Il NEMRUT DAGI E LA TURCHIA
29 agosto - 22 settembre 2002
di Mauro
Bertagnolli
Introduzione
Il titolo di questo diario non è scritto a caso:
la méta del viaggio era proprio la vetta del Nemrut
Dagi, tutto ciò che avremmo visto prima e dopo avrebbe
rappresentato solo il contorno. Il piatto forte è
senza dubbio stato all'altezza delle aspettative, ma anche
il contorno si è difeso bene.
I
partecipanti
Siamo in due, Mauro e Nadia, di Trento, viaggiatori da quando
ci conosciamo (beh, Mauro in realtà da prima…),
viaggiamo su un 'vecchio' Nord Camper Jumbo dell'84 con
ormai 170 mila chilometri nelle ruote. Siamo dei solitari,
amiamo cercare i posti fuori dal mondo, sia che siamo in
camper, in bici o a piedi.
Antefatto
Il Nemrut Dagi era nella mia (di Mauro) testa da troppi
anni, precisamente da quando ero un ragazzo. Dalle pagine
del Corriere dei Ragazzi (non vorrei sbagliarmi) fu lanciato
un concorso per progetti originali di viaggio. Ai vincitori
sarebbe stata fornita una R4 ed un parziale finanziamento
del viaggio stesso. Qualche mese dopo vennero presentati
i reportage dei viaggi risultati vincitori, e fu lì
che vidi la foto della R4 con, sullo sfondo, una pietraia
e una enorme testa in pietra di Antioco. Da allora i 'colossi
di Antioco' hanno occupato un posto in qualche mia voluta
cerebrale. Restavano tuttavia una cosa lontana, irraggiungibile.
I
colossi tornarono a galla quando iniziammo a pensare alla
Turchia come possibile meta per un viaggio in camper. Nella
guida turistica infatti risultò che non solo i colossi
erano in Turchia (non li avevo mai localizzati precisamente
prima d'allora, erano semplicemente 'lontani'), ma che ormai
erano anche abbastanza facilmente raggiungibili. Da quel
momento le vaghe parole 'colossi di Antioco' vennero sostituite
dalle più precise 'Nemrut Dagi', con un ulteriore
precisazione da far tremare le vene ai polsi: vicino alla
Mesopotamia. Quindi era possibile unire in un unico viaggio
un evento del mio immaginario di ragazzo con una delle denominazioni
più fascinose dei tempi scolastici. Quando poi risultò
che si poteva passare anche dalla capitale degli Ittiti
e dalla biblica città natale di Abramo, nessuno sarebbe
più stato in grado di trattenermi.
C'è
voluto qualche ulteriore anno (la guida è stata acquistata
nel 1996…), ma alla fine ci siamo riusciti!
Preparazione
/ bibliografia
Oltre alle utilissime indicazioni ricavate dalle relazioni
apparse in internet, abbiamo usato:
Turchia,
guida EDT, 1996 (al solito, fondamentale);
Turchia, guida Routard, 1998 (utilissima, soprattutto per
campeggi, ristoranti, percorsi a piedi);
Turchia, collana Guide culturali Argos, ed. Giunti, 1993
(abbastanza utile per i siti archeologici);
Hattusha guide, ed. Ege, 1999 (comprata in loco, in inglese);
La carta stradale 1:800.000, ed. FMB, 2001.
Come già accennato, la meta del viaggio era la Turchia
interna, quindi il piano era quello di raggiungere in fretta
i luoghi di interesse (Hattusas, la Cappadocia, il Nemrut
Dagi, Sanli Urfa e Harran, fermarcisi quanto serviva, e
poi riservare ciò che restava del tempo alla costa
mediterranea orientale, trascurando completamente le grandi
mete turistiche della costa Egea.
Il
mezzo di trasferimento prescelto è stato il traghetto
Venezia-Igoumenitsa, per tre buoni motivi:
1
- non ci tenevamo affatto a ripetere l'esperienza dell'imbarco
a Brindisi;
2 - volevamo viaggiare in open-deck, e su Brindisi non c'erano
navi di ritorno nel periodo di nostro interesse;
3 - non avevamo mai attraversato la Grecia del nord, e ci
interessava particolarmente passare per le Meteore, che
già avevamo sfiorato in passato.
Il Diario
In questo diario vorremmo riuscire ad esprimere almeno un
po' delle emozioni che abbiamo provato. Non ci dilungheremo
in spiegazioni da guida turistica, per questo ci sono le
guide turistiche. Qualche prezzo degno di nota verrà
espresso in euro, visto che il valore della lira turca cambia
molto velocemente.
29
agosto, Trento - Venezia (km 165, tot 165)
Arriviamo a Venezia alle 13:20. Disbrigo delle poche formalità
ed imbarco. Abbiamo un bel posto vicino ai finestroni, arieggiato.
Il traghetto è bello, pulito, con bar, sala giochi,
self service, discoteca, piscina, servizi e docce pulite.
E' poco affollato, soprattutto da tedeschi. Dormiamo molto
bene. Mare calmo. 25°.
30
agosto, Igoumenitsa - Neapolis (km 279, tot 444)
Dopo colazione saliamo sul ponte per vedere la costa dell'Albania.
Alle 10 siamo all'altezza del golfo di Valona. Più
a sud la costa è poco accessibile e disseminata di
gruppi di bunker. Alle 14:15 sbarchiamo ad Igoumenitsa,
in leggero ritardo. Prendiamo la strada per Ioaninna. Prima
di Ioaninna giriamo a sinistra per Zitsa, imboccando una
strada secondaria che attraversa una zona agricola, con
l'intento di risparmiare qualche chilometro. Ritorniamo
a fatica sulla strada principale, data la totale assenza
di indicazioni e popolazione.
Attraversiamo
le zone teatro delle battaglie tra italiani e greci durante
la seconda guerra mondiale. Paesaggi montani con belle foreste
di pini caledoniani (almeno, tali sembrano a noi). Da Eptahori
si sale ancora ed il paesaggio cambia, con conoidi argillosi,
grigi, fino a Pentalofos.
Dopo
qualche tentativo in stradine laterali alla ricerca di un
posto per dormire, ne troviamo una che fa al caso nostro
poco prima di Neapolis. Ci fermiamo in uno slargo al lato
della strada, poco prima di Xorigos. Il posto è tranquillissimo,
con il solo concerto dei grilli come sottofondo ed un sottile
profumo di timo.
31
agosto, Neapolis - Gümüsyaka (km 735, tot 1179)
Durante la notte è piovuto. Alle 7:20 vediamo il
sorgere del sole, che poi si copre di nuvole. Partiamo alle
8:30, attraversiamo la zona di Kozani, usando un pezzo di
autostrada. La strada riprende a salire fino a Kastania
(1360m), poi scende a Veria. Riprendiamo l'autostrada fino
a Tessaloniki, dove prendiamo la strada (piuttosto monotona)
per Kavala.
Alle
15:00 ci fermiamo a mangiare un panino, per poi ripartire
per Alessandropoli. Visto che è ancora presto, decidiamo
di attraversare la frontiera turca in giornata, anche se
non riusciremo a raggiungere Istambul prima di notte. Attraversiamo
quindi il ponte sull'Evros alle 17. Siamo al confine. Subito
dopo il ponte entriamo nella zona di confine e iniziamo
la trafila per l'ingresso in Turchia. C'è poca gente
e la procedura è complessa, ma facilitata da grandi
numeri che indicano la successione corretta dei 5 uffici
che bisogna visitare. Tra un timbro, un visto, un altro
visto, il visto del visto, il cambio di un po' di soldi
eccetera impieghiamo meno di 25 minuti, un vero record!
La
cosa più traumatica è l'uscita dalla frontiera,
perché una delle due corsie è completamente
occupata da TIR parcheggiati in attesa di sdoganare, e le
macchine che arrivano invadono completamente la nostra corsia.
La situazione è destinata comunque a migliorare velocemente,
in quanto è in costruzione un'ampia zona doganale.
La
strada ora è un susseguirsi di saliscendi. Dopo Tekirdag
iniziamo la ricerca di un campeggio, arrivando così
fino a Gümüsyaka prima di trovarne uno che non
sia ingombro di tendopoli di locali. Il campeggio è
molto spartano, una striscia di terra tra la strada ed il
mare. Sono le 20, è buio, siamo in compagnia di due
tende occupate da Turchi, in lontananza verso nord c'è
un grosso temporale in corso.
1
settembre, Gümüsyaka - Istambul (km 121, tot 1300)
Ore
8:00, durante la notte è piovuto, e ancora piove.
Ci dirigiamo verso Istambul per la strada costiera. Siamo
alla ricerca del camping Londra. Nonostante le indicazioni
molto precise fornite da precedenti viaggiatori e da un
addetto al distributore non lontano dall'aeroporto ci troviamo
dapprima nella colonna di traffico verso il centro, e poi
nel bel mezzo del quartiere di Yenebosna. Per fortuna è
domenica ed il traffico è scarso. L'inversione è
una cosa veramente ardua, anche perché su uno degli
svincoli principali ci sono dei lavori in corso. Finalmente
arriviamo al campeggio, a poche centinaia di metri dal distributore
che ci aveva fornito le indicazioni all'inizio.
Il
temporale è finito, il campeggio è piccolo
e sembra una palude. I servizi sono decenti e l'acqua non
è caldissima. Incontriamo tre campiresti di Treviso
che ci danno qualche utile indicazione sull'uso degli autobus
(nella fattispecie, dell'82). Alle 11 siamo al ponte di
Galata, al capolinea dell'82. La visita odierna tiene conto
del fatto che domani è lunedì, e qualche palazzo
sarà chiuso. Visitiamo quindi la Beyazit Camii, la
Süleymaniye Camii, la tomba di Solimano il magnifico,
l'acquedotto di Valente, Santa Sofia (per la quale si paga
un biglietto esoso di 10€ a testa, più altri
10€ se si vogliono visitare anche le gallerie dei mosaici)
la cui volta è coperta da una gigantesca impalcatura,
per cui si vede pochissimo, Yerebatan Saray (la cisterna),
l'ippodromo. Pranziamo da Doy-Doy (consigliato dalla Routard),
su una terrazza con vista sul Bosforo.
Nel
pomeriggio visitiamo la Moschea Blu e i bagni di Haseki
Hurren. Raggiungiamo quindi di nuovo il ponte di Galata,
da dove l'82 ci riporta in campeggio. Sono le 19:30, abbiamo
fatto una galoppata mostruosa. In attesa della cena, veniamo
divorati dalle zanzare mentre chiacchieriamo con i nostri
vicini.
2
settembre, Istambul (km 0, tot 1300)
Piove, poco. Oggi è lunedì, ed il traffico
è molto intenso. Ci vuole un'ora per arrivare al
ponte di Galata, dove comincia a piovere forte, molto forte.
Ovviamente oggi abbiamo lasciato le mantelle in camper.
Arriviamo al Topkapi alle 9:30, fradici nonostante l'ombrello.
Acquistiamo i biglietti per i palazzo (10€ a testa)
e poi ci mettiamo in coda per i biglietti dell'Harem (altri
10 € a testa). La visita dell'harem è un vero
bidone, ci si va intruppati in 50-60, la guida parla solo
turco per costringervi a noleggiare la fonoguida (che non
c'è in italiano e costa altri 5 €), all'interno
non c'è niente di più di quanto non si trovi
negli altri padiglioni del palazzo, con la differenza che
si è costretti a correre da una sala all'altra, pestandosi
i piedi l'un l'altro. Il resto del palazzo è piuttosto
interessante.
Avvicinandoci
alla sala dove sono custodite alcune delle reliquie del
profeta veniamo raggiunti dalla tipica cantilena di un Imam
che legge il Corano. Pensiamo ad una registrazione, ma quando
entriamo nella sala vediamo che c'è una specie di
acquario con dentro un povero diavolo che recita il Corano
dal vivo, ignorato dalla massa di turisti vocianti. E' la
cosa più curiosa che abbiamo visto al Topkapi. Non
vediamo invece il tesoro, per due buoni motivi: 1) bisogna
comprare un ulteriore biglietto d'ingresso che farebbe lievitare
la spesa totale a 30€ a testa; 2) anche se volessimo
farlo, i biglietti sono contingentati e, ormai, finiti.
Le guide (anche quelle più aggiornate) non riportavano
la presenza di un triplo biglietto, con relativo salasso
(totalmente ingiustificato).
Ormai
sono le 12:30, è uscito il sole, per cui c'è
un clima tropicale, e decidiamo di andare a pranzo. Nel
pomeriggio andiamo al Gran Bazar. E' sicuramente interessante,
ma dopo aver visto i mercati marocchini non ci entusiasma.
Ci deludono soprattutto i venditori, sono così poco…
insistenti! Usciti dal Gran Bazar, passiamo al Mercato Egiziano
(spezie e dolcetti).
Visto
che siamo in anticipo sul programma di visita, attraversiamo
il ponte di Galata e saliamo verso l'omonima torre, attraversando
una zona non turistica, zeppa di botteghe di idraulici,
meccanici e venditori di casalinghi. Oltre la torre, ci
facciamo a piedi tutta Istiklay Caddesi (andata e ritorno),
la via dei grandi negozi e delle ambasciate. Carino il mercato
del pesce. In discesa prendiamo la funicolare sotterranea
che ci riporta al ponte di Galata.
Alle
19 siamo di ritorno in campeggio. Quella di ieri era stata
una passeggiata a confronto di quanto fatto oggi. In serata
arriva un pullman polacco, per cui il numero dei campeggiatori
decuplica.
3
settembre, Istambul - Bogazkale (km 682, tot 1982)
Sole, ore 8:00. Ritardiamo di qualche minuto la partenza
in quanto non vorremmo intossicare i polacchi che stanno
celebrando messa proprio dietro il nostro camper, e sono
al momento della comunione.
Oggi,
esaurita la doverosa formalità della visita ad una
grande città, io (Mauro) mi ritengo finalmente in
vacanza, ed è prevista una giornata di trasferimento.
Lasciamo il campeggio e poi Istambul attraverso la tangenziale
esterna. Il traffico è sostenuto ma scorrevole. Attraversiamo
il ponte sul Bosforo senza vedere nulla, in mezzo ad una
fitta nebbia. L'autostrada attraversa le zone dove recentemente
c'è stato un terribile terremoto, si vedono tantissimi
insediamenti di container. La strada è ottima e poco
trafficata. A Düzce c'è ancora un breve tratto
di strada normale, che scavalca un passo, fino a Bolu. Qui
sperimentiamo per qualche chilometro la velocità
di salita dei camion turchi: meno di 10 km/h!
Fino
oltre Ankara l'autostrada è bella e deserta, a tre
o quattro corsie per senso di marcia. Prendiamo per Selime,
poco dopo l'autostrada termina. Da Delice a Sungurlu il
paesaggio migliora, con rocce rosse e campi coltivati a
vite. Qui incontriamo il tratto di strada peggiore di tutta
la Turchia, anche a causa di numerosissime zone con lavori
in corso. Dopo Sungurlu giriamo a destra su una strada secondaria
per Bogazkale. Di fronte a noi il cielo è plumbeo.
Ad un certo punto inizia a piovere, la visibilità
è nulla, ci sono fortissime raffiche di vento (per
fortuna non grandina), siamo costretti a fermarci al lato
della strada. Pochi minuti dopo riprendiamo, anche per cortesia
verso le insistenze di un automobilista che si offre di
scortarci. In paese giriamo per Yozgat, e in pochi minuti
raggiungiamo il Baskent Restaurant & Camping, carino
e pulito. Siamo gli unici campeggiatori, gli altri clienti
sono degli archeologi tedeschi impegnati negli scavi ad
Hattusas. Durata del trasferimento: 10 ore. Ceniamo al ristorante,
mangiando bene e spendendo pochissimo (8 € in due,
compresa la notte in campeggio).
4
settembre, Bogazkale- Göreme (km 252, tot 2234)
Ore
8:30, sole. Visitiamo Hattusas, l'antica capitale degli
Ittiti. Il percorso è lungo e si fa in camper, fermandosi
a visitare i vari resti, molto interessanti e suggestivi,
anche perché non c'è nessuno. La porta dei
leoni è ciò che ci piace di più. All'uscita
è finalmente arrivato il custode, e paghiamo il biglietto,
cumulativo con il santuario rupestre di Yazilikaya, che
visitiamo subito dopo. Impieghiamo complessivamente 3 ore
a mezza per la visita. Prima di lasciare il paese visitiamo
anche il piccolo museo archeologico.
Ripartiamo
verso sud, verso Bogazliyan. La strada è bella e
veloce, il traffico assente. A Himmetdede giriamo a destra,
e poco dopo a sinistra verso Avanos e Göreme. Attraversiamo
il paesino, che si trova al centro della vallata, e saliamo
subito a Uçhisar, a pochi chilometri sulla collina
sovrastante, per visitare la Kale, cioè la fortezza,
con la luce del tramonto. Da qui si gode un'ottima vista
su tutta la vallata.
Tornando
verso il camper veniamo agganciati da dietro da un 'Ehi,
italiani? Volete un caffè con la moka? C'ho Lavazza!'.
Si tratta di Farouk, che ha un negozio di tappeti proprio
sulla piazzetta prima della rocca di Uçhisar. Noi
non vorremmo fermarci, ho paura che mi si rovini la luce
del tramonto, ma sganciarsi non è facile. Farouk
è molto amichevole, ci chiede da dove veniamo, ci
dice che è stato ospite per una settimana vicino
a Trento da un amico, ci fa vedere l'elenco dei suoi clienti
trentini. Si chiacchera un po'. Al momento di andarcene,
ci chiede: 'Ma Pergine è vicina a Trento?' 'Sì.'
'Mi potreste fare un favore? Devo spedire un tappeto a Pergine,
se me lo portate voi fate rispermiare la spedizione ad un
mio amico'. Dico istintivamente di sì, se il pacco
non è troppo grande. Diciamo a Farouk che ci tratterremo
in zona un paio di giorni, e che passeremo a prendere il
pacco prima di andare via.
Ridiscendiamo
a Goreme e cerchiamo invano il Dilek Camping, che non c'è
più. Ci fermiamo allora al Camping Berlin, piccolo,
discretamente ombreggiato, con servizi puliti. Le piazzole
sono in mezzo ai pinnacoli di roccia. Si cena all'aperto
(un lusso per il nostro modo di viaggiare…), e ci
concediamo addirittura un giretto in centro, dopo cena,
in questa specie di Porto Rotondo della Cappadocia. Non
c'è quasi nessuno in giro. Ci spiegano che siamo
capitati proprio nella pausa tra la fine delle ferie estive
e l'inizio dei tour organizzati. Una fortuna!
5
settembre, Göreme (km 0, tot 2234)
Ore 6:00, strani rumori ci svegliano. Sembrano versi di
qualche bestia, una specie di sibilo, poi sentiamo voci
in lontananza. Dal tambuccio del camper ne scopriamo la
causa. Sono alcune mongolfiere che ci sorvolano a bassissima
quota. Qui a Göreme lo fanno tutti i giorni, all'alba,
portando i turisti a vedere la valle da un'angolatura insolita.
Ore
7:30, sole. In questa giornata ci sposteremo solamente a
piedi, per visitare tutti gli angoli più reconditi
della vallata, guidati dalla sola guida Routard (che peraltro
ci esorta a farci accompagnare da degli esperti…).
La prima meta è il museo all'aperto, che raggiungiamo
in un'ora a mezzo dopo aver vagato non poco per le piccole
valli alla ricerca del passaggio nel canyon descritto dalla
guida, tra antichi resti di chiese rupestri. Per la visita
del museo ci impieghiamo un'ora e mezza, dribblando in ogni
chiesa qualche gruppo di turisti. I custodi che filtrano
gli accessi alle varie chiese ci fanno immancabilmente entrare
quando si accorgono che siamo italiani e nella chiesa di
turno c'è un gruppo italiano. Così possiamo
scroccare qualche spiegazione (peraltro piuttosto scontata).
Tornando
verso il paese facciamo una deviazione che in un'oretta
ci porta a vedere (da fuori, perché purtroppo sono
chiuse a chiave e non c'è traccia di custodi) due
altre chiese. Il paesaggio è spettacolare, in questa
valletta laterale i pinnacoli sono molto alti, sembrano
dei grossi… asparagi.
Pranziamo
in camper, e poi ripartiamo subito. Questa volta vogliamo
salire fino a Uçhisar percorrendo la valle delle
piccionaie, e poi ridiscendere per la valle bianca. Fortunatamente
il sole è coperto da qualche nuvola, quindi la temperatura
è sopportabile. Seguiamo le indicazioni di un locale
e, dopo aver sbagliato un paio di volte valle, ci troviamo
ad arrampicare sul terreno infido, alla volta di Uçhisar.
Arrivati in paese ci becchiamo un bel temporale, quindi
andiamo da Farouk per farci spiegare l'imbocco della valle
bianca.
Farouk
ci fa accompagnare da un suo amico fino all'imbocco della
valle, che da Uçhisar scende in direzione di Avanos.
La camminata dura circa due ore, ed arriviamo al tramonto
sulla strada da Cavusin a Göreme. Rientriamo al campeggio
alle 18:30. Siamo stati in giro complessivamente per 9 ore,
e siamo leggerissimamente stanchi. Stasera niente giro in
centro.
6
settembre, Göreme - Ihlara (km 172, tot 2406)
Pioggia fino alle 8:30, poi per fortuna esce il sole. Partiamo
dal campeggio alle 8:50. E' in previsione una sosta dal
meccanico, in quanto si sente odore di gasolio in cabina,
e guardando il motore si vede che è tutto bagnato.
C'è una perdita dai tubi di ritorno degli iniettori.
Evidentemente la riparazione che ci è stata fatta
alla VW di Trento, per lo stesso problema, qualche giorno
prima della partenza, non era proprio a regola d'arte. Ci
faremo indicare qualcuno da Farouk, quando più tardi
passeremo a ritirare il tappeto.
Intanto
andiamo a Cavusin, dove visitiamo la chiesa rupestre di
Niceforo II Foca. Proseguiamo poi per il museo all'aperto
di Zelve, più tranquillo e particolare rispetto a
quello di Göreme. Non ci sono chiese particolari, ma
un intrico di monasteri semicrollati distribuiti in tre
vallette chiuse. C'è anche un tunnel, parecchio complicato
da seguire e completamente buio, che congiunge la prima
alle seconda valle. Data l'ora, siamo pressochè soli.
Non saremmo invece soli se ci fermassimo ai pinnacoli più
famosi della valle dei camini di fata, dove sono già
arrivati i pullman e dove una foto conterrebbe più
persone che pinnacoli. Chi se ne importa, i nostri pinnacoli
li abbiamo visti ieri, nelle valli solitarie intorno a Göreme.
Non ci fermiamo neanche, e proseguiamo per Ortahisar.
Saliamo
ovviamente sulla rocca, dalla quale si gode di un bel paesaggio
su tutta la vallata, sul paese sottostante, sulle tantissime
piccionaie. Sui tetti delle case ci sono matasse di lana
lavata e vassoi di conserva di pomodoro al sole. Sotto alla
rocca ci sono alcuni negozietti di artigianato ed un laboratorio
di onice. L'atmosfera è rilassata, la gente simpatica.
Nel laboratorio ci offrono un buon thè alla mela
e poi riusciamo a comprare abbastanza oggettini da soddisfare
tutte le necessità di souvenir per gli amici.
Ripartiamo
per Uçhisar, dove Farouk deve scappare alla moschea
(oggi è venerdì). Al suo ritorno, insiste
per offrirci il pranzo, e manda un suo garzone a comprare
due pide. Dopo pranzo ci consegna il pacchetto del tappeto
(è veramente piccolino), e gli chiediamo informazioni
sul meccanico. Ovviamente non se ne parla nemmeno di farci
andare da soli! Si fa spiegare il tutto, lo racconta in
turco ad un suo amico, che parla solo il turco, che ci accompagnerà
nella zona artigianale di Nevsehir, dove Farouk conosce
un vetraio che sicuramente saprà indicare al suo
amico un buon meccanico, al quale l'amico spiegherà
il problema che Farouk gli ha spiegato dopo che io l'ho
spiegato a lui. Peggio che 'alla fiera dell'est'! Partiamo
per il vetraio di Nevsehir. Giunti dal vetraio, un tipo
parla con l'amico di Farouk, poi mi chiede di vedere il
motore. Subito dopo, mi dice di seguirlo nell'officina a
pochi metri da lì, ed inizia personalmente la riparazione.
Ovviamente la presenza di un veicolo strano attira tutti
gli artigiani della zona, che si accalcano per vedere l'operazione.
Con due pezzi di tubo telato, un paio di viti ed una fascetta,
la riparazione è conclusa in pochi minuti, segue
la pulizia del motore e la prova dello stesso per verificare
la tenuta, con grande soddisfazione di tutti, visto il successo
della riparazione. Il tutto è durato circa 20 minuti,
per una spesa equivalente a 6.10 €! Resta un unico
dubbio: sarà stato il vetraio di Nevsehir ad aggiustarci
il camper?
Riportiamo
l'amico di Farouk a Uçhisar, salutiamo e ripartiamo
per Kaymakli, dove visitiamo la città sotterranea
(yeralti sehri): è ormai pomeriggio, è rimasta
un'unica comitiva, la visita è abbastanza rilassante
dopo che siamo riusciti a dribblare le insistenze di una
sedicenti guida. Ripartiamo quindi per Derinkuyu, attraversando
una zona intensamente coltivata, mentre in lontananza vediamo
scatenarsi un furioso temporale (ormai ci siamo abituati…).
Scolliniamo e scendiamo verso la valle di Ilhara. Arriviamo
a Selime, un paesino carino e tranquillo all'imbocco della
valle, con i suoi bei camini di fata che scendono dalla
falesia. Cerchiamo il Selime Mokamp, che non c'è
più. Decidiamo allora di andare a dormire al parcheggio
di accesso alla valle, al paese di Ilhara. Non c'è
nessumo, solo i militari di guardia che ben presto se ne
vanno, ed un paio di inservienti del bar-ristorante, che
li seguono da lì a pochi minuti. Notte tranquillissima,
la prima fuori da un campeggio.
7
settembre, Ihlara - Ovaçiftligi (km 150, tot 2556)
Sole,
una splendida alba. Alle 8:30 in punto ci presentiamo alla
biglietteria, e scendiamo la lunga scala (382 gradini) che
ci porta sul fondo della valle di Ilhara. Seguiremo la guida
Routard, come sempre quando andiamo a piedi. Risaliamo la
valle sulla destra, poi ridiscendiamo, passiamo dall'altra
parte del torrente sul ponte e quindi seguiamo tutto il
canyon fino al paese di Belisirma. Qui volendo ci si potrebbe
fermare a mangiare in qualche ristorantino, ma per noi è
anora troppo presto. Risaliamo quindi tutta la valle sul
lato opposto, deviando dal sentiero principale per vedere
tutte le chiese rupestri segnalate. In tutto ne vediamo
una decina, tutte affrescate, anche se in cattivo stato
di conservazione. Comunque la visita è piacevole,
in quanto i turisti standard si fermano alle prime 3 o 4
chiese più vicine alla scala, e quindi siamo praticamente
soli. Risaliamo i 382 gradini ed arriviamo al camper alle
12, con una fame da lupi.
Dopo
pranzo scendiamo di nuovo a Selime, attirati dalla Kale,
di cui non sappiamo nulla ma che da lontano ci sembrava
suggestiva. Siamo subito avvicinati da alcuni bambini di
5/6 anni, poi da uno più grandicello che si offre
di farci da guida per la salita alla Kale. Dapprima rifiutiamo,
poi accettiamo. La visita è piacevole, si vedono
i tunnel scavati nella roccia per permettere la salita dei
cammelli, un monastero con una bella chiesa, una bella cucina
con qualche incisione. La vista della valle è stupenda.
Visita da non perdere.
Ripartiamo
per Güzelyurt, dove la nostra guida sarà la
più simpatica che abbiamo mai incontrato: Mohamed.
E' un bambino che avrà più o meno 5 anni,
senza denti davanti, biondino, occhi azzurri, capelli corti
e delle enormi orecchie a sventola. Conosce 10 parole in
inglese e forse 5 in italiano. Ci vuole condurre per una
visita completa ed accurata alla chiesa di San Gregorio,
alla valle dei monasteri (dove andiamo in camper e dove
si aggrega un sedicente cugino di Mohamed, un poco più
grande di lui), ed alla città sotterranea, molto
più piccola di quella di Kaymakli, ma che richiede
doti atletiche e di contorsionismo non indifferenti per
calarsi nei vari pozzi e percorrere gli strettissimi cunicoli
tutti curve. Mohamed tra l'altro ci lascia andare con suo
cugino nei cunicoli più profondi, perché un
po' ha paura, e poi farebbe una bella fatica a puntellarsi
sui pozzi, piccolino com'è. Qualche esempio del suo
gesti-vocabolario: chiasa (vale sia casa che chiesa), beee
(ovile, pecora, greppia), donkey (asino), finish (fine della
visita), gesto del fuoco (focolare, cucina), gesto del dormire
(letto), gesto del dormire più gesto del tagliare
la gola (tomba), qualche farfugliamento più church,
ripetuto più volte (indica i diversi stili di chiesa).
Riprendiamo
il nostro viaggio attraversando due passi di circa 1700
metri di quota, in direzione di Gölcük, dove i
numerosi campi allagati ci confermano la violenza del temporale
visto il giorno prima. Prendiamo la strada verso Nigde e
poi verso Yesilhisar, attraversando una zona agricola. Giramo
poi a destra per Ovaçiftligi, una zona ancora non
intaccata dal turismo. I campi sono pieni di donne che separano
i semi di girasole, accovacciate su enormi montagne degli
stessi. In paese c'è il bivio per Sultan Sazligi,
dove ci fermiamo alla Sultan Pansion, il cui proprietario
ci propone il campeggio nel recinto dell'ex museo naturalistico
(chiuso): potremo fare la doccia in una delle camere della
pensione. Il proprietario è anche la guida per la
visita delle paludi. Prendiamo accordi per l'indomani: partenza
alle 6, giro in fuoristrada per vedere gli uccelli, visita
ad un paese caratteristico e fuori dal tempo, giro in barca
in uno dei laghetti che rimangono nella stagione secca,
pic nic, il tutto per la modica cifra di 75 € (un furto),
ottenuta dopo un quarto d'ora di contrattazione feroce (partenza
100 €). Nel frattempo arriva il solito temporale pomeridiano.
8
settembre, Ovaçiftligi - Sultanhani (km 164, tot
2720)
Sveglia
alle 5, il cielo è totalmente stellato. Partiamo
alle 6:15. Il fuoristrada è una scassatissima Lada,
che fa abbastanza rumore da far scappare tutti gli uccelli
dell'anatolia centrale. Nonostante tutto il rumore, e nonostante
la stagione non sia quella favorevole, riusciamo a vedere,
di coda, mentre volano via, alcuni falchi di palude, cicogne
nere, una civetta, dei pivieri, anatre di vario tipo, folaghe,
un'aquila, aironi bianchi e cinerini, un'upupa e una coppia
di gru. Il problema è che la nostra guida non si
ferma da nessuna parte, quindi di fare fotografie non se
ne parla. Inoltre, conosce solo un po' di inglese, quindi
anche capire i nomi degli uccelli è un po' un problema.
Alle
9 arriviamo al vecchio villaggio (potrebbe essere Yenihayat),
dove vivono per lo più vedove ultrasettantenni, ma
ancora molto in gamba. Una di loro ci mostra la sua casa
di mattoni di sterco secco, con una copertura di canne.
Sul tetto delle case si stiva il fieno. Le strade sono piene
di specie di focaccie di sterco impastato, che vengono usate
come combustibile o come mattoni. Le signore sono molto
interessate al fatto che siamo o meno sposati, perché
vedono in Mauro un buon partito, tra risate generali.
Dopo
essere passati da una fattoria isolata, dove ci fanno vedere
un cagnetto di pochi giorni, andiamo a prendere un thè
da alcuni amici della guida. Ritorniamo verso la palude
ed arriviamo ad un canale dove è ormeggiata la barca
a fondo piatto che ci servirà per il giro sul lago.
Qui facciamo uno spuntino a base di formaggio, pane e cetriolo,
e poi ci imbarchiamo, inoltrandoci nel canneto. L'avanzata
è faticosa, il tragitto libero dalle canne è
pieno di curve, il barcaiolo fa parecchia fatica a spingere
la barca con il lungo palo. Vediamo solo anatre, folaghe
e tartarughe, e pensiamo già al bidone, quando il
barcaiolo accosta la barca e ci fa scendere, dicendoci:
'Flamingos'. Effettivamente in lontananza si vede un gruppo
di circa 150 fenicotteri rosa in uno stagno. Ci avviciniamo
con estrema lentezza finchè, giunti a circa 100 metri,
i fenicotteri si alzano in volo e si spostano in uno stagno
vicino. L'avvicinamento riprende, e capiamo che possiamo
anche camminare normalmente perché in qualunque caso
i fenicotteri decollano quando siamo a 100 metri da loro.
Dopo il quarto tentativo, rientriamo verso la barca. La
visione dei fenicotteri ripaga comunque di tutta la gita.
Ripreso il fuoristrada torniamo alla base. Sono circa le
11.
Dopo pranzo (quello vero), ripartiamo, con destinazione
Kayseri, che raggiungiamo attraverso il passo a circa 2000
metri, ai piedi dell'Ercyies Dagi, uno dei vulcani che ha
dato origine alla Cappadocia. Al passo ci sono una serie
di alberghi orridi e due seggiovie. Il tempo è brutto,
la montagna è coperta di nuvole nere, fa parecchio
freddo. Arriviamo a Kayseri alle 14:30, e parcheggiamo in
pieno centro. Appena scesi dal camper un turco ci dà
il benvenuto in tedesco e, vista la nostra targa BZ ci dice
che ha un amico di Bolzano. Si offre di accompagnarci per
una visita lampo della città. Vediamo così
la moschea, il caravanserraglio, una turbe, una medersa,
il mercato della verdura, il quartiere degli artigiani della
lana. Compriamo anche un po' di spezie. La nostra guida
ci spiega che Kayseri è una città di commercio
di tappeti, ci dice che la sua famiglia commercia tappeti
all'ingrosso con Milano, poi ci porta nel mercato coperto
dove si svolge la contrattazione dei tappeti all'ingrosso.
Qui, casualmente, c'è un'unica bottega aperta, visto
che è domenica: la sua. Entriamo molto rilassati
(ricordate l'allenamento del Marocco?), prendiamo un thè,
ci facciamo spiegare le cinque diverse tipologie di tappeto
che si produce a Kayseri, scegliamo il tipo che ci piace
di più. Di questo tipo ci fanno vedere altri 20 esemplari,
e scegliamo quello che ci pare il più bello. Ci chiedono
se siamo interessati all'acquisto, diciamo fermamente di
no. Va bene, sarà per un'altra volta. La nostra guida
ci dà un biglietto da visita, ci indica la strada
per il camper e ci saluta cordialmente. Facile, no?
Si
riparte, domani è prevista una tappona verso il Nemrut
Dagi, quindi cerchiamo di guadagnare un po' di strada. Prendiamo
la strada per Sivas, e ci fermiamo a visitare il caravanserraglio
di Sultanhani, che la guida Routard dice di non confondere
con l'omonimo (e peggiore) che si trova vicino a Aksaray.
Non avendo visto l'altro, non possiamo dire se la guida
aveva ragione. Questo è comunque molto ben conservato.
Durante la visita veniamo avvicinati da un altro turista;
si tratta di un emigrato turco in Germania, con un amico
'esperto' del luogo. Dopo qualche chiacchiera ci chiede
se sappiamo del lago salato (Tuzla Gölü). Mauro
non ne sa nulla, Nadia, pur avendo letto la guida in proposito,
non ricorda nulla. Decidiamo di seguire il nostro amico
verso il lago. La scorciatoia del 'locale' aggira una cava
di ghiaia e termina in mezzo ad un immenso prato. Lasciamo
i veicoli e ci incamminiamo verso l'orizzonte lontano. Un'ora
dopo, quando ormai inizia ad imbrunire ed il camper è
un puntino indistinto alle nostre spalle, il terreno sotto
i nostri piedi si fa paludoso, e ci impedisce di proseguire.
Comunque in lonananza vediamo la distesa bianca di sale.
Contenti e sfatti, torniamo al camper, con il nostro amico
che si prodiga in suggerimenti per un approccio alternativo
il giorno successivo. Probabilmente la strada dall'altra
parte del lago passa a poche centinaia di metri, mentre
noi avremo percorso circa 10 chilometri a piedi, tra andata
e ritorno.
Ormai
è buio, abbiamo bruciato due ore di strada, e decidiamo
di fermarci per la notte sotto il caravanserraglio, proprio
davanti alla moschea con i suoi potenti altoparlanti che
diffondono la preghiera del muhezzin. Per fortuna che di
notte anche lui dorme.
9
settembre, Sultanhani - Nemrut Dagi (km 577, tot 3297)
Sveglia alle 6:50, sole, l'Ercyries Dagi è ammantato
di neve. Ci attende un tappone di trasferimento, anche perché
Mauro deve arrivare al Nemrut Dagi per sera (non ce la fa
più). Torniamo in direzione di Kayseri per qualche
chilometro, svoltando poi a sinistra per Bünyan. La
strada è un continuo saliscendi, ma molto scorrevole
e per nulla trafficata. Passiamo per Pinarbasi, Gürün,
Darende, con i suoi condomini ricoperti da una selva di
pannelli solari e riserve d'acqua. Il paesaggio si fa più
interessante, la strada è sempre buona. Poco dopo
si entra nella zona delle albicocche secche, che vediamo
infatti seccare al sole sui tetti delle case. Ai lati della
strada, numerosi banchetti offrono frutta secca, ma 'non
vorremo mica comprare al primo banchetto che si incontra?'
Risultato, usciamo dalla zona delle albicocche senza comprare
le famose albicocche di Malatya. Ad Akçadag giriamo
per Gölbasi.
Svoltiamo
per Adiyaman, su una bella strada con begli scorci panoramici,
tra campi di tabacco e peperoncino. Ad Adyiaman ci fermimo
mezz'oretta per mangiare un panino (sono già le 14:30),
facciamo gasolio (il benzinaio ci saluta come se fossimo
amici di lunga data), e subito dopo ripartiamo per Kata
(Il cui nome non è riportato sulla nostra carta stradale,
c'è solo il pallino). Dopo Kata saltiamo le numerose
attrattive archeologiche (le vedremo domani), e a Narince
iniziamo ad inerpicarci verso il Nemrut Dagi. La strada
è ben asfaltata, e attraversa minuscoli paesini,
dove gli asini predominano nettamente sulle automobili.
Dopo qualche chilometro la pendenza si accentua, e dopo
la caserma della Gendarmeria l'asfalto termina ed inizia
il lastricato. Gli ultimi 9 chilometri sono parecchio pendenti,
ma pensavamo molto peggio. Saliamo assieme ai dolmus che
portano in cima i turisti a vedere il tramonto. Il panorama
si apre sulla pianura della Mesopotamia al di là
dell'Eufrate: il Nemrut Dagi si erge direttamente dalla
pianura. In tutto, da Kata alla vetta del Nemrut ci mettiamo
1 ora e tre quarti. Nessun problema al camper.
Paghiamo
il biglietto di ingresso (circa 6.50€ a testa, l'ingresso
varrà anche per il giorno dopo), ed in 20 minuti
siamo in cima. La gente si assiepa già sulla terrazza
ovest per godere del tramonto, che però si annuncia
a rischio a causa di alcune nubi basse. Il sito è
fantastico, emana una forza indescrivibile, merita da solo
il viaggio. Improvvisamente il sole fa capolino tra le nubi,
e nei 10 minuti prima del tramonto le statue assumono una
colorazione rosa-dorato, come noi siamo abituati a a vedere
nelle dolomiti. L'unica nota negativa è che è
pressochè impossibile fare una foto alle statue,
letteralmente assaltate dalle persone che si fanno fotografare.
Pazienza, NOI abbiamo tempo. Passano solo pochi minuti dopo
il tramonto e le varie guide iniziano a radunare le loro
greggi, e restiamo praticamente soli a goderci gli ultimi
momenti di luce assieme ai testoni che fissano il crepuscolo,
in un silenzio indescrivibile, mentre le luci in pianura
si accendono, e così fanno le stelle.
Scendiamo
al camper, non ci sono più dolmus, e il ranger del
sito ci indica il posto migliore dove trascorrere la notte:
l'unico punto semi-pianeggiante davanti ai prefabbricati
che ospitano la guarnigione. Due ragazzi in tenda si accampano
di fianco a noi. Sono le 19:30, e domani si replica!
10
settembre, Nemrut Dagi - Sanli Urfa (km 254, tot 3551)
Sveglia alle 4:45 e, sorpresa! Siamo già circondati
dai dolmus saliti nella notte (non ci siamo accorti di niente).
Caffè veloce e alle 5:15 siamo già in cima,
alla terrazza est, il cielo inizia già a schiarirsi,
fa abbastanza freddo, pile e giaccavento ci vogliono proprio.
Al mattino la gente (circa 40 persone) pare disinteressarsi
alle statue, fissa invece verso est, aspettando il sole.
In migliaia di anni la specie umana non è cambiata
di molto!
Il cambiamento di colore che subiscono le statue mano a
mano che la luminosità aumenta è indescrivibile,
molto più morbido e continuo rispetto a quello del
tramonto. Si scattano decine e decine di fotografie (per
quanto ci riguarda se ne sono andati tre rullini), per non
perdere nessuna delle 'espressioni' dei sei testoni allineati.
Al solito, alle 7, la maggior parte delle persone scendono,
istigate dagli autisti. Restiamo noi, una coppia e una signora
tedesca, che non riesce a trattenere le lacrime per l'emozione.
La guardia abbassa il filo che impedisce alla gente di avvicinarsi
alle statue (e che dà parecchio fastidio nelle fotografie)
e scende.
Le
sorprese non sono finite: ci spostiamo tutti e cinque nella
terrazza ovest, ancora in ombra. Le possenti teste delle
aquile, dei leoni e degli dei si stagliano severe sulla
pianura già illuminata a giorno. Piano piano, il
sole aggira il tumulo di pietre della vetta e viene ad illuminare
di taglio le varie statue. Uno spettacolo incredibile! Gli
scatti si susseguono, ciascuno di noi è attento a
non disturbare gli altri.
Dopo
3 ore scendiamo al camper, continuando però a voltarci
verso la vetta. Siamo stati con i colossi per cinque ore
in tutto, il tempo più lungo che mai abbiamo dedicato
ad un singolo monumento, ma avremmo potuto anche restare
di più.
Colazione
(quella vera) e si riparte, la giornata è ancora
lunga. Scendiamo dal Nemrut Dagi e torniamo sui nostri passi
verso Kata. Poco oltre Narince prendiamo a destra per Damlacik.
Qui c'è un'ulteriore strada che porta verso il Nemrut,
di cui non sapevamo nulla. Nei pressi dell'incrocio Nadia
aiuta una tartaruga a compiere un attraversamento della
strada in sicurezza, dato che stava attraversando proprio
dietro ad una curva.
Prendiamo
per Eski Kahta dove visitiamo la Yeni Kale, una rocca dei
mamelucchi del XIV secolo. Il posto è suggetivo,
a strapiombo sul torrente. Tornati al camper, veniamo avvicinati
da un signore che, visto che chiedevamo informazioni, ci
invita a prendere un thè. Accettiamo ed andiamo al
'bar' (un tavolino sotto una pergola), dove il nostro ospite
ed il suo amico ci dicono che una volta la loro era una
zona turistica, ma dopo la guerra (quella del golfo, la
prima che speriamo resti l'unica) e l'inasprirsi della questione
curda (questo è un villaggio curdo, e ci tengono
moltissimo a decantare l'ospitalità del loro popolo)
il turismo è crollato. Poi si offrono per una serie
infinita di servizi: vendita di tappeti originali, gita
a cavallo alle rovine di Arsameia, gita a piedi sulle montagne,
pesca nel torrente, pic-nic, eccetera. Noi dichiariamo di
non avere tempo, perché in serata vogliamo arrivare
a Sanli Urfa. 'A Sanli Urfa? Non ci arriverete mai per sera!'.
'Ma non facciamo il giro alla diga, vogliamo prendere il
traghetto.' 'Non ci sono traghetti.' 'Sì che c'è
il traghetto.' 'Ma c'è solo due volte al giorno.'
Dopo un po' di tira-molla in questo tono, li salutiamo e
ripartiamo.
Ritorniamo
indietro di un chilometro fino ad Arsameia, la capitale
di Antioco, re di Commegene, dove visitiamo le due stele
molto interessanti, non senza aver scambiato due chiacchere
(in turco-anglo-italo-tedesco-gesticolato) con il custode
del sito. Ripartiamo e passaimo sul ponte romano di Cendere
(si potrà percorrere ancora per poco, stanno costruendo
un mega-ponte proprio a fianco), dopodichè ci ricongiungiamo
alla strada principale.
Andiamo
verso ovest, ripassando per Narince, verso il punto dove
la ex statale è interrotta dal bacino formato dalla
diga sull'Eufrate, e dove dovrebbe esserci il traghetto.
Effettivamente l'imbarcadero c'è, manca il traghetto,
ma c'è l'orario che ci indica che manca meno di un'ora
all'imbarco. Nell'attesa, pranziamo. Arriva il traghetto,
che è un vecchio mezzo da sbarco riattato: attracca,
spegne i motori, il comandante scende e va al bar. Arrivano
nel frattempo altre macchine, e tutti vanno al bar. Ad un
certo punto sembra essere giunto il momento propizio, e
si parte, con 45 minuti di ritardo. Ma non ce ne preoccupiamo:
qui il tempo ha un altro valore rispetto al nostro.
La
traversata è breve e suggestiva: stiamo per entrare
in Mesopotamia, quante emozioni in un giorno solo! Una volta
sbarcati, sembra di fare un balzo indietro di un secolo.
Le auto sono rare, il paesaggio è riarso, la strada
corre perfettamente rettilinea nel nulla verso Siverek.
Questo sarà punto più orientale del viaggio.
E' una città abbastanza grande, ne attraversiamo
la periferia. Molte le case costruite con lo sterco, e molti
pani si sterco al sole ad asciugare. La gente qui ha tratti
somatici diversi, gli uomini vestono in maniera diversa,
portano il turbante: sono di origine siriana. La strada
per Urfa è abbastanza trafficata, ma arriviamo ancora
con il sole. Sono le 18 quando posteggiamo in pieno centro,
vicino alle vasche delle carpe sacre di Gölbasi, in
un parcheggio polveroso. Qui passeremo anche la notte, visto
che non c'è campeggio, dopo aver avuto ampie rassicurazioni
sulla sicurezza del luogo, che peraltro sembra parecchio
rumoroso. Ma non c'è problema, in Turchia di notte
le strade sono deserte. Comunque, l'indomani scopriremo
che il posteggio della cittadella, 100 metri oltre, era
molto più defilato e tranquillo.
Visitiamo
subito la zona delle vasche con la luce del tramonto. E'
un'oasi di pace, in una città caotica e polverosa.
La gente passeggia, chiacchiera, nutre le carpe sacre, che
si ammassano a centinaia appena uno tende la mano. E' uno
dei luoghi sacri dell'Islam, patria del profeta Abramo.
Incontriamo un gruppo di un centinaio di donne, vestite
di nero, con il velo nero, che però non disdegnano
di filmarsi a vicenda con le loro telecamere: sono un gruppo
di turiste iraniane, ci spiega un custode.
Facciamo
un giro in centro, e Nadia ha l'idea di chiedere in una
delle farmacie (ce ne sono a decine) indicazioni per andare
a mangiare il Kebab di Urfa; il ragionamento è semplice:
il farmacista non potrà resistere allo spirito corporativo,
dato che anche Nadia è farmacista. L'inizio è
promettente, alla dichiarazione, nel perfetto inglese oxfordiano
di Nadia: 'Ai…farmacist!' il titolare risponde con
un gran sorriso e ci offre subito dell'acqua di colonia
per rinfrescarci le mani. Ovviamente non sa una parola di
nessuna lingua che non sia il turco, ma a gesti riusciamo
a farci indicare un ristorante, che naturalmente non può
che essere quello di fronte. Comunque mangiamo bene, patlican
kebab, spendendo in due la follia di 3.40 €!
Torniamo
al camper, che è un forno, e cerchiamo di tenere
aperte le finestre e la luce spenta, per fare un po' di
corrente. E qui arriva Ip. Chi è Ip? L'autista di
un dolmus. Si avvicina al camper, guarda dentro la finestra
aperta e a gesti ci chiede se non abbiamo la luce. Cerco
di spiegargli che, sì, la luce ce l'abbiamo, ma non
la vogliamo accendere. Lui insiste con la storia della luce,
finchè l'accendo e… oplà, Ip balza nel
camper e si siede comodamente. Attimo di sconcerto, sguardi
che si intrecciano, siamo in un posteggio semioscuro in
una delle città più tradizionaliste della
Turchia, abbiamo uno seduto nel camper, che si fa? E' Ip
a rompere gli indugi, ci chiede da dove veniamo, dove andiamo,
se siamo sposati, se abbiamo bambini, le stesse domande
che ci hanno già fatto cento volte. Poi indica i
dolcetti, appena comprati, che avevamo appena messo sul
tavolo. Gli faccio cenno di prenderne, e lui, in 10 secondi,
se li sbafa tutti! Poi guarda Nadia, che è in pantaloni
corti, e trasecola: no, no, non si fa, la donna deve stare
coperta, niente ginocchia, niente caviglie, niente collo,
niente capelli! Solo in casa, in privato la donna si può
scoprire! Cerco di spiegargli che noi SIAMO in casa, e che
abbiamo acceso la luce solo a causa della sua insistenza,
e che prima nessuno poteva vedere Nadia QUASI NUDA. Sembra
abbastanza convinto della nostra rettitudine, chiede insistentemente
dell'acqua (per buttar giù i sei dolcetti al miele)
prima di farci vedere le chiavi del dolmus, farci capire
che deve andare ed invitarci a fare un giro. Rifiutiamo,
e lui se ne va, non senza avermi raccomandato ancora una
volta di far coprire Nadia, e averci salutato con baci e
abbracci (soprattutto a Nadia).
La
giornata più lunga può dirsi finalmente conclusa.
Sono le 22 passate, siamo distrutti e ci abbattiamo nel
letto.
11
settembre, Sanli Urfa - Gaziantep (km 274, tot 3825)
Sole,
caldo. Alle 8 siamo già all'opera per visitare la
città. Nadia è abbigliata in modo ortodosso,
pantaloni lunghi, camicia maniche lunghe e collo chiuso,
foulard di emergenza. Visitiamo la Cittadella, le vasche
delle carpe sacre con moschee annesse, tutto molto piacevole.
Ma il pezzo forte di Urfa è il bazar, veramente 'sincero'.
La visita è rilassata, la gente simpatica, amichevole,
i commercianti per nulla insistenti. Gli artigiani lavorano
sotto i nostri occhi (stupenda la lavorazione del rame),
ogni tanto si aprono caravanserragli al cui centro ci sono
degli enormi platani, che procurano un'ombra estremamente
gradevole, ci sono parecchie fontanelle ovunque. Gli uomini
giocano a backgammon seduti ai tavolini dei bar (pare che
il gioco progenitore del backgammon sia stato inventato
proprio qui). Compriamo qualche oggetto, tra cui un utilissimo
acchiappamosche.
Alle
12 siamo in partenza per Harran (oggi si chiama Altinbasak,
ma ci sono i cartelli per Harran), una delle città
abitate continuativamente da più tempo, vicinissima
al confine siriano. Attraversiamo vaste coltivazioni di
cotone e tabacco (sorte da poco grazie alla grande diga
sull'Eufrate), fino ad arrivare al piccolo paese, famoso
per le case di fango ad alveare. Per la visita si pagano
1.25€ di posteggio e 1€ a testa. Siamo assaliti
da ragazzini che si offrono come guide, ma rifiutiamo, tanto
non c'è nulla di particolare da vedere, solo ciò
che resta di quella che doveva essere una immensa città
nella pianura, distrutta svariate volte, e che adesso si
presenta come una collina con qualche rudere, tra cui spiccano
la fortezza e la grande moschea. Qui è quasi tutto
ancora da scavare, ci aggiriamo tra i sassi: il luogo emana
una grande suggestione, sarà anche per il caldo torrido
(sono le 14), ma sembra di sentire ancora il rumore dei
commerci e delle carovane in transito.
Fa
veramente caldo (siamo sui 40°), e ci fermiamo in un
boschetto a mangiare, prima di prendere la via del ritorno.
Ripassiamo
per Urfa, e ci dirigiamo verso Gaziantep, che sulla carta
è indicata come il paradiso dei campeggiatori: sono
segnati almeno 5 campeggi nei dintorni, mentre non ce ne
sono altri nel raggio di centinaia di chilometri. Il traffico
è intenso, il peggiore trovato in Turchia, sulle
salite si rallenta fino quasi a fermarsi dietro qualche
nuvola di gasolio che nasconde un camion stracarico, ci
sono tratti con restringimenti per lavori in corso. Ci vogliono
4 ore per fare 150 chilometri. Riattraversiamo l'Eufrate,
torniamo in una zona meno arida, e arriviamo a Gaziantep.
E' buio, e cerchiamo il campeggio a Dülük Doliche,
Alla prima uscita dell'autostrada. Naturalmente non c'è,
e dopo un po' di girovagare nella campagna, sbuchiamo in
piena zona idustriale di Gaziantep: strade deserte, tutte
uguali, nessuna indicazione. Finalmente incontriamo una
pattuglia di militari che ci indicano la strada per Kahraman
Maras: noi non vogliamo andare a Kahraman Maras, ci basta
uscire dalla città e trovare un distributore per
passare la notte. Lo troviamo pochi chilometri dopo il bivio
per Adana, in direzione di Maras.
12
settembre, Gaziantep - Büyükecely Ovacik (km 504,
tot 4329)
Ore 8:20, sole. Oggi, tappa di trasferimento. Prendiamo
l'autostrada, monotona, per Adana, Tarsus e Mersin. Incontriamo
due tartarughe che attraversano l'autostrada, ed alcune
persone che l'attraversano con lentezza equivalente. Finisce
l'autostrada, e scopriamo che, qualunque sia la tratta,
si spende sempre un milione: ieri per 5 chilometri, oggi
per 300. Proseguiamo per strada costiera. A Silifke prendiamo
a destra per Uzuncaburç, per l'unica visita della
giornata. Una bella stradina si addentra in una gola, inerpicandosi
poi sulla montagna, ed arrivando poi nella zona in cui iniziano
le tombe a tempietto. Ovunque, tra la vegetazione, sbucano
antiche tombe. Poco dopo arriviamo al sito archeologico
di Diokaisareia, con un paio di templi di età ellenistica,
un teatro, una porta monumentale. E' molto suggestivo, perché
è integrato nel paesino di campagna, le cui case
sono costruite utilizzando materiali antichi. Poco oltre
c'è, in una valletta calcarea, una necropoli.
Ritorniamo
a Silifke e riprendiamo la costiera, che in realtà
sale e scende in continuazione, si allontana dalla costa
per poi tornare verso il mare. Ci fermiamo per la notte
presso il motel Hayat di Büyükecely-Ovacik, in
un piccolo parcheggio alberato vicino alla spiaggia. Non
c'è praticamente nessuno e, come è già
successo in precedenza, ci fanno utilizzare i servizi di
una delle camere dell'albergo. Il clima è ottimo,
l'acqua del mare calda, la sera mangiamo al ristorante,
sulla terrazza.
13
settembre, Büyükecely Ovacik - Gündogdu (km
317, tot 4646)
Ore 8:30, sole. Durante la notte, qualche zanzara. Riprendiamo
la costiera, che continua imperterrita a zigzagare su e
giù per i monti: sembra di rivivere le scene dei
film anni sessanta, traffico inesistente, strada che segue
ogni movimento del terreno, assenza di guard-rail o paracarri.
E' una bellissima strada per chi ama guidare, ma la media
è molto bassa.
Ad
Anamur andiamo a visitare le rovine di Anamourion, una città
abbandonata dall'antichità, ma ancora abbastanza
ben conservata, anche se priva di monumenti degni di nota.
All'ingresso il custode del sito fa il gesto di darmi tre
biglietti usati e spiegazzati (due per l'ingresso, uno per
il parcheggio, costo complessivo 1,5€), poi evidentemente
si sente a disagio e mi dà tre biglietti nuovi dal
blocchetto. Al momento non ci faccio caso, ma all'uscita
arriva il colpo da maestro. 'Ticket control', mi dice, io
gli do i biglietti, lui li mette via, prende una cartolina
e me la dà: 'Gift', mi dice. Io ringrazio, e ripartiamo.
Chissà a fine stagione che cresta sarà riuscito
a realizzare!
La
strada si fa noioisa, fino a Gazipasa solo coltivazioni
di banane, poi solo alberghi. Pare che la zona sia frequentata
soprattutto da tedeschi. Ci fermiamo a mangiare un panino
nell'unico posto all'onbra che troviamo, sotto un gruppo
di pini marittimi, poi proseguiamo per Side. Il sito sarebbe
carino, ma è sovraffollato anche se siamo fuori stagione,
ed inoltre è ingolfato da esercizi divora-turisti
(ristorantini, negozi di vestiti, pelletteria, gioielli,
bar, disco bar, pub). La cosa interessante è che,
usciti di 50 metri dal 'centro', si tovano, tra il paese
e le spiagge, delle rovine non ancora scavate, semisommerse
dalla sabbia delle dune. Su un bastione vediamo una piccola
civetta dagli occhi giallissimi, che ci guarda annoiata
prima di allontanarsi.
Riprendiamo
la strada di Antalya per fermarci, dopo 15 chilometri, al
Beypet Mocamp nei pressi di Gündogdu, annesso ad una
stazione di servizio, alberato ma purtroppo ormai fatiscente
(a dire il vero sembra ormai in disuso). Poco importa, per
quello che serve a noi il campeggio…
14
settembre, Gündogdu - Çirali (km 288, tot 4934)
A
pochi chilometri da noi c'è il famoso teatro Romano
di Aspendos: non possiamo farci sfuggire una delle principali
attrattive della zona. Arriviamo pochi minuti prima dell'apertura,
quindi entriamo nel teatro per primi e siamo soli. Il teatro
è grande, molto ben conservato (o ricostruito), ma
un po' 'finto'. Alle spalle del teatro sorge la vecchia
collina dell'acropoli, dove i pochi resti sono sparsi tra
i rovi. Dall'alto si ha comunque una buona visuale dell'acquedotto.
All'uscita, a fianco al nostro ci sono tre camper italiani:
sono i primi italiani che vediamo da Istambul. Facendo i
conti, ci rendiamo conto che finora avremo visto sì
e no 10 camper in tutto il viaggio.
Ritorniamo
sulla strada per Antalya, la nostra meta è Termessos,
che promette di essere un po' più 'sincera'. Ci attende
però una trappola: gli incroci. Nella fattispecie
è il primo che ci frega (non ne incontravamo da giorni
di incroci fatti a incrocio, e quindi Nadia non è
preparata, anche se lo sta fissando sulla cartina da quaranta
minuti): dopo mezz'ora che ci stiamo addentrando tra le
montagne, e dopo che ho chiesto più volte invano:
'Ma non dovevamo passare davanti all'aeroporto?' arriva
la soluzione: 'Fermiamoci e chiediamo.' Ovviamente stiamo
percorrendo la strada per Isparta, e quindi dobbiamo tornare
indietro e perdere un'oretta. Per inciso, arrivare a Termessos
da Antalya è veramente facile: si prende per Burdur
e poi si segue la freccia Thermessos. Arriviamo all'ingresso
del parco, e paghiamo 13€ in tutto.
Se
dovete scegliere un solo luogo nei dintorni di Antalya,
andate a Termessos: la città si sviuppava in una
valletta che si inerpica su una montagna, il parcheggio
è posto alla base e poi si sale a piedi. Ci vogliono
almeno due ore per una visita decente. Tutti i ruderi sono
squinternati dai terremoti, le facciate delle case sembrano
costruite dall'architetto egiziano di Asterix e Cleopatra.
Vediamo il teatro, a picco sulla vallata, il ginnasio, i
templi e soprattutto le tombe, tantissime tombe licie sparse
ovunque tra la vegetazione. Il sentiero stesso è
cosparso di pezzi di monumento, capitelli, colonne. Il tutto
è molto suggestivo e, particolare non trascurabile,
poco affollato.
Dopo
pranzo ripartiamo, passiamo Antalya e ci fermiamo un attimo
a Kemer, nella speranza vana di riconoscerla (c'ero stato
30 anni fa): Al posto dell'unica strada polverosa lungo
la costa, con le poche baracche di contadini, adesso c'è
un lindo paese turistico, molto curato, pieno di negozi,
alberghi, e una grossa marina. Proseguiamo quindi per Çirali,
che si raggiunge per una strada molto suggestiva, che sbuca
sulla spiaggia dopo un canyon. Arrivati alla spianata, giriamo
subito a sinistra, verso la chimera. E' tardo pomeriggio,
e non vogliamo perdere lo spettacolo della chimera al tramonto.
Dal parcheggio in 15 minuti saliamo i 150 metri di dislivello
che portano alla spianata di roccia della chimera. Il sentiero
è stato appena risistemato, è largo e comodo,
e questo fa pensare ad uno sviluppo in senso turistico della
zona: peccato.
Siamo
una ventina ad aspettare il tramonto, ipnotizzati dalle
fiamme che escono dalla roccia; c'è un odore che
ricorda quello di cherosene che si sente talvolta sulle
piste degli areoporti. C'è silenzio, l'atmosfera
è magica. Qualcuno s'è portato delle salsicce
che arrostirà più tardi su queste fiamme naturali.
Col sopraggiungere dell'oscurità, il numero delle
fiamme visibili aumenta, si vedono tenui fiammelle azzurre
uscire da piccolissime fessure della roccia. Ritorniamo
al posteggio rischiarandoci la via con le torce. Qui, dopo
che ci siamo piazzati per benino, il posteggiatore ci comunica
che non possiamo pernottare, mentre invece è possibile
farlo giù, alla spiaggia. Scendiamo verso la spiaggia,
ma è buio pesto e non è facile capire dove
stiamo andando, quindi ci fermiamo al campeggio Green Point
Garden, spartano ma pulito.
Çirali
è un posto che merita una visita, non solo per la
chimera, ma anche per la sua spiaggia e per la sua atmosfera
rilassata, quasi incredibile dopo le centinaia di chilometri
di turismo sfrenato che abbiamo trovato, e che ancora troveremo
nei prossimi giorni. Ovviamente noi non abbiamo il tempo
per fermarci, i giorni a disposizione stanno diminuendo
velocemente. E' stata una giornata dura, tra camminate e
chilometri in camper, dopo cena crolliamo immediatamente.
15
settembre, Çirali - Kaleüçagiz (km 147,
tot 5081)
Ore 8, sole. Per poter vedere il tramonto alla chimera,
ieri abbiamo saltato a piè pari la visita a Phaselis,
che però non possiamo evitare, anche perché
rappresenta uno dei miei ricordi annebbiati della visita
precedente. Ritorniamo quindi di buon mattino verso Kemer,
e scendiamo a Phaselis. Il biglietto si paga all'ingresso
del parco, come a Termessos, e costa 6.25€ a testa.
Siamo praticamente i primi, e possiamo visitare le rovine
(tra cui spiccano il teatro ed l'acquedotto) in tutta tranquillità:
ci sono parecchi scoiattoli, per nulla intimiditi dalla
nostra presenza. Un po' più tardi arrivano i primi
pullman, e noi ci dedichiamo allo snorkeling tra le rovine
di uno dei tre porti. L'acqua è molto calda, ci stiamo
più di un'ora, poi prendiamo un po' di sole, prima
di pranzo: era parecchio tempo che non si faceva una mezza
giornata di relax, Nadia stenta a crederci!
Dopo
pranzo siamo pronti a ripartire. Saltiamo Finike ed arriviamo
direttamente a Demre (Kale sulla mappa), con le spettacolari
tombe licie di Myra scavate nella roccia. Ancor più
suggestivo è il teatro, che è in fase di scavo,
per cui centinaia di pezzi di colonne, capitelli, frammenti
della scena con le raffigurazioni di maschere sono allineati
sul terreno.
Proseguiamo
la marcia lungo un bel tratto di costa, arrivando al bivio
per Kaleüçagiz, poco dopo quello per Andriake.
Si vedono parecchie tombe licie nella campagna. La strada
per Kaleüçagiz è spettacolare, attraversa
piccoli paesi prima di arrivare al minuscolo porticciolo
pieno di resti di tombe licie, ristorantini, bancarelle
e barche per le visite a Simena e Kekova. Ci chiediamo se
riusciremo a trovare il famoso Rambo, quando un signore
magro, vestito in modo un po' strano ci fa dei grandi gesti
per indicarci il posto migliore per parcheggiare il camper,
a pochi metri dall'acqua. Il tipo ci fa:'Italiani, eh? Internet?
Io Rambo!'. Ecco fatto, abbiamo trovato Rambo.
Immediatamente
veniamo scaraventati nell'atmosfera del Nome della Rosa,
grazie alla lingua stranissima che parla Rambo: un anglo-italo-spagnolo,
si potrebbe definire, inframezzato da fischi, sibili e versi
gutturali. Rambo lancia subito le sue offerte per un accompagnamento
alle isole il giorno dopo, della cifra discuteremo dopo
cena sulla sua barca, dove ci ha invitati a prendere un
thè.
Poco
dopo arriva un altro signore, molto gentile, che si presenta
come uno di quelli citati dalla guida Routard, ad offrirci
gli stessi servizi. Gli dico che sono già d'accordo
con Rambo, e lui mi fa: 'Internet?' 'Sì, internet.'
Desiste immediatamente, sa che non si può lottare
contro il passaparola della rete. Ceniamo sulla terrazza
del ristorante Kordon, al molo ovest. Mangiamo bene e abbondantemente,
carne e pesce, spendendo in tutto 13€. Dopo cena andiamo
a prendere il thè da Rambo, sul suo barchino. Armeggia
un po' con la teiera, e continua a chiamare un tale Hassan
sul canale 16 del vhf, senza ottenere nessuna risposta.
Alla fine desiste, e chiama Hassan col cellulare. LA comunicazione
dura pochi secondi. Pochi minuti dopo, il silenzio della
notte è rotto dal rumore di un motoscafino che si
avvicina: è Hassan, che porta a Rambo un pacchetto
di biscotti, e poi sparisce nel buio!
Davanti
ad un bicchiere di thè inizia la trattativa sul prezzo
della gita, con le solite argomentazioni dalle due parti:
il costo del carburante, le meraviglie da visitare, il tempo
concesso alla visita, la bassa stagione… Ogni tanto,
il discorso cambia rotta, e si parla del più e del
meno, per poi tornare di prepotenza su cifre e servizi offerti,
con qualche tentativo di Rambo di chiudere la trattativa
con una stretta di mano. Alla fine concordiamo 26€
per tutta la mattina.
Torniamo
al camper: sono arrivati anche i tre camper italiani visti
ad Aspendos.
16
settembre, Kaleüçagiz - Saklikent (km 124, tot
5205)
Variabile.
Alle 9 ci imbarchiamo e partiamo per il giro: Rambo è
prodigo di spiegazioni, spesso non perfettamente intelliggibili.
Due delle espressioni di cui abusa sono 'For example' e
'On the village', non necessariamente seguite da altro.
Visitiamo la spiaggia di Tersane, con le rovine, ormai solo
un pezzo di arco, di una chiesa bizantina, che purtroppo
è piena di rifiuti; le scogliere che la cingono sono
tappezzate da scritte. Suggestiva è la città
sommersa di Kekova, dove è vietato tutto, anche guardare
sott'acqua! Poi andiamo alla grotta azzurra, dove facciamo
un giro con maschera e pinne, infine arriviamo a Simena,
caratteristico paesino, dove si trova la famosa tomba licia
nell'acqua. Bello è anche il forte, con il minuscolo
teatro scavato direttamente nella roccia, e le tombe licie
sparse tra gli ulivi sulla dorsale. Dai lavori che si intravedono
nell'entroterra, è probabile che tra non molto anche
Simena sarà raggiunta da una strada, e quindi perderà
molto del suo fascino. Rientriamo a Kaleüçagiz,
sono le 14, la gita è stata molto piacevole.
Pranziamo
con un'ottima gozleme al Gonul restaurant (3€), poi
ripartiamo. A Kas ci fermiamo solo a fare la spesa. La strada
abbandona la costa, e dopo poco imbocchiamo a destra la
strada per le gole di Saklikent, dove vorremmo risalire
il torrente in una gola che dicono sia molto spettacolare
(le gole sono molto conosciute e molto ben segnalate). Di
fronte a noi abbiamo un muro nero: sulle montagne si sta
scatenando un grosso temporale. Attraversiamo alcuni paesini
polverosi, e, dopo aver attraversato una bella pineta, ci
ritroviamo praticamente nel greto del torrente. Inizia il
temporale, un'esperienza che abbiamo già vissuto
parecchie volte qui in Turchia. Piove sempre più
forte, il vento ci viene contro a raffiche, la paura è
che la pioggia si trasformi in grandine, quindi ci fermiamo
sotto un gigantesco pino. Ad un tratto sembra spiovere,
proseguiamo, quasi al buio. Incontriamo un paio di greggi
di capre che stanno rientrando agli ovili, non si capisce
assolutamente dove siamo.
Ad
un certo punto un cartello ci avvisa che siamo al free parking
di Saklikent, con annesso bar-ristorante. Ci fermiamo abbastanza
vicino alla prete di roccia, il parcheggio è inclinato,
ma dobbiamo aspettare che spiova prima di trovare la posizione
giusta per la notte, adesso non si capisce cosa è
ruscello, cosa prato, cosa fango, cosa parcheggio. Sotto
la pioggia arriva una ragazza, fradicia ma allegra, che
ci dice di parcheggiare dove vogliamo, ci dà il benvenuto,
ci chiede se vogliamo un thè. Le dico che appena
spiove andremo a prenderlo volentieri. Se ne va. Poco dopo
vedo arrivare un ombrellone giallo, e sotto la ragazza con
il caratterstico vassoietto con due bicchieri di thè
alla mela! Bevuto il thè, finisce di piovere, ed
usciamo in perlustrazione. Fatti pochi passi dal camper,
ed improvvisamente sento un rumore che prima non c'era:
poco dietro di noi, un torrentello si sta ingrossando a
vista d'occhio, trasportando grossi sassi e rami che vanno
a formare una specie di diga su di un ponticello. Potrebbe
esondare! Anche i proprietari del bar-ristorante sembrano
preoccupati. Nadia vorrebbe andare via, ma non conoscendo
il posto preferisco rimanere nella parte alta del parcheggio.
Pochi minuti dopo il torrente comincia a calare.
Vado
a vedere il torrente principale nel punto in cui esce dalla
gola: è molto grosso, probabilmente domani non riusciremo
a fare la nostra passeggiata. Ci sono alcuni locali che
hanno i tavolini su piattaforme in legno vicino all'acqua,
e che i proprietari stanno smontando in tutta fretta. Torno
indietro, e dico a Nadia di andare a vedere i caratteristici
ristoranti: ormai, dico, il peggio è passato. Nadia
si incammina, e quando torna mi chiede: 'Quali ristoranti?
Non c'è più niente!' E' arrivata la piena
del torrente principale, e si è portata via tre ristoranti,
la passerella pedonale e mezzo campeggio!
Ceniamo
al Paradise Restaurant (12€, ci stiamo avvicinando
alle zone turistiche), poi a nanna.
17
settembre, Saklikent - Foça (km 522, tot 5727)
Ore 8, sole. Siamo pronti per il nostro tentativo di risalita
delle gole. Arriviamo all'ingresso prima che arrivi il bigliettaio,
quindi entriamo senza pagare. L'acqua del torrente non è
particolarmente alta, ma estremamente limacciosa. Percorriamo
le passerelle nella gola fino al ristorante interno, che
è stato risparmiato dalla piena. Da qui si dovrebbe
proseguire risalendo il torrente camminando nell'acqua,
ma il fango che scende non è certo molto invitante,
quindi rinunciamo.
A
questo punto, non ci resta che iniziare il rientro vero
e proprio, siamo a quasi 2000 chilometri dal traghetto ed
abbiamo 4 giorni di tempo. Passiamo per Fethiye, Göcek
e facciamo una breve deviazione per Daylan, per vedere le
tombe rupestri di Kaunos. Si vedono dalla strada, nei pressi
del campeggio. Non abbiamo né tempo né voglia
di farci portare in barca dall'altra parte del fiume. Riprendiamo
la nostra strada fino a Selçuk: è buona e
scorrevole, il traffico è quasi assente, come al
solito. Arriviamo all'ingresso delle rovine di Efeso alle
16, stiamo per posteggiare, poi vediamo la massa di pullman
e i nugoli di comitive che sciamano tra le rovine. Ci chiediamo
che cosa ci possa dare di più un posto, famoso ma
pur sempre ricostruito e pieno di gente, rispetto alle vestigia
sincere e solitarie che abbiamo visto negli ultimi 10 giorni.
Ovviamente nulla! Si gira il camper e si prosegue.
Prendiamo
l'autostrada, attraversiamo Izmir, e dopo Menemen giriamo
a destra per Foca, porticciolo difeso da una fortezza. Il
posto non è proprio come ce lo immaginavamo, è
completamente cementificato da residence di turchi, anche
se non c'è quasi nessuno in giro. Si potrebbe tranquillamente
dormire lungo il golfo, ma poiché abbiamo visto che
lungo la costa ci sono ben tre campeggi, e veniamo da due
giorni di non-doccia, decidiamo di proseguire. Di campeggio
ne è rimasto solo uno: l'ACIL camping. L'unica cosa
suggestiva è la costa su cui si trova, specialmente
al tramonto. Per il resto, servizi fatiscenti, doccia fredda
solo sulla spiaggia, sferzata dal vento.
18
settembre, Foça - Alessandropoli (km 542, tot 6269)
Sole, partenza alle 8. Per raggiungere la strada principale
attraversiamo Yenifoça, con una zona industriale
abbastanza grossa e molto fumosa (acciaierie). Complessivamente,
non vale la pena di fare questa deviazione. Dopo Altinova
attraversiamo delle saline, dove vediamo parecchi fenicotteri
rosa.
Arrivati
a Canakkale prendiamo il traghetto (14€) che in circa
15 minuti ci riporta in Europa, zigzagando tra le grosse
navi che attraversano lo stretto dei Dardanelli. Dopo Eceabat
ci fermiamo per pranzo sul mare, a lato della strada. Proseguiamo
quindi per Kesan e la frontiera. Ci arriviamo alle 17, convinti
di poter battere in uscita il fantastico record dell'entrata,
forti dell'esperienza maturata e del fatto che c'è
molta meno gente. Sbagliato. L'ingresso nella zona doganale
viene registrato, andiamo quindi allo sportello 2, poi allo
sportello 3 dove ci 'svistano' i passaporti, passiamo allo
sportello 4 (quello doganale) dove ci ritirano i papiri
che ci avevano dato all'andata, rimontiamo in camper ed
andiamo verso il controllo finale, all'uscita dalla zona
doganale. Stop! Non si può uscire, manca qualcosa.
Ci fanno parcheggiare, ed a gesti mi fanno capire che non
ho seguito la procedura. Io mimo tutti i passaggi burocratici,
ma mi dicono che devo tornare al via, al computer iniziale!
Torno al computer iniziale, senza più i papiri, l'addetto
mi riconosce, strabuzza gli occhi (cosa ci faccio ancora
lì?), mi chiede i documenti del veicolo. Torno al
camper, prendo i documenti, torno alla postazione 1. Ah,
scoperto l'inghippo: l'ingresso nell'area doganale non era
registrato correttamente, quindi sul computer dell'uscita
non risultavamo. Eh, sempre colpa di questi benedetti computer!
Ok, adesso è tutto a posto, vado alla postazione
5, dove ci sdoganano, e possiamo lasciare la Turchia. Tempo,
poco più di mezz'ora.
Usciamo
dall'autostrada poco dopo il confine, ad Alessandropoli.
Vorremmo fermarci nel grande parcheggio a fianco al porto,
ma un signore si avvicina e ci dice, in un buon italiano,
che all'indomani ci troveremmo imbottigliati, perché
è giorno di mercato. Ci dice che comunque possiamo
posteggiare nell'attiguo parcheggio della marina ('Io resto
nei paraggi, se vi fanno problemi, chiamatemi pure', ci
rassicura). Già che ci siamo, vista la cortesia del
nostro ospite (si comporta come se fossimo andati a casa
sua), gli chiediamo consigli per la cena. Mangiamo in un
ristorante nella piazza centrale, in realtà una specie
di rosticceria, ma dimesso e 'sincero', come piace a noi.
Spendiamo 17€ (veri), che includono due fantastici
caffè greci.
19
settembre, Alessandropoli - Meteore (km 606, tot 6875)
Sole, oggi tappone di trasferimento. Spesa al mercato di
frutta, verdura, olive (ce ne sono decine di qualità),
e alle 8.45 siamo per strada. Ci fermiamo solo un attimo
per il pranzo, passiamo Salonicco, superiamo Katerini, usciamo
da quello che i greci si ostinano a chiamare autostrada
a Larissa (uscita 4) ed andiamo verso Kalambaka. Qui abbiamo
un conto in sospeso con le meteore. Qualche anno fa, era
il 1989, arrivammo per la prima volta a pochi chilometri
da qui quando il motore della fedele R5 ci piantò,
in un pomeriggio di agosto. Alcuni anni dopo l'escursione
alle Meteore non venne nemmeno iniziata perché iterrompemmo
le ferie in anticipo a causa della rottura del gommone.
Questa
volta a Kalambaka ci arriviamo, e nelle condizioni migliori.
E' pomeriggio e, superato il paese di Kastraki, ci addentriamo
nella vallata che ospita i monasteri in una luce calda,
con le ombre che già si allungano. Percorriamo tutta
la strada che collega i monasteri, fermandoci di tanto in
tanto a fotografare, ed arriviamo sulla terrazza panoramica
sopra il monastero di Rossani. Qui alcune persone stanno
aspettando in silenzio che il sole tramonti. Di nuovo assaporiamo
quell'atmosfera magica che si respirava sul Nemrud Dagi:
la vista sullla gran Meteora è ottima, la sagoma
ormai nera si staglia nella luce calda del crepuscolo. Alla
fine, tutti se ne vanno, ma noi no. Ci fermeremo qui per
la notte (non ci sono divieti di sosta notturna, contrariamente
a quelli presenti nei parcheggi dei monasteri maggiori).
La
serata trascorre nella lettura per Mauro, e nella trasformazione
di un paio di pantaloni in una gonna per Nadia: infatti
alle donne l'accesso ai monasteri è consentito solo
se indossano la gonna, mentre per gli uomini sono vietati
i pantaloni corti. In pratica, le restrizioni di visita
per le donne sono maggiori che non nelle moschee delle più
conservatrici città musulmane della Turchia! Il lavoro
viene abbastanza bene, ma domani scopriremo che all'ingresso
dei monasteri vengono fornite delle gonne-pareo alle donne
che ne sono sprovviste.
20
settembre, Meteore - Igoumenitsa (km 256, tot 7131)
Ore 9:00, inizia la visita ai monasteri. Poco dopo l'orario
di apertura, nonostante siamo in bassa stagione, la stradina
di collegamento si riempia di pullman, e la coda per la
visita ai monasteri maggiori è scontata. I più
affollati sono Varlaan e Gran Meteora, seguiti da Aghios
Stefanos, mentre il quarto da noi visitato, Santa Trinità,
è pressochè deserto.
I
monasteri sono tutti simili, tipicamente la cosa più
interessante sono le chiesette, poi ciascuno ha la sua peculiarità,
tipo il montacarichi, la cantina, la cucina, il refettorio,
eccetera. Manco a dirlo, quello che ci piace di più
è quello meno affollato, Aghia Trias, che si raggiunge
salendo una faticosa scalinata scavata nel fianco del colle
che lo ospita. Il frate all'ingresso ci accoglie come vecchi
amici, ci offre delle caramelle gommose, ci chiede informazioni
sulla nostra provenienza, ci fa i complimenti per la 'bella
famiglia'. Nel monastero non c'è molto, la ristrutturazione
lo rende abbastanza moderno, ma alcuni scorci ripagano della
fatica; e poi, siamo pressochè SOLI, il che alle
Meteore è un bel risultato.
Terminata
la visita, scendiamo a Kalambaka, dove purtroppo non arriviamo
in tempo per visitare la chiesa bizantina. Pranziamo sul
sagrato, poi ci mettiamo in marcia per Igoumenitsa. Attraversiamo
il passo Katara, Metsovo, Ioaninna prima di arrivare a Igoumenitsa.
La strada è molto tortuosa e molto trafficata, decisamente
peggiore di quella più a nord che abbiamo fatto all'andata.
E dire che il mio amico greco Marios me l'aveva espressamente
consigliata per la sua migliore percorribilità! C'è
da dire che ci sono dei grossi lavori sradali che porteranno
ad evitare il passo, quindi tra qualche anno questo itinerario
diventerà conveniente.
Arriviamo
a Igoumenitsa al tramonto, facciamo il check-in per l'imbarco,
poi andiamo a cercare un posto per la notte. A nord del
paese una strada costiera porta ad una laguna, oltre la
quale c'è una lunga spiaggia, che inizia con un campeggio.
Poco oltre ci fermiamo sutto gli eucalipti, in una zona
con doccia sulla spiaggia e servizi verso la laguna. La
sosta non è espressamente vietata, ma probabilmente
in stagione potrebbe esserci qualche problema. Il posto
è bello e tranquillo, nella laguna avvistiamo una
cicogna e un paio di aironi. Ci sono anche le zanzare.
21
settembre, Igoumenitsa - Venezia (km 0, tot 7131)
Sveglia tranquilla, alle 8:00 siamo all'imbarco, e salpiamo
alle 10:30. Il traghetto è decisamente più
affollato che all'andata, ed il posto dove parcheggiamo
è decisamente peggiore. Durante la notte soffriremo
un bel po' di caldo. Nel pomeriggio, intanto, approfittiamo
per far ordine in camper e per fare una bella pulizia interna:
tutto lavoro risparmiato per quando saremo a casa!
22
settembre, Venezia - Trento (km 155, tot 7286)
Sbarco a Venezia, e in poche ore siamo a casa, in tempo
per svuotare il camper, fare ordine, mettere a lavare un
po' di roba e prepararci per domani. Già, domani
si lavora!
Notizie
pratiche - annotazioni
Itinerario
per la Turchia
Secondo me, partendo dal nord Italia, la soluzione Venezia-Igoumenitsa
merita di essere valutata. Ha meno incognite dell'attraversamento
di Slovenia, Croazia, Yugoslavia e Bulgaria, con le lungaggini
alle frontiere, e credo che alla fin fine non costi molto
di più. Inoltre, una giornata di attraversata si
sopporta bene, e l'open deck è veramente ben organizzato.
L'opzione
Brindisi-Cesme è stata scartata perché, oltre
ad essere più costosa, non riduceva sostanzialmente
i chilometri da percorrere su strada, anche se l'autostrada
Adriatica è sicuramente meglio delle strade dell'interno
della Grecia.
Quando
ritorneremo in Turchia, penso che opteremo di nuovo per
questa soluzione.
Perché
salire al Nemrut Dagi in camper
Da molte relazioni di viaggio ho letto che l'escursione
al Nemrut viene effettuata con un transfert organizzato
da lontano, tipo la Cappadocia. La nostra relazione dovrebbe
già avervi convinto ad andare autonomi. Ma se vi
trattengono dubbi di tipo meccanico-prestazionale, sappiate
che:
1
- le strade per raggiungere Kata sono buone e per nulla
trafficate, e anche piuttosto interessanti;
2 - i dolmus che fanno la spola con il Nemrut sono tipicamente
dei Ford Transit stracarichi di gente, e lo fanno due volte
al giorno;
3 - se vi spaventano le pendenze, potete fare un test prima
di arrivare alla stazione della gendarmeria: questo infatti
è il tratto più ripido in assoluto, ma ha
ancora una pavimentazione 'tradizionale'. Se pensate che
il vostro mezzo non vi permetta di fare 9 chilometri su
pendenze di questo tipo, prima della gendarmeria ci sono
2 o 3 campeggi, dove potrete fermarvi e farvi accompagnare
in vetta. Gli ultimi 9 chilometri comunque alternano tratti
ripidi a tratti con pendenza inferiore, ed un paio di tratti
sono pianeggianti;
4 - subito dopo la gendarmeria c'è un tratto che
riassume tutte le caratteristiche della salita successiva,
come pendenza, pavimentazione, larghezza della strada; è
lungo qualche centinaio di metri, dopodichè la strada
spiana;
5 - la strada è sempre larga come una normale strada
secondaria, gli incroci non pongono alcun problema, ed è
abbastanza facile girarsi (a meno che non abbiate 7 metri
di veicolo);
6 - se non ci fosse posto in cima (o, meglio, se ci fosse
un altro camper), non c'è problema: 100 metri sotto
c'è una zona pianeggiante dove possono sostare tranquillamente
5 o 6 veicoli.
Pernottamenti
Abbiamo dormito di preferenza in campeggio, a meno che questo
non si scontrasse con le nostre esigenze turistiche. Non
abbiamo avuto nessun problema a dormire in campeggio libero.
Ci sono stati consigliati i distributori di benzina, ed
effettivamente li abbiamo usati un paio di volte: i gestori
sono cordiali ed il traffico, che può spaventare
quando ci si ferma la sera, di notte è inesistente.
Qui di seguito una lista dei posti dove abbiamo dormito
(dove abbiamo indicato la spesa, si intende a notte per
due persone + camper).
Località |
Pernottamento |
Osservazioni |
Gümüşyaka |
Campeggio |
Striscia
di terra incastrata tra la strada ed il mare, prima
di una salita. Spartano, 3.00. |
Istambul |
Camping
Londra |
Non
particolarmente pulito, 8.00 |
Boğazkale |
Baskent
Restaurant & Camping |
Carino
e pulito, 8.50, cena compresa! |
Göreme |
Berlin
Camping |
Pulito,
centrale, abbastanza ombreggiato. 5.50 |
Ilhara |
Parcheggio
di accesso alla valle |
Posto
tranquillo e isolato |
Ovaçiftliği |
Parcheggio
museo |
Annesso
alla pansion Sultan, con uso delle docce e dei servizi |
Sultanhani |
Davanti
al caravanserraglio |
Posto
tranquillo, a parte il muhezzin e i suoi altoparlanti |
Nemrut
Daği |
Davanti
all'ingresso |
Poco
posto, ma in caso c'è un parcheggio più ampio 100
metri più in basso |
Şanli
Urfa |
Parcheggio
vicino alle vasche di Gölbaşi |
Il
parcheggio ai piedi della cittadella è più defilato
e meno polveroso |
Gaziantep
|
Distributore
sulla strada per Maraş di fronte alla Gendarmeria
|
Buono,
i distributori sono un ottimo posto per dormire in
Turchia |
Ovacik |
Motel
Hayat & Camping |
Sul
mare, tranquillo, nel parcheggio del motel, 4.35 |
Gündoğdu |
Beypet
Mokamp |
Fatiscente,
sporco, ma era al posto giusto al momento giusto.
3.10. |
Çirali |
Geen
point Garden |
Spartano
ma simpatico e pulito. 5.00. |
Kaleüçağiz |
Parcheggio
del porto |
Tranquillo,
tutti molto gentili e discreti |
Saklikent |
Parcheggio
del Paradise Restaurant |
Fuori
stagione è sicuramente tranquillo. |
Foça |
ACIL
camping |
Fatiscente,
da evitare, meglio stare in paese. 3.10 |
Alessandropoli |
Parcheggio
del porto/marina |
Giovedì
mercato! |
Kalambaka |
Parcheggio
sopra il monastero di Rossani |
Uno
dei pochi dove non è vietata la sosta notturna. Spettacolare! |
Igoumenitsa |
Spiaggia
a nord del paese |
Tranquillo,
forse non utilizzabile in stagione |
Il meglio
Le cose che ci sono piaciute di più, in ordine approssimativo
di gradimento, sono:
-
la visita e la notte passata in vetta del Nemrut Dagi;
- le vallette solitarie (e non turistiche) della zona di
Göreme;
- il bazaar e la vasche delle carpe di Sanli Urfa
- Selime e la valle di Ilhara;
- le rovine di Termessos;
- le rovine di Hattusas;
- la palude di Ovaçiftligi;
- Kaleüçagiz e la visita a Kekova e Simena;
- Çirali e la chimera.
Le meteore devono essere aggiunte alla lista di gradimento
anche se sono in Grecia.
Costo
del viaggio
Si è trattato di un viaggio decisamente economico.
Il costo della vita in Turchia è basso, quindi si
spende poco per mangiare, per dormire, per viaggiare, e
anche per le visite, se si escludono le attrazioni nei luoghi
più turistici, dove il prezzo del biglietto è
a dir poco esoso. Abbiamo speso circa 390€ di traghetto
Italia-Grecia, per il resto del viaggio (altri traghetti,
carburanti, pasti inclusa la cambusa iniziale ed i ristoranti,
pedaggi, campeggi) circa 940€, per le visite circa
365.00€.