ESTATE 2001: LA TURCHIA!
di Vito De Bellis
"
sarà
la volta che venderemo il camper !!!
" Questa
la frase che avrebbe dovuto concludere il diario dello scorso
anno (ma che non ho avuto il coraggio di scrivere) quando
paventavo anche per quest'anno disavventure meteorologiche.
Come promesso siamo andati a sud, in un posto caldo e poco
piovoso, portando con noi come portafortuna altri due equipaggi,
i nostri amici Giovanna ed Egidio e Luciana con Saverio.
E' andato tutto benissimo, il tempo è stato bellissimo
ed il camper, per fortuna, non si è venduto e non
si venderà.
P.S.
Parto molto perplesso e pieno di pregiudizi riguardo ai
Turchi che mi immagino seriosi, irascibili e poco inclini
a socializzare.
Non potevo sbagliarmi in modo più grossolano: la
piacevole sorpresa di questo viaggio è stata la scoperta
di un popolo estremamente gentile ed ospitale.
Scrivo questo diario con il preciso intento di testimoniare
tutto ciò e di renderlo il mezzo per scusarmi con
la gente Turca alla quale va tutta la mia riconoscente ammirazione.
Qualche
cifra
(i costi sono espressi in lire e riferiti ad un solo equipaggio)
Giorni
di viaggio |
30 |
Km
percorsi |
5.894 |
Spese
Gasolio |
983.000 |
Spese
Pedaggi/Parking |
111.000 |
Spese
camping |
446.000 |
Spese
Traghetti |
1.030.000 |
Totale
spese |
2.570.000 |
Il
Diario di Viaggio
Venerdì
15 Giugno 2001: Pero - Marghera
Una settimana fa, la nave che abbiamo prenotato per
il passaggio in Grecia ha quasi fatto naufragio!
Anche se riceviamo ampie assicurazioni dalla compagnia di
navigazione sulla puntualità dell'imbarco, un po'
di preoccupazione ci è rimasta. Come se non bastasse,
da ieri, misteriosamente, i nostri due telefoni si rifiutano
di funzionare. Scartata l'ipotesi di affidarci ad un esorcista,
la mattinata se n'è andata quasi tutta per riportarli
alla normale operatività.
Sono sempre stato un convinto assertore del motto "
non
fare oggi ciò che puoi fare anche domani
"
per cui ho ancora da finire i miei bagagli e il camper da
caricare. E' quindi logico che dalle 11 alle 16 si viva
qualche momento del consueto e caotico stato di fibrillazione
pre-partenza, ma quando Giovanna ed Egidio si presentano
puntuali sotto casa, come sempre ed incredibilmente, siamo
pronti anche noi.
Il contachilometri segna 56.407.
Poca strada e a Bollate ci uniamo a Luciana e Saverio con
i loro compagni di viaggio a quattrozampe: la gatta Polly,
nera, scontrosa e solitaria come una piccola pantera, e
la cagnolina Dolly, due occhioni dolci e quattro chili di
vivace simpatia tra due enormi orecchie divergenti ed appuntite
che le varranno il soprannome di "pipistrellina".
Si parte alla volta di Venezia, abbiamo deciso di imbarcarci
lì perché da Venezia o da Pescara il costo
è esattamente lo stesso e, a conti fatti, considerando
gli oltre 1000 km di strada, non avremmo risparmiato moltissimo
imbarcandoci in Puglia, per cui optiamo per una rilassante
crociera di 24 ore sui nostri camper.
C'è un po' di coda nei pressi di Verona che non riusciamo
ad evitare neanche uscendo per qualche chilometro dall'autostrada.
Abbiamo da poco superato Padova quando a Saverio scoppia
un pneumatico posteriore: è l'interno del gemellato
per fortuna, per cui non vi sono conseguenze. Ci fermiamo
al primo autogrill (dove non c'è gommista) e ci mettiamo
a sostituire la ruota danneggiata tra la curiosità
di altri camperisti fermi lì che guardano, sono prodighi
di consigli, ci intrattengono con il racconto di episodi
analoghi ma senza minimamente offrirsi in aiuto (forse ritengono
che noi tre si sia già sufficienti).
Fa molto caldo e non è un lavoro semplice ma lo portiamo
a termine in una buona mezz'ora.
Il battistrada della gomma scoppiata sembra ancora nuovo
ma la spalla interna si è completamente sfaldata
nello scoppio, a conferma della teoria secondo la quale
le gomme del camper dopo cinque anni si deteriorano e vanno
comunque sostituite qualunque sia lo stato del battistrada.
Io ringrazio il cielo (e i consigli del grande Mosè
Banfi) per aver deciso di sostituire quelle del mio camper
soltanto un mese fa ed aver fatto gonfiare le nuove con
azoto.
E' ormai sera quando arriviamo a Marghera e ci fermiamo
al camping Jolly per passare la notte e soprattutto per
una meritata doccia. Qui come sempre sono gentili e ci fanno
pagare un forfait di due piazzole anziché tre.
Sabato
16 Giugno 2001: Marghera - Venezia imbarco
Ci alziamo di buon'ora per trovare un gommista per Saverio.
Leonardo, il gestore del camping, è di una cortesia
squisita e si mette premurosamente a nostra disposizione
finché tutto non è risolto.
Purtroppo, dopo un attento esame, scopriamo che anche le
altre cinque gomme sono da sostituire.
Non è un lavoro breve e ci congratuliamo con noi
stessi per aver deciso di partire la sera prima altrimenti
potevamo correre il rischio di perdere la nave.
Per le 11 tutto è a posto, salutiamo Leonardo e ci
muoviamo verso Venezia ed il molo della Minoan Lines dove,
dopo il check in, ci tocca aspettare un po' per l'imbarco.
Nel parcheggio c'è un gruppo di bikers tedeschi con
splendide Harley talmente scintillanti che sembra quasi
vogliano equilibrare, con la loro eleganza, la grossolanità
dei logori giubbotti di pelle che indossano i loro centauri.
Tra loro c'è una famigliola con due piccoli bambini
abbronzatissimi e a piedi nudi che saltano felici dentro
e fuori dall'enorme sidecar attaccato al "mostro"
di papà.
Finalmente ci imbarcano, l'open deck è stracolmo
di camper, roulottes, camion, auto e i marinai addetti al
parcheggio compiono veri oltraggi alle più elementari
leggi della fisica per farci stare tutti: riescono a far
entrare un grosso BMW dove, avrei scommesso un braccio,
non ci sarebbe stata nemmeno una Panda !
Ci attaccano al 220V e siamo autonomi come in un campeggio,
l'open deck inoltre offre dei bagni con docce in un eccellente
stato di pulizia.
Quando la nave inizia a muovere, ci fiondiamo sul ponte
per ammirare l'uscita dal bacino di S. Marco con lo splendido
panorama su Venezia e la laguna.
In mare aperto abbiamo modo di visitare il resto della nave
che è bellissima e con ogni genere di comfort dalla
piscina, alla discoteca, alla sala giochi, ma l'esperienza
più bella è quella di "navigare"
a bordo del nostro camper che non scambieremmo con la più
lussuosa delle cabine di prima classe !
Il mare è calmissimo, la nave è veloce e l'aria
fresca e profumata di mare, che arriva dagli enormi finestroni
dell'open deck, rende ancora più piacevole la notte.
Domenica
17 Giugno 2001: Igoumenitsa - Kastraky
Uno splendido sole ci accoglie al risveglio, mentre
la nave è già a ridosso della costa albanese
e poco prima di mezzogiorno (ora italiana) facciamo scalo
a Corfù.
Da qui, in meno di due ore sbarchiamo a Igoumenitsa dove
riforniamo subito di gasolio (qui più conveniente
che in Italia) e la piccola Dolly può finalmente
liberarsi di quanto aveva educatamente trattenuto sulla
nave.
Inizia la tortuosa strada che ci porterà, passando
da Ioannina, verso le Meteore. In questo lunghissimo saliscendi
di quasi 250 km, si sono dimostrati utilissimi i cb che
hanno permesso a chi stava davanti di segnalare strada libera
a chi seguiva, per poter sorpassare i lentissimi e stracarichi
camion che incessantemente percorrono questa strada.
Facciamo sosta al passo di Katara, a circa 1700 m dove fra
le bancarelle di dolci tipici greci c'è una fontanella
di freschissima acqua di sorgente.
Verso le 20 siamo a Kastraky vicina a Kalambaka dove c'è
un accogliente campeggio, il Vrachos, proprio sotto le Meteore.
Il gestore ci riceve offrendoci caramelle, il camping è
bello e tranquillo, c'è la piscina e i bagni sono
molto puliti.
La tranquillità del dopocena mi viene sconvolta dalla
notizia, carpita per l'etere, che la mia amata Juve ha perso
il campionato. Saverio smadonna perché la sua nuova
parabolica non prende il satellite e non può così
dar sfogo al suo malvagio godimento da milanista. In quanto
all'Egidio non gli è mai potuto fregare di meno del
calcio per cui, insieme alle signore, si sorseggia un fresco
e casalingo limoncello godendosi in santa pace la serata.
Lunedì
18 Giugno 2001: Meteore - Kalambaka
C'è un bus che passa dal campeggio alle 9.00
ma noi lo perdiamo, prendiamo così due taxi per salire
alla Gran Meteora (circa 1800 Dracme l'uno).
Il taxi ci lascia nel piazzale-parcheggio pieno di bancarelle
di souvenir e già da qui spaziare con la vista per
questa valle è un gran spettacolo.
Saliamo per il ripido e stretto sentiero scalinato ed arriviamo
a questo magnifico monastero che fu il primo ad essere fondato
e costruito sul picco più alto ad oltre 600 m. E'
il più grande e forse il più bello tra quelli
visitati: la chiesa decorata con decine e decine di splendidi
affreschi nella quale aleggia il profumo delle piccole candele
di cera grezza, la cantina con le antiche botti e gli attrezzi
contadini, il refettorio minuziosamente apparecchiato con
stoviglie d'epoca, la cucina di forma circolare che sembra
un'enorme e buio camino con tutta l'attrezzatura necessaria
alla preparazione di qualunque genere di cibo.
E dalle ampie terrazze, fra una nidiata di piccoli gatti
siamesi che girano indisturbati tra le gambe dei numerosi
turisti, il panorama mozzafiato !
Gli alti parapetti permettono anche a me (da sempre e irrimediabilmente
fobico dell'altezza) di godermi la magnifica veduta degli
altri monasteri incredibilmente arroccati su pinnacoli di
roccia, anche se, quando si tratta inclinare un po' lo sguardo
verso il fondo dello strapiombo, devo usare l'Egidio che
pazientemente si presta al ruolo di rassicurante contrappeso.
Scendiamo verso il monastero di Varlaam, per accedere al
quale bisogna passare su uno scricchiolante ponte sospeso
su quello che, almeno per me, è un profondo baratro.
Qui la cosa più impressionante è la torre
del montacarichi, dove merci e persone venivano fatte salire
in una rete, appesa ad una lunga fune, che attraverso un
dispositivo ad argano collegava il monastero con il mondo
esterno.
Nel piccolo chiostro antistante la chiesa, c'è una
fontanella d'acqua refrigerata messa a disposizione dei
turisti, un'ottima idea che, ad un costo contenuto, denota
una cortese attenzione verso i visitatori.
Idea che a mio parere potrebbe essere copiata anche dalle
troppo distratte strutture turistiche nostrane.
Da Varlaam imbocchiamo il sentiero tra i boschi che permette
di scendere verso il monastero di S. Nicola, non è
impegnativo e soprattutto è quasi completamente all'ombra
il che non guasta dato il gran caldo.
Tra i cespugli avvertiamo un preoccupante rumore, come se
un grosso animale si muovesse con circospezione tra le foglie
poco distante da noi, ma non c'è da aver paura, sono
solo tartarughe di terra che vivono tranquille e indisturbate
in questa zona.
Arriviamo finalmente a S. Nicola, è quello che ha
la scalinata più lunga e ripida ma anche qui c'è
la graditissima fontanella refrigerata.
Il monastero è molto piccolo rispetto agli altri
ma anche da qui il panorama è stupendo, così
come è emozionante affacciarsi dalla torre dell'argano.
Su una terrazza, un monaco infila pazientemente coroncine
da preghiera, e dopo averci chiesto da dove veniamo, esprime
lusinghiere quanto improbabili opinioni riguardo il fatto
che i milanesi, a suo parere, siano tutta gente ricca. Non
so da cosa gli derivi tale convinzione ma, auspicando che
la Provvidenza lo ascolti e disponga in proposito anche
per noi, prendiamo congedo e torniamo verso il camping.
Il pomeriggio lo dedichiamo al relax in piscina e ad una
passeggiata nella vicina Kalambaka mentre a sera souflaky
d'agnello con insalata greca innaffiati da un vinello locale
vivace e birichino, ci fanno concludere in bellezza la giornata.
C'è una magnifica stellata.
Martedì
19 Giugno 2001: Kastraky - Kavala
La vita è bella perché imprevedibile e perché
è capace di scegliere gli espedienti più curiosi
per dimostrarci quanto sia piccolo il mondo ! Riassumerei
così, con questa casereccia morale, quanto successo
in mattinata.
Partiamo alle 9 con un bel sole, la proprietaria del campeggio
regala a ciascun equipaggio una piccola icona e una guida
sulla Grecia.
Via cb mi segnalano che non mi funzionano gli stop, ma il
guaio è più serio perché mi accorgo
che non funziona nemmeno il clackson, l'orologio, la luce
in cabina, la radio e la situazione è un po' preoccupante.
Chiedendo qua e là, arriviamo ad una piccola e casinatissima
bottega sperduta nella campagna nei pressi di Megalohory
dove un elettrauto (che parla poco e nient'altro che greco)
inizia armato di tester il suo paziente lavoro. Per quasi
45 minuti, misura, smonta il cruscotto, cortocircuita, risale
l'impianto e alla fine trova una presa di giunzione che
è quasi bruciata. La sostituisce e tutto torna a
funzionare tra i nostri complimenti.
La spesa non è eccessiva, ma dopo aver pagato non
ci lascia andare: telefona e mi porge l'apparecchio. All'altro
capo c'è un italiano che vive qui e mi dice che gli
farebbe piacere scambiare due chiacchiere con noi. In cinque
minuti arriva, accompagnato dalla moglie greca, un simpatico
veronese che aveva proprio una gran voglia di parlare un
po' con dei connazionali.
Da qualche tempo si è ritirato qui, ci dice, ma per
undici anni ha fatto lo skipper nei Caraibi e l'Egidio drizza
le orecchie: dopo un paio di precise domande, si scopre
che hanno un caro amico in comune, anche lui skipper laggiù
! Incredibile !!! L'ambiente diventa più cordiale
che mai e ci farebbe piacere restare ancora un po', ma il
viaggio è lungo e dobbiamo proprio andare. Grandi
saluti e abbracci.
Partiamo. Lungo la strada incontriamo tantissimi altarini
votivi ai bordi della carreggiata, Luciana dice che si tratta
di ex voto per grazia ricevuta quasi sempre in occasione
di incidente stradale.
Si alza un forte vento e ci becchiamo anche un temporale
nei pressi di Salonicco. L'attraversamento della città
è problematico perché c'è un gran traffico
ma alla fine ne usciamo, inseguiti dai nuvoloni neri e carichi
di pioggia che ci rincorreranno fino a Kavala dove arriviamo
verso sera.
Qui troviamo un bel campeggio semivuoto con splendida vista
sul mare. La spiaggia è deserta, un bellissimo arcobaleno
incornicia l'uscita in mare aperto di alcune barchette di
pescatori e la Dolly è felice di poter finalmente
correre a perdifiato sul prato.
Durante la cena, la gatta Polly esce dal suo isolamento
e tenta di sistemarsi nella nostra mansarda. Purtroppo la
dobbiamo scacciare perché, come giustamente dice
la Luciana, non deve prendere l'abitudine di nascondersi
su camper altrui che la potrebbero portare lontano.
La serata è tranquilla finché nel ristorante
del campeggio non si accendono le luci e arrivano decine
di ragazzi a festeggiare probabilmente la fine della scuola
a ritmo di sirtaky sparato a manetta fino alla una.
Mercoledì
20 Giugno 2001: Kavala - Istanbul
Mattinata soleggiata, calda e ventosa. La strada è
bella e poco trafficata, attraversiamo alcuni villaggi che
hanno numerosi e grandi nidi di cicogne appollaiati sui
pali della luce.
Una breve sosta per qualche scorta di frutta ad Alessandropoli
e verso le 12.30 siamo alla frontiera.
La dogana greca è deserta e la passiamo in pochi
minuti dopodiché attraversiamo un ponte, presidiato
dai soldati di entrambi i paesi, che scavalca il fiume Ergene
e segna il confine. La Sandra che tenta di filmare l'ingresso
in Turchia, viene interrotta dai soldati turchi che con
gentilezza e sorridendo le fanno capire a gesti che non
li si può riprendere.
La dogana turca è affollatissima e piena di tir,
un camionista turco, che parla molto bene l'italiano, si
offre spontaneamente di spiegarci la trafila burocratica
necessaria: nel primo posto di guardia a ridosso del ponte,
viene effettuata la registrazione dei veicoli e dei conducenti,
poi si passa al pagamento del visto d'ingresso (preferibilmente
in dollari), poi si fanno timbrare i passaporti dalla polizia,
poi viene posto un altro timbro sul foglio che ci è
stato rilasciato alla prima registrazione (qui ci vengono
stranamente chieste 5.000 lire italiane), poi passiamo ad
un altro ufficio dove ci viene chiesto se abbiamo moto,
barche o gommoni a motore, ci fanno un altro timbro e possiamo
passare all'ultimo posto di guardia dove controllano tutta
la documentazione e ci lasciano finalmente entrare in Turchia.
Il tutto è durato poco meno di un'ora compresa la
visita ad un ufficio cambi dove, non senza una certa emozione,
ritiriamo qualche centinaio di milioni di lire turche. Ci
accorgeremo che qui al confine, così come ad Istanbul,
il cambio è più conveniente rispetto all'interno
del paese, anche se la differenza non è granché
rilevante.
Ci fermiamo appena oltre la frontiera per fare rifornimento
di gasolio e il benzinaio, come quasi tutti quelli incontrati
in Turchia, ci offre del the. Ci chiede anche da dove veniamo
e, come tutti i turchi che ci hanno rivolto questa domanda,
quando sente che siamo di Milano ci ricorda, in toni orgogliosi,
che il nuovo allenatore del Milan è il loro connazionale
Terim.
Facciamo un rapido spuntino e poi via verso Istanbul dove
quando vi arriviamo a metà pomeriggio, veniamo accolti
da un poderoso quanto veloce temporale.
Decidiamo di fermarci al camping Londra ma abbiamo qualche
difficoltà a raggiungerlo, scopriremo che bisogna
arrivare all'aeroporto e poi prendere verso Istanbul, direzione
Topkapi.
Il camping è molto piccolo, ombreggiato e, sebbene
si trovi a ridosso della tangenziale, è anche piuttosto
tranquillo. I servizi non sono granché però
sono puliti.
Ci sistemiamo poco distante da una piccola tenda che a tarda
sera viene raggiunta dai proprietari: sono Sabrina e Alfredo,
due ragazzi di Pescara che girano in moto e preparano i
loro itinerari prendendo spunti dai siti internet dedicati
ai camperisti. "Perché le informazioni sono
più complete e precise" dicono.
Si intrattengono con noi giusto il tempo per un limoncello
ma poi vanno a dormire perché domattina vogliono
partire presto per fare una "tirata" fino ad Ankara.
Giovedì
21 Giugno 2001: Istanbul
La gatta Polly si è nascosta sotto alcuni bungalows
e non vuole saperne di tornare sul camper.
Luciana e Saverio decidono di lasciarla dov'è poiché
tornerà certamente a farsi viva quando l'appetito
prenderà il sopravvento sulla voglia d'avventura.
Nel frattempo andiamo in centro con uno degli autobus che
fa capolinea al terminal Beyazit che è a 300 metri
dal camping.
Sul marciapiedi della fermata c'è una lunga fila
ordinata di gente in attesa e mentre ci chiediamo se sia
proprio quello il marciapiedi giusto, una ragazza in un
correttissimo inglese ci domanda gentilmente se abbiamo
bisogno d'aiuto e ci indica il nostro bus.
In circa mezz'ora siamo in centro nei pressi del Gran Bazar.
Appena scesi dal bus, la prima cosa che mi ha piacevolmente
impressionato è la pulizia che c'è nonostante
la gran confusione di folla e mercanti, impressione che
verrà poi confermata anche in altre zone.
Ci facciamo una passeggiata che ci permette di prendere
il primo contatto con questa città fino a scorgere,
tra le fronde di grandi alberi di un bel giardino, la cupola
e i minareti della Moschea Blu.
I minareti sono sei, pare che alla Mecca se ne sia dovuto
innalzare uno in più per mantenere la sovranità
su tutti i templi islamici.
Entriamo nel recinto della Moschea sul cui lato un portico
ripara una lunga serie di rubinetti finemente cesellati
con rispettivi sedili, adibiti alle rituali abluzioni prima
della preghiera.
Sulle volte degli ingressi, scritte islamiche per noi incomprensibili
ma ugualmente suggestive.
Molte le famiglie che in abito da cerimonia, accompagnano
bambini in caratteristici costumi bianchi per festeggiare
quella che, ci spiegheranno poi, è la cerimonia della
circoncisione.
Ci si toglie le scarpe prima di accedere al Tempio, lo devono
fare tutti i visitatori credenti o meno, come segno di rispetto
così come dovrebbero esserlo il silenzio ed un comportamento
consono alla misticità del luogo. Purtroppo anche
qui, come nelle cattedrali occidentali, in nome di un turismo
irriverentemente frettoloso e, diciamolo pure, un po' cafone,
di rispetto se ne vede poco.
Non è gratuito moralismo ma, come già osservai
in Scozia visitando una cattedrale sconsacrata adibita a
centro commerciale, un luogo che è stato o è
espressione di fede per tanta gente, a mio parere merita
comunque un po' di riguardo e soprattutto educazione.
L'interno è bellissimo: la grande volta del soffitto
dal quale pendono enormi lampadari a lucerne, ora illuminati
da lampadine elettriche, le pareti e le colonne decorate
con maioliche con infinite sfumature di blu e azzurro, le
preziose finestre a mosaici ed il pavimento ricoperto da
una interminabile serie di tappeti a disegno ricorrente
donano all'insieme un'atmosfera surreale.
Usciamo dal giardino posteriore e nella piazza antistante
c'è un bel locale con tavoli all'aperto e all'ombra,
dove ci fermiamo per un po' di relax e per il primo assaggio
al the ed al caffè turchi.
Rifocillati, andiamo a S. Sofia che mi ricorda vagamente,
nella struttura dell'ingresso, la basilica di S. Marco di
Venezia. In origine era una basilica Bizantina poi trasformata
in moschea ed ora in museo dove vi si può ammirare
ancora ciò che rimane dei preziosi mosaici che la
rivestivano.
All'interno, alzando lo sguardo, si nota una specie di grande
loggia lungo le pareti perimetrali, raggiungibile attraverso
un lungo, tortuoso e ripido sentiero acciottolato interno,
dalla quale si gode di una splendida vista d'insieme della
basilica.
C'è tantissima gente e si sente molto parlare italiano:
ne capiremo il perché all'uscita dove circa 40 pullman
attendono i turisti di una nave da crociera italiana.
Noi andiamo alla cisterna e mi sento un po' "ciula"
per la mia impazienza di vedere finalmente quei luoghi che
hanno eccitato la mia fantasia di ragazzino nel film "007
dalla Russia con amore".
Ovviamente non c'è James Bond e nemmeno i cattivi
di turno, ma una suggestiva regia di luci con un soffondo
di Beethoven, sapientemente miscelati, rendono il luogo
semplicemente fiabesco.
Quando usciamo è ora di pranzo (per strada si ode
la cantilenante preghiera di un muezzin) e poco distante
c'è un minuscolo localino che serve kebab. Il proprietario
è un giovane curdo ed ha in gran simpatia gli italiani
per cui ci serve con riguardo e si intrattiene piacevolmente
con noi.
Dopo pranzo Luciana e Saverio tornano in camping per accudire
la gatta che sarà certamente tornata al camper mentre
il resto della compagnia dirige verso il mercato delle spezie
o Bazar Egiziano.
E' un mercato coperto pieno di piccole botteghe molto suggestivo
e caratteristico in quanto, oltre ovviamente ad una gran
varietà di spezie, vi si possono trovare articoli
di artigianato locale e souvenir in un'atmosfera che, apparentemente,
non sembra costruita a bella posta per i turisti anche perché
frequentatissimo da turchi. I commercianti, tuttavia, anche
se gentilissimi, sono un po' "aggressivi" nel
proporre i loro articoli a noi stranieri. Lo percorriamo
tutto fino all'uscita che dà sul mare in prossimità
del ponte Galata, qui Giovanna ed Egidio decidono di tornare
anche loro al campeggio. La Sandra ed io ci fermiamo per
visitare il dedalo di viuzze, gremito di botteghe, che circonda
il mercato delle spezie. Ogni tratto di strada è
"a tema" in quanto raccoglie botteghe dello stesso
articolo commerciale.
E' un'esperienza indimenticabile: c'è tantissima
gente, grande confusione, strade strette, carrettini di
ambulanti si fanno strada a fatica nella marea di folla,
pochi i turisti tra i quali noi che ci godiamo questa passeggiata
nella più tranquilla serenità in quanto non
si avverte la benché minima minaccia dalla quale
dovunque, anche in Italia, ci si deve premunire quando si
è in divisa da vacanzieri.
Qui nemmeno i bottegai tentano i soliti approcci riservati
ai turisti: si limitano a osservarci indifferenti per sfoggiare
la più sincera gentilezza nel momento in cui ci si
interessa al loro negozio, gentilezza che perdura sino al
commiato indipendentemente dal fatto che si sia acquistato
qualcosa o meno.
Giriamo per quasi due ore e poi alla fine, soddisfatti ma
stanchissimi, prendiamo un taxi per tornare in campeggio.
L'autista è un guidatore tranquillo e non da segni
di turbamento nemmeno quando imbocca gli ultimi 300 metri
prima del camping, contromano! Vedere le macchine che ci
vengono incontro in senso inverso per evitarci all'ultimo
momento, è stata un'esperienziella elettrizzante
a giusto coronamento di una magnifica giornata.
Venerdì
22 Giugno 2001: Istanbul
Anche stamattina ripartiamo per il centro dal terminal
di Beyazit con il solito bus 82.
Al capolinea in centro c'è un venditore di bibite
che, in uno sgargiante costume tipico, versa bicchieri di
fresco succo di ciliegia accompagnando il gesto con un profondo
inchino affinché il liquido possa sgorgare dal lungo
becco ricurvo del serbatoio che tiene sulle spalle a mo'
di zaino.
Oggi passeggiamo fino al Topkapi. E' incredibile il successo
che riscuote la piccola Dolly presso i turchi, tutti la
guardano e molti l'accarezzano con divertito ed affettuoso
stupore quasi non avessero mai visto una bastardina così
piccola. In effetti, ci rendiamo conto che è raro
vedere in città dei cani, sia al guinzaglio che randagi.
Al palazzo Topkapi ci attende una delusione: la mostra del
tesoro è chiusa per restauri! Dopo il primo momento
di smarrimento, la prendiamo positivamente, considerando
il fatto una comoda giustificazione per un graditissimo
ritorno in questa bella città.
La visita comunque non va assolutamente sprecata per il
resto del palazzo ed il bellissimo harem.
Quando usciamo è l'ora di pranzo e scendiamo al mare
verso il ponte Galata. Qui vi sono dei tipici barconi ormeggiati,
sui quali si frigge e si griglia del pesce che viene servito
in grandi panini da guarnire con verdure e, se si vuole,
cipolle crude.
Quando passano i traghetti di linea, provocano grandi onde
e questi barconi ondeggiano paurosamente; l'olio nel padellone
del fritto e le braci della griglia pare debbano uscire
dalle loro sedi per provocare disastri inenarrabili, ma
tutto rimane inspiegabilmente sotto il controllo dei marinai
che, mantenendo un perfetto equilibrio anche quando il barcone
è di molto sbandato, sembrano molto più interessati
alla vendita che alla sicurezza del naviglio. Un panino
costa circa 2000 lire italiane, è molto appetitoso
e sostituisce abbondantemente un pasto per cui non ci facciamo
pregare per assaggiare questa specialità.
E' piacevole osservare che sul molo, vicino ai barconi,
non vi è traccia di sporcizia in quanto tovagliolini,
bicchieri di carta, lattine vuote e rifiuti in genere, vengono
educatamente gettati nei cestini messi a disposizione dagli
stessi barcaioli.
Dopo pranzo ci avviamo per risalire al Gran Bazar non senza
aver permesso ai golosi della compagnia una sosta in una
pasticceria prospiciente la stazione Sirkeci, dove pare
fermasse il mitico Orient Express. Qui un lustrascarpe,
con a tracolla la sua caratteristica attrezzatura in ottone,
tenta di convincermi che la sua professionalità è
in grado di far brillare qualunque tipo di calzatura. Io
però indosso sandali sui piedi nudi per cui declino
l'offerta.
La lunga strada in salita è piena di gente e di botteghe
ed è il proseguimento del grande souk all'aperto
che abbiamo visitato ieri con la Sandra.
E finalmente si giunge al gran Bazar all'ingresso del quale
c'è un chiosco di gelati. I gelati qui sono piuttosto
cari, non sono certo buoni e con gran varietà di
gusti come quelli nostrani, e sarà forse per ovviare
a tutto ciò che quasi tutti i gelatai turchi si presentano
con tipici costumi improvvisando piacevoli show funambolici
al momento della confezione del cono.
Il gran Bazar è bellissimo con i soffitti a volte
splendidamente decorate, grande da perdersi, zeppo di piccole
botteghe sapientemente approntate in modo suggestivo e accattivante
per attirare i clienti.
Qui i venditori sanno essere gentili, suadenti, tenaci e
spietati come i loro antenati corsari: se appena ci si avvicina
a una vetrina, entro pochi nanosecondi qualcuno abborderà
il malcapitato turista apostrofandolo quasi sempre nella
sua lingua e cercando di trascinarlo all'interno. Non serve
rifiutare, una volta nelle loro grinfie, non fanno prigionieri
!!! Oltretutto non hanno alcun pudore nello sparare prezzi
esorbitanti, per cui, se proprio si vuole comprare qualcosa,
con un po' di pazienza si riesce sempre a spuntare dal 30
al 50 e più % di sconto.
Quando proprio non ce la faccio più a sopportare
l'assillante insistenza dei bottegai, metto a punto una
tecnica di difesa che dà ottimi risultati: al momento
dell'assalto, quando il bucaniere comincia a chiedere "
Italiano?"
gli rivolgo uno sguardo vacuo e leggermente interrogativo
nel più assoluto dei silenzi.
Il pirata non demorde e prosegue nel suo show: "Francais
? Espanol ? Portughes ? Deutch ? English ?
" ottenendo
sempre la solita espressione assente e quando finalmente
esaurisce gli idiomi a sua disposizione, si convince di
avere a che fare con lappone o, più verosimilmente,
con un povero idiota per cui, matematico, molla la presa.
Ne ho liquidati una trentina in questo modo. Il problema
è di riuscire a rimanere seri!!
Se mai ci fu luogo di perdizione che potesse interpretare
per la Sandra, quello che fu per Pinocchio il paese dei
balocchi, questo è il Gran Bazar di Istanbul!! E'
quindi logico che quando Luciana e Saverio prima, e poco
dopo Giovanna ed Egidio se ne tornano in campeggio, noi
rimaniamo ancora un'oretta abbondante a farci piacevolmente
massacrare.
Quando finalmente ne usciamo carichi di borse e pacchetti,
notiamo che vicino alla fermata del bus c'è un parcheggio
di taxi che ha in pole position una vecchia Plymouth del
'57, con ampio cofano e fanalini posteriori a coda di rondine.
Non resistiamo alla tentazione e montiamo, è una
gran bella macchina e molto ben tenuta anche se il tempo
ed il traffico l'hanno irrimediabilmente segnata. Il conducente
dice di guidarla ininterrottamente da 38 anni accumulando
qualcosa come due milioni di km !!! Tecnologia americana
dice.
Al campeggio ho un clamoroso successo sfoggiando il fes
rosso con fiocchetto nero comprato al Bazar: i tedeschi
del camper vicino ridono fino alle lacrime.
Sabato
23 Giugno 2001: Istanbul
Appena prima del terminal di Beyazit, c'è un cavalcavia
sotto la cui volta stazionano permanentemente un grosso
caprone ed il suo proprietario. Intorno vi sono dei cartelli,
confezionati artigianalmente, che segnalano l'inconsueta
coppia ma non siamo riusciti a capire o sapere cosa fanno
lì di speciale.
Noi comunque si prende il nostro solito bus 82 e si va in
centro: oggi visiteremo la moschea di Solimano.
Durante il tragitto, non si può fare a meno di notare
il caotico traffico e la miriade di Dolmus circolanti.
I Dolmus sono piccoli pulmini di colore beige, a gestione
privata o di cooperative, che rimediano alle carenze dei
trasporti pubblici collegando i sobborghi con la città.
Non entrano in centro, si fermano alle vecchie mura, sono
molto agili e veloci nel traffico e credo sia per questo,
unitamente al prezzo contenuto, che riscuotono un gran successo.
Non hanno fermate, non essendo mezzi pubblici, per cui sfruttano
quelle dei bus di linea ed è qui che si scatena la
bagarre: gli autisti dei Dolmus, nel tentativo di fermarsi
nella posizione più favorevole che gli consenta di
scaricare e caricare velocemente i passeggeri nonché
di ripartire prima degli altri, sono particolarmente aggressivi
e spericolati. Fermano in doppia o tripla fila, dopo sorpassi
e gimcane da brivido e poiché tutti vogliono la posizione
migliore finisce che alle fermate si creano ingorghi inestricabili
coinvolgendo ovviamente, anche i bus di linea che, teoricamente,
dovrebbero essere gli unici fruitori delle fermate stesse.
Oggi siamo rimasti bloccati ad una fermata sul nostro 82,
perché l'incessante andirivieni dei Dolmus non gli
ha permesso di muoversi per quasi cinque minuti !!!
Ma finalmente arriviamo alla Moschea di Solimano. Nel giardino
interno c'è un piccolo cimitero con il bel mausoleo
del Sultano e della sua prediletta sposa Rosselana.
All'interno della moschea non c'è gente, vi troviamo
solo un fedele in preghiera, e possiamo così apprezzarne
la grandiosità poiché pare possa ospitare
fino a 5000 persone. Sarà per la pace che vi regna,
ma a me sembra ancora più bella della Moschea Blu.
Di fronte alla moschea facciamo una breve sosta per un the,
o çay come lo chiamano qui (ho imparato ad apprezzarlo
poiché anche con il caldo la bevanda è graditissima),
e poi torniamo in centro. Lungo la strada possiamo acquistare
pistacchi e uvetta passita a prezzi veramente convenienti.
Incontriamo dei carrettini di ambulanti che vendono cetrioli
ed è veramente bello ammirare la maestria con la
quale, in pochi secondi e per una cifra irrisoria, il dissetante
ortaggio viene spellato, salato e servito.
Molti bambini o vecchi, stazionano sui marciapiedi con vecchie
bilance pesapersone ed offrono una pesata per qualche monetina.
Considerata la stazza media della compagnia dobbiamo rifiutare,
non tanto per pudore, ma per non creare danni alle fatiscenti
apparecchiature.
Rientriamo al Gran Bazar perché Saverio ha promesso
di portarmi in una bottega, dove già era stato in
un precedente viaggio e dove si possono trovare le più
belle pipe in schiuma di Istanbul. Per chi non lo sapesse,
la schiuma è un minerale di magnesio, si chiama sepiolite,
con il quale maestri cesellatori creano veri capolavori
ricavandone principalmente fornelli da pipa ma anche ciondoli,
bracciali e gioielli per signora.
La bottega è molto piccola ma confortevole con aria
condizionata e piccolo divano per gli ospiti, il padrone
parla un ottimo inglese infarcito da qualche parola d'italiano,
ci offre il consueto çay e ci incanta letteralmente
mostrandoci i suoi pezzi migliori. Non si può resistere
ed io proprio non ce la faccio ad andarmene a mani vuote:
rompo il porcellino è mi porto via una stupenda pipa.
Il pranzo lo consumiamo sempre all'interno del bazar, in
un minuscolo locale fuori mano dai circuiti turistici classici,
dove ci servono un abbondante piatto di kebab, riccamente
guarnito di verdure e riso per sole 5000 lire italiane,
bibita compresa.
Il resto del pomeriggio lo spendiamo per rifornirci di cibarie
al mercato vicino a Galata che, essendo sabato, è
ancora più caotico ed affollato e l'interpretazione
che offriamo l'Egidio ed io per farci capire da un macellaio,
che ovviamente non parla che turco, è da premio oscar
! Con il negoziante ci esprimiamo a gesti accompagnati da
muggiti, grugniti e belati ma alla fine riusciamo ad ottenere
le costine d'agnello che volevamo. Quando smette di ridere,
il macellaio ci fa capire che le costine d'agnello, in turco,
si chiamano pizola.
Trascorriamo l'ultima sera in questa fantastica città,
grigliando le pizola rese ancora più gustose dalla
fatica che ci è voluta per chiederle.
Domenica
24 Giugno 2001: Istanbul - Bursa - Mudanya
Partenza alla volta di Bursa, l'antica capitale. E'
forte l'emozione quando, passato il ponte sullo stretto,
un cartello ci augura il benvenuto in Asia.
A Bursa non c'è traccia di campeggi e, nel tentativo
di trovare un sito adatto per la notte, ci avventuriamo
per una strada in salita che diventa sempre più stretta
e tortuosa tanto da impedirci di tornare sui nostri passi.
Non resta che proseguire e la cosa si fa difficile soprattutto
quando si incrocia qualche macchina, fortunatamente rara,
in senso inverso. Poi una lunga e ripida discesa mette a
dura prova i freni dei mezzi e come Dio vuole dopo una trentina
di km di sofferenza, arriviamo stremati sul mare a Mudanya.
E' domenica e c'è un gran casino di turisti, ci fermiamo
in uno squallido spiazzo sterrato tra le case. Con il camper
dell'Egidio, il più agile (il camper non l'Egidio),
andiamo a cercare un posto migliore per la notte e lo troviamo
nel parcheggio di un elegante ristorante sulla superstrada
Bursa-Mudanya (già, c'è una superstrada a
quattro corsie ma noi abbiamo "preferito" la strada
più panoramica!!!)
Il proprietario del ristorante Osmanli è gentile
e parla inglese e, visto che promettiamo di cenare da lui,
ci consente di parcheggiare nell'ampio spazio antistante
che, assicura, è sorvegliato tutta notte.
Torniamo a prendere gli altri mezzi ed il resto della compagnia
e una volta sistemati, ci concediamo una gran cena tipicamente
turca con un servizio ineccepibile. Non abbiamo contato
la quantità di bicchiere che ci hanno cambiato per
la varietà di vino che ci hanno fatto assaggiare,
un giovane cameriere è a nostra disposizione per
cambiare ogni piatto o posata appena usati o per raccogliere
le briciole dalla tavola con una elegante spazzolina e paletta
in argento. Il cibo è ottimo e abbondante ed il conto
non arriva alle 25000 lire italiane a testa!!!
Quando torniamo ai camper il guardiano del parcheggio ci
accoglie rassicurandoci sul fatto che lui sarà lì
tutta notte e non sa più come ringraziarci quando
gli lasciamo una mancia.
La serata è bellissima: un luminoso quarto di luna,
che appare nel cielo appena al di sopra di una bandiera
turca che sventola da un pennone del parcheggio, sembra
voglia schernire con la sua lucentezza la bianca mezzaluna
ottomana.
Lunedì
25 Giugno 2001: Mudanya - Ankara
Quando ci svegliamo il guardiano notturno è ancora
lì ad augurarci il buongiorno ed il buon viaggio
quando poco dopo ripartiamo in direzione Ankara.
Spesso lungo la strada si incontrano posti di blocco della
polizia che però appena vedono le targhe italiane
ci fanno subito passare senza alcun controllo.
Di tanto in tanto si incontra, anziché la solita
autopattuglia, una sagoma di cartapesta che riproduce a
grandezza naturale il profilo di una macchina della polizia
con tanto di lampeggiante blu in funzione, a perenne ammonimento
agli eventuali indisciplinati.
Il paesaggio a poco a poco cambia e viaggiamo su una lunga
e diritta strada in mezzo ad una steppa desertica. Fa un
gran caldo quando alle 13 ci fermiamo per il pranzo in una
stazione di servizio, picchia intorno ai 37°. Siamo
a circa 150 km da Ankara.
Nel pomeriggio cambia ancora il panorama, alternando tratti
desertici a zone dove la vegetazione è più
fitta e coltivata: lungo la strada incontriamo bambini che
vendono frutta o greggi di pecore che stazionano sulla carreggiata,
attentamente sorvegliati da grossi e minacciosi cani, mentre
i pastori si sbracciano in saluti al nostro, per loro inconsueto,
convoglio.
A metà pomeriggio ci fermiamo per una bibita in un
posto di ristoro sulla cui griglia, nonostante l'ora, cuociono
ancora pezzi d'agnello.
E finalmente Ankara. La città è piena di caserme
e installazioni militari. Ci si ferma al camping di Kayas
a circa 15 km dal centro e molto vicino alla grande e semideserta
tangenziale.
Il camping non è un granché, ma dopo il caldo
di oggi potersi lavare con acqua a volontà e piacevolmente
tiepida, è una vera libidine.
Nel camping girano due giovani soldati armati, con evidenti
mansioni di sorveglianza.
La serata ci regala una fresca e piacevole brezza.
Martedì
26 Giugno 2001: Ankara - Kirsehir
Scarichiamo i serbatoi e ci dirigiamo verso il centro
per il Mausoleo di Ataturk. E' grande ed imponente, perennemente
presidiato da soldati di tutte le forze armate Turche ed
è l'espressione del devoto affetto del popolo Turco
verso questo padre della patria. Abbiamo avuto conferma
di questa devozione in ogni città, paese o villaggio
che abbiamo visitato in Turchia poiché vi abbiamo
trovato almeno una via, un monumento, una scuola, un edificio
pubblico, dedicato ad Ataturk.
Le riforme che ha apportato, dopo la prima guerra mondiale,
sono state letteralmente rivoluzionarie se si pensa che,
oltre ad "inezie" come l'adozione dell'alfabeto
occidentale, ha concesso piena parità di diritti
tra uomini e donne che, per quei tempi ed in quel contesto
geografico e religioso, hanno differenziato ed ancor oggi
distinguono la Turchia dai paesi vicini.
Nel mausoleo oltre alla tomba, c'è un interessante
museo di oggetti appartenuti ad Ataturk ed alla sua famiglia.
Ci sono le sue auto ufficiali e l'affusto di cannone sul
quale compì l'ultimo viaggio terreno.
Lasciamo il mausoleo ed abbiamo qualche difficoltà
nell'uscire dalla città (un eufemismo per non dire
che ci abbiamo messo due ore se si include la spasmodica
ricerca di un cambiavalute !!!)
Ritroviamo la grande tangenziale, si dirige a sud sulla
E90 verso Konya per deviare poco dopo a est in direzione
Kayseri. La strada non è eccezionale ma il paesaggio
è incantevole: sterminati campi di grano intervallati
da grandi aree di terra incolta e di colore bruno che creano
un contrasto stupendo. I pochi villaggi che attraversiamo
ci riservano gli ormai consueti e calorosi saluti della
gente che ci vede passare.
Verso le 18 siamo a Kirsehir, un centro termale a 80 Km
da Kayseri. Non c'è campeggio ma vediamo le insegne
pubblicitarie di un grand hotel che pensiamo possa ospitarci
per la notte nel suo parcheggio.
Un ragazzino in bici, che parla un po' d'inglese, si offre
di farci da guida e pedala come un forsennato davanti ai
camper per non rallentarci. Quando arriviamo, rifiuta, educatamente
ma decisamente, la mancia che gli vogliamo dare ma accetta,
più per educazione che per golosità, una sola
caramella dall'enorme manciata che gli porge la Giovanna.
Al grand hotel non ci possiamo stare, il parcheggio è
troppo piccolo ed affollato per cui, cercando altre soluzioni,
la Luciana entra in una stazione di polizia a chiedere se
ci possono aiutare.
Noi che restiamo fuori siamo un po' preoccupati perché
non la vediamo più tornare: ci racconterà
poi che il comandante della stazione, capita la situazione,
fa un mare di telefonate finché, con un gran sorriso,
le annuncia che ha trovato il posto per noi. Chiama un'autopattuglia
e ci fa scortare nel parcheggio di un hotel chiuso per restauri.
Poco dopo arriva anche lui a verificare se il posto è
di nostro gradimento.
Ringraziamo e ci sistemiamo ma, passano ancora pochi minuti,
e giunge un'auto civile con autista scortata da un'auto
della polizia. Ne scende colui che, in perfetto inglese,
si presenterà come il capo della polizia cittadina
venuto apposta per sincerarsi della nostra sistemazione!
Quando gli diciamo che siamo di Milano ci chiede (anche
lui!!!) se sappiamo chi è Terim: sono stati tutti
così gentili che proprio non me la sento di deluderlo
rivelando la mia fede bianconera per cui (Bettega mi perdoni!)
recito la parte del milanista sfegatato ed entusiasta tra
le occhiatacce di riprovazione del resto della comitiva.
Ci promette tranquillità e sorveglianza per tutta
notte, ci consiglia il ristorante del grand hotel di cui
sopra e se ne va con autista e scorta. Tutte queste premure
ci fanno sentire ospiti veramente importanti.
Mangeremo al grand hotel una buona cena con sole 16000 lire
italiane a testa.
Quando vi torniamo, vediamo una macchina della polizia che
gira discretamente presso i camper.
Mercoledì
27 Giugno 2001: Kirsehir - Kayseri - Ortahisar (Urgup)
Sveglia presto, anche perché gli operai che restaurano
l'hotel che ci ha ospitato, sono già al lavoro.
Una breve sosta alla stazione di polizia per ringraziare
ancora dell'ospitalità e poi via verso Kayseri, la
patria dei tappeti turchi, dice la guida.
In effetti appena scesi dai camper, nel parcheggio a pagamento
in centro, veniamo abbordati da un "procacciatore di
clienti" che in perfetto italiano si offre di farci
da guida gratuitamente, purché si visiti un negozio
a lui noto. Decliniamo, anche se fatichiamo a liberarcene.
Giriamo per il centro: i tappeti che vediamo non ci piacciono
granché, inoltre hanno prezzi di molto superiori
a quelli che si trovano in Italia. Sono invece molto belli
da visitare il buio e caratteristico bazar ed il mercato
all'interno delle vecchie mura, che ci conduce sino ai più
alti bastioni della cittadella dalla quale si gode un bel
panorama della città.
Lungo le mura della cittadella staziona un nutrito gruppo
di lustrascarpe con le loro scintillanti e caratteristiche
attrezzature.
Anche qui come a Istanbul vi sono molte gioiellerie con
stupendi monili in oro rosso e satinato.
Verso l'ora di pranzo veniamo braccati da un venditore di
tappeti "scaricato" in mattinata che si offre
come interprete, nella locanda dove ci fermiamo a mangiare.
Ancora un giro per il centro durante il quale "casualmente"
ma ossessivamente ritroviamo più volte il solito
venditore di tappeti, (il Saverio sperimenta un'altra efficace
tecnica di disimpegno dichiarando di avere un fratello che
vende tappeti a Milano). Alla fine dobbiamo letteralmente
scappare alla chetichella.
Dirigiamo a sud fino a Dortyal per poi deviare a ovest verso
la valle di Goreme. Il paesaggio è fantastico via
via che si sale verso Urgup, una bella e ordinata cittadina
all'inizio della valle, dove si cominciano a vedere i primi
camini di fata. Le donne sono vestite con i caratteristici
pantaloni larghi con il cavallo molto basso, alcune offrono
per cifre irrisorie dei foullard confezionati artigianalmente.
Una piccola bambina che vende souvenir per strada, sa dire
solo "Hello" e appena punto la telecamera si mette
vanitosamente in posa raggiunta subito da altri due amichetti
mocciolosi.
Arriviamo al camping Kaya, molto accogliente, con piscina
e con una splendida vista sulla valle (prestare attenzione
perché venendo da Urgup 400 metri prima c'è
un altro camping che reca il nome Kaya ma non è altrettanto
bello).
Ci sistemiamo in una splendida posizione panoramica e ci
gustiamo una magnifica serata, cenando sotto un piccolo
pergolato di uva, mentre assistiamo ad uno straordinario
tramonto sulla valle.
Giovedì
28 Giugno 2001: Valle di Goreme
Presso la reception del campeggio, abbiamo prenotato
un pulmino con autista e guida che parla francese, solo
per la nostra comitiva, per trecentomila lire complessive
pranzo compreso.
Prima tappa a Kaymakli per vedere la città sotterranea.
Lungo la strada passiamo davanti ad un carcere isolato nella
campagna che ci ricorda il film "fuga di mezzanotte".
La città sotterranea, rifugio delle antiche comunità
cristiane, è molto interessante, si sviluppa su otto
piani sotto terra di cui se ne possono visitare i primi
quattro. I cunicoli da percorrere sono spesso stretti e
bassi per cui noi "corpulenti" ci facciamo il
pieno di schienate e capocciate. Non è il luogo adatto
per chi soffre di claustrofobia.
Al termine della visita, dopo una breve sosta al mercatino
di souvenir prospiciente, riprendiamo il nostro pulmino
"privato" e dirigiamo verso Uchisar per quello
che viene definito il Castello.
E' un'insieme di grotte (ormai adibite a negozi di souvenir)
e scalinate scavate in un pinnacolo di roccia dalla sommità
del quale si gode uno splendido panorama sulla valle.
Ho i miei bei problemi nello sporgermi dalle terrazze "in
vetta" e soprattutto nello scendere per la ripida scalinata,
ma sono validamente supportato da tutta la compagnia che
mi rincuora prendendomi affettuosamente per il c
Davanti al castello, alcune donne nei tipici costumi, confezionano
centrini e ricami vari, sedute sotto le loro bancarelle
per ripararsi dal sole a picco.
Un ottimo pranzo in un self service con terrazza panoramica
e poi finalmente andiamo a Zelve per i mitici camini di
fata.
Che dire ?
Lo spettacolo che ci si presenta è a dir poco straordinario,
soprattutto se si pensa che Madre Natura lo ha plasmato
attraverso violente manifestazioni distruttive quali eruzioni
vulcaniche, terremoti, vento e inondazioni. Ed in questo
scenario irreale l'uomo ha fatto la sua parte, una volta
tanto positivamente, scavando tra queste insolite piramidi
a forma di fungo, rifugi, abitazioni e luoghi di culto.
Non c'è molta gente, fa molto caldo e c'è
un piacevole silenzio. C'è un cammello che attende
paziente di farsi immortalare dalla prossima comitiva di
turisti e la sua imperturbabile immobilità, sembra
essere parte essenziale del paesaggio. Credo che serberò
per molto tempo il ricordo dell'emozione suscitata dalla
magia di questo luogo.
Andiamo alla città Ittita di Avanos abitata sino
al 1952 e poi sgomberata per la pericolosità delle
strutture.
Qui tutto è scavato nel tufo, le abitazioni e qualche
luogo di culto e in una stretta e buia crepa della roccia
possiamo vedere una colonia di pipistrelli a testa in giù.
C'è un imponente terrazzo panoramico che sovrasta
l'intero complesso, per raggiungere il quale si deve usare
una ripida scala a pioli posta in uno stretto cunicolo:
non fa proprio per me, non tanto la salita quanto la discesa
di ritorno, per cui mi fermo giù per filmare gli
intrepidi della compagnia che vi salgono.
La nostra guida ci porta poi in una fabbrica di ceramiche
non molto distante, dove possiamo ammirare il paziente lavoro
degli artisti della decorazione a mano e dove vengo messo
in mezzo dalla graziosa accompagnatrice della fabbrica,
che mi fa indossare i caratteristici bragoni a cavallo basso
e mi fa provare a modellare una qualsivoglia forma sul tornio
a pedale. Come prevedibile, e come direbbe un amico napoletano,
faccio la mia bella figura 'emm
.
La graziosa si fa perdonare il tiro mancino con uno disarmante
sorriso ed una tazzinetta ricordo.
Un'ultima sosta a Urgup per visitare un piccolo negozio
di tappeti e poi la conclusione della giornata sotto quello
che ormai è il "nostro" fresco e panoramico
pergolato.
Anche stasera c'è un magnifico tramonto.
Venerdì
29 Giugno 2001: Valle di Goreme
Dal camping Kaya si può arrivare comodamente
a piedi fino al museo all'aperto di Goreme.
Anche qui tutto è scavato nel tufo e vi sono molte
piccole chiese, approssimativamente affrescate, alcune con
"tentativi" di colonne e capitelli quasi a voler
emulare in quei piccoli spazi le grandi cattedrali romaniche.
La più bella, la chiesa Oscura, la meglio affrescata
e conservata anche per via di un recente restauro, la si
può visitare dietro pagamento di un ulteriore biglietto
d'ingresso, ma ne vale il prezzo.
Il resto del complesso è un susseguirsi di grotte
e antri, tra le quali un locale con tanto di tavolo e lunghe
panche anch'essi scavati nel tufo, adibito a sala conviviale
per le feste della comunità, e ripide e strette scalinate
che conducono ad altre cavità adibite a rifugi ai
"piani superiori" del villaggio.
Nel bar del museo incontriamo un giovanotto di Bergamo che,
da poco laureato, si ritempra dalle fatiche degli esami
girando il mondo. E' in viaggio da tre mesi dice, e ne avrà
almeno per altrettanti.
Gli auguriamo di rimettersi con molta calma, onde evitare
traumi da stress.
L'immancabile mercatino di souvenir all'ingresso del museo
all'aperto, è molto caratteristico ma, anche qui,
conviene prepararsi a contrattare: ho spuntato o, per meglio
dire, il corsaro commerciante è arrivato a concedermi
il 70% di sconto sul prezzo iniziale per un'imitazione di
scimitarra e me ne sono andato con la netta sensazione di
essere stato turlupinato. Ma in questi casi quel che conta
è essere soddisfatti dell'acquisto.
Goreme non è molto distante e la strada è
in piacevole discesa per cui ci andiamo volentieri a piedi.
E' una bella cittadina piena di negozi per turisti tra cui
alcune esposizioni di tappeti: una in particolare, è
in centro al paese vicino al mercato della frutta e ortaggi,
merita senz'altro una visita perché riproduce un
grande e caratteristico caravan serrail. Molto suggestivo
ma prezzi e qualità della merce non ci sembrano per
niente convenienti.
Torniamo in camping in taxi e passiamo il resto del pomeriggio
in relax tra un tuffo in piscina, una pennica al sole ed
una merendina di albicocche e amarene colte direttamente
dalle piante che fanno da cornice alla piscina stessa.
A sera, imponente carbonara della Luciana e l'ormai consueto
tramonto mozzafiato.
Sabato
30 Giugno 2001: Valle di Goreme - Kizkalesi
Oggi ce ne andiamo, anche se un po' di malavoglia perché
qui si stava veramente bene.
La strada verso sud è abbastanza buona, bisogna solo
stare molto attenti e pronti a piccoli slalom per evitare
di spiaccicare le tartarughe che con esasperante ma naturale
lentezza attraversano la carreggiata.
Poco prima di Nigde, dove inizia l'autostrada, troviamo
molte bancarelle che vendono bottiglioni di un liquido rosso,
io come sempre sono troppo curioso e ci fermiamo a chiedere.
Dai gesti del venditore non si capisce nulla (si tocca la
fronte, si accarezza la guancia, si massaggia lo stomaco)
finché non ci propone un assaggio. Tocca a me per
forza (il curioso sono io e gli altri si chiamano fuori).
Del bicchierino che mi porge con malevolo ghigno il mercante,
ne prendo poco più di un paio di gocce: non ho mai
bevuto niente di più ripugnante!!! Un gustaccio che
sa d'aceto e di schifo ma che dopo pochi secondi mi fa sparare
un rutto da Guinness. Il venditore ride, i miei amici ridono,
io vorrei ridere ma meglio che tenga la bocca chiusa perché
ho lo stomaco che fa le capriole (
quando imparerò
).
Lasciamo perdere ulteriori indagini sul "digestivo"
e finalmente entriamo in autostrada.
Ci si ferma a mangiare in un'area di sosta dove c'è
un camion in panne. Poco dopo arriva il meccanico, coi caratteristici
bragoni, pedalando contromano su una vecchia bicicletta
(ripeto siamo in autostrada!!!) sistema tutto in pochi minuti
mentre i camionisti ci invitano a bere un cay che stanno
preparando su un fornellino portatile. Poi, il meccanico
ed i camionisti, iniziano a litigare rumorosamente evidentemente
per il prezzo: pare si stia discutendo su quattro dollari
in più o in meno. La situazione pare trascendere,
per cui Saverio si offre da paciere mettendo lui la differenza.
Non l'avesse mai fatto, tutti respingono la proposta quasi
offendendosi!!! Tuttavia il gesto, ha il potere di calmare
gli animi e le controversie si ricompongono in breve tempo
con un bicchiere di cay.
Ripartiamo ed arriviamo alla costa meridionale a Kizkalesi
dove c'è un campeggio della catena Mokamp.
Dopo il caldo patito oggi, ci prendiamo un bagno in un mare
che ha un'acqua quasi fastidiosamente calda, mentre la Dolly
fa perdere la testa ad un bassotto locale.
Ennesima dimostrazione di quanto sia piccolo il mondo: Luciana
e Saverio incontrano nel campeggio due equipaggi di Torino
che avevano incontrato lo scorso inverno in Marocco.
A sera, ceniamo un po' controvoglia per il caldo e per l'umidità
che sfiora l'80%. Rimpiangiamo più che mai la fresca
brezza di ieri a Goreme.
Domenica
1 Luglio 2001: Kizkalesi - Incekum
Ci si sveglia presto perché il caldo e l'umidità
sono insopportabili. Appena fuori dal campeggio, ci fermiamo
in paese per rifornire le scorte d'acqua minerale e per
qualche altro souvenir.
Poi la litoranea verso Alanya. E' una strada panoramica
ma molto impegnativa, a tratti anche difficile con continui
saliscendi ed alcuni pezzi al limite della praticabilità.
Percorriamo una decina di chilometri su un tratto in manutenzione
e sterrato che ci copre e riempie i camper di uno spesso
strato di polvere.
Poco prima di Alanya vi sono enormi coltivazioni di banane
e tante bancarelle che le vendono a prezzi molto convenienti.
Finalmente, giunti al livello del mare dopo esserci sturati
quasi 300 km di strada impossibile ci fermiamo a Incekum,
circa 25 km dopo Alanya, dove pernottiamo nel camping ostello
sotto la pineta in riva al mare.
Si chiama "Incekum Orman Ici Dincenme Yeri" che
pare voglia dire "Ostello Forestale dalla Sabbia Fine".
Il personale parla solo turco. Un campeggiatore turco della
piazzola vicino alle nostre, ci chiede in inglese, se può
esserci d'aiuto (canna dell'acqua, cavo elettrico
)
e poi ci garantisce che il camping è assolutamente
tranquillo. Non gli serberemo rancore quando a mezzanotte
ci sarà ancora un casino bestia di macchine che vanno
e vengono a tutta velocità, di chiassose tavolate
che ancora si attardano per la cena e per un enorme branco
di lupetti e coccinelle che ballano e cantano a squarciagola.
Noi vorremmo conoscere quell'infame che ha chiamato il campeggio
"
Sabbia Fine" quando scopriamo che la spiaggia
è sassosa e piena di insidiosi scogli.
Anche qui l'acqua del mare è caldissima.
Lunedì
2 Luglio 2001: Incekum - Pamukkale
Partiamo alla volta di Denizli per visitare il parco
nazionale di Pamukkale.
In mattinata ci fermiamo per rifornire di gasolio ed incontriamo
al distributore una coppia di anziani toscani che, da soli
e in camper, ci dicono di essere appena tornati da un tour
di Siria e Giordania e che fino a settembre non hanno la
benché minima intenzione di rientrare in Italia.
(INVIDIA !!!)
Passiamo per la zona di Burdur dove possiamo godere dello
stupendo panorama dei laghi salati e dove possiamo prenderci
anche un temporale più rumoroso che altro, nuvoloni
neri, tanti fulmini e saette, fragorosi tuoni ma di acqua
veramente poca: il giusto per trasformare la polvere, di
cui sono carichi i camper da ieri, in una compatta fanghiglia
dall'inequivocabile e ributtante colore.
Ancora piccoli paesi da attraversare dove le poche persone
che incontriamo si sbracciano in calorosi saluti, e finalmente
si arriva a Denizli dove ci aspetta un gran caldo ed un
gran traffico.
Ancora pochi chilometri e raggiungiamo Pamukkale, ci fermiamo
nell'area di sosta attigua al ristorante Safak. Il campeggio
è veramente piccolo ma accogliente, le docce sono
pulite e c'è anche una piscina che ci vedrà
a mollo fino all'ora di cena.
Concludiamo la serata con una passeggiata sino all'ingresso
del parco dove una suggestiva illuminazione multicolore
ci concede un assaggio delle meraviglie che vedremo domani.
Prima di andare a nanna un fresco raky (bibitone preparato
con un dito di anice forte abbondantemente allungato con
acqua gelata).
Martedì
3 Luglio 2001: Pamukkale - Pamucak
Sveglia presto per la visita al parco nazionale di Pamukkale,
patrimonio internazionale Unesco.
Dall'altopiano dove sorgeva la città romana di Ierapoli,
le sorgenti di acqua termale, cariche di sale calcareo,
si riversano sui fianchi della collina creando formazioni
di stalattiti, vasche naturali e cascate in uno scenario
irrealmente fiabesco di un bianco abbagliante.
Saliamo dall'ingresso sud, come in una moschea ci si deve
togliere le scarpe per percorrere l'itinerario in questo
splendido paesaggio. Sembra quasi di camminare su un ghiacciaio,
ma l'acqua che scorre tra i nostri piedi è piacevolmente
calda.
I giochi d'acqua e gli splendidi ricami di roccia calcarea,
creano un panorama fantastico ancora più ragguardevole
quando, raggiunta la sommità della collina, il candido
insieme si staglia contro il verde del circostante paesaggio.
Quando leggiamo su una guida che Pamukkale vuol dire "Castello
di cotone", ci convinciamo che mai nome fu più
poeticamente azzeccato.
Un'occhiata al sito archeologico di Ierapoli, una fresca
bibita e poi, con un taxi, il ritorno ai camper per spostarci
verso Efeso.
Si riparte, la strada è buona. Verso Aydin, ci fermiamo
per pranzare ai margini del parcheggio di un distributore
di carburante. Quando stiamo per andarcene, si presenta
con perfetta scelta di tempo e con un grosso vassoio carico
di caratteristici bicchierini di cay, il gestore del distributore.
Ce li offre con un gran sorriso e tanta cortesia, non si
può rifiutare.
Per riconoscenza, anche se non ne abbiamo bisogno, decidiamo
di rabboccare i serbatoi di gasolio e qui si scatena la
bagarre: mentre ci fa il pieno, il gestore ci fa segno di
chiudere i finestrini, urla perentori comandi a tutti i
suoi lavoranti che si materializzano con secchi pieni di
acqua saponata, spazzoloni e canne dell'acqua. Per farla
breve, in meno di un quarto d'ora ci hanno lavato i nostri
tre luridissimi camper !!!
Ed è sempre con gentilezza e con cordiali sorrisi
che ci ringraziano per la mancia che lasciamo, "sdebitandosi"
con un omaggio di un panno per i vetri.
Nel tardo pomeriggio siamo a Pamucak, vicino a Selcuk, e
ci sistemiamo sul mare, nel camping Segas.
Veniamo subito circondati da un gruppo di curiosi ma educatissimi
bambini che, quasi a voler mettere alla prova le loro nozioni
scolastiche d'inglese, ci chiedono timidamente di noi, dell'Italia,
di Terim etc.
In premio Giovanna offre caramelle a tutti.
Il padre di uno dei ragazzi ci da il benvenuto al campeggio,
ringraziamo e lo invitiamo a bere una bibita.
A sera contraccambierà preparandoci un vero cay turco
nella caratteristica teiera.
Mercoledì
4 Luglio 2001: Pamucak - Efeso
Di buon'ora dal campeggio raggiungiamo il sito archeologico
di Efeso, con un dolmus.
Entriamo dall'ingresso sud che, dalla fermata del dolmus,
si raggiunge percorrendo un breve viale pieno di mercanti
e chioschi di souvenir. Veniamo più volte abbordati
da fantomatici commercianti di monete, a loro dire, antiche
che con gran faccia tosta offrono a prezzi esorbitanti le
loro patacche.
La città, fondata nel 900 a.c. e capoluogo della
provincia romana dell'Asia dal 133 a.c., è piuttosto
grande poiché arrivò a contare 300.000 abitanti.
E' percorsa da un viale principale che la attraversa sul
quale si affacciano tutti gli edifici più importanti,
il tempio di Domiziano, quello di Traiano, la splendida
biblioteca di Celso, le terme ed il grande teatro. Alcuni
giovani figuranti, in costume, stazionano nei punti strategici
della città e si esibiscono in saggi recitativi,
dei quali ovviamente non capiamo nulla, e nell'interpretazione
di brani d'opera, principalmente italiane, che c'entrano
nel contesto come i ben noti cavoli nella proverbiale merenda,
ma che se non altro hanno il potere di fermare per qualche
istante l'incessante flusso di visitatori.
Purtroppo oggi è particolarmente affollato, in quanto
pare che anche qui un paio di navi da crociera abbiano scaricato
centinaia di visitatori e la ressa diventa, con il caldo,
insopportabile.
Verso le 13 ne abbiamo abbastanza e dopo una squisita quanto
ristoratrice spremuta d'arancia, torniamo al campeggio per
il pranzo e ci concediamo un pomeriggio di relax in spiaggia.
Domani si torna verso lo stretto dei Dardanelli.
Giovedì
5 Luglio 2001: Pamucak - Canakkale
Oggi tappa di trasferimento: muoviamo verso Izmir prendendo
l'autostrada, all'imbocco della quale subiamo un breve quanto
cordiale controllo di polizia.
Da Izmir strada normale in direzione nord, nei pressi di
Altinova ci fermiamo su una spiaggetta per il pranzo.
Non passano dieci minuti che arriva una pattuglia di Jandarma
a controllare. Lì non possiamo fermarci dicono, ma
ci lasciano pranzare in pace senza farci sloggiare.
Nel pomeriggio un lungo tratto impegnativo, la strada è
brutta, dissestata e quasi sempre in salita ed il camper
vibra rumorosamente. Questa è una zona di produzione
d'olio d'oliva, vediamo molti frantoi e nell'aria c'è
un intenso odore si sansa.
Ci fermiamo a Guzelyali, 10 km prima di Canakkale, all'hotel
camping Ozan che ha una spiaggetta privata proprio sullo
stretto. L'acqua è pulita, fresca ed invitante per
cui ci prendiamo un rilassante bagno.
A sera ceniamo al ristorante dell'albergo che espone una
nutrita serie di tipici piatti turchi: chiediamo un piccolo
assaggio di ognuno ma veniamo fraintesi e ci servono un'abbondante
porzione di ogni pietanza scelta. Contiamo una ventina di
portate, tutte squisite, che dividiamo fraternamente e fatichiamo
a finire, il tutto per 25.000 lire italiane a testa bevande
comprese.
Dopo cena restiamo fino a tardi in spiaggia, il mare è
calmo e c'è un bellissimo silenzio. Seguiamo coi
binocoli l'incessante traffico di navi sullo stretto e l'Egidio,
da esperto marinaio, ci da un'interessante spiegazione riguardante
le luci di posizione dei natanti e i fari di segnalazione.
Siamo stanchi ma c'è poca voglia di andare a letto,
è l'ultima notte in Turchia e vorremmo non finisse
mai.
Venerdì
6 Luglio 2001: Canakkale - Alessandropoli
Sveglia presto e un'ultima occhiata allo stretto. Il
panorama è bellissimo con piccole barche da pesca
ormeggiate di poco al largo.
Arriviamo a Canakkale per il traghetto che ci riporterà
in Europa a Eceabat. In attesa dell'imbarco veniamo abbordati
da venditori di ogni genere di articolo, dai profumi alle
babbucce fatte a mano.
La traversata è molto breve circa 15 minuti. Di qua
le strade sono in buone condizioni e finalmente si può
viaggiare un po' spediti cosicché in meno di un'ora
siamo al confine di Ipsala.
La trafila burocratica è praticamente la stessa dell'andata
solo che non si deve pagare niente. Spendiamo le ultime
lire turche al duty free e
arrivederci Turchia, spero
di rivederti presto!
In Grecia ci accoglie un temporale che ci accompagnerà
fino quasi ad Alessandropoli dove ci fermiamo nell'omonimo
camping. E' un bel campeggio, pulito, ben organizzato e
le piazzole sono molto spaziose.
La spiaggia sabbiosa è molto ampia e non troppo affollata,
il mare è pulito ed invitante insomma il posto ideale
per qualche giorno di ozio spiaggiaiolo com'era nei nostri
programmi.
Sabato
7 Luglio - Martedì 10 Luglio 2001: Alessandropoli
Giornate di relax, qualche passeggiata in città,
il bel lungomare, il piccolo mercatino del pesce utile per
qualche golosa grigliata, tanto sole e molto caldo che invita
ad appisolarsi sul materassino in mezzo all'acqua regalandomi
così una splendida scottatura sulla panza da farmi
sembrare una porchetta arrostita alla sagra di Ariccia.
Mercoledì
11 Luglio 2001: Alessandropoli - Pentalofos
Lasciamo Alessandropoli, direzione Salonicco. A metà
mattinata un breve ma intenso quanto gradito acquazzone
rinfresca un po' l'aria, ma poi il sole torna a splendere
per cui ci fermiamo verso le 13 su una spiaggetta per un
piacevole bagno e uno spuntino.
A Salonicco il solito caos di traffico ci obbliga ad un
lento attraversamento sotto un cielo scuro e minaccioso
ma con un fastidioso umido caldo. Poi finalmente in direzione
Kozani il tempo migliora, il panorama cambia notevolmente
in meglio ed anche se la strada ci obbliga a continui saliscendi,
non è eccessivamente impegnativa per cui, a parte
qualche lento camion da sorpassare, ci godiamo il bel paesaggio
e la temperatura che via via che si sale, diventa più
gradevole.
Verso le 18.30 siamo a Pentalofos un piccolo paesino sul
picco di un colle in cui decidiamo di fermarci.
Il paese, poche piccole case lungo la statale verso la costa,
non offre molto spazio, siamo a ridosso del centro per cui
ci preoccupiamo di chiedere se diamo fastidio parcheggiando
lì. "Non c'è problema" dice una
donna affacciata alla finestra, "non c'è problema"
ci ripete un uomo che si presenta come president del paese
(forse intendeva sindaco). Per cui ci sistemiamo, una rinfrescata
e poi una tranquilla cena in una taberna tipica con carne
allo spiedo e insalata greca. Siamo stanchi e vorremmo andare
a letto presto ma la piacevole fresca brezza collinare dopo
il caldo di oggi, oltre alla frenetica animazione che di
colpo anima il piccolo villaggio, ci fa attardare un po'
su una panoramica terrazza sotto un bellissimo cielo stellato.
Giovedì
12 Luglio 2001: Pentalofos - Ioannina - Igoumenitsa
Al risveglio troviamo vicino ai nostri un altro camper
targato Mantova ma dormono ancora quando ce ne andiamo.
Riprendiamo la tortuosa strada ed i suoi continui saliscendi
però niente da dire sul panorama che continua a rimanere
veramente bello tra boschi, montagne ed i soliti numerosi
altarini votivi.
A Ioannina ci fermiamo per una visita alla bella città
in riva la lago e soprattutto per le signore, alle tante
botteghe di argentieri. Sul lungolago incontriamo un nutrito
gruppo di ragazzi in costume che parlano inequivocabilmente
italiano: sono un gruppo folkroristico di Agrigento, sono
qui per partecipare ad un festival internazionale "unico
gruppo rappresentante l'Italia" ci dicono orgogliosi.
Si esibiscono stasera e non potremo vederli per cui li salutiamo
con gli "in bocca al lupo" di rito.
Riprendiamo la strada verso Igoumenitsa dove vi arriviamo
nel primo pomeriggio. Superiamo il porto e ci fermiamo nel
parcheggio di una taverna sul mare per prenderci l'ultimo
bagno in terra (anzi, in acqua) greca.
Una bibita, un'ultima passeggiata in città e poi
il check in e l'attesa della nostra nave nel parcheggio
semideserto degli imbarchi per l'Italia. L'Egidio ed io,
inganniamo l'attesa bighellonando lungo il molo, non c'è
alcuna nave attraccata e non se ne vedono all'orizzonte,
per cui è ridicolissima la situazione che si crea
quando una macchina italiana giunge a forte velocità,
frena davanti a noi e due trafelate signore ci chiedono
ansiose "
per Ancona ?
" Ce l'hanno
servita su un piatto d'argento, per cui non resistiamo alla
battuta scontata e, indicando il mare aperto, rispondiamo
all'unisono "
sempre dritto !" Dopo un primo
momento di smarrimento, si rendono conto anche loro della
situazione paradossale per cui, trattenendo una risata ma
anche un paio di vaff
per noi, si mettono tranquille
e parcheggiano nel piazzale.
Col passare del tempo il parcheggio si è andato a
riempire e poiché non c'è alcun addetto che
disciplini le code in attesa, a mezz'ora dall'imbarco c'è
un casino bestia. Come se non bastasse, insieme alla nostra
attracca anche un'altra nave che scarica numerosi passeggeri
e mezzi ed altrettanti pare ne debba imbarcare per cui si
crea un ingorgo inestricabile. Raggiungere la nostra nave
diventa davvero un'impresa ma ce la facciamo e a bordo però
una piacevole sorpresa: contrariamente al viaggio di andata,
l'open deck è praticamente deserto per cui ci sistemiamo
a ridosso dei grandi finestroni dai quali, una volta salpati,
possiamo goderci il panorama notturno dell'isola di Corfù
comodamente seduti alla dinette del nostro camper.
Venerdì
13 Luglio 2001: Ancona
Magnifica nottata ed altrettanto splendido risveglio, quando
dal finestrino della mansarda, seguendo un tiepido raggio
di sole che dà il buongiorno, si scorge il calmo
mare che stiamo attraversando. Non vorrei ripetermi, ma
è veramente piacevole la sensazione di navigare a
bordo del nostro camper.
Si arriva ad Ancona in perfetto orario, qualche difficoltà
per uscire di città dovuta all'intenso traffico e
poi l'autostrada fino ad un autogrill nei pressi di Rimini.
Qui ci si separa e si concludono le nostre vacanze in compagnia:
Luciana e Saverio vanno a Cesenatico, Giovanna ed Egidio
tornano a Milano, quanto a noi spenderemo gli ultimi spiccioli
di vacanze a Bertinoro.
Stavolta però l'incantevole e familiare panorama
delle colline di Romagna, non riesce a farci appannare l'immagine
che portiamo ancora, negli occhi e nel cuore, della splendida
terra Turca e la sua magnifica gente. Ci torneremo ? C'è
da scommettere che sì, anche se è ovviamente
prematuro decidere il quando.
Per ora un ultimo giro di piadina, sangiovese e mazurka
e poi si torna a casa dove, come sempre, ci aspettano il
gatto Pompeo ed un altro lungo anno prima di quello che
speriamo sarà ancora un emozionante, divertente,
interessante, avventuroso viaggio in camper.
RIASSUMENDO
SUI CAMPEGGI
I
campeggi in Turchia non sono molto confortevoli, segnalo
solo il bel campeggio Kaya di Goreme.
In Grecia ottimo il Vrachos di Kalambaka ed altrettanto
buono l'Alessandropoli.
Torno a segnalare anche il Jolly di Marghera (VE).