Viaggiare - Diari di Viaggio

 

ESTATE 2001: LA TURCHIA!

di Vito De Bellis

 

"…sarà la volta che venderemo il camper !!!…" Questa la frase che avrebbe dovuto concludere il diario dello scorso anno (ma che non ho avuto il coraggio di scrivere) quando paventavo anche per quest'anno disavventure meteorologiche.
Come promesso siamo andati a sud, in un posto caldo e poco piovoso, portando con noi come portafortuna altri due equipaggi, i nostri amici Giovanna ed Egidio e Luciana con Saverio.
E' andato tutto benissimo, il tempo è stato bellissimo ed il camper, per fortuna, non si è venduto e non si venderà.


P.S.
Parto molto perplesso e pieno di pregiudizi riguardo ai Turchi che mi immagino seriosi, irascibili e poco inclini a socializzare.
Non potevo sbagliarmi in modo più grossolano: la piacevole sorpresa di questo viaggio è stata la scoperta di un popolo estremamente gentile ed ospitale.
Scrivo questo diario con il preciso intento di testimoniare tutto ciò e di renderlo il mezzo per scusarmi con la gente Turca alla quale va tutta la mia riconoscente ammirazione.

Qualche cifra (i costi sono espressi in lire e riferiti ad un solo equipaggio)

Giorni di viaggio 30
Km percorsi 5.894
Spese Gasolio 983.000
Spese Pedaggi/Parking 111.000
Spese camping 446.000
Spese Traghetti 1.030.000
Totale spese 2.570.000

Il Diario di Viaggio

Venerdì 15 Giugno 2001: Pero - Marghera
Una settimana fa, la nave che abbiamo prenotato per il passaggio in Grecia ha quasi fatto naufragio!
Anche se riceviamo ampie assicurazioni dalla compagnia di navigazione sulla puntualità dell'imbarco, un po' di preoccupazione ci è rimasta. Come se non bastasse, da ieri, misteriosamente, i nostri due telefoni si rifiutano di funzionare. Scartata l'ipotesi di affidarci ad un esorcista, la mattinata se n'è andata quasi tutta per riportarli alla normale operatività.
Sono sempre stato un convinto assertore del motto "…non fare oggi ciò che puoi fare anche domani…" per cui ho ancora da finire i miei bagagli e il camper da caricare. E' quindi logico che dalle 11 alle 16 si viva qualche momento del consueto e caotico stato di fibrillazione pre-partenza, ma quando Giovanna ed Egidio si presentano puntuali sotto casa, come sempre ed incredibilmente, siamo pronti anche noi.
Il contachilometri segna 56.407.
Poca strada e a Bollate ci uniamo a Luciana e Saverio con i loro compagni di viaggio a quattrozampe: la gatta Polly, nera, scontrosa e solitaria come una piccola pantera, e la cagnolina Dolly, due occhioni dolci e quattro chili di vivace simpatia tra due enormi orecchie divergenti ed appuntite che le varranno il soprannome di "pipistrellina".
Si parte alla volta di Venezia, abbiamo deciso di imbarcarci lì perché da Venezia o da Pescara il costo è esattamente lo stesso e, a conti fatti, considerando gli oltre 1000 km di strada, non avremmo risparmiato moltissimo imbarcandoci in Puglia, per cui optiamo per una rilassante crociera di 24 ore sui nostri camper.
C'è un po' di coda nei pressi di Verona che non riusciamo ad evitare neanche uscendo per qualche chilometro dall'autostrada.
Abbiamo da poco superato Padova quando a Saverio scoppia un pneumatico posteriore: è l'interno del gemellato per fortuna, per cui non vi sono conseguenze. Ci fermiamo al primo autogrill (dove non c'è gommista) e ci mettiamo a sostituire la ruota danneggiata tra la curiosità di altri camperisti fermi lì che guardano, sono prodighi di consigli, ci intrattengono con il racconto di episodi analoghi ma senza minimamente offrirsi in aiuto (forse ritengono che noi tre si sia già sufficienti).
Fa molto caldo e non è un lavoro semplice ma lo portiamo a termine in una buona mezz'ora.
Il battistrada della gomma scoppiata sembra ancora nuovo ma la spalla interna si è completamente sfaldata nello scoppio, a conferma della teoria secondo la quale le gomme del camper dopo cinque anni si deteriorano e vanno comunque sostituite qualunque sia lo stato del battistrada.
Io ringrazio il cielo (e i consigli del grande Mosè Banfi) per aver deciso di sostituire quelle del mio camper soltanto un mese fa ed aver fatto gonfiare le nuove con azoto.
E' ormai sera quando arriviamo a Marghera e ci fermiamo al camping Jolly per passare la notte e soprattutto per una meritata doccia. Qui come sempre sono gentili e ci fanno pagare un forfait di due piazzole anziché tre.

Sabato 16 Giugno 2001: Marghera - Venezia imbarco
Ci alziamo di buon'ora per trovare un gommista per Saverio. Leonardo, il gestore del camping, è di una cortesia squisita e si mette premurosamente a nostra disposizione finché tutto non è risolto.
Purtroppo, dopo un attento esame, scopriamo che anche le altre cinque gomme sono da sostituire.
Non è un lavoro breve e ci congratuliamo con noi stessi per aver deciso di partire la sera prima altrimenti potevamo correre il rischio di perdere la nave.
Per le 11 tutto è a posto, salutiamo Leonardo e ci muoviamo verso Venezia ed il molo della Minoan Lines dove, dopo il check in, ci tocca aspettare un po' per l'imbarco.
Nel parcheggio c'è un gruppo di bikers tedeschi con splendide Harley talmente scintillanti che sembra quasi vogliano equilibrare, con la loro eleganza, la grossolanità dei logori giubbotti di pelle che indossano i loro centauri. Tra loro c'è una famigliola con due piccoli bambini abbronzatissimi e a piedi nudi che saltano felici dentro e fuori dall'enorme sidecar attaccato al "mostro" di papà.
Finalmente ci imbarcano, l'open deck è stracolmo di camper, roulottes, camion, auto e i marinai addetti al parcheggio compiono veri oltraggi alle più elementari leggi della fisica per farci stare tutti: riescono a far entrare un grosso BMW dove, avrei scommesso un braccio, non ci sarebbe stata nemmeno una Panda !
Ci attaccano al 220V e siamo autonomi come in un campeggio, l'open deck inoltre offre dei bagni con docce in un eccellente stato di pulizia.
Quando la nave inizia a muovere, ci fiondiamo sul ponte per ammirare l'uscita dal bacino di S. Marco con lo splendido panorama su Venezia e la laguna.
In mare aperto abbiamo modo di visitare il resto della nave che è bellissima e con ogni genere di comfort dalla piscina, alla discoteca, alla sala giochi, ma l'esperienza più bella è quella di "navigare" a bordo del nostro camper che non scambieremmo con la più lussuosa delle cabine di prima classe !
Il mare è calmissimo, la nave è veloce e l'aria fresca e profumata di mare, che arriva dagli enormi finestroni dell'open deck, rende ancora più piacevole la notte.

Domenica 17 Giugno 2001: Igoumenitsa - Kastraky
Uno splendido sole ci accoglie al risveglio, mentre la nave è già a ridosso della costa albanese e poco prima di mezzogiorno (ora italiana) facciamo scalo a Corfù.
Da qui, in meno di due ore sbarchiamo a Igoumenitsa dove riforniamo subito di gasolio (qui più conveniente che in Italia) e la piccola Dolly può finalmente liberarsi di quanto aveva educatamente trattenuto sulla nave.
Inizia la tortuosa strada che ci porterà, passando da Ioannina, verso le Meteore. In questo lunghissimo saliscendi di quasi 250 km, si sono dimostrati utilissimi i cb che hanno permesso a chi stava davanti di segnalare strada libera a chi seguiva, per poter sorpassare i lentissimi e stracarichi camion che incessantemente percorrono questa strada.
Facciamo sosta al passo di Katara, a circa 1700 m dove fra le bancarelle di dolci tipici greci c'è una fontanella di freschissima acqua di sorgente.
Verso le 20 siamo a Kastraky vicina a Kalambaka dove c'è un accogliente campeggio, il Vrachos, proprio sotto le Meteore. Il gestore ci riceve offrendoci caramelle, il camping è bello e tranquillo, c'è la piscina e i bagni sono molto puliti.
La tranquillità del dopocena mi viene sconvolta dalla notizia, carpita per l'etere, che la mia amata Juve ha perso il campionato. Saverio smadonna perché la sua nuova parabolica non prende il satellite e non può così dar sfogo al suo malvagio godimento da milanista. In quanto all'Egidio non gli è mai potuto fregare di meno del calcio per cui, insieme alle signore, si sorseggia un fresco e casalingo limoncello godendosi in santa pace la serata.

Lunedì 18 Giugno 2001: Meteore - Kalambaka
C'è un bus che passa dal campeggio alle 9.00 ma noi lo perdiamo, prendiamo così due taxi per salire alla Gran Meteora (circa 1800 Dracme l'uno).
Il taxi ci lascia nel piazzale-parcheggio pieno di bancarelle di souvenir e già da qui spaziare con la vista per questa valle è un gran spettacolo.
Saliamo per il ripido e stretto sentiero scalinato ed arriviamo a questo magnifico monastero che fu il primo ad essere fondato e costruito sul picco più alto ad oltre 600 m. E' il più grande e forse il più bello tra quelli visitati: la chiesa decorata con decine e decine di splendidi affreschi nella quale aleggia il profumo delle piccole candele di cera grezza, la cantina con le antiche botti e gli attrezzi contadini, il refettorio minuziosamente apparecchiato con stoviglie d'epoca, la cucina di forma circolare che sembra un'enorme e buio camino con tutta l'attrezzatura necessaria alla preparazione di qualunque genere di cibo.
E dalle ampie terrazze, fra una nidiata di piccoli gatti siamesi che girano indisturbati tra le gambe dei numerosi turisti, il panorama mozzafiato !
Gli alti parapetti permettono anche a me (da sempre e irrimediabilmente fobico dell'altezza) di godermi la magnifica veduta degli altri monasteri incredibilmente arroccati su pinnacoli di roccia, anche se, quando si tratta inclinare un po' lo sguardo verso il fondo dello strapiombo, devo usare l'Egidio che pazientemente si presta al ruolo di rassicurante contrappeso.
Scendiamo verso il monastero di Varlaam, per accedere al quale bisogna passare su uno scricchiolante ponte sospeso su quello che, almeno per me, è un profondo baratro.
Qui la cosa più impressionante è la torre del montacarichi, dove merci e persone venivano fatte salire in una rete, appesa ad una lunga fune, che attraverso un dispositivo ad argano collegava il monastero con il mondo esterno.
Nel piccolo chiostro antistante la chiesa, c'è una fontanella d'acqua refrigerata messa a disposizione dei turisti, un'ottima idea che, ad un costo contenuto, denota una cortese attenzione verso i visitatori.
Idea che a mio parere potrebbe essere copiata anche dalle troppo distratte strutture turistiche nostrane.
Da Varlaam imbocchiamo il sentiero tra i boschi che permette di scendere verso il monastero di S. Nicola, non è impegnativo e soprattutto è quasi completamente all'ombra il che non guasta dato il gran caldo.
Tra i cespugli avvertiamo un preoccupante rumore, come se un grosso animale si muovesse con circospezione tra le foglie poco distante da noi, ma non c'è da aver paura, sono solo tartarughe di terra che vivono tranquille e indisturbate in questa zona.
Arriviamo finalmente a S. Nicola, è quello che ha la scalinata più lunga e ripida ma anche qui c'è la graditissima fontanella refrigerata.
Il monastero è molto piccolo rispetto agli altri ma anche da qui il panorama è stupendo, così come è emozionante affacciarsi dalla torre dell'argano.
Su una terrazza, un monaco infila pazientemente coroncine da preghiera, e dopo averci chiesto da dove veniamo, esprime lusinghiere quanto improbabili opinioni riguardo il fatto che i milanesi, a suo parere, siano tutta gente ricca. Non so da cosa gli derivi tale convinzione ma, auspicando che la Provvidenza lo ascolti e disponga in proposito anche per noi, prendiamo congedo e torniamo verso il camping.
Il pomeriggio lo dedichiamo al relax in piscina e ad una passeggiata nella vicina Kalambaka mentre a sera souflaky d'agnello con insalata greca innaffiati da un vinello locale vivace e birichino, ci fanno concludere in bellezza la giornata.
C'è una magnifica stellata.

Martedì 19 Giugno 2001: Kastraky - Kavala
La vita è bella perché imprevedibile e perché è capace di scegliere gli espedienti più curiosi per dimostrarci quanto sia piccolo il mondo ! Riassumerei così, con questa casereccia morale, quanto successo in mattinata.
Partiamo alle 9 con un bel sole, la proprietaria del campeggio regala a ciascun equipaggio una piccola icona e una guida sulla Grecia.
Via cb mi segnalano che non mi funzionano gli stop, ma il guaio è più serio perché mi accorgo che non funziona nemmeno il clackson, l'orologio, la luce in cabina, la radio e la situazione è un po' preoccupante.
Chiedendo qua e là, arriviamo ad una piccola e casinatissima bottega sperduta nella campagna nei pressi di Megalohory dove un elettrauto (che parla poco e nient'altro che greco) inizia armato di tester il suo paziente lavoro. Per quasi 45 minuti, misura, smonta il cruscotto, cortocircuita, risale l'impianto e alla fine trova una presa di giunzione che è quasi bruciata. La sostituisce e tutto torna a funzionare tra i nostri complimenti.
La spesa non è eccessiva, ma dopo aver pagato non ci lascia andare: telefona e mi porge l'apparecchio. All'altro capo c'è un italiano che vive qui e mi dice che gli farebbe piacere scambiare due chiacchiere con noi. In cinque minuti arriva, accompagnato dalla moglie greca, un simpatico veronese che aveva proprio una gran voglia di parlare un po' con dei connazionali.
Da qualche tempo si è ritirato qui, ci dice, ma per undici anni ha fatto lo skipper nei Caraibi e l'Egidio drizza le orecchie: dopo un paio di precise domande, si scopre che hanno un caro amico in comune, anche lui skipper laggiù ! Incredibile !!! L'ambiente diventa più cordiale che mai e ci farebbe piacere restare ancora un po', ma il viaggio è lungo e dobbiamo proprio andare. Grandi saluti e abbracci.
Partiamo. Lungo la strada incontriamo tantissimi altarini votivi ai bordi della carreggiata, Luciana dice che si tratta di ex voto per grazia ricevuta quasi sempre in occasione di incidente stradale.
Si alza un forte vento e ci becchiamo anche un temporale nei pressi di Salonicco. L'attraversamento della città è problematico perché c'è un gran traffico ma alla fine ne usciamo, inseguiti dai nuvoloni neri e carichi di pioggia che ci rincorreranno fino a Kavala dove arriviamo verso sera.
Qui troviamo un bel campeggio semivuoto con splendida vista sul mare. La spiaggia è deserta, un bellissimo arcobaleno incornicia l'uscita in mare aperto di alcune barchette di pescatori e la Dolly è felice di poter finalmente correre a perdifiato sul prato.
Durante la cena, la gatta Polly esce dal suo isolamento e tenta di sistemarsi nella nostra mansarda. Purtroppo la dobbiamo scacciare perché, come giustamente dice la Luciana, non deve prendere l'abitudine di nascondersi su camper altrui che la potrebbero portare lontano.
La serata è tranquilla finché nel ristorante del campeggio non si accendono le luci e arrivano decine di ragazzi a festeggiare probabilmente la fine della scuola a ritmo di sirtaky sparato a manetta fino alla una.

Mercoledì 20 Giugno 2001: Kavala - Istanbul
Mattinata soleggiata, calda e ventosa. La strada è bella e poco trafficata, attraversiamo alcuni villaggi che hanno numerosi e grandi nidi di cicogne appollaiati sui pali della luce.
Una breve sosta per qualche scorta di frutta ad Alessandropoli e verso le 12.30 siamo alla frontiera.
La dogana greca è deserta e la passiamo in pochi minuti dopodiché attraversiamo un ponte, presidiato dai soldati di entrambi i paesi, che scavalca il fiume Ergene e segna il confine. La Sandra che tenta di filmare l'ingresso in Turchia, viene interrotta dai soldati turchi che con gentilezza e sorridendo le fanno capire a gesti che non li si può riprendere.
La dogana turca è affollatissima e piena di tir, un camionista turco, che parla molto bene l'italiano, si offre spontaneamente di spiegarci la trafila burocratica necessaria: nel primo posto di guardia a ridosso del ponte, viene effettuata la registrazione dei veicoli e dei conducenti, poi si passa al pagamento del visto d'ingresso (preferibilmente in dollari), poi si fanno timbrare i passaporti dalla polizia, poi viene posto un altro timbro sul foglio che ci è stato rilasciato alla prima registrazione (qui ci vengono stranamente chieste 5.000 lire italiane), poi passiamo ad un altro ufficio dove ci viene chiesto se abbiamo moto, barche o gommoni a motore, ci fanno un altro timbro e possiamo passare all'ultimo posto di guardia dove controllano tutta la documentazione e ci lasciano finalmente entrare in Turchia. Il tutto è durato poco meno di un'ora compresa la visita ad un ufficio cambi dove, non senza una certa emozione, ritiriamo qualche centinaio di milioni di lire turche. Ci accorgeremo che qui al confine, così come ad Istanbul, il cambio è più conveniente rispetto all'interno del paese, anche se la differenza non è granché rilevante.
Ci fermiamo appena oltre la frontiera per fare rifornimento di gasolio e il benzinaio, come quasi tutti quelli incontrati in Turchia, ci offre del the. Ci chiede anche da dove veniamo e, come tutti i turchi che ci hanno rivolto questa domanda, quando sente che siamo di Milano ci ricorda, in toni orgogliosi, che il nuovo allenatore del Milan è il loro connazionale Terim.
Facciamo un rapido spuntino e poi via verso Istanbul dove quando vi arriviamo a metà pomeriggio, veniamo accolti da un poderoso quanto veloce temporale.
Decidiamo di fermarci al camping Londra ma abbiamo qualche difficoltà a raggiungerlo, scopriremo che bisogna arrivare all'aeroporto e poi prendere verso Istanbul, direzione Topkapi.
Il camping è molto piccolo, ombreggiato e, sebbene si trovi a ridosso della tangenziale, è anche piuttosto tranquillo. I servizi non sono granché però sono puliti.
Ci sistemiamo poco distante da una piccola tenda che a tarda sera viene raggiunta dai proprietari: sono Sabrina e Alfredo, due ragazzi di Pescara che girano in moto e preparano i loro itinerari prendendo spunti dai siti internet dedicati ai camperisti. "Perché le informazioni sono più complete e precise" dicono.
Si intrattengono con noi giusto il tempo per un limoncello ma poi vanno a dormire perché domattina vogliono partire presto per fare una "tirata" fino ad Ankara.

Giovedì 21 Giugno 2001: Istanbul
La gatta Polly si è nascosta sotto alcuni bungalows e non vuole saperne di tornare sul camper.
Luciana e Saverio decidono di lasciarla dov'è poiché tornerà certamente a farsi viva quando l'appetito prenderà il sopravvento sulla voglia d'avventura. Nel frattempo andiamo in centro con uno degli autobus che fa capolinea al terminal Beyazit che è a 300 metri dal camping.
Sul marciapiedi della fermata c'è una lunga fila ordinata di gente in attesa e mentre ci chiediamo se sia proprio quello il marciapiedi giusto, una ragazza in un correttissimo inglese ci domanda gentilmente se abbiamo bisogno d'aiuto e ci indica il nostro bus.
In circa mezz'ora siamo in centro nei pressi del Gran Bazar.
Appena scesi dal bus, la prima cosa che mi ha piacevolmente impressionato è la pulizia che c'è nonostante la gran confusione di folla e mercanti, impressione che verrà poi confermata anche in altre zone.
Ci facciamo una passeggiata che ci permette di prendere il primo contatto con questa città fino a scorgere, tra le fronde di grandi alberi di un bel giardino, la cupola e i minareti della Moschea Blu.
I minareti sono sei, pare che alla Mecca se ne sia dovuto innalzare uno in più per mantenere la sovranità su tutti i templi islamici.
Entriamo nel recinto della Moschea sul cui lato un portico ripara una lunga serie di rubinetti finemente cesellati con rispettivi sedili, adibiti alle rituali abluzioni prima della preghiera.
Sulle volte degli ingressi, scritte islamiche per noi incomprensibili ma ugualmente suggestive.
Molte le famiglie che in abito da cerimonia, accompagnano bambini in caratteristici costumi bianchi per festeggiare quella che, ci spiegheranno poi, è la cerimonia della circoncisione.
Ci si toglie le scarpe prima di accedere al Tempio, lo devono fare tutti i visitatori credenti o meno, come segno di rispetto così come dovrebbero esserlo il silenzio ed un comportamento consono alla misticità del luogo. Purtroppo anche qui, come nelle cattedrali occidentali, in nome di un turismo irriverentemente frettoloso e, diciamolo pure, un po' cafone, di rispetto se ne vede poco.
Non è gratuito moralismo ma, come già osservai in Scozia visitando una cattedrale sconsacrata adibita a centro commerciale, un luogo che è stato o è espressione di fede per tanta gente, a mio parere merita comunque un po' di riguardo e soprattutto educazione.
L'interno è bellissimo: la grande volta del soffitto dal quale pendono enormi lampadari a lucerne, ora illuminati da lampadine elettriche, le pareti e le colonne decorate con maioliche con infinite sfumature di blu e azzurro, le preziose finestre a mosaici ed il pavimento ricoperto da una interminabile serie di tappeti a disegno ricorrente donano all'insieme un'atmosfera surreale.
Usciamo dal giardino posteriore e nella piazza antistante c'è un bel locale con tavoli all'aperto e all'ombra, dove ci fermiamo per un po' di relax e per il primo assaggio al the ed al caffè turchi.
Rifocillati, andiamo a S. Sofia che mi ricorda vagamente, nella struttura dell'ingresso, la basilica di S. Marco di Venezia. In origine era una basilica Bizantina poi trasformata in moschea ed ora in museo dove vi si può ammirare ancora ciò che rimane dei preziosi mosaici che la rivestivano.
All'interno, alzando lo sguardo, si nota una specie di grande loggia lungo le pareti perimetrali, raggiungibile attraverso un lungo, tortuoso e ripido sentiero acciottolato interno, dalla quale si gode di una splendida vista d'insieme della basilica.
C'è tantissima gente e si sente molto parlare italiano: ne capiremo il perché all'uscita dove circa 40 pullman attendono i turisti di una nave da crociera italiana.
Noi andiamo alla cisterna e mi sento un po' "ciula" per la mia impazienza di vedere finalmente quei luoghi che hanno eccitato la mia fantasia di ragazzino nel film "007 dalla Russia con amore".
Ovviamente non c'è James Bond e nemmeno i cattivi di turno, ma una suggestiva regia di luci con un soffondo di Beethoven, sapientemente miscelati, rendono il luogo semplicemente fiabesco.
Quando usciamo è ora di pranzo (per strada si ode la cantilenante preghiera di un muezzin) e poco distante c'è un minuscolo localino che serve kebab. Il proprietario è un giovane curdo ed ha in gran simpatia gli italiani per cui ci serve con riguardo e si intrattiene piacevolmente con noi.
Dopo pranzo Luciana e Saverio tornano in camping per accudire la gatta che sarà certamente tornata al camper mentre il resto della compagnia dirige verso il mercato delle spezie o Bazar Egiziano.
E' un mercato coperto pieno di piccole botteghe molto suggestivo e caratteristico in quanto, oltre ovviamente ad una gran varietà di spezie, vi si possono trovare articoli di artigianato locale e souvenir in un'atmosfera che, apparentemente, non sembra costruita a bella posta per i turisti anche perché frequentatissimo da turchi. I commercianti, tuttavia, anche se gentilissimi, sono un po' "aggressivi" nel proporre i loro articoli a noi stranieri. Lo percorriamo tutto fino all'uscita che dà sul mare in prossimità del ponte Galata, qui Giovanna ed Egidio decidono di tornare anche loro al campeggio. La Sandra ed io ci fermiamo per visitare il dedalo di viuzze, gremito di botteghe, che circonda il mercato delle spezie. Ogni tratto di strada è "a tema" in quanto raccoglie botteghe dello stesso articolo commerciale.
E' un'esperienza indimenticabile: c'è tantissima gente, grande confusione, strade strette, carrettini di ambulanti si fanno strada a fatica nella marea di folla, pochi i turisti tra i quali noi che ci godiamo questa passeggiata nella più tranquilla serenità in quanto non si avverte la benché minima minaccia dalla quale dovunque, anche in Italia, ci si deve premunire quando si è in divisa da vacanzieri.
Qui nemmeno i bottegai tentano i soliti approcci riservati ai turisti: si limitano a osservarci indifferenti per sfoggiare la più sincera gentilezza nel momento in cui ci si interessa al loro negozio, gentilezza che perdura sino al commiato indipendentemente dal fatto che si sia acquistato qualcosa o meno.
Giriamo per quasi due ore e poi alla fine, soddisfatti ma stanchissimi, prendiamo un taxi per tornare in campeggio. L'autista è un guidatore tranquillo e non da segni di turbamento nemmeno quando imbocca gli ultimi 300 metri prima del camping, contromano! Vedere le macchine che ci vengono incontro in senso inverso per evitarci all'ultimo momento, è stata un'esperienziella elettrizzante a giusto coronamento di una magnifica giornata.

Venerdì 22 Giugno 2001: Istanbul
Anche stamattina ripartiamo per il centro dal terminal di Beyazit con il solito bus 82.
Al capolinea in centro c'è un venditore di bibite che, in uno sgargiante costume tipico, versa bicchieri di fresco succo di ciliegia accompagnando il gesto con un profondo inchino affinché il liquido possa sgorgare dal lungo becco ricurvo del serbatoio che tiene sulle spalle a mo' di zaino.
Oggi passeggiamo fino al Topkapi. E' incredibile il successo che riscuote la piccola Dolly presso i turchi, tutti la guardano e molti l'accarezzano con divertito ed affettuoso stupore quasi non avessero mai visto una bastardina così piccola. In effetti, ci rendiamo conto che è raro vedere in città dei cani, sia al guinzaglio che randagi.
Al palazzo Topkapi ci attende una delusione: la mostra del tesoro è chiusa per restauri! Dopo il primo momento di smarrimento, la prendiamo positivamente, considerando il fatto una comoda giustificazione per un graditissimo ritorno in questa bella città.
La visita comunque non va assolutamente sprecata per il resto del palazzo ed il bellissimo harem.
Quando usciamo è l'ora di pranzo e scendiamo al mare verso il ponte Galata. Qui vi sono dei tipici barconi ormeggiati, sui quali si frigge e si griglia del pesce che viene servito in grandi panini da guarnire con verdure e, se si vuole, cipolle crude.
Quando passano i traghetti di linea, provocano grandi onde e questi barconi ondeggiano paurosamente; l'olio nel padellone del fritto e le braci della griglia pare debbano uscire dalle loro sedi per provocare disastri inenarrabili, ma tutto rimane inspiegabilmente sotto il controllo dei marinai che, mantenendo un perfetto equilibrio anche quando il barcone è di molto sbandato, sembrano molto più interessati alla vendita che alla sicurezza del naviglio. Un panino costa circa 2000 lire italiane, è molto appetitoso e sostituisce abbondantemente un pasto per cui non ci facciamo pregare per assaggiare questa specialità.
E' piacevole osservare che sul molo, vicino ai barconi, non vi è traccia di sporcizia in quanto tovagliolini, bicchieri di carta, lattine vuote e rifiuti in genere, vengono educatamente gettati nei cestini messi a disposizione dagli stessi barcaioli.
Dopo pranzo ci avviamo per risalire al Gran Bazar non senza aver permesso ai golosi della compagnia una sosta in una pasticceria prospiciente la stazione Sirkeci, dove pare fermasse il mitico Orient Express. Qui un lustrascarpe, con a tracolla la sua caratteristica attrezzatura in ottone, tenta di convincermi che la sua professionalità è in grado di far brillare qualunque tipo di calzatura. Io però indosso sandali sui piedi nudi per cui declino l'offerta.
La lunga strada in salita è piena di gente e di botteghe ed è il proseguimento del grande souk all'aperto che abbiamo visitato ieri con la Sandra.
E finalmente si giunge al gran Bazar all'ingresso del quale c'è un chiosco di gelati. I gelati qui sono piuttosto cari, non sono certo buoni e con gran varietà di gusti come quelli nostrani, e sarà forse per ovviare a tutto ciò che quasi tutti i gelatai turchi si presentano con tipici costumi improvvisando piacevoli show funambolici al momento della confezione del cono.
Il gran Bazar è bellissimo con i soffitti a volte splendidamente decorate, grande da perdersi, zeppo di piccole botteghe sapientemente approntate in modo suggestivo e accattivante per attirare i clienti.
Qui i venditori sanno essere gentili, suadenti, tenaci e spietati come i loro antenati corsari: se appena ci si avvicina a una vetrina, entro pochi nanosecondi qualcuno abborderà il malcapitato turista apostrofandolo quasi sempre nella sua lingua e cercando di trascinarlo all'interno. Non serve rifiutare, una volta nelle loro grinfie, non fanno prigionieri !!! Oltretutto non hanno alcun pudore nello sparare prezzi esorbitanti, per cui, se proprio si vuole comprare qualcosa, con un po' di pazienza si riesce sempre a spuntare dal 30 al 50 e più % di sconto.
Quando proprio non ce la faccio più a sopportare l'assillante insistenza dei bottegai, metto a punto una tecnica di difesa che dà ottimi risultati: al momento dell'assalto, quando il bucaniere comincia a chiedere "…Italiano?" gli rivolgo uno sguardo vacuo e leggermente interrogativo nel più assoluto dei silenzi.
Il pirata non demorde e prosegue nel suo show: "Francais ? Espanol ? Portughes ? Deutch ? English ?…" ottenendo sempre la solita espressione assente e quando finalmente esaurisce gli idiomi a sua disposizione, si convince di avere a che fare con lappone o, più verosimilmente, con un povero idiota per cui, matematico, molla la presa.
Ne ho liquidati una trentina in questo modo. Il problema è di riuscire a rimanere seri!!
Se mai ci fu luogo di perdizione che potesse interpretare per la Sandra, quello che fu per Pinocchio il paese dei balocchi, questo è il Gran Bazar di Istanbul!! E' quindi logico che quando Luciana e Saverio prima, e poco dopo Giovanna ed Egidio se ne tornano in campeggio, noi rimaniamo ancora un'oretta abbondante a farci piacevolmente massacrare.
Quando finalmente ne usciamo carichi di borse e pacchetti, notiamo che vicino alla fermata del bus c'è un parcheggio di taxi che ha in pole position una vecchia Plymouth del '57, con ampio cofano e fanalini posteriori a coda di rondine. Non resistiamo alla tentazione e montiamo, è una gran bella macchina e molto ben tenuta anche se il tempo ed il traffico l'hanno irrimediabilmente segnata. Il conducente dice di guidarla ininterrottamente da 38 anni accumulando qualcosa come due milioni di km !!! Tecnologia americana dice.
Al campeggio ho un clamoroso successo sfoggiando il fes rosso con fiocchetto nero comprato al Bazar: i tedeschi del camper vicino ridono fino alle lacrime.

Sabato 23 Giugno 2001: Istanbul
Appena prima del terminal di Beyazit, c'è un cavalcavia sotto la cui volta stazionano permanentemente un grosso caprone ed il suo proprietario. Intorno vi sono dei cartelli, confezionati artigianalmente, che segnalano l'inconsueta coppia ma non siamo riusciti a capire o sapere cosa fanno lì di speciale.
Noi comunque si prende il nostro solito bus 82 e si va in centro: oggi visiteremo la moschea di Solimano.
Durante il tragitto, non si può fare a meno di notare il caotico traffico e la miriade di Dolmus circolanti.
I Dolmus sono piccoli pulmini di colore beige, a gestione privata o di cooperative, che rimediano alle carenze dei trasporti pubblici collegando i sobborghi con la città. Non entrano in centro, si fermano alle vecchie mura, sono molto agili e veloci nel traffico e credo sia per questo, unitamente al prezzo contenuto, che riscuotono un gran successo. Non hanno fermate, non essendo mezzi pubblici, per cui sfruttano quelle dei bus di linea ed è qui che si scatena la bagarre: gli autisti dei Dolmus, nel tentativo di fermarsi nella posizione più favorevole che gli consenta di scaricare e caricare velocemente i passeggeri nonché di ripartire prima degli altri, sono particolarmente aggressivi e spericolati. Fermano in doppia o tripla fila, dopo sorpassi e gimcane da brivido e poiché tutti vogliono la posizione migliore finisce che alle fermate si creano ingorghi inestricabili coinvolgendo ovviamente, anche i bus di linea che, teoricamente, dovrebbero essere gli unici fruitori delle fermate stesse. Oggi siamo rimasti bloccati ad una fermata sul nostro 82, perché l'incessante andirivieni dei Dolmus non gli ha permesso di muoversi per quasi cinque minuti !!!
Ma finalmente arriviamo alla Moschea di Solimano. Nel giardino interno c'è un piccolo cimitero con il bel mausoleo del Sultano e della sua prediletta sposa Rosselana.
All'interno della moschea non c'è gente, vi troviamo solo un fedele in preghiera, e possiamo così apprezzarne la grandiosità poiché pare possa ospitare fino a 5000 persone. Sarà per la pace che vi regna, ma a me sembra ancora più bella della Moschea Blu.
Di fronte alla moschea facciamo una breve sosta per un the, o çay come lo chiamano qui (ho imparato ad apprezzarlo poiché anche con il caldo la bevanda è graditissima), e poi torniamo in centro. Lungo la strada possiamo acquistare pistacchi e uvetta passita a prezzi veramente convenienti.
Incontriamo dei carrettini di ambulanti che vendono cetrioli ed è veramente bello ammirare la maestria con la quale, in pochi secondi e per una cifra irrisoria, il dissetante ortaggio viene spellato, salato e servito.
Molti bambini o vecchi, stazionano sui marciapiedi con vecchie bilance pesapersone ed offrono una pesata per qualche monetina. Considerata la stazza media della compagnia dobbiamo rifiutare, non tanto per pudore, ma per non creare danni alle fatiscenti apparecchiature.
Rientriamo al Gran Bazar perché Saverio ha promesso di portarmi in una bottega, dove già era stato in un precedente viaggio e dove si possono trovare le più belle pipe in schiuma di Istanbul. Per chi non lo sapesse, la schiuma è un minerale di magnesio, si chiama sepiolite, con il quale maestri cesellatori creano veri capolavori ricavandone principalmente fornelli da pipa ma anche ciondoli, bracciali e gioielli per signora.
La bottega è molto piccola ma confortevole con aria condizionata e piccolo divano per gli ospiti, il padrone parla un ottimo inglese infarcito da qualche parola d'italiano, ci offre il consueto çay e ci incanta letteralmente mostrandoci i suoi pezzi migliori. Non si può resistere ed io proprio non ce la faccio ad andarmene a mani vuote: rompo il porcellino è mi porto via una stupenda pipa.
Il pranzo lo consumiamo sempre all'interno del bazar, in un minuscolo locale fuori mano dai circuiti turistici classici, dove ci servono un abbondante piatto di kebab, riccamente guarnito di verdure e riso per sole 5000 lire italiane, bibita compresa.
Il resto del pomeriggio lo spendiamo per rifornirci di cibarie al mercato vicino a Galata che, essendo sabato, è ancora più caotico ed affollato e l'interpretazione che offriamo l'Egidio ed io per farci capire da un macellaio, che ovviamente non parla che turco, è da premio oscar ! Con il negoziante ci esprimiamo a gesti accompagnati da muggiti, grugniti e belati ma alla fine riusciamo ad ottenere le costine d'agnello che volevamo. Quando smette di ridere, il macellaio ci fa capire che le costine d'agnello, in turco, si chiamano pizola.
Trascorriamo l'ultima sera in questa fantastica città, grigliando le pizola rese ancora più gustose dalla fatica che ci è voluta per chiederle.

Domenica 24 Giugno 2001: Istanbul - Bursa - Mudanya
Partenza alla volta di Bursa, l'antica capitale. E' forte l'emozione quando, passato il ponte sullo stretto, un cartello ci augura il benvenuto in Asia.
A Bursa non c'è traccia di campeggi e, nel tentativo di trovare un sito adatto per la notte, ci avventuriamo per una strada in salita che diventa sempre più stretta e tortuosa tanto da impedirci di tornare sui nostri passi.
Non resta che proseguire e la cosa si fa difficile soprattutto quando si incrocia qualche macchina, fortunatamente rara, in senso inverso. Poi una lunga e ripida discesa mette a dura prova i freni dei mezzi e come Dio vuole dopo una trentina di km di sofferenza, arriviamo stremati sul mare a Mudanya.
E' domenica e c'è un gran casino di turisti, ci fermiamo in uno squallido spiazzo sterrato tra le case. Con il camper dell'Egidio, il più agile (il camper non l'Egidio), andiamo a cercare un posto migliore per la notte e lo troviamo nel parcheggio di un elegante ristorante sulla superstrada Bursa-Mudanya (già, c'è una superstrada a quattro corsie ma noi abbiamo "preferito" la strada più panoramica!!!)
Il proprietario del ristorante Osmanli è gentile e parla inglese e, visto che promettiamo di cenare da lui, ci consente di parcheggiare nell'ampio spazio antistante che, assicura, è sorvegliato tutta notte.
Torniamo a prendere gli altri mezzi ed il resto della compagnia e una volta sistemati, ci concediamo una gran cena tipicamente turca con un servizio ineccepibile. Non abbiamo contato la quantità di bicchiere che ci hanno cambiato per la varietà di vino che ci hanno fatto assaggiare, un giovane cameriere è a nostra disposizione per cambiare ogni piatto o posata appena usati o per raccogliere le briciole dalla tavola con una elegante spazzolina e paletta in argento. Il cibo è ottimo e abbondante ed il conto non arriva alle 25000 lire italiane a testa!!!
Quando torniamo ai camper il guardiano del parcheggio ci accoglie rassicurandoci sul fatto che lui sarà lì tutta notte e non sa più come ringraziarci quando gli lasciamo una mancia.
La serata è bellissima: un luminoso quarto di luna, che appare nel cielo appena al di sopra di una bandiera turca che sventola da un pennone del parcheggio, sembra voglia schernire con la sua lucentezza la bianca mezzaluna ottomana.

Lunedì 25 Giugno 2001: Mudanya - Ankara
Quando ci svegliamo il guardiano notturno è ancora lì ad augurarci il buongiorno ed il buon viaggio quando poco dopo ripartiamo in direzione Ankara.
Spesso lungo la strada si incontrano posti di blocco della polizia che però appena vedono le targhe italiane ci fanno subito passare senza alcun controllo.
Di tanto in tanto si incontra, anziché la solita autopattuglia, una sagoma di cartapesta che riproduce a grandezza naturale il profilo di una macchina della polizia con tanto di lampeggiante blu in funzione, a perenne ammonimento agli eventuali indisciplinati.
Il paesaggio a poco a poco cambia e viaggiamo su una lunga e diritta strada in mezzo ad una steppa desertica. Fa un gran caldo quando alle 13 ci fermiamo per il pranzo in una stazione di servizio, picchia intorno ai 37°. Siamo a circa 150 km da Ankara.
Nel pomeriggio cambia ancora il panorama, alternando tratti desertici a zone dove la vegetazione è più fitta e coltivata: lungo la strada incontriamo bambini che vendono frutta o greggi di pecore che stazionano sulla carreggiata, attentamente sorvegliati da grossi e minacciosi cani, mentre i pastori si sbracciano in saluti al nostro, per loro inconsueto, convoglio.
A metà pomeriggio ci fermiamo per una bibita in un posto di ristoro sulla cui griglia, nonostante l'ora, cuociono ancora pezzi d'agnello.
E finalmente Ankara. La città è piena di caserme e installazioni militari. Ci si ferma al camping di Kayas a circa 15 km dal centro e molto vicino alla grande e semideserta tangenziale.
Il camping non è un granché, ma dopo il caldo di oggi potersi lavare con acqua a volontà e piacevolmente tiepida, è una vera libidine.
Nel camping girano due giovani soldati armati, con evidenti mansioni di sorveglianza.
La serata ci regala una fresca e piacevole brezza.

Martedì 26 Giugno 2001: Ankara - Kirsehir
Scarichiamo i serbatoi e ci dirigiamo verso il centro per il Mausoleo di Ataturk. E' grande ed imponente, perennemente presidiato da soldati di tutte le forze armate Turche ed è l'espressione del devoto affetto del popolo Turco verso questo padre della patria. Abbiamo avuto conferma di questa devozione in ogni città, paese o villaggio che abbiamo visitato in Turchia poiché vi abbiamo trovato almeno una via, un monumento, una scuola, un edificio pubblico, dedicato ad Ataturk.
Le riforme che ha apportato, dopo la prima guerra mondiale, sono state letteralmente rivoluzionarie se si pensa che, oltre ad "inezie" come l'adozione dell'alfabeto occidentale, ha concesso piena parità di diritti tra uomini e donne che, per quei tempi ed in quel contesto geografico e religioso, hanno differenziato ed ancor oggi distinguono la Turchia dai paesi vicini.
Nel mausoleo oltre alla tomba, c'è un interessante museo di oggetti appartenuti ad Ataturk ed alla sua famiglia. Ci sono le sue auto ufficiali e l'affusto di cannone sul quale compì l'ultimo viaggio terreno.
Lasciamo il mausoleo ed abbiamo qualche difficoltà nell'uscire dalla città (un eufemismo per non dire che ci abbiamo messo due ore se si include la spasmodica ricerca di un cambiavalute !!!)
Ritroviamo la grande tangenziale, si dirige a sud sulla E90 verso Konya per deviare poco dopo a est in direzione Kayseri. La strada non è eccezionale ma il paesaggio è incantevole: sterminati campi di grano intervallati da grandi aree di terra incolta e di colore bruno che creano un contrasto stupendo. I pochi villaggi che attraversiamo ci riservano gli ormai consueti e calorosi saluti della gente che ci vede passare.
Verso le 18 siamo a Kirsehir, un centro termale a 80 Km da Kayseri. Non c'è campeggio ma vediamo le insegne pubblicitarie di un grand hotel che pensiamo possa ospitarci per la notte nel suo parcheggio.
Un ragazzino in bici, che parla un po' d'inglese, si offre di farci da guida e pedala come un forsennato davanti ai camper per non rallentarci. Quando arriviamo, rifiuta, educatamente ma decisamente, la mancia che gli vogliamo dare ma accetta, più per educazione che per golosità, una sola caramella dall'enorme manciata che gli porge la Giovanna.
Al grand hotel non ci possiamo stare, il parcheggio è troppo piccolo ed affollato per cui, cercando altre soluzioni, la Luciana entra in una stazione di polizia a chiedere se ci possono aiutare.
Noi che restiamo fuori siamo un po' preoccupati perché non la vediamo più tornare: ci racconterà poi che il comandante della stazione, capita la situazione, fa un mare di telefonate finché, con un gran sorriso, le annuncia che ha trovato il posto per noi. Chiama un'autopattuglia e ci fa scortare nel parcheggio di un hotel chiuso per restauri. Poco dopo arriva anche lui a verificare se il posto è di nostro gradimento.
Ringraziamo e ci sistemiamo ma, passano ancora pochi minuti, e giunge un'auto civile con autista scortata da un'auto della polizia. Ne scende colui che, in perfetto inglese, si presenterà come il capo della polizia cittadina venuto apposta per sincerarsi della nostra sistemazione! Quando gli diciamo che siamo di Milano ci chiede (anche lui!!!) se sappiamo chi è Terim: sono stati tutti così gentili che proprio non me la sento di deluderlo rivelando la mia fede bianconera per cui (Bettega mi perdoni!) recito la parte del milanista sfegatato ed entusiasta tra le occhiatacce di riprovazione del resto della comitiva.
Ci promette tranquillità e sorveglianza per tutta notte, ci consiglia il ristorante del grand hotel di cui sopra e se ne va con autista e scorta. Tutte queste premure ci fanno sentire ospiti veramente importanti.
Mangeremo al grand hotel una buona cena con sole 16000 lire italiane a testa.
Quando vi torniamo, vediamo una macchina della polizia che gira discretamente presso i camper.

Mercoledì 27 Giugno 2001: Kirsehir - Kayseri - Ortahisar (Urgup)
Sveglia presto, anche perché gli operai che restaurano l'hotel che ci ha ospitato, sono già al lavoro.
Una breve sosta alla stazione di polizia per ringraziare ancora dell'ospitalità e poi via verso Kayseri, la patria dei tappeti turchi, dice la guida.
In effetti appena scesi dai camper, nel parcheggio a pagamento in centro, veniamo abbordati da un "procacciatore di clienti" che in perfetto italiano si offre di farci da guida gratuitamente, purché si visiti un negozio a lui noto. Decliniamo, anche se fatichiamo a liberarcene. Giriamo per il centro: i tappeti che vediamo non ci piacciono granché, inoltre hanno prezzi di molto superiori a quelli che si trovano in Italia. Sono invece molto belli da visitare il buio e caratteristico bazar ed il mercato all'interno delle vecchie mura, che ci conduce sino ai più alti bastioni della cittadella dalla quale si gode un bel panorama della città.
Lungo le mura della cittadella staziona un nutrito gruppo di lustrascarpe con le loro scintillanti e caratteristiche attrezzature.
Anche qui come a Istanbul vi sono molte gioiellerie con stupendi monili in oro rosso e satinato.
Verso l'ora di pranzo veniamo braccati da un venditore di tappeti "scaricato" in mattinata che si offre come interprete, nella locanda dove ci fermiamo a mangiare.
Ancora un giro per il centro durante il quale "casualmente" ma ossessivamente ritroviamo più volte il solito venditore di tappeti, (il Saverio sperimenta un'altra efficace tecnica di disimpegno dichiarando di avere un fratello che vende tappeti a Milano). Alla fine dobbiamo letteralmente scappare alla chetichella.
Dirigiamo a sud fino a Dortyal per poi deviare a ovest verso la valle di Goreme. Il paesaggio è fantastico via via che si sale verso Urgup, una bella e ordinata cittadina all'inizio della valle, dove si cominciano a vedere i primi camini di fata. Le donne sono vestite con i caratteristici pantaloni larghi con il cavallo molto basso, alcune offrono per cifre irrisorie dei foullard confezionati artigianalmente.
Una piccola bambina che vende souvenir per strada, sa dire solo "Hello" e appena punto la telecamera si mette vanitosamente in posa raggiunta subito da altri due amichetti mocciolosi.
Arriviamo al camping Kaya, molto accogliente, con piscina e con una splendida vista sulla valle (prestare attenzione perché venendo da Urgup 400 metri prima c'è un altro camping che reca il nome Kaya ma non è altrettanto bello).
Ci sistemiamo in una splendida posizione panoramica e ci gustiamo una magnifica serata, cenando sotto un piccolo pergolato di uva, mentre assistiamo ad uno straordinario tramonto sulla valle.

Giovedì 28 Giugno 2001: Valle di Goreme
Presso la reception del campeggio, abbiamo prenotato un pulmino con autista e guida che parla francese, solo per la nostra comitiva, per trecentomila lire complessive pranzo compreso.
Prima tappa a Kaymakli per vedere la città sotterranea. Lungo la strada passiamo davanti ad un carcere isolato nella campagna che ci ricorda il film "fuga di mezzanotte".
La città sotterranea, rifugio delle antiche comunità cristiane, è molto interessante, si sviluppa su otto piani sotto terra di cui se ne possono visitare i primi quattro. I cunicoli da percorrere sono spesso stretti e bassi per cui noi "corpulenti" ci facciamo il pieno di schienate e capocciate. Non è il luogo adatto per chi soffre di claustrofobia.
Al termine della visita, dopo una breve sosta al mercatino di souvenir prospiciente, riprendiamo il nostro pulmino "privato" e dirigiamo verso Uchisar per quello che viene definito il Castello.
E' un'insieme di grotte (ormai adibite a negozi di souvenir) e scalinate scavate in un pinnacolo di roccia dalla sommità del quale si gode uno splendido panorama sulla valle.
Ho i miei bei problemi nello sporgermi dalle terrazze "in vetta" e soprattutto nello scendere per la ripida scalinata, ma sono validamente supportato da tutta la compagnia che mi rincuora prendendomi affettuosamente per il c…
Davanti al castello, alcune donne nei tipici costumi, confezionano centrini e ricami vari, sedute sotto le loro bancarelle per ripararsi dal sole a picco.
Un ottimo pranzo in un self service con terrazza panoramica e poi finalmente andiamo a Zelve per i mitici camini di fata. …Che dire ?…
Lo spettacolo che ci si presenta è a dir poco straordinario, soprattutto se si pensa che Madre Natura lo ha plasmato attraverso violente manifestazioni distruttive quali eruzioni vulcaniche, terremoti, vento e inondazioni. Ed in questo scenario irreale l'uomo ha fatto la sua parte, una volta tanto positivamente, scavando tra queste insolite piramidi a forma di fungo, rifugi, abitazioni e luoghi di culto.
Non c'è molta gente, fa molto caldo e c'è un piacevole silenzio. C'è un cammello che attende paziente di farsi immortalare dalla prossima comitiva di turisti e la sua imperturbabile immobilità, sembra essere parte essenziale del paesaggio. Credo che serberò per molto tempo il ricordo dell'emozione suscitata dalla magia di questo luogo.
Andiamo alla città Ittita di Avanos abitata sino al 1952 e poi sgomberata per la pericolosità delle strutture.
Qui tutto è scavato nel tufo, le abitazioni e qualche luogo di culto e in una stretta e buia crepa della roccia possiamo vedere una colonia di pipistrelli a testa in giù. C'è un imponente terrazzo panoramico che sovrasta l'intero complesso, per raggiungere il quale si deve usare una ripida scala a pioli posta in uno stretto cunicolo: non fa proprio per me, non tanto la salita quanto la discesa di ritorno, per cui mi fermo giù per filmare gli intrepidi della compagnia che vi salgono.
La nostra guida ci porta poi in una fabbrica di ceramiche non molto distante, dove possiamo ammirare il paziente lavoro degli artisti della decorazione a mano e dove vengo messo in mezzo dalla graziosa accompagnatrice della fabbrica, che mi fa indossare i caratteristici bragoni a cavallo basso e mi fa provare a modellare una qualsivoglia forma sul tornio a pedale. Come prevedibile, e come direbbe un amico napoletano, faccio la mia bella figura 'emm….
La graziosa si fa perdonare il tiro mancino con uno disarmante sorriso ed una tazzinetta ricordo.
Un'ultima sosta a Urgup per visitare un piccolo negozio di tappeti e poi la conclusione della giornata sotto quello che ormai è il "nostro" fresco e panoramico pergolato.
Anche stasera c'è un magnifico tramonto.

Venerdì 29 Giugno 2001: Valle di Goreme
Dal camping Kaya si può arrivare comodamente a piedi fino al museo all'aperto di Goreme.
Anche qui tutto è scavato nel tufo e vi sono molte piccole chiese, approssimativamente affrescate, alcune con "tentativi" di colonne e capitelli quasi a voler emulare in quei piccoli spazi le grandi cattedrali romaniche.
La più bella, la chiesa Oscura, la meglio affrescata e conservata anche per via di un recente restauro, la si può visitare dietro pagamento di un ulteriore biglietto d'ingresso, ma ne vale il prezzo.
Il resto del complesso è un susseguirsi di grotte e antri, tra le quali un locale con tanto di tavolo e lunghe panche anch'essi scavati nel tufo, adibito a sala conviviale per le feste della comunità, e ripide e strette scalinate che conducono ad altre cavità adibite a rifugi ai "piani superiori" del villaggio.
Nel bar del museo incontriamo un giovanotto di Bergamo che, da poco laureato, si ritempra dalle fatiche degli esami girando il mondo. E' in viaggio da tre mesi dice, e ne avrà almeno per altrettanti.
Gli auguriamo di rimettersi con molta calma, onde evitare traumi da stress.
L'immancabile mercatino di souvenir all'ingresso del museo all'aperto, è molto caratteristico ma, anche qui, conviene prepararsi a contrattare: ho spuntato o, per meglio dire, il corsaro commerciante è arrivato a concedermi il 70% di sconto sul prezzo iniziale per un'imitazione di scimitarra e me ne sono andato con la netta sensazione di essere stato turlupinato. Ma in questi casi quel che conta è essere soddisfatti dell'acquisto.
Goreme non è molto distante e la strada è in piacevole discesa per cui ci andiamo volentieri a piedi.
E' una bella cittadina piena di negozi per turisti tra cui alcune esposizioni di tappeti: una in particolare, è in centro al paese vicino al mercato della frutta e ortaggi, merita senz'altro una visita perché riproduce un grande e caratteristico caravan serrail. Molto suggestivo ma prezzi e qualità della merce non ci sembrano per niente convenienti.
Torniamo in camping in taxi e passiamo il resto del pomeriggio in relax tra un tuffo in piscina, una pennica al sole ed una merendina di albicocche e amarene colte direttamente dalle piante che fanno da cornice alla piscina stessa.
A sera, imponente carbonara della Luciana e l'ormai consueto tramonto mozzafiato.

Sabato 30 Giugno 2001: Valle di Goreme - Kizkalesi
Oggi ce ne andiamo, anche se un po' di malavoglia perché qui si stava veramente bene.
La strada verso sud è abbastanza buona, bisogna solo stare molto attenti e pronti a piccoli slalom per evitare di spiaccicare le tartarughe che con esasperante ma naturale lentezza attraversano la carreggiata.
Poco prima di Nigde, dove inizia l'autostrada, troviamo molte bancarelle che vendono bottiglioni di un liquido rosso, io come sempre sono troppo curioso e ci fermiamo a chiedere. Dai gesti del venditore non si capisce nulla (si tocca la fronte, si accarezza la guancia, si massaggia lo stomaco) finché non ci propone un assaggio. Tocca a me per forza (il curioso sono io e gli altri si chiamano fuori). Del bicchierino che mi porge con malevolo ghigno il mercante, ne prendo poco più di un paio di gocce: non ho mai bevuto niente di più ripugnante!!! Un gustaccio che sa d'aceto e di schifo ma che dopo pochi secondi mi fa sparare un rutto da Guinness. Il venditore ride, i miei amici ridono, io vorrei ridere ma meglio che tenga la bocca chiusa perché ho lo stomaco che fa le capriole (…quando imparerò…).
Lasciamo perdere ulteriori indagini sul "digestivo" e finalmente entriamo in autostrada.
Ci si ferma a mangiare in un'area di sosta dove c'è un camion in panne. Poco dopo arriva il meccanico, coi caratteristici bragoni, pedalando contromano su una vecchia bicicletta (ripeto siamo in autostrada!!!) sistema tutto in pochi minuti mentre i camionisti ci invitano a bere un cay che stanno preparando su un fornellino portatile. Poi, il meccanico ed i camionisti, iniziano a litigare rumorosamente evidentemente per il prezzo: pare si stia discutendo su quattro dollari in più o in meno. La situazione pare trascendere, per cui Saverio si offre da paciere mettendo lui la differenza. Non l'avesse mai fatto, tutti respingono la proposta quasi offendendosi!!! Tuttavia il gesto, ha il potere di calmare gli animi e le controversie si ricompongono in breve tempo con un bicchiere di cay.
Ripartiamo ed arriviamo alla costa meridionale a Kizkalesi dove c'è un campeggio della catena Mokamp.
Dopo il caldo patito oggi, ci prendiamo un bagno in un mare che ha un'acqua quasi fastidiosamente calda, mentre la Dolly fa perdere la testa ad un bassotto locale.
Ennesima dimostrazione di quanto sia piccolo il mondo: Luciana e Saverio incontrano nel campeggio due equipaggi di Torino che avevano incontrato lo scorso inverno in Marocco.
A sera, ceniamo un po' controvoglia per il caldo e per l'umidità che sfiora l'80%. Rimpiangiamo più che mai la fresca brezza di ieri a Goreme.

Domenica 1 Luglio 2001: Kizkalesi - Incekum
Ci si sveglia presto perché il caldo e l'umidità sono insopportabili. Appena fuori dal campeggio, ci fermiamo in paese per rifornire le scorte d'acqua minerale e per qualche altro souvenir.
Poi la litoranea verso Alanya. E' una strada panoramica ma molto impegnativa, a tratti anche difficile con continui saliscendi ed alcuni pezzi al limite della praticabilità.
Percorriamo una decina di chilometri su un tratto in manutenzione e sterrato che ci copre e riempie i camper di uno spesso strato di polvere.
Poco prima di Alanya vi sono enormi coltivazioni di banane e tante bancarelle che le vendono a prezzi molto convenienti. Finalmente, giunti al livello del mare dopo esserci sturati quasi 300 km di strada impossibile ci fermiamo a Incekum, circa 25 km dopo Alanya, dove pernottiamo nel camping ostello sotto la pineta in riva al mare.
Si chiama "Incekum Orman Ici Dincenme Yeri" che pare voglia dire "Ostello Forestale dalla Sabbia Fine".
Il personale parla solo turco. Un campeggiatore turco della piazzola vicino alle nostre, ci chiede in inglese, se può esserci d'aiuto (canna dell'acqua, cavo elettrico…) e poi ci garantisce che il camping è assolutamente tranquillo. Non gli serberemo rancore quando a mezzanotte ci sarà ancora un casino bestia di macchine che vanno e vengono a tutta velocità, di chiassose tavolate che ancora si attardano per la cena e per un enorme branco di lupetti e coccinelle che ballano e cantano a squarciagola. Noi vorremmo conoscere quell'infame che ha chiamato il campeggio "…Sabbia Fine" quando scopriamo che la spiaggia è sassosa e piena di insidiosi scogli.
Anche qui l'acqua del mare è caldissima.

Lunedì 2 Luglio 2001: Incekum - Pamukkale
Partiamo alla volta di Denizli per visitare il parco nazionale di Pamukkale.
In mattinata ci fermiamo per rifornire di gasolio ed incontriamo al distributore una coppia di anziani toscani che, da soli e in camper, ci dicono di essere appena tornati da un tour di Siria e Giordania e che fino a settembre non hanno la benché minima intenzione di rientrare in Italia. (INVIDIA !!!)
Passiamo per la zona di Burdur dove possiamo godere dello stupendo panorama dei laghi salati e dove possiamo prenderci anche un temporale più rumoroso che altro, nuvoloni neri, tanti fulmini e saette, fragorosi tuoni ma di acqua veramente poca: il giusto per trasformare la polvere, di cui sono carichi i camper da ieri, in una compatta fanghiglia dall'inequivocabile e ributtante colore.
Ancora piccoli paesi da attraversare dove le poche persone che incontriamo si sbracciano in calorosi saluti, e finalmente si arriva a Denizli dove ci aspetta un gran caldo ed un gran traffico.
Ancora pochi chilometri e raggiungiamo Pamukkale, ci fermiamo nell'area di sosta attigua al ristorante Safak. Il campeggio è veramente piccolo ma accogliente, le docce sono pulite e c'è anche una piscina che ci vedrà a mollo fino all'ora di cena.
Concludiamo la serata con una passeggiata sino all'ingresso del parco dove una suggestiva illuminazione multicolore ci concede un assaggio delle meraviglie che vedremo domani.
Prima di andare a nanna un fresco raky (bibitone preparato con un dito di anice forte abbondantemente allungato con acqua gelata).

Martedì 3 Luglio 2001: Pamukkale - Pamucak
Sveglia presto per la visita al parco nazionale di Pamukkale, patrimonio internazionale Unesco.
Dall'altopiano dove sorgeva la città romana di Ierapoli, le sorgenti di acqua termale, cariche di sale calcareo, si riversano sui fianchi della collina creando formazioni di stalattiti, vasche naturali e cascate in uno scenario irrealmente fiabesco di un bianco abbagliante.
Saliamo dall'ingresso sud, come in una moschea ci si deve togliere le scarpe per percorrere l'itinerario in questo splendido paesaggio. Sembra quasi di camminare su un ghiacciaio, ma l'acqua che scorre tra i nostri piedi è piacevolmente calda.
I giochi d'acqua e gli splendidi ricami di roccia calcarea, creano un panorama fantastico ancora più ragguardevole quando, raggiunta la sommità della collina, il candido insieme si staglia contro il verde del circostante paesaggio. Quando leggiamo su una guida che Pamukkale vuol dire "Castello di cotone", ci convinciamo che mai nome fu più poeticamente azzeccato.
Un'occhiata al sito archeologico di Ierapoli, una fresca bibita e poi, con un taxi, il ritorno ai camper per spostarci verso Efeso.
Si riparte, la strada è buona. Verso Aydin, ci fermiamo per pranzare ai margini del parcheggio di un distributore di carburante. Quando stiamo per andarcene, si presenta con perfetta scelta di tempo e con un grosso vassoio carico di caratteristici bicchierini di cay, il gestore del distributore.
Ce li offre con un gran sorriso e tanta cortesia, non si può rifiutare.
Per riconoscenza, anche se non ne abbiamo bisogno, decidiamo di rabboccare i serbatoi di gasolio e qui si scatena la bagarre: mentre ci fa il pieno, il gestore ci fa segno di chiudere i finestrini, urla perentori comandi a tutti i suoi lavoranti che si materializzano con secchi pieni di acqua saponata, spazzoloni e canne dell'acqua. Per farla breve, in meno di un quarto d'ora ci hanno lavato i nostri tre luridissimi camper !!!
Ed è sempre con gentilezza e con cordiali sorrisi che ci ringraziano per la mancia che lasciamo, "sdebitandosi" con un omaggio di un panno per i vetri.
Nel tardo pomeriggio siamo a Pamucak, vicino a Selcuk, e ci sistemiamo sul mare, nel camping Segas.
Veniamo subito circondati da un gruppo di curiosi ma educatissimi bambini che, quasi a voler mettere alla prova le loro nozioni scolastiche d'inglese, ci chiedono timidamente di noi, dell'Italia, di Terim etc.
In premio Giovanna offre caramelle a tutti.
Il padre di uno dei ragazzi ci da il benvenuto al campeggio, ringraziamo e lo invitiamo a bere una bibita.
A sera contraccambierà preparandoci un vero cay turco nella caratteristica teiera.

Mercoledì 4 Luglio 2001: Pamucak - Efeso
Di buon'ora dal campeggio raggiungiamo il sito archeologico di Efeso, con un dolmus.
Entriamo dall'ingresso sud che, dalla fermata del dolmus, si raggiunge percorrendo un breve viale pieno di mercanti e chioschi di souvenir. Veniamo più volte abbordati da fantomatici commercianti di monete, a loro dire, antiche che con gran faccia tosta offrono a prezzi esorbitanti le loro patacche.
La città, fondata nel 900 a.c. e capoluogo della provincia romana dell'Asia dal 133 a.c., è piuttosto grande poiché arrivò a contare 300.000 abitanti. E' percorsa da un viale principale che la attraversa sul quale si affacciano tutti gli edifici più importanti, il tempio di Domiziano, quello di Traiano, la splendida biblioteca di Celso, le terme ed il grande teatro. Alcuni giovani figuranti, in costume, stazionano nei punti strategici della città e si esibiscono in saggi recitativi, dei quali ovviamente non capiamo nulla, e nell'interpretazione di brani d'opera, principalmente italiane, che c'entrano nel contesto come i ben noti cavoli nella proverbiale merenda, ma che se non altro hanno il potere di fermare per qualche istante l'incessante flusso di visitatori.
Purtroppo oggi è particolarmente affollato, in quanto pare che anche qui un paio di navi da crociera abbiano scaricato centinaia di visitatori e la ressa diventa, con il caldo, insopportabile.
Verso le 13 ne abbiamo abbastanza e dopo una squisita quanto ristoratrice spremuta d'arancia, torniamo al campeggio per il pranzo e ci concediamo un pomeriggio di relax in spiaggia. Domani si torna verso lo stretto dei Dardanelli.

Giovedì 5 Luglio 2001: Pamucak - Canakkale
Oggi tappa di trasferimento: muoviamo verso Izmir prendendo l'autostrada, all'imbocco della quale subiamo un breve quanto cordiale controllo di polizia.
Da Izmir strada normale in direzione nord, nei pressi di Altinova ci fermiamo su una spiaggetta per il pranzo.
Non passano dieci minuti che arriva una pattuglia di Jandarma a controllare. Lì non possiamo fermarci dicono, ma ci lasciano pranzare in pace senza farci sloggiare.
Nel pomeriggio un lungo tratto impegnativo, la strada è brutta, dissestata e quasi sempre in salita ed il camper vibra rumorosamente. Questa è una zona di produzione d'olio d'oliva, vediamo molti frantoi e nell'aria c'è un intenso odore si sansa.
Ci fermiamo a Guzelyali, 10 km prima di Canakkale, all'hotel camping Ozan che ha una spiaggetta privata proprio sullo stretto. L'acqua è pulita, fresca ed invitante per cui ci prendiamo un rilassante bagno.
A sera ceniamo al ristorante dell'albergo che espone una nutrita serie di tipici piatti turchi: chiediamo un piccolo assaggio di ognuno ma veniamo fraintesi e ci servono un'abbondante porzione di ogni pietanza scelta. Contiamo una ventina di portate, tutte squisite, che dividiamo fraternamente e fatichiamo a finire, il tutto per 25.000 lire italiane a testa bevande comprese.
Dopo cena restiamo fino a tardi in spiaggia, il mare è calmo e c'è un bellissimo silenzio. Seguiamo coi binocoli l'incessante traffico di navi sullo stretto e l'Egidio, da esperto marinaio, ci da un'interessante spiegazione riguardante le luci di posizione dei natanti e i fari di segnalazione.
Siamo stanchi ma c'è poca voglia di andare a letto, è l'ultima notte in Turchia e vorremmo non finisse mai.

Venerdì 6 Luglio 2001: Canakkale - Alessandropoli
Sveglia presto e un'ultima occhiata allo stretto. Il panorama è bellissimo con piccole barche da pesca ormeggiate di poco al largo.
Arriviamo a Canakkale per il traghetto che ci riporterà in Europa a Eceabat. In attesa dell'imbarco veniamo abbordati da venditori di ogni genere di articolo, dai profumi alle babbucce fatte a mano.
La traversata è molto breve circa 15 minuti. Di qua le strade sono in buone condizioni e finalmente si può viaggiare un po' spediti cosicché in meno di un'ora siamo al confine di Ipsala.
La trafila burocratica è praticamente la stessa dell'andata solo che non si deve pagare niente. Spendiamo le ultime lire turche al duty free e… arrivederci Turchia, spero di rivederti presto!
In Grecia ci accoglie un temporale che ci accompagnerà fino quasi ad Alessandropoli dove ci fermiamo nell'omonimo camping. E' un bel campeggio, pulito, ben organizzato e le piazzole sono molto spaziose.
La spiaggia sabbiosa è molto ampia e non troppo affollata, il mare è pulito ed invitante insomma il posto ideale per qualche giorno di ozio spiaggiaiolo com'era nei nostri programmi.

Sabato 7 Luglio - Martedì 10 Luglio 2001: Alessandropoli
Giornate di relax, qualche passeggiata in città, il bel lungomare, il piccolo mercatino del pesce utile per qualche golosa grigliata, tanto sole e molto caldo che invita ad appisolarsi sul materassino in mezzo all'acqua regalandomi così una splendida scottatura sulla panza da farmi sembrare una porchetta arrostita alla sagra di Ariccia.

Mercoledì 11 Luglio 2001: Alessandropoli - Pentalofos
Lasciamo Alessandropoli, direzione Salonicco. A metà mattinata un breve ma intenso quanto gradito acquazzone rinfresca un po' l'aria, ma poi il sole torna a splendere per cui ci fermiamo verso le 13 su una spiaggetta per un piacevole bagno e uno spuntino.
A Salonicco il solito caos di traffico ci obbliga ad un lento attraversamento sotto un cielo scuro e minaccioso ma con un fastidioso umido caldo. Poi finalmente in direzione Kozani il tempo migliora, il panorama cambia notevolmente in meglio ed anche se la strada ci obbliga a continui saliscendi, non è eccessivamente impegnativa per cui, a parte qualche lento camion da sorpassare, ci godiamo il bel paesaggio e la temperatura che via via che si sale, diventa più gradevole.
Verso le 18.30 siamo a Pentalofos un piccolo paesino sul picco di un colle in cui decidiamo di fermarci.
Il paese, poche piccole case lungo la statale verso la costa, non offre molto spazio, siamo a ridosso del centro per cui ci preoccupiamo di chiedere se diamo fastidio parcheggiando lì. "Non c'è problema" dice una donna affacciata alla finestra, "non c'è problema" ci ripete un uomo che si presenta come president del paese (forse intendeva sindaco). Per cui ci sistemiamo, una rinfrescata e poi una tranquilla cena in una taberna tipica con carne allo spiedo e insalata greca. Siamo stanchi e vorremmo andare a letto presto ma la piacevole fresca brezza collinare dopo il caldo di oggi, oltre alla frenetica animazione che di colpo anima il piccolo villaggio, ci fa attardare un po' su una panoramica terrazza sotto un bellissimo cielo stellato.

Giovedì 12 Luglio 2001: Pentalofos - Ioannina - Igoumenitsa
Al risveglio troviamo vicino ai nostri un altro camper targato Mantova ma dormono ancora quando ce ne andiamo. Riprendiamo la tortuosa strada ed i suoi continui saliscendi però niente da dire sul panorama che continua a rimanere veramente bello tra boschi, montagne ed i soliti numerosi altarini votivi.
A Ioannina ci fermiamo per una visita alla bella città in riva la lago e soprattutto per le signore, alle tante botteghe di argentieri. Sul lungolago incontriamo un nutrito gruppo di ragazzi in costume che parlano inequivocabilmente italiano: sono un gruppo folkroristico di Agrigento, sono qui per partecipare ad un festival internazionale "unico gruppo rappresentante l'Italia" ci dicono orgogliosi. Si esibiscono stasera e non potremo vederli per cui li salutiamo con gli "in bocca al lupo" di rito.
Riprendiamo la strada verso Igoumenitsa dove vi arriviamo nel primo pomeriggio. Superiamo il porto e ci fermiamo nel parcheggio di una taverna sul mare per prenderci l'ultimo bagno in terra (anzi, in acqua) greca.
Una bibita, un'ultima passeggiata in città e poi il check in e l'attesa della nostra nave nel parcheggio semideserto degli imbarchi per l'Italia. L'Egidio ed io, inganniamo l'attesa bighellonando lungo il molo, non c'è alcuna nave attraccata e non se ne vedono all'orizzonte, per cui è ridicolissima la situazione che si crea quando una macchina italiana giunge a forte velocità, frena davanti a noi e due trafelate signore ci chiedono ansiose "…per Ancona ?…" Ce l'hanno servita su un piatto d'argento, per cui non resistiamo alla battuta scontata e, indicando il mare aperto, rispondiamo all'unisono "…sempre dritto !" Dopo un primo momento di smarrimento, si rendono conto anche loro della situazione paradossale per cui, trattenendo una risata ma anche un paio di vaff… per noi, si mettono tranquille e parcheggiano nel piazzale.
Col passare del tempo il parcheggio si è andato a riempire e poiché non c'è alcun addetto che disciplini le code in attesa, a mezz'ora dall'imbarco c'è un casino bestia. Come se non bastasse, insieme alla nostra attracca anche un'altra nave che scarica numerosi passeggeri e mezzi ed altrettanti pare ne debba imbarcare per cui si crea un ingorgo inestricabile. Raggiungere la nostra nave diventa davvero un'impresa ma ce la facciamo e a bordo però una piacevole sorpresa: contrariamente al viaggio di andata, l'open deck è praticamente deserto per cui ci sistemiamo a ridosso dei grandi finestroni dai quali, una volta salpati, possiamo goderci il panorama notturno dell'isola di Corfù comodamente seduti alla dinette del nostro camper.

Venerdì 13 Luglio 2001: Ancona
Magnifica nottata ed altrettanto splendido risveglio, quando dal finestrino della mansarda, seguendo un tiepido raggio di sole che dà il buongiorno, si scorge il calmo mare che stiamo attraversando. Non vorrei ripetermi, ma è veramente piacevole la sensazione di navigare a bordo del nostro camper.
Si arriva ad Ancona in perfetto orario, qualche difficoltà per uscire di città dovuta all'intenso traffico e poi l'autostrada fino ad un autogrill nei pressi di Rimini.
Qui ci si separa e si concludono le nostre vacanze in compagnia: Luciana e Saverio vanno a Cesenatico, Giovanna ed Egidio tornano a Milano, quanto a noi spenderemo gli ultimi spiccioli di vacanze a Bertinoro.
Stavolta però l'incantevole e familiare panorama delle colline di Romagna, non riesce a farci appannare l'immagine che portiamo ancora, negli occhi e nel cuore, della splendida terra Turca e la sua magnifica gente. Ci torneremo ? C'è da scommettere che sì, anche se è ovviamente prematuro decidere il quando.
Per ora un ultimo giro di piadina, sangiovese e mazurka e poi si torna a casa dove, come sempre, ci aspettano il gatto Pompeo ed un altro lungo anno prima di quello che speriamo sarà ancora un emozionante, divertente, interessante, avventuroso viaggio in camper.

RIASSUMENDO SUI CAMPEGGI

I campeggi in Turchia non sono molto confortevoli, segnalo solo il bel campeggio Kaya di Goreme.
In Grecia ottimo il Vrachos di Kalambaka ed altrettanto buono l'Alessandropoli.
Torno a segnalare anche il Jolly di Marghera (VE).


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