SPAGNA - IBIZA - AGOSTO
2004
testo e foto di Matteo
Grazzini e Anna
Qui di seguito troverete tutte – o quasi – le informazioni
necessarie per trascorrere una vacanza ad Ibiza. Se volete qualche
ulteriore chiarimento scriveteci pure (il link al nostro indirizzo
è sul nome)
E’ difficile, anzi difficilissimo descrivere Ibiza. Perché
nel suo essere complicata, si sa adattare a mille modi diversi di
vivere. Che sia di notte o di giorno, sulla spiaggia, in discoteca,
nel verde o in un paesetto, che si visiti in coppia, da soli, con
gli amici o con i figli, ad Ibiza troverete tutto ciò che
cercate, senza bisogno di faticare troppo.
Se pensate che questo sia il paradiso degli amanti delle discoteche,
non avete tutti i torti. Ma se ci siamo stati noi, che le discoteche
le vediamo soltanto da lontano, potete stare tranquilli. Buttatevi
e non ne rimarrete delusi, perché Ibiza ha mille facce, tutte
una più bella dell’altra…
Come arrivare
Noi abbiamo scelto l’aereo, ma qualche pazzo preferisce la
nave, come dimostrano le numerose auto italiane e straniere che
viaggiano sull’isola. In traghetto la tratta principale, a
grandi linee, è quella Genova-Barcellona-Eivissa, ma sicuramente
ci sono partenze anche da altri porti italiani, nonché da
Valencia e Palma de Mallorca.
Se non vi affidate ad un tour operator e volete risparmiare qualche
euro, fate come noi, che abbiamo prenotato due mesi prima via internet.
Non sono molti i vettori che offrono servizio diretto per Ibiza,
noi abbiamo scelto VolareWeb. Partenza da Venezia la sera del 9
agosto e rientro la sera (notte) del 23. Per un biglietto andata
e ritorno abbiamo pagato 230 euro, che non sono molti, visti il
periodo e la destinazione, ma che sono lievitati pochi giorni dopo
il nostro acquisto. Più aspettate e più il costo aumenta,
arrivando perfino a raddoppiare (chi aveva prenotato pochi giorni
prima della partenza aveva pagato oltre 450 euro…).
Tenete la stampa della prenotazione e poi dell’e-mail di conferma
che vi verrà inviata da VolareWeb. Con questa vi presenterete
al check-in, sia all’andata che al ritorno. Il peso consentito
per il bagaglio è di 15 kg. In generale non hanno fatto storie,
ma è sempre meglio partire leggeri, visto che al ritorno
si è sempre più carichi.
Non ci sono stati forti ritardi. L’arrivo a Ibiza era previsto
per le 23.25 (decollo alle 22.05), ma siamo arrivati alle 23.45.
Al ritorno l’aereo ha ritardato di un’oretta, e siamo
atterrati a Venezia alle 2 circa.
Proprio a causa degli orari, per arrivare a Venezia abbiamo scelto
di prendere l’auto, anziché il treno. Con quest’ultimo
saremmo tornati a Prato alle 7 del mattino dopo, mentre con la macchina
avremmo fatto prima, in teoria.
All’aeroporto c’è un parcheggio, ma quello più
economico era completo, così siamo andati a cercare a Mestre.
Non è facile trovare un posto che sia aperto anche di notte
(avevamo visto molti siti internet ma quasi tutti chiudevano non
più tardi delle 22). Alla fine abbiamo optato per il parking
di fronte alla stazione ferroviaria, a 4 euro al giorno.
Dalla stazione all’aeroporto c’è la navetta,
che in venti minuti copre il percorso fino al Marco Polo (circa
8 km). Il capolinea è nella piazzetta a sinistra guardando
l’ingresso della stazione, e il biglietto costa 2,50 euro.
Il servizio però termina alle 22, così per il ritorno
ci siamo dovuti arrangiare con un taxi. Una tragedia, visto che
per i soliti 8 km il tassista ci ha fatto pagare ben 34 euro. Un
furto, più che una tragedia. Quando abbiamo ripreso l’auto
ad attenderci c’era un signore di mezza età. Gli abbiamo
consegnato il tagliandino (vanno conservati entrambi, uno sulla
macchina e l’altro in tasca) e ci ha fatto pagare 24 euro,
forse meno del previsto. Vista la stangata del taxi, abbiamo deciso,
stanchi, di lasciar perdere. Erano le 3 e volevamo tornare a casa,
se il parcheggiatore si era sbagliato, a quel punto, non erano più
affari nostri. Alle 6 eravamo a letto, con il sole che sorgeva…
Comunque i voli sono andati benissimo, soprattutto il ritorno. Un
decollo perfetto (a parte la poltrona di Anna che non restava bloccata
e quindi calava mentre l’aereo si alzava…) e un atterraggio
buono. Niente da appuntare, quindi, alla VolareWeb!
Trasferimenti aeroporto-hotel e viceversa
L’aeroporto è ben collegato dagli autobus, che passano
abbastanza frequentemente. Si trova a sud dell’isola, proprio
in mezzo alle saline, e se arrivate di giorno dev’essere impressionante
passare prima sopra la Dalt Vila, su platja d’en bossa e poi
sugli specchi d’acqua… Noi siamo arrivati di notte,
e ci siamo goduti solo la Dalt Vila illuminata.
La notte gli autobus dall’aeroporto non partono. Così
abbiamo dovuto prendere il taxi. Considerate però tre aerei,
appena atterrati, che scaricano centinaia di persone, tutte in attesa
di taxi. C’eravamo noi da Venezia, altri da Barcellona e poi
gli ultimi arrivati da Napoli. Una fila lunga tutto l’aeroporto,
per un’attesa di più di un’ora. Attesa disturbata
dalla maleducazione di alcuni nostri connazionali, che si sono messi
prima ad urlare, poi ad infilarsi in mezzo alla fila anziché
in coda e poi, per completare la nostra esasperazione, hanno deciso
di prendere le valigie e piazzarsi proprio in cima. Grazie agli
insulti di tutti il tassista non li ha fatti salire, e mentre loro
continuavano ad urlare “abbiamo telefonato, abbiamo prenotato”
in napoletano, prendendo in giro centinaia di persone stanche, le
stesse persone li offendevano in ogni modo possibile, esplodendo
poi in un fragoroso applauso. Insomma, a volte i napoletani esagerano
nell’essere esuberanti…
Dall’aeroporto al nostro hotel, situato poco fuori da Sant
Antoni, ci sono circa 16 km, che ci sono costati 27 euro. Tanto,
abbiamo pensato, anche perché in molti ci avevano detto che
i taxi erano convenienti.
Al ritorno abbiamo scelto l’autobus, per risparmiare. Così
abbiamo dovuto prendere prima quello per Sant Antoni (biglietto
1,10 euro), poi da qui quello per Eivissa (biglietto 1,50) poi quello
per l’aeroporto (biglietto 1,10). Ci abbiamo messo quasi un
paio d’ore, ma almeno abbiamo risparmiato…
L’hotel
Il Tagomago era forse l’incognita più grande del nostro
viaggio. L’avevamo prenotato via internet fidandoci delle
foto che lo mostravano accogliente e in riva al mare ma chiedendoci
anche il motivo di un prezzo relativamente basso (90 euro al giorno
per la camera con mezza pensione). Le uniche due recensioni (peraltro
positive) le avevamo trovate dopo lunghe ricerche su un sito inglese;
il resto erano tutti pareri dei tour operator e quindi in parte
poco attendibili!
Quando il taxi ci ha lasciato davanti all’albergo abbiamo
preso i nostri bagagli e siamo entrati nella hall, dove abbiamo
trovato in carne ed ossa quel Luìs Cardona con in quale ci
eravamo scambiati una mezza dozzina di e-mail per la prenotazione.
La struttura, su due piani e senza ascensore, ci è parsa
subito di quelle classiche senza grandi pregi ma neppure con difetti
evidenti; un lungo corridoio al primo piano ci ha portato alla stanza
136: qualche minuto prima delle 3 di notte abbiamo aperto la porta
di quella che ci è sembrata una fornace terribilmente rumorosa.
La stanza era rimasta chiusa per tutta la giornata ed il caldo stava
ristagnando da ore. Fuori un manipolo di ragazzi inglesi ubriachi
stava facendo caciara in una strada che sembrava più una
pista da Formula Uno che un lungomare e le serrande degli ultimi
pub che stavano chiudendo ci “regalavano” sferragliamenti
in sottofondo. Per più di mezzora abbiamo pensato di essere
finiti in un incubo: invece è bastato chiudere la porta-finestra
e azionare le pale del ventilatore al soffitto per farci addormentare
profondamente.
Con sei ore di riposo alle spalle e con la luce del giorno la
stanza 136 si è rivelata ben migliore di quella che avevamo
scoperto appena arrivati. Una volta sistemati i vestiti negli armadi
e liberati gli spazi abbiamo avuto a disposizione tutto il posto
sufficiente per trascorrere in pace i quattordici giorni di vacanza:
in più il bagno era spazioso, con vasca, wc, lavandino, bidè
e finestra. Unica pecca, questa sì noiosa e costante per
tutta la vacanza, l’acqua del rubinetto, salata quasi come
quella di mare.
A Sant Antoni e dintorni infatti il problema idrico è più
pressante che altrove e l’amministrazione si serve di un impianto
di desalinizzazione per rifornire l’acquedotto pubblico. L’impianto
però non funziona a pieno regime e così il sapore
del sale rimane: impossibile lavarsi i denti (noi abbiamo ovviato
comprando al supermercato, a meno di due euro, stagne da otto litri
di acqua naturale) e anche l’opera dello shampoo è
stata un po’ vanificata da questo risciacquo salato.
Per il resto il Tagomago offre una piscina non enorme ma confortevole,
una bella vista sulla baia di Sant Antoni, l’accesso alla
spiaggia di S’Estanyol, una serie di locali nella strada attigua
(quella del caos notturno…) e un servizio di reception efficiente
e simpatico (soprattutto Luìs, sempre pronto a fare battute…).
La cucina è internazionale ma non certo ricercata: considerata
la clientela giovane e con poche pretese le concessioni all’alta
gastronomia sono state poche, ma accanto ai tanti fritti (crocchette,
sogliole, pollo, patate, cordon bleu e verdure) non sono mai mancati
cinque-sei antipasti freddi, un paio di primi caldi e altrettanti
secondi, due tipi di dolce, il gelato, gli yogurt e la frutta. Noi
abbiamo sempre bevuto acqua (mezzo litro 1, 20 euro) ma i nostri
compagni di tavolo (per questione di spazio avevamo cercato di riempire
tutti i tavoli, anche mettendo insieme persone che non si conoscevano)
hanno preso spesso il vino.
Ultime curiosità: ci sono due grandi saloni con televisioni
e postazione internet (molto più cara che negli internet
point di Sant Antoni), una piccola biblioteca internazionale (che
noi ipotizziamo sia stata fatta con libri lasciati nelle camere
dai clienti) e uno spazio per le informazioni turistiche e i depliant
di discoteche e locali vari. E poi la cosa più curiosa: solo
negli ultimi giorni di vacanza abbiamo scoperto che il Tagomago
non è in realtà nel comune di Sant Antoni come indicato
in tutti i depliant dei tour operator ma, sia pure per un centinaio
di metri, è già attaccato a Port des Torrent, quindi
nel comune (Ajuntamento) di Sant Josep.
Nel complesso il voto che possiamo dare al Tagomago è un
7 pieno: con l’acqua non salata si sarebbe avvicinato all’8.
Lo scooter
Il principale obiettivo una volta usciti dall’albergo la
prima mattina è stato il noleggio del motorino. Sapendo dei
prezzi molto più alti rispetto all’estate del 2003
(Rodi, Grecia) speravamo di trovare uno scooter con un massimo di
spesa di 25 euro al giorno. Così ci siamo incamminati verso
il centro di Sant Antoni, distante poco meno di tre chilometri,
e abbiamo incontrato i primi uffici dei noleggiatori, presi d’assalto
dai ragazzi di ogni nazionalità. Nel primo, vicino all’hotel,
non siamo neppure entrati perché non c’erano i prezzi
affissi sulla vetrina. Il secondo, “Turbo”, in Avinguda
Dr Fleming vicino all’Eden e al Paradis, era pieno di gente
già in lista di attesa ed anche qui i prezzi non erano affissi
anche se abbiamo capito che volevano 32 euro al giorno per un 50cc.
Il terzo, un piccolo ufficio vicino ad un minimarket alla fine della
piazza di Sant Antoni, non ci ha dato fiducia (prezzi alti anche
per le semplici biciclette). Così, già un po’
scoraggiati, ci siamo incamminati di nuovo verso l’hotel,
decidendo di passare per l’avinguda de Portmany dove, proprio
accanto alla rotonda con l’uovo di Colombo, c’era un
altro noleggiatore, anche questo senza scooter (anche se in molti
cercavano le auto). Trenta metri più avanti il colpo di fortuna:
da Moto Luìs, uno dei noleggiatori più famosi dell’isola,
l’impiegata ci ha fatto capire che, se avessimo aspettato
dieci minuti, ci avrebbe consegnato uno scooter nuovo di zecca per
il quale stavano ultimando le pratiche per l’assicurazione.
Così dieci minuti dopo, ovvero verso l’una, ci siamo
ritrovati con un Kimko Vitality con il contachilometri a quota zero
e la plastica di protezione sul cruscotto: il tutto a 24 euro al
giorno comprensivi di caschi, assicurazione e chilometraggio illimitato.
Con tre euro in più al giorno avremmo avuto anche la copertura
per danni allo scooter ma abbiamo preferito dare come garanzia la
carta di credito che per fortuna non è stata utilizzata,
visto che abbiamo restituito il Kimko in perfette condizioni ma
con 1060 km percorsi in tredici giorni e mezzo.
Ultima annotazione per i prezzi: un pieno costava tra i tre e i
quattro euro (mai di più) e ci permetteva di viaggiare per
160-170 km.
Strade – Prima di partire per Ibiza abbiamo passato ore e
ore al computer per trovare suggerimenti, pareri e idee sull’isola
e sulle cose da fare e vedere. Tutti elementi che ci sono stati
molto utili ma che spesso erano più negativi di quanto l’isola
meritasse, soprattutto per quanto riguarda le strade, definite “sporche”,
“pericolose” e “caotiche”.
Invece le strade principali sono asfaltate in modo impeccabile,
pulite, scorrevoli e di facile accesso; quelle più interne
sono altrettanto curate e con indicazioni precise (un giorno siamo
passati dalla strada collinare segnata in giallo sulle cartine che
porta a San Mateu passando dietro al colle Sa Serra e abbiamo notato
un paio di brutte buche; ci siamo ripassati qualche giorno dopo
e le buche erano state coperte e asfaltate).
Comodissima anche la Superstrada da Eivissa a Sant Antoni: in venticinque
minuti di scooter passavamo da una parte all’altra dell’isola
grazie a quest’arteria lungo la quale campeggiano tanti striscioni
contro la realizzazione dell’autopista (autostrada a pagamento).
Unico appunto negativo per le strade il fatto che, per raggiungere
alcune spiagge o paesini i cartelli ti accompagnano fino a poche
centinaia di metri dalla meta e poi ti piantano in asso davanti
all’ultimo fatidico bivio.
Formentera – Con
la coppia di amici pratesi con i quali abbiamo trascorso alcuni
momenti della vacanza siamo riusciti a organizzare una piacevole
escursione a Formentera. Premettiamo comunque che non abbiamo l’ardire
di scrivere un resoconto esaustivo, tutt’altro. Su quest’isoletta
abbiamo trascorso solo sette-otto ore e quindi abbiamo avuto un’impressione
molto generale.
Abbiamo preso il traghetto alle 10 del mattino: costo andata e ritorno
22 euro con la motonave normale. I tempi sui cartelli dicono “45
minuti” ma in realtà se ne impiegano 60. Con la motonave
veloce si risparmia un quarto d’ora e si spendono una decina
d’euro in più.
Siamo arrivati insieme ad altre centinaia di persone e al porto
de La Savina è iniziato l’assalto ai tanti uffici di
noleggio auto e moto, ma essendo già passate le orde di turisti
partiti da Ibiza ben prima di noi, i pochi mezzi lasciati liberi
dai vacanzieri fissi erano stati “razziati”. Dopo una
mezza dozzina di tentativi vani siamo riusciti a trovare solo un
enorme fuoristrada nipponico a 200 euro al giorno: a parte il prezzo…
non crediamo che in tutta l’isola esista un posto abbastanza
grande per parcheggiare quel carrozzone.
Così, escluse le bici per il troppo caldo (ma per chi passa
sull’isola più di una giornata i pedali non sono da
scartare), ci siamo affidati all’autobus, cercando di interpretare
gli orari senza passare dall’ufficio informazioni. Così
siamo saliti su un bus che, partendo dal porto, fa il giro dell’isola
sull’unica strada che c’è. Prima fermata Sant
Francesc, il capoluogo: poco più di borgo. Non ci siamo neppure
accorti che si trattasse di un paese staccato dal porto, che in
realtà dista un paio di chilometri. Seconda fermata (dopo
tre minuti scarsi) Sant Ferran: anche in questo caso poche case,
ma intanto abbiamo iniziato a notare il numero incredibile di motorini
parcheggiati ovunque. Terza fermata Es Pujols: impostazione molto
più turistica con locali e alberghi vari in uno spazio comunque
limitato. Dopo una doppia sosta l’autobus ha invertito la
marcia tornando sulla strada principale e in cinque minuti siamo
arrivati a Platja Migjorn, che le guide ci indicavano come la più
bella dell’isola.
Siamo scesi al Formetera Playa, mega albergo di lusso proprio sul
mare, abbiamo fatto pochi metri e ci siamo trovati di fronte un
mare mosso e sporco e una spiaggia molto stretta piena di alghe.
C’è da dire che la spiaggia di Migjorn è lunga
sei chilometri e che noi eravamo nel punto più a nord. Quello
che abbiamo visto non ci è piaciuto affatto. Così
abbiamo deciso di tornare alla fermata del bus che però,
come saputo dopo spiegazioni chieste alla hall dell’albergo,
non sarebbe passato fino alle 9 di sera! Così abbiamo chiamato
un taxi che per 15 euro ci ha portato alla Platja de Ses Illetes.
Lo stesso taxista ci ha detto che eravamo stati sfortunati perché
la giornata era ventosa e il mare agitato e quindi non limpido.
In realtà Ses Illetes ci ha regalato sabbia fine e chiara,
un mare caraibico con acqua bassa dove fare belle foto ricordo:
solo che se uno chiudeva gli occhi e ascoltava i rumori si poteva
convincere di essere a Viareggio, Milano Marittima o Fregene. Italiani
a perdita d’occhio e asciugamani a tre centimetri l’uno
dall’altro. Dopo un bel bagno e un po’ di tintarella
abbiamo preso armi e bagagli e ci siamo incamminati a piedi lungo
i percorsi ecologici (guai a uscirne per andare a calpestare dune
di sabbia e flora) fino alla Platja de Llevant, più ampia
e quindi meno affollata, ma con il mare limpido solo a qualche decina
di metri dalla riva. Arrivate le 14 abbiamo deciso di pranzare,
dirigendoci verso il Tanga, l’unico locale nelle vicinanze,
noto per essere il punto di ritrovo diurno dei vip che vanno a Formentera.
Forse per questo è sempre preso d’assalto dai turisti
e per sedersi ai tavoli c’era una fila di una ventina di metri.
Così ci siamo diretti ad un piccolo baracchino (ma sempre
gestito dal Tanga) dove una ragazza vendeva gelati, panini e bibite.
Tanto per dare un’idea: panino surgelato e riscaldato nel
fornetto da toast 5 euro, acqua naturale da 33 cl 1, 60 euro, cono
gelato 2, 50 euro. Il tutto con l’aggiunta di una decina di
minuti di fila per ordinare e un quarto d’ora per aspettare
lo scongelamento e la cottura. Però o quello o chiodi, quindi…
Nella lunga attesa abbiamo usufruito dei bagni del Tanga, grandi,
puliti e con sulle porte le pubblicità del Baci e Abbracci,
il ristorante milanese di Vieri e Brocchi. Dopo il dispendioso pranzo
ancora sole, un po’ di mare e poi, verso le 17, 30, il ritorno
a piedi verso il porto: una bella e lunga camminata tra le saline
e su una spiaggia piena di nudisti, terminata poi con una meritata
bevuta di acqua fresca (bottiglia da 1,5 litri comprata nel supermaket
del porto a 1 euro, prezzo irrisorio confrontato con quelli trovati
nelle ore precedenti).
Alle 19 siamo saliti sulla motonave che ci ha riportato ad Ibiza
stanchi, accaldati ma sostanzialmente soddisfatti. Il consiglio
però è quello di godervi Formentera con maggiore calma
e, magari, a maggio o giugno, senza la ressa di turisti. Altro consiglio:
se siete a Ibiza e avete lo scooter pagate il biglietto per portarlo
sulla motonave. Noi credevamo che non si potesse fare e siamo rimasti
fregati…
10 agosto
Dell’arrivo all’hotel e della ricerca del motorino
vi abbiamo già detto quindi non resta che iniziare il giro
per l’isola.
La prima tappa è stata a Santa Agnes de Corona, piccola località
con chiesa (chiusa) che abbiamo trovato puntando a nord sulla strada
(PM 812) che da Sant Antoni porta a Sant Mateu, dove invece abbiamo
trovato la piccola e graziosa chiesetta aperta. Prima di arrivare
a Sant Mateu però abbiamo fatto una puntatina da Santa Agnes
verso Cap Negret (strada a sinistra lasciandosi la chiesa a destra
ed un ristorante sull’angolo a sinistra), un’alta scogliera
con vista bellissima.
A Sant Mateu abbiamo preso la strada (PM 811) verso Sant Miquel
de Balansat, fermandoci a mangiare dopo un paio di km al Sula Yetas,
piccolo locale con panini e insalate e con curiosi clienti (un trio
di italiani molto facoltosi intenti a parlare di auto di lusso e
un artista hippy con spinello e portatile collegato ad un super
modem): con 7, 50 euro in due abbiamo mangiato un panino (grande)
a testa più una bottiglia da 1,5 litri di acqua.
Per la prima spiaggia della vacanza abbiamo scelto Cala S’Aubarca
per una odissea che raccontiamo in modo che chi legge abbia la piena
facoltà di scegliere se visitarla o no…
Per andare alla cala bisogna prendere la strada tra la chiesa di
Sant Mateu e il vicino ristorante. Dopo 700 metri c’è
una biforcazione e bisogna svoltare a sinistra, poi continuare per
poco più di un km e girare a destra non appena si passa una
casa bianca con le finestre gialle (non ci sono indicazioni, probabilmente
il cartello è caduto o è stato portato via).
La strada peggiora molto e in scooter bisogna fare attenzione: dopo
300 metri si gira a sinistra per fare un altro km abbondante per
arrivare allo spiazzo dove lasciare auto e moto (una ventina di
posti in tutto). A quel punto, per forza a piedi, si prende la strada
(?!) a sinistra che scende verso il mare. La raccomandazione è:
scarpe da ginnastica, acqua (almeno un litro e mezzo), fiato e tanta
pazienza. Da quel punto infatti inizia un lungo cammino in discesa
prima dolce, poi sempre più ripida e ostacolata da sabbia,
massi, caldo e insetti. Per farla breve… dopo più di
mezzora siamo arrivati ad un bivio da dove si intravede finalmente
il mare vicino. A destra si va su un lastrone di roccia (con vista
stupenda) dal quale però solo Messner potrebbe raggiungere
l’acqua. A sinistra si va verso la mini spiaggia che però
si raggiunge solo facendo gli ultimi venti metri rotolando e saltando
sulla sabbia o strisciando lungo il costone di rocce. Alla fine
si arriva in uno spiazzo di ghiaia dal quale si accede al mare:
in alternativa una dozzina di scogli e rocce sui quali sdraiarsi
per abbronzarsi. Noi ci abbiamo trovato meno di venti persone: ci
sono pace, tranquillità, mare bello (ma niente di speciale)
e la soddisfazione di arrivare dove in pochi sono stati.
Il vero problema – la discesa in confronto si è rivelata
una passeggiata – è stato tornare allo scooter. Alle
17, 45 abbiamo preso zaino e asciugamani e ci siamo avviati sul
sentiero percorso tre ore prima… Un calvario terribile. Eravamo
senza acqua, Anna aveva le infradito, le gambe erano già
appesantite dalla camminata precedente. Un passo dopo l’altro,
con tre-quattro soste all’ombra dove abbiamo incontrato alla
spicciolata tutte le altre persone che erano alla cala, anche loro
stremate, siamo arrivati allo scooter, dopo più di un’ora
di cammino ed in tempo per fermare una coppia di spagnoli che stava
per iniziare il percorso in discesa.
E’ stata un’esperienza curiosa, volendo anche divertente
ma, alla fine, il gioco non vale la candela: avremmo scoperto nei
giorni seguenti che ci sono spiagge più belle raggiungibili
molto più facilmente di Cala S’Aubarca, che merita
un 9 solo per il panorama che si gode da metà scogliera.
La sera, un po’ stanchi, ci siamo limitati ad un drink in
un locale vicino all’albergo: si chiama Sa Flama ed è
molto carino e romantico, con le onde del mare a meno di venti metri
(una coca e un drink analcolico 6,20 euro).
11 agosto
La giornata è iniziata con la scelta delle spiagge da visitare.
Prima tappa Cala Graciò, molto vicina a Sant Antoni (ci sono
mille indicazioni, impossibile sbagliare): una spiaggia che, alle
10 di mattina, era semi deserta e che, dopo un’ora, ha iniziato
a riempirsi di coppiette e famiglie. Spaziosa, facilmente raggiungibile,
acqua pulita (ma con qualche piccola medusa). Da vedere.
Da Cala Graciò siamo andati a Cala Graccioneta: cento metri
a piedi girando dietro il grande scoglio a destra (guardando il
mare). Altra ottima spiaggia, ancora meno frequentata della prima
e con l’acqua più verde. Tra il ristorante alle spalle
di Cala Graciò e una puntatina alla vicina Cala Salada abbiamo
scelto la seconda, spinti anche dai consigli gastronomici letti
su una guida.
A Cala Salada siamo arrivati tornando sulla strada principale, proseguendo
verso nord e svoltando a sinistra (anche in questo caso ci sono
i cartelli): dopo un km scarso è iniziata la discesa verso
la cala (al bivio finale a sinistra). In macchina conviene arrivare
lì entro le 10, sennò il problema è trovare
un parcheggio che noi, grazie al fido Kimko, abbiamo trovato a pochi
metri dalla spiaggia.
Cala Salada è una spiaggia attrezzata con ombrelloni, docce
e due ristoranti. Caos, pieno di gente ma poca attesa per trovare
un tavolo da due al ristorante (quello più vicino al mare).
Abbiamo preso un mezzo pollo arrosto, un hamburgher con uova (tutte
porzioni abbondanti e con contorno) e la solita acqua da un litro
e mezzo: 16 euro il totale. La spiaggia era però troppo affollata
e così abbiamo deciso di visitare Cap Nonò, un promontorio
a strapiombo sul mare, e la grotta di Ses Fontanelles.
Abbiamo ripreso il motorino e siamo tornati al bivio che porta
alla spiaggia, prendendo la strada sterrata a destra e iniziando
un lungo peregrinare in sella allo scooter. Avevamo infatti delle
indicazioni di una guida (la Dumont, peraltro ottima) che abbiamo
potuto seguire a fatica perché si tratta di stradine sterrate
difficilmente identificabili e molto simili tra di loro. Con il
primo, lungo tentativo, senza uscire dalla strada principale, siamo
finiti a Cap Nonò, visto dalla parte sud, ma in uno spiazzo
che dà su tre ville stupende con accesso privato al mare,
proprio sopra a Cala Salada (in pratica in mezzora abbiamo fatto
un largo cerchio tornando quasi al punto di partenza). Però
niente grotta e allora siamo tornati indietro infilandoci in tutte
le stradine a sinistra: alla fine abbiamo trovato quella che ci
ha portato ad una piccola radura con vista di Cap Nonò da
nord e con la stradina in discesa che porta alla grotta. Rispetto
a S’Aubarca la passeggiata è stata una bazzecola: in
dieci minuti scarsi siamo arrivati alla grotta che, in realtà,
è solo una fenditura nella roccia (ora protetta da una cancellata)
nella quale si riparavano le sentinelle cartaginesi o i cacciatori:
o gli uni o gli altri hanno lasciato delle figure disegnate sulla
roccia ma appena visibili dall’esterno della grata.
Niente di clamoroso ma il panorama è stupendo e l’escursione
merita il tempo che richiede.
Soddisfatti per il piacevole pomeriggio, per la serata abbiamo scelto
Eivissa: dopo 25 minuti di scooter sulla superstrada (C 731) siamo
arrivati in pieno centro da uno dei grandi viali d’accesso
(Avinguda Ignasi Wallis) e abbiamo parcheggiato in una strada laterale
delle cosiddette “ramblas”, ovvero il Passeig Vara de
Rey. Abbiamo iniziato il giro nelle strette viuzze del centro tra
i negozi da visitare, gli yacht nel porto da ammirare e la gente
stranissima da vedere: il tutto in modo casuale e affidandoci all’istinto.
Abbiamo passato un paio d’ore molto divertenti toccando per
la prima volta con mano l’eccesso di Ibiza e assistendo anche
alla sfilata dell’Amnesia per la serata della Troya Asesina.
Stravagante (anche se non così trasgressiva come si dice)
la passeggiata in Calle de la Virgen, punto di ritrovo dei gay con
locali e pub a tema e con botique-sexy shop pieni di oggetti e indumenti…
particolari!
Alti ma non esosi i prezzi nei vari ristoranti e pub ed anche nei
negozi di abbigliamento.
12 agosto
Giorno ottimo per quanto riguarda le spiagge. Prima delle 10 abbiamo
lasciato l’albergo per raggiungere Cala Bassa, una spiaggia
vicina, scegliendo il sud rispetto al nord del giorno precedente.
Presa la strada per Port des Torrent abbiamo seguito le tante indicazioni
per la Cala, che si trovano anche sulla strada principale da Sant
Antoni a Sant Josep de Talaia (PM 803). Lungo la strada anche le
fermate per l’autobus che collega questa spiaggia ai maggiori
centri dell’isola. In effetti una visita a questa lingua sabbiosa
merita anche per chi non ha un mezzo proprio e deve affidarsi al
trasporto pubblico.
Cala Bassa, già poco dopo le 10, ha l’aspetto di una
spiaggia attrezzata vivace e piena di persone sotto gli ombrelloni,
ma lo spazio è tanto e non c’è l’effetto
caos visto per esempio a Formentera: abbiamo scelto uno spazio senza
ombrelloni distendendo gli asciugamani e mettendoci subito al sole,
già molto caldo. Di fronte a noi una piscina naturale: il
mare ha infatti un colore cristallino esaltato anche dalla sabbia
chiara e dalla mancanza assoluta di onde. I minuti sono passati
veloci tra la tintarella e il bagno e mezzogiorno è arrivato
alla svelta, con tutto l’enorme carico di turisti arrivati
via strada (parcheggio pieno) e via mare, con battelli che fanno
la spola da Eivissa e Sant Antoni.
Così poco prima dell’una abbiamo pensato di pranzare,
rinunciando al ristorante alle spalle della cala (bello ma molto
costoso) e ai piccoli bar dove i panini non erano dei più
allettanti e le file troppo lunghe. Abbiamo ripreso lo scooter e
siamo tornati verso Sant Antoni, lungo la strada costiera, fermandoci
al primo ristorante-bar trovato, ovvero lo Stop, che è all’altezza
della svolta per Cala Comte (o Conta, in spagnolo).
Un bar con annesso ristorante (chiuso a pranzo) ma con panini
grandi e gustosi, ma anche con troppe mosche a dare fastidio. Con
11, 50 euro in due abbiamo pranzato per poi riprendere la strada
verso Cala Comte, seconda tappa scelta per la giornata.
Anche questa è una spiaggia molto nota e il numero di auto
nel parcheggio ce ne ha dato la conferma: Cala Comte è in
realtà un insieme di tre insenature, una più bella
dell’altra. Due sono quelle prese d’assalto dai turisti:
quella vicina al bar-ristorante ha acqua alta, limpida e fondale
sabbioso, quella a sinistra (guardando il mare) ha scogli e mare
più mosso ma colori più intensi a partire dal turchino.
Per sistemare gli asciugamani ci sono due soluzioni: la spiaggia
attrezzata in riva al mare o lo spazio libero sul vicino terrapieno,
una terrazza di sabbia e roccia che offre anche un po’ di
riparo dal vento.
La terza insenatura l’abbiamo scoperta al momento di ripartire
dal parcheggio per andare a visitare la vicina torre di Punta sa
Torre: è accessibile con difficoltà ma è sembrata
la più bella di tutte. La torre in realtà non siamo
riusciti a trovarla: pur avendola sempre a vista, prima lontano,
poi vicino, non abbiamo trovato la strada per raggiungerla. Abbiamo
provato decine di stradine sterrate finendo sempre sulle rocce a
strapiombo sul mare ma mai alla torre e alla fine abbiamo rinunciato,
maledicendo la mancanza di indicazioni.
Ci siamo così diretti a Sant Josep, trovando un piccolo paese
molto carino e curato, disposto intorno alla vecchia piazza con
altrettanto vecchio ulivo, con la chiesa fortificata ed i sentieri
da trekking che partono dal centro del paese stesso. Abbiamo tentato
anche di bere ma senza successo: in entrambi i bar a cui ci siamo
seduti i camerieri ci hanno ignorato, con tempi da “siesta”
messicana piuttosto che da centro turistico. Così, dopo due
vane attese, siamo saliti di nuovo sul Kimko e siamo andati a Sant’Agustì
des Vedrà (deviazione a destra lungo la PM 803 verso Sant
Antoni) dove ci sono, nell’ordine, una bella chiesa in cima
ad un piccolo colle panoramico, la finca (fattoria) più vecchia
dell’isola (Can Berri Velt), trasformata in un ristorante
con grande atmosfera e prezzi in linea con il bell’ambiente
e la posizione panoramica. A fianco del ristorante c’è
una scala che porta verso un collegio internazionale realizzato
in una struttura bianca con tetto blu: dai ritagli di giornale affissi
in bacheca abbiamo capito che la scuola è piuttosto famosa,
ma non chiedeteci perché…
13 agosto
Giorno nuovo direzione nuova. Si torna a nord con obiettivo Cala
Benirras e Portinatx. PM 812 fino a Sant Miquel de Balansat, paese
che abbiamo solo attraversato proseguendo verso Sant Joan de Labritja:
a metà tra i due paesi c’è la svolta a sinistra
per Cala Benirras, che si trova in fondo ad una lunga discesa immersa
nel verde dei boschi. La spiaggia è una delle preferite dagli
hippies ma vi abbiamo trovato famiglie, coppiette e anche la prima
nudista, una ragazza che ha provato l’abbronzatura integrale
non in mezzo alla spiaggia ma sugli scogli, ben al riparo dalla
massa dei turisti. Acqua ottima, bella vista sull’orizzonte
e bella soprattutto la conformazione della baia, con alte scogliere
a sinistra e scogli alternati alle rimesse per le barche a destra.
Anche in questo caso ci siamo fermati solo per la mattinata, pranzando
però al piccolo bar a sinistra (anzichè al meno caratteristico
ristorante a destra). Ci siamo sistemati nel patio di frasche e
tavolini in legno e con 8, 50 euro in due abbiamo preso un hamburgher
a testa e l’acqua da 1,5 litri. Voto a spiaggia e pranzo:
8,5.
Raccomandazione: la cala si raggiunge meglio dall’incrocio
che abbiamo usato noi mentre da Port de Sant Miquel è pressochè
impossibile.
Poi di nuovo sullo scooter e via per Sant Joan, crocevia del nord
dell’isola, rifugio degli hippies ma con poche cose da vedere.
Abbiamo proseguito verso Portinatx seguendo le indicazioni e percorrendo
una bella strada panoramica lasciandoci a sinistra tante calette
segnalate dai cartelli. Portinatx (la strada finisce lì per
forza) è una località quasi solo turistica con spiagge
attrezzate e piccole e con un bel mare. La parte bella è
quella appena fuori dal centro abitato: a nord c’è
infatti il faro, raggiungibile solo con una strada sterrata. Dopo
la visita a Portinatx siamo ritornati sui nostri passi fino a Cala
Xarraca, il luogo scelto per il “bagnetto” pomeridiano.
La spiaggia è ben segnalata e si trova in una piccola insenatura
rocciosa. Due le possibilità: restare sulla sabbia vicino
al ristorante e alla magnifica villa appartenuta fino a qualche
anno fa all’attrice Ursula Andress o proseguire a piedi verso
sinistra dove, una volta superato uno sperone di roccia, si raggiunge
un gruppo di scogli e un mare ancora più pulito. Noi abbiamo
scelto la soluzione più difficile e dopo una piccola “arrampicata”
siamo arrivati agli scogli dove abbiamo trovato tanti giovani che
avevano preso i posti migliori, dimenticandosi però di una
piccola grotta con spiaggia in sabbia di tre metri per due che è
diventata il nostro rifugio personale. E mentre intorno sette o
otto nudisti si godevano la lontananza dalla massa dei turisti noi
ci siamo goduti il sole e il mare prima di tornare per una bevuta
(cara: 7,20 euro per due gelati e una bottiglietta di Coca Cola)
al ristorante. Alle 18 abbiamo ripreso la strada per Sant Miquel
svoltando per Port Sant Miquel e raggiungendo una torre saracena
(Torre del Mular) vicina ad un grande complesso alberghiero e ad
un cantiere edile dismesso che fa a pugni con la bellezza del luogo.
La torre è chiusa ma il luogo offre una bella vista sulle
calette vicine e ci sono ottimi spunti per fare fotografie. Da lì
abbiamo proseguito per il paese e la Cova de can Marca, la grotta
forse più famosa dell’isola, antico rifugio dei pirati.
L’ingresso è a pagamento e noi, vista l’ora ormai
tarda, ci siamo accontentati della bella vista sulla Platja de Sant
Miquel e sull’isoletta che ospita un albergo esclusivo e,
a prima vista, magnifico.
Poi il ritorno a Sant Antoni con tappa obbligata di nuovo a Sant
Joan per fare il pieno di benzina.
14 agosto
Sabato è il giorno del mercato hippy a San Carles, dalla
parte opposta dell’isola (noi l’abbiamo raggiunto dopo
altre visite turistiche). Scooter, C731 fino a Sant Rafel, svolta
a sinistra sulla PM 8122, sosta per fotografare il campo sportivo
in erba sintetica (a sinistra appena usciti dal paese) e poi alla
rotonda a sinistra deviazione per Santa Gertrudis de Fruitera, un
grazioso paesino raccolto intorno alla vivace piazza con negozi
tipici, una galleria d’arte, una bella chiesa e un piccolo
giardino con fontana. La deviazione merita per una cena in uno dei
ristoranti o per una visita del paese, davvero carino.
Da lì abbiamo seguito le indicazioni per la strada secondaria
(ma in ottime condizioni) verso Sant Llorenç de Balafia,
piccolo borgo con una grande chiesa dove, nei giorni precedenti,
c’era stata una festa della quale noi abbiamo visto solo il
palco e lo stand delle bibite (la festa del patrono, San Lorenzo
appunto). Sosta breve per un paio di foto (bei fiori intorno alla
chiesa) e per il bel panorama sulla campagna coltivata e via verso
la vicinissima Balafia, segnalata sulla guida come villaggio fortificato
meglio conservato dell’isola e unico di origine araba –
si capisce anche dal nome, che non è di origine religiosa
– ma in realtà un insieme di quattro-cinque case bianche
che si può tranquillamente evitare di visitare. Da Balafia
abbiamo preso un’altra strada secondaria per San Carles, incontrando
la fila di auto ed autobus già più di un chilometro
prima del mercatino. Noi abbiamo risparmiato tempo grazie allo scooter
ma certo l’attesa in auto sotto il sole non deve essere il
massimo, tanto più che poi il parcheggio costa 3 euro.
Il mercato si svolge nel piazzale di un ristorante (Las Dalias)
e ci ha lasciati un po’ perplessi. La cosa è particolare
e interessante, il mercato è più grande di quanto
sembri dall’esterno ma di hippy c’è meno del
previsto. Insieme ai figli dei fiori autentici ci sono infatti semplici
vu cumprà da spiaggia, venditori di t-shirt turistiche, ambulanti
che vendono bambole, cd, giochi e così via. Il tutto tra
banchi disposti in sentieri molto stretti e invasi da centinaia
di persone. Così ti trovi a camminare spalla a spalla con
gente sudata, persone maleducate, mamme che non si rendono conto
di quanto sia idiota portare il figlio di tre mesi in passeggino
in un carnaio simile e bambini che urlano perché vogliono
andare via.
Quindi… il mercatino è consigliato a chi non ha fretta,
ha pazienza e voglia di vedere comunque qualcosa di (sia pure in
parte) tipico. Meglio arrivare presto di mattina e andare via prima
di pranzo. Ultimo particolare: i prezzi per abiti in stile adlib
sono più da negozio di moda che da mercatino hippy. In tutto
ci siamo fermati per nemmeno un’ora, lasciando i turisti ancora
in fila o a fare a spintoni nel mercatino, e abbiamo proseguito
per la spiaggia di S’Agua Blanca, sulla costa a nord di Sant
Carles e facilmente raggiungibile grazie alle indicazioni.
Anche questa spiaggia si trova in fondo ad una ripida discesa e
chi è in macchina e vuol arrivare il più possibile
vicino al mare rischia di avere grossi problemi a trovare posto
e, soprattutto, a ripartire in salita con le ruote che slittano
sulla sabbia.
La spiaggia è ampia, è una di quelle ufficiali per
nudisti (ma non lo sapevamo e comunque sono la minoranza) ma l’acqua
non è un granché. Relativamente alti anche i prezzi
del ristorante, che ha però una bella terrazza (13,30 euro
per due portate e una bottiglia d’acqua). La sosta è
stata breve ed il voto appena sufficiente, così abbiamo deciso
di incamminarci verso Santa Eularia des Riu, raggiunta con la PM
810. La città è ordinata, turistica ma con rispetto
per le tradizioni e l’ambiente, con il lungomare pieno di
negozi e locali e con una mini “rambla” sullo stile
di Barcellona. La parte più interessante è quella
in alto, con il vecchio borgo che circonda la grande chiesa e il
piccolo cimitero: si raggiunge a piedi con una camminata segnalata
dalla piazza dove partono i bus ma anche in auto e in scooter. Dall’alto
si vede il panorama a 360 gradi, compreso il vecchio ponte romano
sul “riu” che dà il nome al luogo. Anche in questo
caso la cittadina merita una visita.
Per il pomeriggio abbiamo scelto Cala Martina, appena più
a nord di Santa Eularia: spiaggia tranquilla dotata di docce (un
vero e proprio valore aggiunto visto che non tutte le spiagge offrono
la possibilità di togliersi il sale di dosso dopo il bagno)
e con un bel mare calmo. In prevalenza famiglie e coppie, vista
anche la presenza di strutture adatte proprio a questo genere di
turisti. In più possibilità di noleggiare pedalò,
acquascooter e altri mezzi “da mare”. Voto 7, 5.
Particolare su tutta la zona nord-est: la campagna è formata
da campi di terra rossa, la stessa che viene utilizzata sui più
famosi campi da tennis di tutto il mondo.
Non contenti di tutte le cose viste ci siamo anche regalati lo spettacolo
del famoso tramonto di Sant Antoni dall’ancora più
famoso Cafè del Mar. Così dopo la doccia in hotel
anziché andare subito a cena siamo andati al Cafè
del Mar, già preso d’assalto da centinaia di persone
sedute sugli scogli molto piatti. La scena vale davvero: il sole
muore in mare lasciando all’orizzonte un cielo rosso fuoco
prima e rosa tenue dopo. Peccato che la gente schiamazzi di continuo
(arrivando a fare l’applauso al sole) e approfitti degli scogli
per lasciare bottiglie vuote e sporcizia. Comunque per assistere
al tramonto non è necessario sedersi ad un tavolo. Se proprio
lo volete fare, magari sorseggiando un aperitivo, allora camminate
un po’ più verso nord e non vi fermate al Cafè
del Mar o al Mambo. Sono famosi e perciò affollatissimi!
Altrimenti, birra o Bacardi alla mano seduti sulla sabbia, molto
romantico.
15 agosto
Per la mattina di Ferragosto abbiamo scelto Cala Codolar, nella
parte est, quella più ricca di spiagge belle. Ci si arriva
da più parti e basta seguire le indicazioni (anche quelle
per Cala Tarida). Gran bella mattinata: spiaggia tranquillissima
(con una ventina di persone in tutto compresi gli immancabili due
nudisti) e attrezzata (lettini 3,50 euro, ombrellone idem), con
bar (chiringuito) minuscolo ma economico e con ottimi hamburgher
(3 più acqua 8,40 euro). La cala è circondata da scogliere
e l’acqua è limpidissima. Nella più bella nuotata
con maschera dell’estate Matteo ha potuto raggiungere a nuoto
la scogliera di destra: tanti pesci, acqua profonda ma con molte
possibilità di fermarsi su scogli affioranti e una piccola
caverna alla quale si accede solo via mare. Cala Codolar è
da consigliare assolutissimamente.
Dopo pranzo abbiamo ripreso lo scooter e abbiamo iniziato il viaggio
lungo la strada costiera che arriva fino a Es Cubells: un continuo
alternarsi di discese e salite e, soprattutto, di splendidi panorami
sul mare. Abbiamo visto dall’alto Cala Molì (piccola),
Cala Vadella (molto bella) e siamo scesi fino a Cala d’Hort,
in fondo ad una discesa ripida (tratti del 15 per cento). Dopo tre
minuti che eravamo laggiù (il tempo di fare una foto con
Es Vedrà sullo sfondo) ci siamo trovati imbottigliati in
un ingorgo creato da chi voleva uscire dal parcheggio più
vicino alla spiaggia, chi voleva entrare in quello sotto la collinetta,
chi voleva parcheggiare in discesa in spazi ridottissimi, chi stava
bruciando la frizione nel tentativo di ripartire in salita e chi
imprecava a destra e a sinistra peggiorando la situazione. Ci siamo
fatti due risate (anche su una buffa auto dipinta a mano con i vari
simboli di Ibiza…) e alla fine siamo ripartiti, lasciandoci
la spiaggia affollata alle spalle.
La meta per il primo pomeriggio era infatti la vicina Torre del
Pirata al Mirador del Savinar, spettacolare vista sull’isola
di Es Vedrà: da Cala d’Hort la strada è breve
e ad un certo punto, in salita, c’è una strada sterrata
a destra (ci ha salvato l’intuito perché il cartello
per la torre non c’è, forse è caduto) riconoscibile
perché è chiaramente battuta. Si arriva ad un parcheggio
dal quale si accede al sentiero che porta alla torre, che svetta
in alto sulla costiera. Troppo in alto per la nostra poca voglia
di camminare: ci siamo fermati al primo punto panoramico dopo trecento
metri di cammino.
Vista grandiosa su Es Vedrà e sul mare azzurro infinito:
c’è uno strapiombo tale che per fare le foto panoramiche
dal bordo dello spiazzo ci siamo dovuti accovacciare per paura dell’altezza
impressionante… Dopo una sosta abbastanza breve abbiamo ripercorso
la strada fatta in precedenza, gustandoci ancora di più i
panorami e le viste sul mare, oltre a scoprire due-tre centri residenziali
nuovi e ben integrati nel paesaggio facendoci cullare per qualche
minuto dal sogno di comprare una villetta a Cala Molì o a
Cala Tarida, dove ci siamo fermati per la sosta pomeridiana in spiaggia.
La cala è grande e attrezzata, circondata da complessi alberghieri
enormi ma sostanzialmente ben nascosti nella collina: ci sono un
paio di ristoranti (una bottiglia di Coca Cola da 0, 50 l costa
1, 80 euro), gli ombrelloni e i noleggiatori di giochi da spiaggia
(bananoni, acquascooter, ecc). Anche l’acqua è ok,
calda e limpida, con il fondale sabbioso che consente di stare sdraiati
sul bagnasciuga a rilassarsi.
Dopo la giornata davvero ottima abbiamo dedicato la serata alla
nostra passione comune, il calcio, andando a vedere Portmany-Eivissa
allo stadio di Sant Antoni: per la cronaca la gara, valida per il
XXIV trofeo Francesc Linares, è stata vinta dai padroni di
casa per 1-0.
16 agosto
Dopo tanti chilometri in scooter abbiamo deciso di visitare la
città che ci ospitava, Sant Antoni. Abbiamo iniziato, grazie
anche agli sconti trovati alla reception dell’albergo, con
l’acquario, il “Cova de ses llegostes”, che si
trova lungo la strada che porta a Cala Graciò. L’acquario
è piccolo, ricavato in una grotta naturale sul mare ed i
pesci non sono molti: le murene costrette in una vasca minuscola
fanno una tenerezza che è meglio evitare.
Probabilmente è più carino la sera con la terrazza
sul mare e il bar che di sicuro è più remunerativo
dell’acquario (ingresso 3 euro).
Seconda tappa il centro con la chiesa (chiusa), il mercato coperto
(chiude a mezzogiorno) e le viuzze con i negozi. Per pranzo abbiamo
scelto Rincon de Pepe, un ristorante che avevamo già visto
a Barcellona: tapas e carne con pane e salse varie (oltre alle bevute)
20 euro.
Dopo mangiato rieccoci sullo scooter per raggiungere Cova Santa,
segnalata sulle guide come grotta da visitare. Per arrivarci bisogna
prendere la PM 803 e percorrere una quindicina di km da Sant Antoni
(nove da Eivissa) svoltando sulla strada che porta a Sa Caleta.
Fin qui nessun problema, solo che l’ingresso alla grotta è
stato inglobato da un mega night club (Sa Cova Santa, i manifesti
sono ovunque sull’isola) e noi abbiamo girato a vuoto per
un’ora prima di scoprire l’inghippo grazie ad un muratore
che stava lavorando proprio al night club e che ci ha detto anche
che non ci sono più i permessi per visitare la grotta…
Il mare l’abbiamo visto a Sa Caleta, dove siamo arrivati
in scooter senza nemmeno scendere e perciò non possiamo dire
molto. Visto che eravamo lì abbiamo proseguito per Eivissa,
passando per Sant Jordi (non c’è niente da vedere)
e svoltando per Ses Salines. Dalla rotonda con la prima indicazione
parte la strada che porta alle spiagge più a sud dell’isola
mentre a destra si va all’aeroporto.
Abbiamo costeggiato le saline con gli aeroplani che ci passavano
proprio sopra la testa, abbiamo visto la fila dei ragazzi fuori
dalla discoteca DC 5 (o 10??) alle cinque e mezza del pomeriggio
(!) e siamo arrivati al bivio: a destra Platja de ses Salines, a
sinistra Es Cavallet. Siamo andati a destra trovando subito la fila
di auto parcheggiate e arrivando poi alla spiaggia, affollatissima
e poco attraente. Così abbiamo svoltato e siamo tornati al
bivio girando per Es Cavallet, raggiunta in tre minuti costeggiando
i maleodoranti canali delle saline.
Es Cavallet è la spiaggia ufficiale dei gay e dei nudisti
ed in effetti c’è di tutto, comprese famiglie e persone
sole. L’acqua vicino al parcheggio era sporcata dalle alghe
ma cento metri più a sud era discreta. Ci siamo concessi
un drink al bel ristorante della spiaggia (4, 10 euro per una coca
e un succo d’arancia) prima di ripartire per Eivissa, raggiunta
passando da Platja d’en Bossa (con sosta per foto davanti
allo Space e con passeggiata a suon di musica sulla spiaggia del
Bora Bora) che in effetti sembra Rimini (anche per il mare, intorbidito
dai tantissimi ragazzi a mollo).
A Figueretes ci siamo appena soffermati prima di riprendere la C
731 per Sant Antoni.
17 agosto
Giornata dedicata alla cultura con la visita alla Dalt Vila di
Eivissa e alla città nel suo complesso. La visita alla Dalt
Vila ci ha occupato tutta la mattina: il consiglio è quello
di dotarsi di una guida o di una cartina e seguire il percorso lungo
le mura e le costruzioni fortificate. C’è un po’
da camminare ma ne vale la pena visto che le cose da vedere sono
più di quante se ne possa aspettare un turista a Ibiza. A
pranzo ci siamo fermati a Txintxo, locale basco ai piedi delle mura:
purtroppo aveva aperto da poco e la scelta di tapas basche non era
eccezionale. Txintxo non ha retto il confronto con un locale simile
a Barcellona ed i 14, 40 euro spesi forse andavano impiegati più
per cena che a pranzo.
Nel primo pomeriggio abbiamo gironzolato per negozi (alcuni carini
ma con prezzi elevati) e poi abbiamo percorso il lungomare arrivando
fino al porto (tanti yacht da vedere) e a El Divino, e proseguendo
fino a Talamanca, ultima spiaggia cittadina a nord di Eivissa: niente
di eccezionale. Poi sosta a Jesus per vedere il campo sportivo (ma
era in rifacimento), deviazione per Puig d’en Valls per vedere
la Mari Mayans, la distilleria di hierbas che risale al 1890, ma
non siamo riusciti a trovare la vendita diretta al pubblico per
vedere se riuscivamo a risparmiare qualcosa rispetto ai negozi.
Abbiamo ripreso la strada verso est e, dopo aver visto lo stadio
di Eivissa, abbiamo deciso di concederci un po’ di mare.
Così siamo finiti a Cala Jondal, spiaggia in ciottoli con
tre villaggi turistici per ricconi: noi ci siamo sistemati nello
spazio libero ma intorno a noi c’erano camerieri vestiti di
tutto punto che portavano paella, coppe gelato o bottiglie di champagne
direttamente agli ombrelloni attrezzati con tavolini e mega lettini.
Tutto troppo snob e acqua troppo mossa per restare più di
un’ora.
18 agosto
Mercoledì è il giorno del mercato hippy al Club Punta
Arabi a Es Canar, a nord di Santa Eularia. E’ tutto come a
Sant Carles solo che bisogna triplicare le proporzioni: fila tre
volte più lunga, mercato tre volte più grande, il
triplo di gente… Rispetto a quello del sabato però
questo mercatino hippy si lascia vedere più volentieri, dato
che lo spazio decisamente più ampio permette di camminare
in relativa tranquillità tra le bancarelle (ci è piaciuta
molto quella con le ceramiche in miniatura con le scacchiere e le
statuine a forma di contadini ibizenchi).
La spiaggia scelta per il dopo mercatino è stata quella di
Cala Llonga, a sud di Santa Eularia (ci sono le indicazioni). Scelta
ottima per tranquillità (anche se è attrezzata e con
alle spalle un paesino moderno e turistico), per le docce e, soprattutto,
per una acqua splendida, la migliore dell’isola. Abbiamo pranzato
al Restaurant del Mar (11, 20 euro per due portate abbondanti, il
contorno e l’acqua) e per la prima volta siamo rimasti anche
di pomeriggio nella stessa spiaggia della mattina.
19 agosto
Vedi Formentera >>
20 agosto
Ormai avevamo già girato tutto il perimetro dell’isola
e tra le spiagge ancora da visitare abbiamo scelto Cala Llentrisca,
che sulla cartina dell’ufficio del turismo sembrava bella.
Il problema è che le indicazioni si perdono appena si lascia
la strada in direzione di Es Cubells e così siamo finiti
in un paradiso dei ricchi con ville arrampicate sulla scogliera
che, da sole, valgono una visita e una sosta per sognare ad occhi
aperti. Tutta la costa di Es Cubells è un inno all’architettura
moderna, con ville a uno o due piani incassate negli scogli, piscine
a terrazza, finestroni sul mare e via di seguito. Nella ricerca
di Cala Llentrisca siamo finiti anche in un complesso residenziale
(con tanto di sbarra d’accesso e gabbiotto per il controllo
notturno) con ville nascoste nel verde della vegetazione chiamate
con nomi italiani (villa Fulvia, villa Toscana, villa Roma ecc.).
Alla fine abbiamo smesso di farci consumare dall’invidia e
siamo scesi a Cala Es Cubells dove però il mare e il vento
ci hanno impedito di goderci la tranquillità. Siamo risaliti
sullo scooter e ci siamo diretti a pranzo a Cala Carbò, altra
spiaggia non eccezionale e con un ristorante caro (21 euro in due
per piatti discreti ma niente più). Così abbiamo deciso
di tornare alla allegra trasgressione di Es Cavallet, passando il
pomeriggio tra nudisti, gay con cani minuscoli e personaggi un po’
strambi.
Ognuno comunque pensa a se stesso con molta discrezione e non
c’è nessun tipo di imbarazzo o volgarità.
La sera, per festeggiare il compleanno di un’amica, siamo
andati in quattro a bere al Cafè del Mar, fermandoci ad un
tavolino sulla terrazza: sulla spiaggia due ragazze si sono messe
a fare le giocoliere con palline e torce infuocate passando poi
a chiedere qualche spicciolo. Per quattro drink (tra cui un solo
cocktail alcolico) abbiamo speso 20 euro che non sono molti se si
pensa a quanto il Cafè del Mar vada di moda.
21 agosto
Per il terzultimo giorno di vacanza ci siamo concessi un altro
bel giro in scooter per attraversare l’isola e andare a pranzo
a Es Canar, a due passi dal mercatino hippy, dove avevamo visto
la Taverna di Boe, ovvero un pub dedicato ai Simpson con murales,
pupazzi e poster: io (Matteo) mi sono tolto la soddisfazione di
ordinare un Krusty Burger e di pranzare con Homer disegnato accanto
a me. E per chi non è un patito di questo cartone animato
c’è comunque la possibilità di seguire le partite
del campionato inglese su tre-quattro schermi. 11, 40 euro per il
pranzo comprese le bibite (ma non la birra Duff, che non esiste
nella realtà ma della quale si può acquistare una
lattina-copia).
Nel pomeriggio ci siamo spostati a Cala Pada (a due passi da lì)
rinunciando al mare e alla tintarella e sdraiandoci a riposare sul
prato di una fresca pineta adiacente alla spiaggia.
22 agosto
La mattina del penultimo giorno è stata dedicata ai souvenir
ed ai regali per genitori e parenti ma prima delle 11 eravamo già
sulla strada per Cala Salada con l’intenzione di andare però
nella spiaggia meno frequentata e cioè quella dietro alla
roccia sulla destra. Per arrivarci bisogna girare a destra all’incrocio
in fondo alla discesa (vedi 11 agosto) e prendere la prima strada
sterrata a sinistra. In prossimità dell’ultima casa
si parcheggia lo scooter (non c’è posto per le auto,
nemmeno per una sola…) e si scende a piedi lungo la collinetta.
Dopo cento metri si arriva alla spiaggia: sabbia, niente ombrelloni,
acqua cristallina e molta più pace rispetto alla parte più
grande di Cala Salada. Chi è in auto deve parcheggiare nel
parcheggio di Cala Salada e arrampicarsi lungo gli scogli camminando
verso destra e facendo attenzione in un paio di passaggi molto ripidi.
Per pranzo siamo ritornati al ristorante di Cala Salada (19 euro)
e dopo siamo andati a Sant Antoni a fare il pieno allo scooter toccando
quota 1000 nei km percorsi. Poi siamo tornati alla spiaggetta dove
avevamo lasciato gli asciugamani e ci siamo goduti il mare.
23 agosto
Vacanza al capolinea. La giornata è iniziata con la riconsegna
del glorioso Kimko e l’acquisto degli ultimi regali. Poi lo
stillicidio delle ore per arrivare al volo di ritorno, in programma
poco prima delle 23. Per arrivare all’aeroporto abbiamo preso
un autobus dall’albergo a Sant Antoni, uno da Sant Antoni
a Eivissa e uno da Eivissa all’aeroporto. Le linee urbane
funzionano bene e le corse sono frequenti.
Conclusioni
In definitiva possiamo dire che la nostra scommessa è stata
ampiamente vinta. Quello che è nato come un viaggio di “ripiego”
dopo aver evitato Malta e dopo non aver trovato una sistemazione
soddisfacente (economicamente) in Corsica è diventato un
soggiorno piacevole in un’isola che vive, ingiustamente, nel
mito del divertimento e dell’eccesso ma che in realtà
ha da offrire molto più che le discoteche e le spiagge piene
di caos.
E’ indubbio che l’eccesso sia parte integrante di Ibiza
ma abbiamo anche avuto l’impressione che parte di questo eccesso
sia “professionale”, ovvero dettato da esigenze di pubblicità.
Per fare un esempio: la sfilata della Troya Asesina dell’Amnesia
è colorata, allegra, anche invitante per un certo tipo di
clientela e di giovani. Ma alcuni dei figuranti, tipo alcuni trans,
altri uomini vestiti in pelle a natiche scoperte, ragazze prosperose
e sorridenti hanno dato l’impressione di essere lì
perché pagate e non per reale volontà di stupire o
trasgredire.
Comunque chi vuole l’eccesso lo può trovare ovunque,
soprattutto dopo le 23, ma chi vuol trovare tranquillità,
panorami, spiagge bianche, mare limpido e relax ha a disposizione
l’80 per cento dell’isola e il 60 per cento delle ore
giornaliere.
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