia e desolatissima. In queste
zone è tutto gestito dai navajo.
Si riparte verso Page.
Lungo la strada, vicino ai tre famosi camini della centrale
elettrica troviamo le indicazioni per Antelope Canyon,
si vedono bene e si vede anche il parcheggio.
Visitiamo l’Upper (a testa 6$ di tassa+25$ per il
tour guidato) prima paghi la tassa e poi ti fanno entrare
nel parcheggio dove devi andare a pagare per la visita.
Ci hanno caricato su dei furgoncini e a manetta sulla sabbia
(effetto tagadà) ci hanno portato all’ingresso
del canyon. Il luogo è particolare ma gli effetti
di luce non erano evidentissimi. Siamo usciti dal canyon
alle 11,30 circa, sicuramente era troppo presto per la visita.
Tappa successiva Horseshoe Bend spettacolare
belvedere sul fiume Colorado. Poco dopo aver visto la grossa
P scritta su una montagna, si trova sulla destra la strada
che porta al parcheggio, non si paga nulla, la camminata
è come sempre in salita ma ne vale assolutamente
la pena.
Ci avviciniamo poi al Lago Powell che rientra
nell’area del Glen Canyon, infatti anche in questo
caso per entrare utilizziamo la tessera dei parchi. Dopo
una sguardo Wahweap ci spostiamo alla spiaggia di Lone Rock
per un bagno nel lago. Fate attenzione prima di scendere
verso la spiaggia a quale strada prendere perché
alcune sono piene di sabbia e a rimanere bloccati ci vuole
un attimo, per uscirne un po’ di più.
Dormiamo a Page al Best Western Arizonainn
dove purtroppo ci danno una stanza fumatori senza via di
scampo. Mangiamo da Pizza Hut e devo dire che non è
niente male. Della danza navajo che si tiene alle 18:00
davanti alla City Hall neppure l’ombra.
Partenza il mattino successivo per il Grand Canyon:
entriamo da Desert View e ci fermiamo a quasi tutti i belvedere.
La Hermit Road va percorsa obbligatoriamente con la navetta
oppure a piedi. Non ci siamo fermati in tutti i punti perché
tra i più vicini il panorama è molto simile.
Il più deludente Hermit's Rest, il più particolare
The Abyss. Per il tramonto arrivano le nuvole e anche qui
restiamo delusi. La notte la passiamo a Tusayan,
poco dopo l’uscita del parco, all’ Holiday
Inn Express Grand Canyon. La località offre
poco, noi abbiamo cenato in un fast food messicano, We
cook pizza & pasta, molta confusione, cibo
extra-piccante.
Il giorno dopo non ci facciamo mancare il nostro pezzettino
di Route 66 e ci fermiamo a Seligman per
qualche foto ed un giretto nei negozietti di souvenir. Ci
spostiamo verso il Joshua Tree Np percorrendo
la 95, una strada infinita in mezzo al nulla di un torrido
deserto, piena di tir da superare. Arriviamo al parco alle
17,30 e fa così caldo che pensiamo di trovare uno
scheletro col cappello da ranger al visitor center…invece
è chiuso.
Siamo entrati da Cottonwood ed è stata una pessima
idea perché prima di raggiungere la prima cosa interessante
da vedere, cioè l’immensa distesa di cactus
al Cholla Garden, bisogna percorrere un sacco di kilometri
nel nulla con dei limiti di velocità bassissimi.
Se volete visitare il parco conviene sicuramente entrare
dall’Oasis visitor center. Il tramonto in questo parco
è una cosa particolare, tutti gli alberi di Joshua
rendono il paesaggio originale.
Noi per il caldo non abbiamo fatto camminate, ci siamo limitati
ad un giro in macchina. Lasciamo il parco dalla West entrance
station e ci dirigiamo alla caldissima Palm Springs.
Dormiamo al Best Western Inn at Palm Springs
e mangiamo bene messicano al Blue Coyote.
In città non c’è moltissimo da vedere,
sulla via principale un sacco di locali ma poca gente in
giro. Il caldo è davvero allucinante.
La mattina dopo ce ne andiamo verso la tappa che più
ci preoccupa del viaggio: le strade di Los Angeles!!
Invece con prudenza ce la caviamo abbastanza bene e arriviamo
alle 11 al Best Western Hollywood Hills.
Alla reception, gentilissimi, ci danno la stanza anche se
l’hotel prevede il check-in alle 15. Parcheggiamo
nel parking gratuito e a piedi in poco più di un
quarto d’ora siamo sulla walk of fame.
Di barboni ce ne sono ma, come a San Francisco, si fanno
quasi tutti gli affari loro. Vediamo tutto ciò che
c’è da vedere su questa strada e mangiamo al
nuovo centro commerciale Hollywood&Highland, dalla terrazza
si possono fare delle belle foto della strada che sta sotto
e del Capitan Theatre che sta proprio di fronte.
Dopo diversi giretti in auto su Rodeo Drive e a Beverly
Hills abbiamo puntato su Santa Monica. Abbiamo parcheggiato
sulla strada di fronte alla City Hall, per 75 cent all’ora,
e in pochi minuti siamo arrivati al pontile. La spiaggia
mi è piaciuta tantissimo, le famose torrette dei
guarda spiaggia, la ruota e le montagne russe viste e riviste
chissà quante volte nei film. Soffiava un vento gelido
e anche l’acqua freddissima, i piedi però andavano
bagnati!!!
Rientrati in hotel cena da The 101 coffee shop,
il ristorante adiacente all’hotel, molto comodo, mangiato
bene.
Il mattino seguente abbiamo fatto una piccola sosta sulla
spiaggia di Malibu, tanti surfisti ma niente onde…per
poi proseguire verso Santa Barbara. La
città è molto carina, abbiamo fatto una passeggiata
sulla strada principale piena di negozi e locali. Merita
di sicuro una visita più approfondita.
Seguendo un consiglio della Lonely Planet andiamo fino al
piccolo centro di Guadalupe dove si trovano delle dune di
sabbia, set di alcune scene del film Pirati dei Caraibi.
Non si paga nulla e le dune sono particolari, soprattutto
arrivando dalla città non ci si aspetta di trovare
un paesaggio simile. Da qui raggiungiamo Santa Maria per
la notte, un paese tranquillo con poca gente in giro. Dormiamo
al Santa Maria Inn e mangiamo una buona
bistecca da Shaw’s Famous Steakhouse,
praticamente di fronte all’albergo.
Dopo tanto sole, proprio nel giorno in cui dobbiamo fare
la strada costiera, ci svegliamo con le nuvole!! Per prima
cosa visitiamo San Luis Obispo, la piccolissima
Missione e lo stranissimo Bubblegum Alley, un vicolo stretto
dove ai muri sono state attaccate un’infinità
di gomme da masticare: una schifezza con un’incredibile
odore di fragola!!! Subito dopo tocca a Morro Bay
dove facciamo una tranquilla passeggiata lungo il porticciolo
curiosando tra i negozi di souvenir (tutti uguali…),
oltre alla vista di Morro Rock niente di particolare.
Proseguiamo per Cambria. Prima, sbagliando
strada, andiamo verso la spiaggia e ci ritroviamo nel quartiere
residenziale pieno di belle villette, alcune molto particolari.
Poi ritorniamo sui nostri passi e andiamo a parcheggiare
nella via del centro dove ci sono ristorantini e negozietti.
Manco a dirlo mangiamo messicano al ristorante Las
Cambritas.
Cambria è piccola e carina, ideale per una breve
pausa. Poi sosta inevitabile a Point Piedras Blancas per
vedere quei pigroni degli elefanti marini.
Continuiamo il nostro viaggio sempre lungo la Hwy 1, sul
mare c’era una nebbia fittissima tanto da farlo scomparire
e purtroppo è stato questo lo scenario del nostro
Big Sur, nuvole scure e un mare di nebbia bianca.
Giunti a Carmel abbiamo imboccato la 17 miles drive (9,50$
per veicolo) con la certezza di rimanere delusi e in effetti
non sbagliavamo.
Abbiamo seguito la cartina e ci siamo fermati a tutti i
punti panoramici ma il brutto tempo non fa apprezzare un
percorso che a detta di tutti è molto bello.Delle
ville però davvero invidiabili, stupende.
La notte la passiamo a Salinas (hotel Good nite
Salinas) perché essendo fine settimana gli
hotel vicino al mare sono costosissimi. Pessima idea perché
Salinas è un paese orribile, nessuno in giro e quei
pochi...tutto buio e i ristoranti chiusi alle 21. Tutti
i fast food vuoti ma visto che si doveva mangiare andiamo
da Burger King dove troviamo la cassiera più antipatica
e indisponente degli USA. Da evitare assolutamente!!!
Felici di lasciare la cittadina partiamo e visitiamo Monterey.
Facciamo una passeggiata su Cannery Row , un susseguirsi
di negozietti di souvenir ma è andata bene così
perché era quello che stavamo cercando.
In tarda mattinata raggiungiamo Santa Cruz,
molto carina. Parcheggiamo di fronte al Boardwalk un parco
dei divertimenti del 1906, pieno di gente, coloratissimo
parallelo alla spiaggia. Poi una passeggiata sul molo e
pranzo veloce Da Ideal Bar & grill.
In giro anche qui qualche soggetto fuori di testa….
Andiamo al surfing Museum che si trova dentro ad un piccolo
vecchio faro e troviamo per nostra fortuna Steamer Lane,
il luogo preferito dai surfisti professionisti (sempre secondo
la guida..) Infatti erano sotto la scogliera ad aspettare
le loro onde e questa volta ce n’erano tante!!! Siamo
stati oltre un’ora a guardarli nonostante il vento
gelido. Bravissimi, sarà che non li avevo mai visti
dal vivo ma sono rimasta incantata.
La nostra avventura sta per finire, ritorniamo a San Francisco,
si dorme al Comfort Inn & Suites San Francisco
Airport , ottima scelta. Per cena raggiungiamo
la città e andiamo a fotografare il Golden Gate illuminato,
è sempre uno spettacolo.
Il mattino dopo andiamo a riconsegnare la nostra macchina
rosso ciliegia al parcheggio Hertz dell’aeroporto.
Non siamo neppure entrati e vediamo a terra davanti a noi
due file di triangoli appuntiti…visto che non si sa
mai scendiamo e verifichiamo…si abbassano quando ci
si passa sopra. Ci mettiamo in fila con le altre auto, scarichiamo
i bagagli, un addetto ispeziona l’auto, ci lascia
andare, con la monorotaia gratuita raggiungiamo il terminal
delle partenze internazionali, un volo United ci aspetta.
…è proprio finita!!!
Consigli: abbiamo
comprato anche noi il famoso frigorifero da viaggio in polistirolo,
riempito col ghiaccio preso nei distributori degli hotel
(anche se sarebbe solo per le stanze) Io non so se è
sempre così ma il frigo, formando della condensa,
ha inzuppato il tappetino della macchina. Noi ce ne siamo
accorti dopo un paio di giorni per la puzza terribile che
emanava il tappetino (che ci ha seguito poi per tutto il
resto della vacanza). Quindi, per evitare ciò, meglio
mettere sotto il frigo un sacchetto di plastica che contenga
l’acqua.
I ristoranti nel senso classico del termine chiudono molto
presto, quasi sempre alle 21 o poco più nei piccoli
centri. Solo a Moab erano aperti fino alle 23. In alcuni
casi la mancia del 17% era già compresa nel conto
finale quindi è meglio controllare lo scontrino per
non lasciarla due volte.
I fast food hanno orari più elastici però,
saremo capitati male noi, i dipendenti sono sempre scocciatissimi
e spesso maleducati.
La colazione più simile alla nostra è quella
di Starbucks, hanno paste molto burrose ma il cappuccino
pur essendo servito a 250 gradi è discreto.
Nella maggior parte dei locali c’è il free
refill per le bevande gasate (tranne la birra) cioè
compri un bicchiere e te lo riempi da solo finche ne riesci
a bere. Bere acqua è un po’ come essere alieni,
non te la fanno neanche pagare se la chiedi e di solito
te ne portano già loro un bicchiere. E’ del
rubinetto ma non ho sentito un sapore particolare.
Abbiamo fatto la lavatrice due volte, negli hotel per comodità.
Sono molto facili da usare e servono circa 4$.
Per le chiamate a casa ho usato la Columbus Card, estremamente
conveniente e semplice da usare. I nostri normalissimi cellulari
hanno funzionato benissimo per l’invio degli sms.
Alla Hertz hanno accettato senza problemi la nostra patente
italiana, in strada però non ci ha fermato nessuno
(per fortuna)
Nel programma di viaggio avrei, col senno di poi, inserito
almeno altre tre notti. Una a San Francisco perché
è stupenda e avrei voluto avere il tempo di vedere
anche la zona sotto Market St. , una a Las Vegas perché
ci sono tante cose belle da vedere nei dintorni di giorno
e una sera sola sulla strip è uno sfinimento, una
a Zion per visitarlo con più calma.
Questo viaggio è stato incredibile, abbiamo realizzato
un sogno. E’ uno spettacolo continuo e ti ritrovi
per un po’ ad essere anche tu dentro a quello spettacolo.
A presto America!